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Untitled - Fondazione Giovanni Agnelli

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geografia, escludono oggi l’Unione Sovietica: comunque non si può non<br />

rilevare che di fatto l’immagine dell’Europa offerta agli studenti italiani è<br />

fortemente sbilanciata verso occidente.<br />

Oltre al problema dell’identità interna dell’Europa bisogna tener<br />

presente il problema dell’identità esterna: la sua collocazione rispetto al<br />

resto del mondo. Uno spunto di riflessione può essere fornito dalla<br />

constatazione – in un certo modo sorprendente – che alcuni manuali di<br />

storia, il Brancati, il Calvani-Giardina e il Cartiglia, perdono di vista<br />

l’Europa proprio quando si costituisce la Cee. Sul piano didattico questo<br />

vuoto di informazione non sembra molto grave, giacché è colmato<br />

efficacemente dai manuali di geografia e da quelli di educazione civica.<br />

Sul piano concettuale, tuttavia, esso suggerisce alcune considerazioni più<br />

generali sull’impostazione dell’insegnamento della storia nella scuola<br />

italiana.<br />

L’informazione storica che presentano tutti questi manuali è infatti<br />

fortemente eurocentrica: dalla caduta dell’impero romano d’Occidente<br />

fino allo scoppio della seconda guerra mondiale l’Europa è infatti,<br />

accanto – ovviamente – all’Italia, la protagonista dell’esposizione. Su ciò<br />

che avviene fuori dell’Europa l’informazione è molto ridotta e soprattutto<br />

non ha autonomia: delle civiltà non-europee si parla solo<br />

quando e nella misura in cui entrano in rapporto con l’Europa, ad<br />

esempio con le scoperte geografiche e la colonizzazione. È il caso – per<br />

fare un esempio fra tanti – del capitolo XV del secondo volume del<br />

Caocci, intitolato Uno sguardo oltre l’Europa. In esso si dà certo una buona<br />

informazione sulle civiltà precolombiane, sull’Africa e sull’Asia fra<br />

medioevo ed età moderna: ma si tratta, come appunto mostra il titolo,<br />

soltanto di uno sguardo episodico. Insomma, le informazioni sulle<br />

culture non europee, anche nel migliore dei casi, sono non solo scarse e<br />

gravemente lacunose, ma soprattutto discontinue: ne risulta una loro<br />

collocazione assolutamente marginale, al limite dell’irrilevanza.<br />

A questa impostazione .eurocentrica si unisce poi una pratica storiografica<br />

ancora fondamentalmente legata alla politica. E proprio<br />

questo secondo elemento che mette progressivamente in crisi l’eurocentrismo<br />

spostando l’attenzione, nel corso del Novecento, da un’Europa<br />

sempre meno egemone ai nuovi protagonisti della politica internazionale;<br />

finché, dopo la seconda guerra mondiale, una volta consumatosi<br />

il declino politico dell’Europa, la storia raccontata dai manuali<br />

assume improvvisamente una dimensione mondiale e l’Europa finisce ai<br />

margini. Si passa, insomma, da un eccesso all’altro.<br />

L’impostazione di questi manuali di storia è utilmente esemplificata<br />

da un’analisi quantitativa che mette in luce la presenza della storia<br />

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