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Untitled - Fondazione Giovanni Agnelli

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p. 2). L’Europa è considerata in modo alquanto sommario come<br />

«declino degli imperi europei» (Tate, 1989b, p. 1), un declino che poi<br />

condizionerà gli sviluppi successivi del Novecento.<br />

Anche nel volume di De Marco si trova il modello di un’Europa di<br />

stati nazionali e potenze coloniali. Per l’autore all’inizio del secolo in<br />

Europa vi erano tre stati significativi: Gran Bretagna, Francia e Germania,<br />

anche se Italia, Belgio, Portogallo e Spagna sono brevemente<br />

citati come potenze coloniali (De Marco, 1987, p. 6). Una mappa del<br />

mondo indica soltanto gli «imperi» delle tre grandi potenze, «gli europei»,<br />

cioè «Gran Bretagna, Germania e Francia» (De Marco, 1987, p.<br />

7). Lo sguardo di De Marco sull’Europa del Novecento è uno sguardo<br />

sul mondo solido «della potenza e supremazia europea» (De Marco,<br />

1987, p. 6). De Marco, in modo analogo a Shuter e Lewis, vede tradursi<br />

questa superiorità in utile influenza su aree sottosviluppate che poi in<br />

modo ingrato e inatteso si ritorcerà contro gli stessi benefattori (De<br />

Marco, 1987, p. 6 e segg.):<br />

Quando l’influenza, la tecnologia e la scienza europee si diffusero nelle<br />

colonie in tutto il mondo, i popoli di tali colonie divennero più istruiti. Essi si<br />

risentirono della dominazione sui loro paesi da parte dei loro padroni europei.<br />

Molte di queste persone più istruite cominciarono a organizzare campagne e<br />

movimenti per liberare i loro paesi dal controllo straniero. Il nazionalismo fu<br />

un movimento mondiale il cui scopo era liberare le nazioni colonizzate dal<br />

controllo straniero degli imperi. Per la prima metà del secolo XX gli europei<br />

furono in grado di frenare con energia questi nazionalismi. Fu la seconda<br />

guerra mondiale a causare il rapido crollo degli imperi europei nei quindici anni<br />

dopo il 1945.<br />

Anche Lowe (1988 2 ), prendendo l’avvio per la sua storia del secolo<br />

XX dalla prima guerra mondiale, sottolinea che «l’Europa nel 1914<br />

dominava ancora il resto del mondo e la maggior parte delle decisioni<br />

che foggiavano il destino del mondo erano prese nelle capitali europee».<br />

Il fattore comune, il carattere europeo, tuttavia, non compare<br />

come superiorità culturale implicita, bensì più oggettivamente come<br />

competizione economica, che comportò il passaggio da un predominio<br />

britannico a un predominio tedesco. La creazione delle colonie europee<br />

non è giustificata come influenza benefica dell’Europa su zone arretrate<br />

attraverso la tecnologia, la cultura e l’educazione politica, bensì ridotta a<br />

vantaggio economico (Lowe, 1988 2 , p. 2):<br />

Le potenze europee hanno preso parte alla grande ondata imperialista, la<br />

formazione degli imperi coloniali negli anni successivi al 1880, precipitandosi<br />

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