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enefico effetto ricreativo, rasserenante e qu<strong>in</strong><strong>di</strong> terapeutico della<br />
poesia, presente già <strong>in</strong> Esiodo o <strong>in</strong> Orazio, su cui si soffermava Premierfait<br />
nel suo Prologue, ispirandosi a considerazioni sul tema che trovava<br />
ampiamente sviluppate nel Decameron 36 .<br />
Le Maçon <strong>in</strong>siste <strong>in</strong>vece sull’argomento della duplice possibile<br />
fruizione dell’opera, anch’esso ben presente <strong>in</strong> Boccaccio, ripreso<br />
qui esplicitamente, e anch’esso <strong>di</strong> orig<strong>in</strong>e antica. Nel De au<strong>di</strong>en<strong>di</strong>s<br />
poetis Plutarco sostiene <strong>in</strong>fatti che la poesia, analogamente a un farmaco,<br />
può avere un effetto benefico o nocivo a seconda delle <strong>di</strong>sposizioni<br />
e delle <strong>in</strong>tenzioni del lettore 37 .<br />
Il riconoscimento <strong>di</strong> una fondamentale ambivalenza della poesia,<br />
che come un farmaco può avere effetti terapeutici o patogeni,<br />
consentiva a Plutarco il suo recupero teorico e pedagogico a fronte<br />
della condanna <strong>di</strong> ascendenza platonica che la riteneva globalmente<br />
<strong>in</strong>utile o dannosa. Confrontato ad un patrimonio <strong>di</strong> opere e <strong>di</strong> miti<br />
nei quali sovente la rappresentazione del vizio si mescola a quella<br />
della virtù, Plutarco prendeva <strong>in</strong> considerazione l’ambivalenza degli<br />
effetti più che la mescolanza nel testo <strong>di</strong> elementi buoni e cattivi.<br />
Anche da questi ultimi si possono trarre <strong>in</strong>fatti <strong>in</strong>segnamenti utili.<br />
Il problema si sposta così dal testo alla sua <strong>in</strong>terpretazione e al suo<br />
uso, ovvero alle <strong>in</strong>tenzioni e alle <strong>di</strong>sposizioni del lettore, alle sue<br />
capacità <strong>di</strong> <strong>in</strong>terpretare e <strong>di</strong> scegliere correttamente, che vanno qu<strong>in</strong><strong>di</strong><br />
formate attraverso l’educazione.<br />
Tale posizione perviene <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva al riconoscimento implicito<br />
<strong>di</strong> una relativa neutralità del testo. Se la correttezza della sua fruizione<br />
<strong>di</strong>pende dalla competenza <strong>in</strong>terpretativa e dalle <strong>di</strong>sposizioni morali<br />
dell’utente, allora la valutazione morale non riguarda tanto l’opera,<br />
non più da condannare o <strong>di</strong>fendere <strong>in</strong> sé, quanto la <strong>di</strong>sposizione e le<br />
scelte del lettore. Il riconoscimento dell’ambivalenza degli effetti<br />
comporta una relativa neutralizzazione assiologica del testo che vie-<br />
36 Si veda: BOCCACE, Decameron, cit., pp. 1-6. Sulla concezione esposta da Premierfait,<br />
a proposito della quale egli r<strong>in</strong>via ai “prologues des six come<strong>di</strong>es de Terence”, si veda: LABÈRE,<br />
Du jard<strong>in</strong> à l’étude, cit., pp. 27-44.<br />
37 Si veda: PLUTARQUE, Comment lire les poètes, Texte établi et traduit par André<br />
PHILIPPON, Oeuvres morales, Tome I, 1re partie, Paris, Les Belles Lettres, 1987. Sulla concezione<br />
<strong>di</strong> Plutarco, si veda: A.M. TAGLIASACCHI, Le teorie estetiche e la critica letteraria <strong>in</strong><br />
Plutarco, “Acme”, XIV, 1-3, 1961, pp. 71-117.<br />
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