Gruppo di ricerca della Zancan Formazione - Assemblea Legislativa
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venire tra <strong>di</strong> voi”. Un ritornello che sembra aleggiare intorno a questi ragazzi<br />
ogni volta che si prova a venire a contatto con loro e a proporre qualcosa.<br />
A questo quadro va aggiunta l’ossessiva <strong>ricerca</strong> <strong>di</strong> riconoscimento identitario e<br />
<strong>di</strong> valori assoluti che agitano l’adolescente, mescolati alla seducente<br />
prospettiva dell’annullamento garantito dalla pura e stordente sensazione<br />
dell’“Io ci sono, lo sento, guardatemi” presente nei comportamenti<br />
autolesionistici adolescenziali. L’esserci attraverso la sensazione dolorosa.<br />
Poter essere riconosciuto attraverso gli atti autolesionistici, talvolta come<br />
<strong>di</strong>sperato, <strong>di</strong>sarticolato anche se inconsapevole messaggio nella bottiglia alle<br />
figure <strong>di</strong> riferimento che avrebbero dovuto accorgersi <strong>di</strong> lui e garantirgli la<br />
possibilità <strong>di</strong> un rispecchiamento positivo.<br />
È a questo livello che si può collocare l’azione rieducativa dell’art. 25 nel nostro<br />
lavoro <strong>di</strong> rivisitazione e riattualizzazione del suo significato pedagogico.<br />
L’incontro con il Tribunale <strong>di</strong>venta allora un evento limite attraverso il quale il<br />
ragazzo/a può finalmente verificare le <strong>di</strong>stanze e le barriere sollevate nei<br />
confronti del resto del mondo e riconoscere anche quelle elevate internamente<br />
tra le parti del proprio sé, come modalità <strong>di</strong> gestione anestetiche delle naturali<br />
conflittualità evolutive. Questo evento limite non coinvolgerà solo l’adolescente<br />
ma anche tutto il suo ambiente relazionale, soprattutto la famiglia <strong>di</strong> origine che<br />
si vedrà costretta a venire a contatto con la realtà <strong>di</strong> questo limite. Fino ad<br />
allora rappresentato - minacciosamente - solo dagli agiti auto<strong>di</strong>struttivi del figlio<br />
con il loro valore simbolico <strong>di</strong> “richiamo”, è ora reificato nel proce<strong>di</strong>mento<br />
istituzionale del Tribunale. I genitori saranno costretti a confrontarsi con conflitti<br />
sedati e <strong>di</strong>menticati, ancora irrisolti, ma oramai non più elu<strong>di</strong>bili.<br />
L’ottica dell’intervento ex art. 25 è quella <strong>di</strong> mettere al centro il ragazzo nella<br />
co-costruzione <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> rimotivazione verso le opportunità <strong>di</strong> sviluppo e<br />
crescita, proponendo l’incontro con il Tribunale come occasione <strong>di</strong> rivisitazione<br />
delle condotte passate e <strong>della</strong> loro proiezione nel futuro prossimo. Le verifiche<br />
dei servizi sociali e sanitari coinvolti andranno a veicolare, e simbolicamente a<br />
riprodurre, quelle funzioni <strong>di</strong> monitoraggio cognitivo e capacità <strong>di</strong> riflessività<br />
spesso gravemente compromesse in questi ragazzi. Ricollegare gli eventi<br />
centrali <strong>di</strong> questa storia e legarli in una prospettiva declinata al futuro, come<br />
promessa e non come minaccia, è la chiave degli interventi con i ragazzi che<br />
“si fanno male”. Attraverso il loro ritiro sociale, autolesionismo, tentato suici<strong>di</strong>o,<br />
comportamenti sessuali a rischio sfidano il mondo educativo adulto a trovare<br />
ricette che li incuriosiscano ad uscire dal loro guscio protettivo, che troppo<br />
spesso rischia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare una “gabbia dorata” senza via <strong>di</strong> uscita.<br />
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