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Untitled - Fondazione Giovanni Agnelli

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agli Stati Uniti e all’Unione Sovietica, vengono talvolta indicate la Cina e<br />

persino il Giappone. L’orientamento europeo dei libri di testo parte<br />

dall’assunto che gli europei hanno un’eredità comune che, per il secolo<br />

XIX si determina inequivocabilmente come influenza comune sulla<br />

tecnologia, sull’istruzione e sullo sviluppo politico delle regioni dipendenti.<br />

Rimane incerto il significato moderno dell’European feeling, quando<br />

non vi sono più nette zone d’influenza e l’Europa non può più essere<br />

definita secondo una prospettiva esterna di cultura dominante, ma<br />

richiede l’elaborazione interna delle tradizioni comuni.<br />

Per il dopoguerra i libri di testo inglesi risolvono il problema<br />

dell’esposizione di un’identità europea attraverso un duplice richiamo:<br />

da una parte fanno riferimento all’idealismo europeo dell’immediato<br />

dopoguerra, dall’altra alle istituzioni della comunità economica europea<br />

e della comunità europea. La distanza che contraddistingue la politica<br />

inglese nei confronti dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale e che<br />

perdura anche oggi, è presente anche nei libri di storia. Tema centrale è<br />

l’insuccesso dei tentativi d’ingresso inglesi nella comunità europea, dei<br />

quali si rendono responsabili per la maggior parte dei manuali la Francia<br />

e soprattutto De Gaulle: come poi l’ingresso abbia avuto luogo e quale<br />

effetto ne sia derivato, non viene argomentato affatto o merita al<br />

massimo brevi accenni.<br />

In sostanza l’Europa posteriore al 1945 rimane nei libri di testo di<br />

storia un’Europa della comunità europea, un intreccio a stento<br />

districabile di istituzioni, soluzioni amministrative, competenze, una<br />

struttura istituzionale di cui si teme che voglia sottrarre ai paesi membri<br />

l’indipendenza nazionale. Questa Europa da un lato rimane astratta: è<br />

istituzione e non cultura; dall’altro è presentata come complesso sfaccettato<br />

di interessi particolari che continuano a sopravvivere sotto il<br />

mantello di elementi comuni europei. Non si parla dell’Europa come<br />

offerta di identificazione, come chance per una nuova comunicazione,<br />

nuove possibilità sociali o sviluppi economici. Certo, vi sono tabelle<br />

comparative (ad esempio in Shuter e Lewis, 1989 2 ) a proposito del potenziale<br />

economico degli stati membri e della disoccupazione, ma vengono<br />

utilizzate da un lato per documentare la relativa debolezza della<br />

Gran Bretagna che ha reso necessaria l’apertura all’Europa e dall’altro<br />

per indicare che anche i paesi membri della comunità europea di più<br />

vecchia data soffrono degli stessi problemi della Gran Bretagna; in altri<br />

termini paiono affermare che l’adesione all’organismo europeo è<br />

importante, ma soltanto in modo condizionato, quasi forzato, e che<br />

quindi interessi propri e facoltà di decisione e iniziativa devono continuare<br />

a esistere.<br />

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