Bollettino di Numismatica n. 36-39 - Portale Numismatico dello Stato
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BdN <strong>36</strong>-<strong>39</strong> (2008)<br />
Federica Missere Fontana<br />
II, nel 1684, in cui riconosce la ragione <strong>di</strong> Mainetti e il torto del Roma. Poco tempo dopo (1685) il Roma<br />
venne ferito, ed essendo impossibilitato a parlare, venne accusato il nostro, che dovette fuggire da Bologna.<br />
Guarito il Roma, Mainetti venne scagionato, ma non poté tornare alla sua bottega (dove intanto si deterioravano<br />
le sue merci), perché il Roma aveva preso occasione <strong>di</strong> insistere presso il Tribunale del Torrone<br />
(ovvero il foro criminale bolognese) per far pagare a Mainetti il prezzo della pittura dato a Negri. Roma<br />
non tenne in considerazione alcuna la risoluzione alla faccenda data da Francesco II e non appena poté, nel<br />
1688, riuscì, grazie alle sue entrature presso il legato pontificio, il car<strong>di</strong>nale Giovanni Francesco<br />
Negroni, 483) a far carcerare il nostro, sottoposto al Tribunale del Torrone, prelevato dalla sua bottega l'8 giugno<br />
1689, 484) insieme al Negri, costretto a depositare il prezzo del quadro per essere liberato, somma che<br />
poi il car<strong>di</strong>nale concesse al Roma. Negri reagì ricorrendo al Prefetto della Segnatura del Papa a Roma, bloccando<br />
il car<strong>di</strong>nale e il denaro, e si assentò da Bologna. Il Roma quin<strong>di</strong> convinse il car<strong>di</strong>nale a reimprigionare<br />
il nostro, finché non avesse pagato la somma contesa, della quale si sarebbe potuto lui stesso rivalere<br />
su Negri. Avvisato dell'ingiustizia il car<strong>di</strong>nale fu per liberare il nostro, che prontamente il Roma comprò<br />
un falso testimone (un uomo che era stato riconosciuto in passato colpevole <strong>di</strong> truffa verso il nostro) per<br />
<strong>di</strong>mostrare che la pittura era <strong>di</strong> Mainetti stesso, e pure una copia. L'inganno venne fuori portando alla scarcerazione<br />
del nostro, dopo altri 134 giorni <strong>di</strong> prigione, per or<strong>di</strong>ne del car<strong>di</strong>nale, che gli impose anche, unitamente<br />
a Negri (cui aveva dato lo sfratto) <strong>di</strong> versare una forte cauzione per non molestare il Roma e il suo<br />
falso testimone in sede <strong>di</strong> giustizia civile. Negri pensava <strong>di</strong> ricorre nella città <strong>di</strong> Roma, ma non gli fu mai<br />
possibile avere l'incartamento con il quale era era stato incarcerato 485) e non poté iniziare il proce<strong>di</strong>mento.<br />
In questo quadro probabilmente si inserisce la lettera <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Mainetti a Magnavacca: parte per una<br />
non meglio precisata località toscana per mettersi in salvo dal carcere, 486) deve abbandonare la patria, si<br />
duole <strong>di</strong> dovere andare via, chiede a Magnavacca <strong>di</strong> salutare per lui un gruppo <strong>di</strong> concitta<strong>di</strong>ni e amici, cui<br />
aggiunge padre Giovanni Battista Cattaneo, gli ricorda infine che dovrà spesso cambiare residenza e che<br />
potrà scrivergli soltanto sotto falso nome.<br />
In seguito il nostro fu <strong>di</strong> nuovo imprigionato per 170 giorni, avendo il Roma, con altri testimoni falsi,<br />
fatto intervenire il duca <strong>di</strong> Mantova Fer<strong>di</strong>nando Carlo Gonzaga (16651708), e Mainetti, malato com'era,<br />
per uscire dal carcere dovette pagare altre 50 doppie al Roma e 50 ducatoni al car<strong>di</strong>nal legato.<br />
Mainetti nel memoriale in<strong>di</strong>vidua la causa dei suoi guai nell'aver negato, un mese dopo il negozio del<br />
quadro, <strong>di</strong> essere l'ispiratore al Roma delle riprovevoli azioni (forse <strong>di</strong> natura violenta) commesse dal Roma<br />
stesso ai danni del cognato, Andrea Picchi. A Bologna il Roma inoltre aveva fatto stampare un libello <strong>di</strong>ffamatorio<br />
contro il nostro, che scrive il suo memoriale proprio da Mantova, in qualità <strong>di</strong> servitore del Duca.<br />
483)<br />
RITZLERSEFRIN (1952), p. 199 e n. 3. Interessante a questo proposito è una copia eseguita dallo stesso Mainetti, nel 1699 a 67 anni,<br />
<strong>di</strong> un'opera anonima dal titolo Vite <strong>di</strong> tutti li car<strong>di</strong>nali viventi per tutto il 18 x.bre 1699, BUBo, ms. 1673, in cui si riporta questa notizia sul car<strong>di</strong>nal<br />
legato Giovanni Francesco Negroni (16291713) e le ingiustizie da questo compiute: Basta <strong>di</strong>r quello che fece in Bologna contro il Mainetti,<br />
et il Riva, ambi citta<strong>di</strong>ni, usata nel primo la più esecranda ingiustizia che mai alcun barbaro avrebbe; essendo questo innocentissimo, e<br />
pure lo fece stare 304. giorni in prigione, quattro anni fuori <strong>di</strong> patria, con danno <strong>di</strong> più <strong>di</strong> duemilla doppie, solo per contrastare una sua opinione<br />
(c. 61r), poi notizia corretta in nota marginale dallo stesso Mainetti: ...e dove <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> me <strong>di</strong> due milla doppie, furono, e sono ben <strong>di</strong>ecimilla<br />
ducatoni, e poi non <strong>di</strong>ce la causa (c. 1<strong>36</strong>).<br />
484)<br />
ASBo, Tribunale del Torrone, filza 7328, c. 206: viene arrestato su or<strong>di</strong>ne del car<strong>di</strong>nale legato.<br />
485)<br />
Incartamento forse mai esistito o andato <strong>di</strong>strutto per ragioni facilmente comprensibili, oggi nella documentazione del Tribunale del<br />
Torrone non è stato infatti possibile rintracciarne copia alcuna.<br />
486)<br />
ASBo, FMC, s. IV, b 18/678, lett. 81 <strong>di</strong> Andrea Mainetti a Magnavacca, da luogo non precisato, 5 <strong>di</strong>cembre 1689.<br />
278<br />
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