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Gruppo di ricerca della Zancan Formazione - Assemblea Legislativa

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in Italia ha coinciso con la conoscenza <strong>di</strong> un nuovo partner <strong>della</strong> madre.<br />

Altri aspetti sembrano slegati dal viaggio. I ragazzi stranieri sono più spesso<br />

vittima <strong>di</strong> maltrattamenti familiari e qui la ra<strong>di</strong>ce non sta nel viaggio ma<br />

probabilmente nella impostazione educativa <strong>della</strong> cultura d’origine, nella misura<br />

in cui può giustificare un’educazione violenta.<br />

Un quarto dei ricongiunti è vittima <strong>di</strong> violenza assistita. Per molti queste azioni<br />

sono avvenute nel Paese d’origine quando ancora i genitori erano uniti, prima<br />

che la madre affrontasse il viaggio verso l’Italia.<br />

In generale possiamo <strong>di</strong>re che il maltrattamento interessa maggiormente i<br />

ragazzi non italiani e, tra gli stranieri come tra gli italiani, più le ragazze dei<br />

coetanei maschi. La violenza assistita, invece, è più italiana che straniera. Il<br />

raffronto lascia intuire realtà abbastanza <strong>di</strong>verse: nelle famiglie italiane la<br />

violenza è più frequente tra coniugi non in grado <strong>di</strong> controllare la loro<br />

aggressività e meno come mezzo <strong>di</strong> correzione, mentre tra i ragazzi stranieri il<br />

ricorso alle punizioni corporali può essere inteso come strumento educativo<br />

culturalmente con<strong>di</strong>viso, de<strong>di</strong>cato ai figli e in particolar modo alle figlie.<br />

Si è visto in precedenza come i conflitti familiari riguar<strong>di</strong>no ugualmente italiani e<br />

stranieri, ma i primi vivono soprattutto un conflitto generazionale mentre gli<br />

stranieri le litigiosità hanno ra<strong>di</strong>ci nel conflitto culturale che deriva dall’essere<br />

partecipe a due culture e dal dover me<strong>di</strong>are tra l’impostazione dei genitori,<br />

quasi sempre più legata al Paese d’origine, e il desiderio <strong>di</strong> sentirsi simile ai<br />

coetanei italiani.<br />

È una <strong>di</strong>fficoltà che riguarda le ragazze non italiane più dei loro coetanei<br />

maschi. Si potrebbe pensare che queste ultime fossero più portate a mettere in<br />

<strong>di</strong>scussione il patrimonio culturale ricevuto dai genitori. D’altra parte è<br />

ipotizzabile che siano proprio loro a conoscere il <strong>di</strong>vario più ampio tra la cultura<br />

d’origine e quella italiana, mentre i ragazzi sono più favoriti nel mimetizzarsi.<br />

Non è certamente un caso se l’età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> arrivo in Italia tra le ragazze<br />

straniere è <strong>di</strong> 13 anni e mezzo tra chi non ha conflitti culturali ed è sotto ai 7<br />

anni per coloro che desiderano vivere secondo uno stile europeo. Un ingresso<br />

in Italia precoce porta a interiorizzare progressivamente la cultura italiana,<br />

forse anche a vivere in modo simile alle coetanee autoctone finché si è<br />

bambine, e a scontrarsi bruscamente con la <strong>di</strong>fferenza culturale una volta alle<br />

soglie dell’adolescenza.<br />

Le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo toccano maggiormente le ragazze, sia italiane sia<br />

straniere e, mentre i conflitti culturali si riducono dopo i 16 anni, quelli<br />

generazionali tendono a crescere dai 14 anni in avanti.<br />

Ancora, i conflitti in famiglia sono sì presenti dove la coppia genitoriale è unita,<br />

ma risultano particolarmente accesi per chi vive con la madre e il nuovo<br />

partner. I conflitti culturali, invece, sono tutti concentrati in famiglie dove i<br />

genitori vivono insieme.<br />

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