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Untitled - Fondazione Giovanni Agnelli

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a mondiale. Shephard parla di «tentativi di stabilire in Europa una pace<br />

duratura» (Shephard, 1987, p. 2), di «dare una nuova forma all’Europa a<br />

Versailles» (Shephard, 1987, p. 4) e sceglie come definizione del nuovo<br />

ordinamento politico dopo la guerra il titolo intermedio La nuova Europa<br />

(Shephard, 1987, p. 5). Scott (1989) richiama l’attenzione sui quattordici<br />

punti del programma elaborato dal presidente americano Wilson, che<br />

avrebbero risvegliato in Europa la speranza di un nuovo inizio: «la gente<br />

venne a sapere di quel programma in tutta Europa» (Scott, 1989, p. 26).<br />

Le speranze di un nuovo assetto rimasero irrealizzate, se si intende per<br />

assetto una condizione di stabilità, quale venne realizzata in Europa<br />

dalle potenze coloniali secondo i manuali di storia inglesi. Dopo la<br />

prima guerra mondiale non vi fu una nuova Europa perché non erano<br />

superati i problemi posti dai nuovi raggruppamenti geopolitici<br />

dell’Europa orientale e dalle cessioni di territorio della Germania e dei<br />

paesi vicini. Quando Shephard (1987, p. 5) sottolinea che «gran parte<br />

dell’Europa era nel caos» si ri ferisce alla disoccupazione, alle<br />

conseguenze della guerra, all’indigenza delle popolazioni e persino a<br />

un’epidemia influenzale. I «problemi che si trovavano di fronte a coloro<br />

che cercavano di ricostruire un’Europa pacifica e fiorente» (Shephard,<br />

1987, p. 5) comprendevano però anche il rifiuto del nuovo assetto<br />

europeo da parte della Germania – un rifiuto che molti manuali di storia<br />

inglesi condividono emotivamente piuttosto che indagare criticamente –<br />

e in particolare il rifiuto della Società delle nazioni. Scott vede una<br />

relazione diretta tra il rifiuto della Società delle nazioni e quello dei paesi<br />

che non erano soddisfatti delle condizioni di pace successive alla prima<br />

guerra mondiale, in particolare Giappone, Italia e Germania (Scott,<br />

1989, p. 54). De Marco (1987, p. 104) afferma in modo più esplicito:<br />

Nessuna delle potenze sconfitte fu autorizzata a far parte della Società<br />

delle nazioni e ciò contribuì ben poco a creare un’atmosfera di pacifica<br />

cooperazione in Europa.<br />

Roberts (1987 2 ) offre argomenti più precisi e cita il «proficuo lavoro»<br />

della Società delle nazioni ricordando al contempo le debolezze di essa,<br />

non da ultimo l’assenza degli Stati Uniti, la tarda adesione della<br />

Germania, nel 1926, e dell’Unione Sovietica, nel 1934, e gli scopi differenti<br />

perseguiti dalle due potenze principali dell’Europa, Gran Bretagna<br />

e Francia: «nessuna delle due era pienamente coerente con i propri<br />

ideali» (Roberts (1987 2 , p. 146).<br />

I problemi che l’Europa si trova a dover superare nel periodo tra<br />

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