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Gruppo di ricerca della Zancan Formazione - Assemblea Legislativa

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3.2. Farsi male in adolescenza. Quali relazioni con art. 25?<br />

I frammenti <strong>di</strong> queste storie ci possono guidare nell’interpretazione del profilo<br />

denominato “farsi male”. I comportamenti <strong>di</strong> questi adolescenti coprono uno<br />

spettro che va dal tentato suici<strong>di</strong>o all’autolesionismo (scarificazioni, bruciature,<br />

<strong>di</strong>sturbi alimentari), dal ritiro sociale (con marcata compromissione degli esiti<br />

dei percorsi scolastici, abbandoni o bocciature), fino ai comportamenti sessuali<br />

a rischio (IVG durante la minore età e relazioni sessuali che mettono in<br />

<strong>di</strong>scussione la propria incolumità e stabilità psicofisica).<br />

Il nucleo identificativo <strong>di</strong> questo gruppo è l’acting violento rivolto al sé, dove<br />

prevale una modalità <strong>di</strong> risoluzione delle situazioni conflittuali maggiormente<br />

internalizzata rispetto ad altri gruppi quali gli “autori <strong>di</strong> violenze” o i<br />

“consumatori <strong>di</strong> sostanze”.<br />

All’interno <strong>di</strong> questo profilo emerge una sud<strong>di</strong>visione ulteriore: da una parte un<br />

sottogruppo <strong>di</strong> adolescenti che attaccano la loro persona con tentativi <strong>di</strong><br />

suici<strong>di</strong>o, autolesionismo e ritiro sociale, e dall’altra coloro che manifestano<br />

comportamenti sessuali a rischio. In questo secondo gruppo si delinea una<br />

modalità espressiva del portato conflittuale rabbioso e aggressivo che si<br />

scarica attraverso il veicolo relazionale dei legami affettivi, utilizzati come fonte<br />

<strong>di</strong> auto danneggiamento.<br />

In adolescenza il “farsi male” può manifestarsi attraverso comportamenti a<br />

rischio che danneggiano <strong>di</strong>rettamente se stessi ed il proprio corpo, oppure<br />

attraverso azioni in<strong>di</strong>rette quali manovre <strong>di</strong> autosabotaggio che hanno come<br />

oggetto la messa in <strong>di</strong>scussione del proprio ambiente relazionale <strong>di</strong> sviluppo,<br />

come per esempio il contesto scolastico od il contesto familiare. Entrambe le<br />

modalità comportamentali sono interpretabili come veri e propri attacchi al Sé<br />

presente e contemporaneamente al proprio Sé futuro. L’obiettivo è evitare <strong>di</strong><br />

affrontare dolorosi percorsi <strong>di</strong> elaborazione e rielaborazione degli eventi e<br />

percorsi traumatici che spesso caratterizzano le vite <strong>di</strong> questi ragazzi/e.<br />

Davanti al rischio <strong>della</strong> delusione e al vissuto emotivo <strong>di</strong> vergogna ad essa<br />

collegata, essi si rifugiano in una prospettiva auto<strong>di</strong>struttiva, in una<br />

pseudoposizione <strong>di</strong> ”fallimento compiaciuto”. Si innesta allora, l’illusorio<br />

desiderio <strong>di</strong> controllo onnipotente sugli eventi: “Sono io a farmi del male, non<br />

tu!”<br />

“Si può avere paura <strong>di</strong> ciò che maggiormente si desidera e fare il contrario <strong>di</strong><br />

ciò che potrebbe renderci felici se lo facessimo. È vero per ogni essere umano,<br />

ma lo è particolarmente per l’adolescente”. (P. Jeammet, 2009, p. 137)<br />

È evidente il carattere <strong>di</strong> sfida onnipotente lanciato attraverso questi<br />

atteggiamenti e modalità comportamentali all’autorevolezza del mondo adulto,<br />

che può tradursi nel brutale pensiero: “Datemi un buon motivo per restare o<br />

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