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Untitled - Fondazione Giovanni Agnelli

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mamente opportuna la scelta delle fonti: tanto la valutazione di W. J.<br />

Mommsen dell’influenza americana e della conseguente perdita di significato<br />

dell’Europa a livello di politica mondiale, quanto l’affermazione<br />

per l’Europa del valore epocale della «grande rivoluzione socialista<br />

di ottobre» nel manuale di storia della Repubblica democratica tedesca<br />

per la nona classe.<br />

Dopo la descrizione degli sviluppi nazionali in Russia e Germania,<br />

Geschichte in vier Bänden ritorna di nuovo all’«Europa tra le due guerre».<br />

Due pagine accomunate dalla domanda «Pace a richiesta?» sono un<br />

buon esempio di come sotto un tema conclusivo si possa raccogliere in<br />

uno spazio limitato una gran quantità di informazioni specifiche (Zuber<br />

e Holzbauer, vol. IV, 1986, p. 36 e segg.). Alla fine della trattazione che<br />

mostra la fragilità della democrazia e degli sforzi per il mantenimento<br />

della pace si riporta l’attenzione al comunismo e al fascismo. In modo<br />

coerente con tale impostazione il fascismo viene presentato, attraverso<br />

le sue interpretazioni più significative, come fenomeno sia europeo sia<br />

epocale (Zuber e Holzbauer, vol. IV, 1986, p. 43). Colpisce che una<br />

valutazione del genere sia praticamente isolata, giacché neppure<br />

Geschichtsbuch con il titolo Il fascismo quale potenza europea rende giustizia a<br />

una valutazione sovranazionale di questo sistema di potere<br />

(Hüttenberger e Mütter, vol. IV, 1988, p. 134). Rimane da domandarsi<br />

se gli autori dei manuali scolastici abbiano anticipato, già prima del<br />

contrasto tra gli storici, il sistematico rifiuto di tale interpretazione<br />

espresso da Ernst Nolte. La riduzione del fascismo a fenomeno<br />

nazionale non può comunque soddisfare, tanto più che essa non<br />

corrisponde allo stato delle ricerche storiografiche sul fascismo, Nolte<br />

incluso.<br />

Geschichtsbuch esamina in primo luogo i rischi che l’ordine stabilito a<br />

Versailles, rispetto al mantenimento della pace, nasconde in sé. Una<br />

dettagliata descrizione delle conseguenze della guerra porta quasi inevitabilmente<br />

alla conclusione: «Cosi tanti insoddisfatti e cosi pochi capaci<br />

di porsi realmente all’interno del nuovo ordine: questo era sufficiente<br />

a mantenere perennemente la pace?» (Hüttenberger e Mütter, vol.<br />

IV, 1988, p. 22). La risposta è ovviamente negativa. Con ciò si riprende<br />

di nuovo la domanda iniziale: «Il nuovo ordine: una garanzia perenne<br />

della pace?» Questa volta la risposta, almeno provvisoria, è:<br />

probabilmente no. La serie di domande è stata però aperta già dal titolo<br />

del capitolo: «La prima guerra mondiale e le sue conseguenze: l’inizio di<br />

una nuova epoca?». Anche la sezione dedicata alla rielaborazione da<br />

parte degli studenti dei temi trattati è introdotta da una domanda che<br />

suggerisce implicitamente la risposta: «La pace di Versailles del<br />

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