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Vrπeviå 20 o <strong>di</strong> uno Stefan Mitrov Ljubi∫a 21 , attivi negli anni Settanta e<br />
Ottanta dell’Ottocento e poi <strong>di</strong>ventati il punto <strong>di</strong> riferimento obbligato<br />
per alcuni dei più gran<strong>di</strong> scrittori della generazione imme<strong>di</strong>atamente<br />
successiva (tra i cui nomi, per limitarsi ad uno, che è il più<br />
risonante, c’è anche quello <strong>di</strong> Simo Matavulj 22 ). Alla loro confidenza<br />
con la cultura italiana va ascritto il tentativo, rivelatosi, talora,<br />
riuscitissimo (qual è il caso del Ljubi∫a e della sua descrizione della<br />
peste), <strong>di</strong> riproporre, rielaborandoli, <strong>in</strong> un sapiente gioco <strong>in</strong>tertestuale,<br />
spunti e formule narrative che non altrimenti si potrebbero spiegare<br />
se non riportandoli ad una – del resto, nient’affatto sottacciuta –<br />
ascendenza <strong>di</strong> boccacciano appren<strong>di</strong>mento 23 ; ed è proprio <strong>in</strong> que-<br />
20 Vuk Vrπeviå (1811-1882), orig<strong>in</strong>ario <strong>di</strong> Cattaro, viene solitamente ricordato nella<br />
storie della letteratura per i legami con Vuk St. Karadπiå. Si deve <strong>di</strong>re, <strong>in</strong>vece, che il suo<br />
ruolo è stato fondamentale per gli sviluppi della breve narrativa serba, avendo tentato l’<strong>in</strong>nesto,<br />
nei suoi cosiddetti “racconti popolari”, <strong>di</strong> modelli propri della tra<strong>di</strong>zione italiana.<br />
21 A Stefan Mitrov Ljubi∫a (1824-1878), <strong>di</strong> Budua, si deve il merito <strong>di</strong> avere elaborato,<br />
pur evitando il confronto polemico con la cornice postivistico-risorgimentale <strong>in</strong> cui era <strong>in</strong>serito,<br />
una <strong>in</strong>novativa impostazione narrativa, che da taluni stu<strong>di</strong>osi, <strong>in</strong> Serbia, è stata def<strong>in</strong>ita<br />
“folcloristica” (cfr. D. IVANIå, Svijet i priåa, Beograd, 2002), e che <strong>in</strong>vece mirava, forte degli<br />
<strong>in</strong>segnamenti del Boccaccio, ad una revisione del tra<strong>di</strong>zionale rapporto tra autore e narratore,<br />
tra scrittura ed espressione orale. Agli <strong>in</strong>izi del Novecento, alcuni “operatori culturali”<br />
italiani avevano manifestato apprezzamento per il Ljubi∫a, tessendone gli elogi <strong>in</strong> <strong>di</strong>verse<br />
circostanze (B. Desnica, sulle pag<strong>in</strong>e della “Nuova Rassegna bibliografico-letteraria” del<br />
1906, gli aveva riconosciuto le doti <strong>di</strong> un “elegante prosatore”, “autore <strong>di</strong> pag<strong>in</strong>e <strong>di</strong> bellezza<br />
estrema”), ma, venuto meno l’<strong>in</strong>teresse per i suoi lavori, il suo nome era ben presto caduto<br />
<strong>in</strong> <strong>di</strong>suso, per essere, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, saltuariamente, rievocato solo nei colloqui <strong>di</strong> pochi <strong>in</strong>ten<strong>di</strong>tori.<br />
In italiano è oggi <strong>di</strong>sponbile la vali<strong>di</strong>ssima traduzione <strong>di</strong> uno dei suoi racconti più riusciti,<br />
Kanjo∫ Macedonoviå, ad opera <strong>di</strong> Alice Parmeggiani, che ne ha curato anche l’<strong>in</strong>troduzione<br />
(alla quale si r<strong>in</strong>via per le essenziali <strong>in</strong><strong>di</strong>cazioni bibliografiche): S.M. LJUBI∫A, Kanjo∫, il Friulano<br />
e il Doge, Ud<strong>in</strong>e 1984.<br />
22 Simo Matavulj (1852-1908), nativo <strong>di</strong> Sebenico, è da annoverare tra i più gran<strong>di</strong><br />
novellieri serbi <strong>di</strong> f<strong>in</strong>e Ottocento-<strong>in</strong>izio Novecento. Gli si deve il merito <strong>di</strong> avere letteralmente<br />
re<strong>in</strong>ventato la tra<strong>di</strong>zione narrativa cui pure apparteneva, arricchendola <strong>di</strong> spunti orig<strong>in</strong>ali,<br />
<strong>in</strong> gran parte da attribuire alla giovanile frequentazione degli scrittori italiani. Coetaneo<br />
del croato A.G. Mato∫, con il quale con<strong>di</strong>videva la passione per il Decameron (cfr. ZORIå,<br />
Boccaccio nella cultura letteraria croata, cit., pp. 331-334), grande ammiratore dell’Ariosto e<br />
dell’Orlando furioso (che si vantava <strong>di</strong> saper recitare “a memoria”), la sua produzione<br />
novellistica, <strong>in</strong>sieme alle scarne, ma significative enunciazioni <strong>di</strong> taglio teorico, rivelano una<br />
sorprendente contiguità con il Verga (cfr. S. MILINKOVIå, Jovan SkerliÏ o Matavuljevim<br />
“Beogradskim priπama”: sudb<strong>in</strong>a jednog veriste u srpskom realizmu, “KnjiÏevna istorija”, 120-<br />
121, sv. 35, Beograd 2003, pp. 469-479).<br />
23 Il tema della peste viene affrontato <strong>in</strong> quella che è unanimamente considerata la<br />
migliore (benché <strong>in</strong>compiuta) delle raccolte del Ljubi∫a, <strong>in</strong>titolata Priπanja Vuka Dojπeviåa,<br />
nella quale si r<strong>in</strong>traccia anche un tentativo <strong>di</strong> rielaborazione della novella <strong>di</strong> “Abram il giudeo”<br />
(la I.2 del Decameron). In entrambi i casi l’aderenza al testo boccacciano si sp<strong>in</strong>ge al punto<br />
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