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(intero volume in formato PDF ( 4 MB circa) - Provincia di Padova

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Amsterdam con il titolo Aar<strong>di</strong>ge en vermakelyke historien van Bocatius,<br />

den Florentyner. Op eenen lossen en onbedwongenen trant <strong>in</strong> ‘t<br />

Nederduitsch overgezet (“Piacevoli e <strong>di</strong>vertenti storie <strong>di</strong> Boccaccio il<br />

fiorent<strong>in</strong>o, volte <strong>in</strong> neerlandese <strong>in</strong> modo libero e spigliato”), senza il<br />

nome del traduttore e sotto f<strong>in</strong>te spoglie, poiché il frontespizio reca<br />

l’<strong>in</strong><strong>di</strong>cazione falsa “A Colonia, presso Jacobus Gaillard”, uno pseudonimo<br />

abbastanza trasparente (l’aggettivo francese gaillard significa<br />

anche “salace”). Tutti questi elementi fanno supporre che si tratti<br />

<strong>di</strong> un’e<strong>di</strong>zione semiclandest<strong>in</strong>a, da vendere sottobanco, e <strong>in</strong>oltre ad<br />

un pubblico piuttosto facoltoso, dato che è corredata <strong>di</strong> dec<strong>in</strong>e <strong>di</strong><br />

<strong>in</strong>cisioni.<br />

Nella sua prefazione, l’anonimo traduttore (l’attribuzione della<br />

traduzione a Jan Hendriksz. Glazemaker da parte del suo successore<br />

S.H. Weiland è altamente improbabile) espone abbastanza dettagliatamente<br />

il suo metodo <strong>di</strong> lavoro: descrive il Decameron come un libro<br />

“pieno <strong>di</strong> trovate comiche e spiritose”, che egli si sente obbligato<br />

<strong>di</strong> esprimere a volte <strong>in</strong> un modo velato, ma che secondo lui saranno<br />

capite lo stesso dai buoni <strong>in</strong>ten<strong>di</strong>tori. Inoltre, spiega, “si è dovuti<br />

vestire l’opera secondo la moda nostra: le novelle prolisse sono state<br />

decurtate, le ripetizioni evitate, e spesso sono stati cambiati non soltanto<br />

dei perio<strong>di</strong> <strong>in</strong>teri, ma l’impostazione stessa del testo. Specialmente<br />

ci si è adoperati, per quanto fosse possibile, <strong>di</strong> essere brevi e <strong>di</strong><br />

conservare delle novelle nient’altro che l’essenziale e il più spiritoso”.<br />

Per questa stessa ragione, così cont<strong>in</strong>ua il suo <strong>di</strong>scorso, ha abbreviato<br />

molto anche il proemio e l’<strong>in</strong>troduzione alla prima giornata<br />

(che egli è il primo a tradurre). E riguardo a preve<strong>di</strong>bili critiche <strong>di</strong><br />

anticlericalismo, mette già le mani avanti premettendo nella sua prefazione,<br />

a proposito dei monaci: “Ognuno sa bene che ai tempi <strong>in</strong> cui<br />

scrisse il Boccaccio, i costumi dei frati erano corrotti. [...] Quello che<br />

racconta, oggi dovrebbe riguardare soltanto i preti cattivi; i virtuosi<br />

non se ne dovrebbero preoccupare, mentre gli altri [...] dovrebbero<br />

possibilmente correggere le loro sregolatezze”. Per chi guarda bene,<br />

c’è però una strana omissione: mentre il traduttore sostiene <strong>di</strong> <strong>in</strong>cludere<br />

tutt’e cento le novelle, ne manca una, e proprio <strong>di</strong> quelle più<br />

piccanti: la storia <strong>di</strong> Alibech e del suo romita, che risulta sostituita<br />

con un raccont<strong>in</strong>o tratto dall’<strong>in</strong>troduzione alla quarta giornata.<br />

Malgrado questa premessa poco promettente, si tratta <strong>di</strong> una<br />

versione <strong>in</strong>teressante per la storia della traduzione letteraria, tipica<br />

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