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Gruppo di ricerca della Zancan Formazione - Assemblea Legislativa

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troppo affollata. C’è <strong>della</strong> gente che non ne vuol mai uscire e altri che vogliono<br />

entrarci troppo presto.<br />

D. Visti i risultati <strong>di</strong> questa <strong>ricerca</strong>, come sentirebbe l’esigenza <strong>di</strong><br />

muoversi ora?<br />

Sentirei la necessità <strong>di</strong> <strong>ricerca</strong>re ancora. Innanzitutto vorrei capire bene come<br />

funzionano le comunità, come riescono ad essere strutture nelle quali i ragazzi<br />

si sentano anche protagonisti, sentano che stare lì fa parte <strong>di</strong> un loro processo<br />

<strong>di</strong> rinforzo, che lì stanno acquistando delle capacità. Mi piacerebbe conoscere<br />

meglio il progetto che c’è <strong>di</strong>etro alle comunità, e <strong>di</strong> quali esperienze si<br />

alimentino in termini <strong>di</strong> volontà <strong>di</strong> mutamento. Penso ci sia molta <strong>di</strong>fferenza tra<br />

le strutture, e che almeno in parte queste conoscenze siano già <strong>di</strong>sponibili.<br />

Sentirei il bisogno <strong>di</strong> un ragionamento sull’efficacia del trattamento in struttura.<br />

Quanto agli affidamenti ai servizi territoriali, il problema è analogo e riguarda la<br />

correttezza del progetto, <strong>di</strong> come questo venga davvero eseguito e <strong>di</strong> quali<br />

risultati effettivamente riesca a dare. Per esempio, se ci sono comportamenti<br />

magari non denunciati ma che sono penalmente rilevanti, e ci sono delle<br />

vittime in<strong>di</strong>viduate o in<strong>di</strong>viduabili, per me il progetto dovrebbe sempre portare il<br />

ragazzo a fare i conti con una assunzione <strong>di</strong> responsabilità nel rapporto con la<br />

persona offesa. Occorre accompagnarlo nella consapevolezza del male<br />

commesso perché si assuma la responsabilità <strong>di</strong> quello che ha fatto, e quin<strong>di</strong><br />

tendenzialmente anche <strong>di</strong> quello che potrebbe fare.<br />

Nella mia visione <strong>di</strong> un buon percorso rieducativo, il minore dovrebbe sapere<br />

che il progetto è suo, che deve indossarlo lui, non deve subirlo; se ha delle<br />

idee, che le <strong>di</strong>ca per mo<strong>di</strong>ficarlo a suo dosso.<br />

E se ce la facciamo con loro, forse ce la possiamo fare anche con gli altri<br />

giovani, perché la mia impressione è che non ce la stiamo facendo con<br />

nessuno, neppure con i meno sfortunati. Sono convinto che stiamo osservando<br />

soltanto i primi segni <strong>di</strong> una crisi definita come economico finanziaria, ma che a<br />

me sembra proprio una crisi antropologica, e questo nei giovani si svela sotto<br />

forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio.<br />

D. È una visione piuttosto cupa…<br />

Sono stato <strong>di</strong> recente alla presentazione dell’ultimo rapporto nazionale Caritas-<br />

<strong>Zancan</strong> sulla povertà e riflettevo su questo: cresce la miseria che ci circonda,<br />

ma cresce anche la miseria che abbiamo dentro e a questa voltiamo le spalle.<br />

Ernesto Rossi a suo tempo aveva scritto un libro che era un programma per i<br />

giovani, s’intitolava “Abolire la miseria”. Questo non è un compito che noi ci<br />

pren<strong>di</strong>amo. E quando si parla <strong>di</strong> accettare, o <strong>di</strong> amare le persone così come<br />

sono si <strong>di</strong>mentica che questo equivale a o<strong>di</strong>are quello che potrebbero<br />

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