Gruppo di ricerca della Zancan Formazione - Assemblea Legislativa
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l’esperienza <strong>di</strong> Giovanni, Marco, Matheus, Athos in modo irreversibile e in parte<br />
inevitabile.<br />
Non <strong>di</strong> rado proprio i più trasgressivi sono anche precocemente adultizzati,<br />
impegnati a sostenere i loro genitori o a fare da sé per rime<strong>di</strong>are alla mancanza<br />
<strong>di</strong> un nucleo familiare capace. Giovanni che ferma il padre mentre tenta <strong>di</strong><br />
soffocare la madre si sta assumendo un carico spropositato, innaturale, non<br />
suo, che lo farà sentire forte e fragile al tempo stesso. La vergogna che<br />
comporta – riferita tra l’altro ad un’azione avvenuta in un luogo pubblico, dove<br />
chiunque poteva assistere – si unisce a quella per la violenza sessuale subita<br />
nell’infanzia e si traduce in rabbia e volontà <strong>di</strong> potenza per non essere mai più<br />
sottomesso. Ma nel suo agire c’è anche una <strong>ricerca</strong> urlata <strong>di</strong> accettazione, dal<br />
momento che i compagni lo tengono a <strong>di</strong>stanza.<br />
Similmente Marco e Athos si muovono in una situazione <strong>di</strong> particolare degrado<br />
socioculturale. Il papà <strong>di</strong> Marco è salito da Napoli anche per prendere le<br />
<strong>di</strong>stanze da un mondo <strong>di</strong> illegalità a cui era appartenuto in passato e che lo<br />
aveva portato in carcere per una breve condanna. Il papà <strong>di</strong> Athos, come il suo<br />
patrigno, si sono mossi dall’Albania cercando un’alternativa alla povertà. I due<br />
ragazzi hanno ora il compito <strong>di</strong> essere gran<strong>di</strong> e forti, <strong>di</strong> riscattare la famiglia, <strong>di</strong><br />
non sbagliare. Ancora una volta un carico da portare conto terzi, un peso che li<br />
schiaccia e li fa deviare.<br />
Ammettiamo allora <strong>di</strong> poter riavvolgere il nastro del tempo. Un intervento <strong>di</strong><br />
prevenzione <strong>della</strong> violenza pensato per questi ragazzi non avrebbe potuto fare<br />
altro che partire dalla presa d’atto dei traumi precocemente vissuti. Perché non<br />
c’è violenza che venga <strong>di</strong>gerita in modo neutro, non c’è dolore che non abbia<br />
bisogno <strong>di</strong> un tempo e <strong>di</strong> un processo interiore per essere rielaborato e<br />
integrato nell’esperienza. Questo è ancora più vero nell’infanzia e<br />
nell’adolescenza, quando immature sono le capacità <strong>di</strong> riflessione e <strong>di</strong><br />
interiorizzazione degli eventi. Accade così che chi ha subito, soprattutto se<br />
lasciato a se stesso, possa riversare sugli altri gli stessi attacchi a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong><br />
tempo.<br />
In questo senso la rabbia <strong>di</strong> tanti giovani è pienamente giustificata da ciò che<br />
hanno vissuto. Trasmettere questa comprensione all’interno <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong><br />
fiducia è il compito che soprattutto gli adulti, nelle <strong>di</strong>verse posizioni e nei<br />
<strong>di</strong>fferenti contesti, dovrebbero svolgere con modalità <strong>di</strong>verse, dalla quoti<strong>di</strong>anità<br />
<strong>della</strong> famiglia o <strong>della</strong> scuola, fino a luoghi specializzati come i servizi territoriali.<br />
Se poi proprio la famiglia è fonte del danno, <strong>di</strong>venta ancora più importante che<br />
altre relazioni svolgano una funzione riparativa e compensativa.<br />
Troppo spesso avviciniamo ragazzi e ragazze feriti precocemente e non<br />
adeguatamente accolti. Giovanni che dopo uno stupro ha visto uno psicologo<br />
una volta e poi basta, Athos che non ha più incontrato il padre per una beffa<br />
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