(intero volume in formato PDF ( 4 MB circa) - Provincia di Padova
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<strong>di</strong> quel Settecento che preferisce le “belle <strong>in</strong>fedeli” alle “brutte fedeli”.<br />
Il nostro anonimo si è manifestamente basato, come i suoi<br />
predecessori, su una traduzione francese. Probabilmente si tratta <strong>di</strong><br />
quella, ugualmente anonima, che George Gallet ha pubblicato ad<br />
Amsterdam nel 1697 con il titolo Contes et nouvelles de Bocace.<br />
Traduction libre, accommodée au goût de ce temps, illustrata con le<br />
stesse <strong>in</strong>cisioni <strong>di</strong> Roma<strong>in</strong> de Hooge, che purtroppo f<strong>in</strong>ora non mi è<br />
stato possibile consultare. Questo significherebbe che la censura ne<br />
permetteva la lettura all’élite <strong>in</strong>tellettuale (nel corso del Settecento,<br />
si pubblicano d’altronde nei Paesi Bassi numerose e<strong>di</strong>zioni del<br />
Decameron <strong>in</strong> italiano e <strong>in</strong> francese), ma non alle classi popolari e<br />
alla piccola borghesia emergente.<br />
Oltre a tagliare dei passi <strong>in</strong>teri, il traduttore ne aggiunge anche<br />
<strong>di</strong> <strong>in</strong>venzione propria. Questo è particolarmente vistoso <strong>in</strong> una novella<br />
come quella <strong>di</strong> Griselda, che per un lettore settecentesco sarà stata<br />
effettivamente <strong>in</strong>comprensibile se non vi si aggiungessero delle<br />
spiegazioni, psicologizzanti o altro. Così, mentre il Boccaccio a proposito<br />
del padre della Griselda <strong>di</strong>ce semplicemente: “e fattosi il padre<br />
chiamare, con lui, che poverissimo era, si convenne <strong>di</strong> torla per moglie”,<br />
il nostro anonimo aggiunge un lunghissimo paragrafo <strong>in</strong> cui il<br />
contad<strong>in</strong>o spiega i motivi per cui pronuncia il fati<strong>di</strong>co sì. E quando<br />
nel testo orig<strong>in</strong>ale Griselda, al momento che Gualtieri le manda un<br />
fante per toglierle la figliola, lei glielo dà “senza mutar viso”, per il<br />
traduttore “piange, geme, sospira”, ma pur obbe<strong>di</strong>sce 8 . Nonostante<br />
le sue stravaganze (ai nostri occhi almeno), lo sconosciuto settecentesco<br />
riesce a fornirci una versione vivace, ancora molto leggibile.<br />
Lo stesso non si può <strong>di</strong>re del suo successore. Nel 1829 – un momento<br />
non proprio glorioso nella storia culturale dei Paesi Bassi –<br />
Samuel Hugo Weiland (1796-1846) pubblica all’Aia i suoi Uitgelezene<br />
verhalen uit den Decameron van Giovanni Boccaccio, een werk van<br />
vernuft en smaak (“Racconti scelti dal Decameron <strong>di</strong> Giovanni<br />
Boccaccio, un’opera d’<strong>in</strong>gegno e <strong>di</strong> gusto”), che contiene venti novelle<br />
accuratamente scelte fra quelle più <strong>in</strong>nocue. La sua prefazione<br />
consiste <strong>in</strong> una lunga scusa per aver <strong>in</strong>trapreso un lavoro così osé.<br />
Qualche citazione: “Riguardo a quelle novelle che hanno come argo-<br />
8 E. KRETZERS, Traduzioni <strong>in</strong> neerlandese del Decameron, <strong>in</strong> Atti del convegno su<br />
Boccaccio (Nimega, 28-29-30 ottobre 1975), Bologna, Pàtron, 1976, pp. 215-235.<br />
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