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Untitled - Fondazione Giovanni Agnelli

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dal manuale precedente. I due autori, infatti, presentano all’inizio del<br />

secondo volume due cartine in cui mostrano due possibili suddivisioni<br />

dell’Europa in regioni (Bacchi e Londrillo, 1987, p. 5). La prima cartina,<br />

basata sugli «aspetti storici e umani come la popolazione, la lingua,<br />

l’ordinamento politico», divide l’Europa in quattro regioni: quella settentrionale,<br />

comprendente Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca;<br />

quella occidentale, comprendente Gran Bretagna, Irlanda,<br />

Francia, Olanda, Belgio, Lussemburgo, le due Germanie, Svizzera e<br />

Austria; quella meridionale, comprendente Portogallo, Spagna, Italia,<br />

Jugoslavia, Albania, Bulgaria, Grecia e Turchia europea; e infine quella<br />

orientale, comprendente Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e Romania.<br />

La seconda cartina, basata sulla «caratteristiche fisiche», comprende gli<br />

stessi stati, raggruppati però nelle regioni iberica, francese, germanica,<br />

italica, britannica, scandinava, orientale e balcanica. Queste suddivisioni<br />

sono naturalmente discutibili: salta agli occhi, ad esempio, la<br />

collocazione della Bulgaria che, se dal punto di vista geografico può<br />

correttamente essere unita a Jugoslavia, Grecia, Albania e Turchia europea<br />

nel quadro della regione balcanica (come appunto mostra la seconda<br />

cartina), dal punto di vista storico potrebbe essere assegnata<br />

all’Europa orientale almeno altrettanto legittimamente quanto a quella<br />

meridionale. Ciò che comunque colpisce è che nessuna delle due cartine<br />

comprende l’Unione Sovietica. Un lapsus, che tradisce l’imbarazzo nel<br />

definire i confini orientali dell’Europa? Questo problema viene infatti<br />

affrontato alcune pagine dopo, nel paragrafo intitolato L’Europa, un<br />

continente: quali i confini?, in cui gli autori fanno un’interessante<br />

storicizzazione del termine Europa rilevando come esso abbia designato,<br />

nel corso dei secoli, differenti estensioni geografiche e interpretando<br />

lo spostamento dei confini orientali sulla base di un particolare criterio,<br />

quello dell’arretramento dei pastori nomadi di fronte ai contadini<br />

provenienti da occidente (Bacchi e Landrillo, 1987, p. 11):<br />

Nel corso della storia i confini del nostro continente si sono via via allargati<br />

e col termine «Europa» si è indicata una regione sempre più ampia che solo da<br />

un secolo coincide con l’Europa attuale. Il nome Europa deriva dalla lingua<br />

degli antichi Assiri che chiamavano «ereb» (cioè sera, oscurità, terra dove<br />

tramonta il sole) le terre del Mediterraneo, soprattutto la Grecia e l’Italia, che<br />

per loro erano a occidente. I Greci, più tardi, quando parlavano dell’Europa,<br />

intendevano solo i Paesi che erano in stretto rapporto con loro, cioè l’Italia e le<br />

coste della Francia e della Spagna attuali.<br />

In età romana il termine Europa comprese una regione ancora più vasta e<br />

furono stabiliti in modo definitivo i confini meridionali e occidentali del nostro<br />

continente. A nord e a est, invece, i suoi confini coincidevano con quelli<br />

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