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Untitled - Fondazione Giovanni Agnelli

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Quale esempio di posizione pragmatica non è inadeguato quello che<br />

segue l’orientamento europeo «realistico» della storia inglese in Europa<br />

adottato in Davies (1990) e che, si potrebbe argomentare, risulta<br />

migliore di un vuoto idealismo europeo. Tuttavia vanno mosse due<br />

critiche alle forme di esposizione dei manuali presi in esame: il primo<br />

punto di critica riguarda la trattazione troppo concisa, che non offre allo<br />

studente elementi sufficienti per sviluppare anche solo le premesse di<br />

una posizione personale riguardo ai temi e agli argomenti trattati. Il<br />

carattere elementare della trattazione, che scambia inoltre, mediante il<br />

ricorso a vignette satiriche e passi di citazioni isolate dal loro contesto,<br />

giudizi di valore per fonti documentarie, non permette che di assumere<br />

opinioni preconfezionate. Cosi la trattazione dell’Europa rientra nello<br />

schema delle risposte-modello già discusso in riferimento alla traccia dei<br />

programmi e delle domande di esame che legano la storiografia<br />

scolastica a una sorta di letto di Procuste. Nessuno dei libri qui<br />

analizzati intraprende il tentativo di una trattazione diversa del tema<br />

Europa.<br />

Il secondo punto di critica riguarda la limitazione dell’Europa alla<br />

comunità europea e alla Gran Bretagna. Per il secondo dopoguerra non<br />

rientrano più nella trattazione i paesi europei che pure nel periodo tra le<br />

due guerre avevano costituito l’Europa, di cui parlano i libri di testo, e<br />

dai quali partirono quegli influssi distruttivi che culminarono nella<br />

seconda guerra mondiale. Mentre negli anni venti e trenta Europa<br />

significava Germania, Italia, Spagna o Unione Sovietica che – a<br />

eccezione della Francia – minacciavano i sistemi politici democratici<br />

attraverso dittature e fascismo, la maggior parte dei manuali non dice<br />

che cosa sia accaduto a questi pericolosi vicini dopo il 1945. Si parla<br />

soltanto dell’Unione Sovietica e della guerra fredda o della politica dei<br />

blocchi. Rimane ampiamente irrisolta la questione di quali punti di<br />

contatto possano esserci nel dopoguerra, nel periodo postfascista tra<br />

inglesi, italiani spagnoli o anche tedeschi. I francesi, che in verità politicamente<br />

si trovavano dalla stessa parte della Gran Bretagna, sono in<br />

seguito trattati con sospetto. I manuali quasi non si interrogano sui fattori<br />

comuni dello sviluppo sociale in Europa, su esperienze, problemi<br />

o modi di vita nuovi che devono essere affrontati da tutti i governi o<br />

che sono rilevanti per tutti i cittadini dell’Europa di oggi. Invece di<br />

ritrarre l’Europa del dopoguerra nel suo significato, mostrando le<br />

relazioni tra stati, società e uomini differenti, i libri di testo inglesi<br />

applicano all’Europa una rigida scienza delle istituzioni ancorata a una<br />

storia nazionale piuttosto tradizionale. Alla Gran Bretagna nel<br />

dopoguerra sono dedicati alcuni capitoli, come prevedono i programmi.<br />

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