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Untitled - Fondazione Giovanni Agnelli

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la divisione del mondo – e dell’Europa – in due blocchi viene esposta<br />

senza commenti che ne sottolineino la novità rispetto al contesto<br />

diplomatico precedente. Neppure la decolonizzazione, a cui pure sono<br />

dedicate molte pagine in conclusione del libro (Brancati, vol. III, 1988,<br />

pp. 320-29), viene messa in rapporto con un declino della supremazia<br />

europea.<br />

Più precisi sono invece gli altri manuali. Calvani e Giardina, ad<br />

esempio, dedicano due capitoli del terzo volume, intitolati rispettivamente<br />

L’età dell’imperialismo (Calvani e Giardina, vol. III, 1987, pp. 146-<br />

57) e Civiltà dominanti e civiltà dominate (Calvani e Giardina, vol. III, 1987,<br />

pp. 159-64), all’ultima e suprema fase dell’espansione coloniale europea,<br />

con molta attenzione all’aspetto culturale del colonialismo, cioè al<br />

razzismo, all’acculturazione religiosa, ai rapporti fra bianchi e popoli<br />

colonizzati, e discutono degli effetti della colonizzazione mettendone in<br />

luce le conseguenze negative per i colonizzati in termini più critici di<br />

quanto faccia, ad esempio, Cremonese nel suo manuale di geografia 12 .<br />

Nell’esposizione del tema dell’imperialismo Calvani e Giardina<br />

introducono gli Stati Uniti d’America e il Giappone, le uniche due altre<br />

potenze industriali extraeuropee, che alla fine dell’Ottocento<br />

intrapresero una politica imperialista e che solo pochi anni dopo, grazie<br />

alla prima guerra mondiale, avrebbero acquistato la supremazia. In un<br />

paragrafo intitolato significativamente Il declino dell’Europa leggiamo<br />

infatti (Calvani e Giardina, vol. III, 1987, p. 226):<br />

Nel 1914 il Vecchio continente dominava il mondo economicamente, politicamente,<br />

culturalmente. I suoi capitali erano investiti, con grandi profitti, in<br />

tutto il pianeta, dalla Cina all’Africa, all’America del Sud. La sua industria<br />

pesante raggiungeva l’80% dell’intera produzione mondiale... Nel 1919, conclusa<br />

la Prima guerra mondiale, questa situazione risultava completamente<br />

modificata... Gli Stati Uniti e il Giappone trassero enormi vantaggi dalla<br />

guerra: le loro industrie avevano lavorato a pieno ritmo per fornire gli Alleati, si<br />

erano riammodernate, erano penetrate su nuovi mercati. Mentre le potenze<br />

europee si combattevano all’ultimo sangue, gli Stati Uniti intensificavano la<br />

loro penetrazione commerciale nell’America del Sud, sbaragliando la concorrenza<br />

europea, e lo stesso faceva il Giappone in Estremo Oriente (soprattutto<br />

nel campo tessile)... L’éntrata in guerra degli Stati Uniti nel 1917 segnò una<br />

svolta nella storia. Il peso decisivo che la loro superiorità ebbe sulle sorti del<br />

conflitto dimostrò che l’Europa non era più l’unico centro del mondo, né dal<br />

punto di vista economico né da quello, politico, e che anzi essa non era più<br />

nemmeno in grado di risolvere da sola i suoi problemi. Alla fine dell’Ottocento<br />

il Vecchio continente era ancora il perno della politica mondiale: i suoi uomini<br />

di governo disegnavano a tavolino la carta politica di immense regioni,<br />

dell’Africa come dell’Asia. Il sistema delle alleanze e delle rivalità tra le po-<br />

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