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.<br />
PAGINA<br />
12 .<br />
Un figlio fedele<br />
della Chiesa e del Papa<br />
DOMENICO CORTESE<br />
Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea<br />
La parola «oblazione» è la vera<br />
chiave di lettura e di interpretazione<br />
della vita e dell'azione del servo di Dio<br />
don Francesco Mottola. Oblazione come<br />
dono totale di sé. come amore<br />
senza riserve Nell'oblazione e nella<br />
forza dell'amore si deve spiegare la fedeltà<br />
filiale di don Mottola alla Chiesa,<br />
al Papa, al Vescovo. Al centro dell'amore<br />
e della fedeltà di don Mottola<br />
c'è il cuore di Cristo e dal cuore di<br />
Cristo l'amore si riversa nella Chiesa,<br />
nel Papa, nel Vescovo.<br />
L'obbedienza filiale<br />
L'obbedienza filiale di don Mottola<br />
è obbedienza «cristica»: Gesù ne è la<br />
fonte e l'ispirazione. L'obbedienza<br />
«cristiforme» modellata sull'obbedienza<br />
di Cristo al Padre nella piena oblazione<br />
di sé «usque ad effusionem sanguinis».<br />
Obbedienza e fedeltà come<br />
sintesi ed espressione suprema dell'amore.<br />
Ama la Chiesa come corpo<br />
«prolungato e diffuso del Cristo» e come<br />
membro di questo corpo, come<br />
cellula vivente di questo organismo, si<br />
definiva ed era «figlio della Chiesa».<br />
Amava il Papa con grande intensità<br />
e venerazione. «Il Papa — scrive — è<br />
il capo visibile del Corpo Mistico...<br />
Pietro è la roccia angolare su cui Cristo<br />
ha istituito la Chiesa...».<br />
Sono eloquenti le sue parole: «Sono<br />
stato a S. Pietro, ho posto la mia testa<br />
sotto il piede della statua di S. Pietro,<br />
simbolo e segno di fedeltà e di sudditanza<br />
alla Chiesa».<br />
Don Mottola ne era fermamente<br />
convinto: «Ubi Petrus, ibi Ecclesia» e<br />
perciò poteva affermare: «Questa legatura<br />
col Papa e coi vescovi è la nostra<br />
gloria più bella».<br />
Il sacramento della<br />
«presenza di Cristo»<br />
Egli sapeva vedere un nesso inscindibile<br />
della Chiesa e del Papa con il<br />
sacramento dell'Eucarestia, sacramento<br />
della presenza di Cristo, ma anche<br />
«signum unitatis et vinculum caritatis».<br />
Tale erano per don Mottola anche<br />
la Chiesa e il Papa.<br />
Il Vescovo era un altro anello necessario<br />
della fedeltà e dell'amore di<br />
Cristo. Il Vescovo per don Mottola è<br />
«maestro», è soprattutto «guida», «pastore»<br />
del gregge: «il pastore guida,<br />
custodisce, pasce, difende, muore... e<br />
il morire è l'atto supremo di amore».<br />
Chiama il Vescovo »Pater sacerdotii»<br />
per l'ordinazione che conferisce al<br />
presbitero, per la quale egli diventa<br />
«prolungamento del suo apostolato.»<br />
E partecipazione della pienezza sacerdotale<br />
del Vescovo e del suo stato di<br />
perfezione.<br />
Da tutto questo scaturisce per il sacerdote<br />
l'esigenza della santità. I sa-<br />
Iniziata la pubblicazione<br />
dell'«Opera omnia»<br />
composta di dodici volumi<br />
GIROLAMO GRILLO<br />
Vecovo di Civitavecchia-Tarquinia<br />
Con la dizione «Opera Omnia» si intende<br />
la preparazione e la pubblicazione<br />
degli scritti di un autore, con una veste<br />
tipografica identica, per poter disporre<br />
di essi per qualsiasi eventualità.<br />
Pertanto essa non è qualcosa da mettere<br />
in mostra in una biblioteca o da<br />
collocare alla gradita visione di quanti<br />
potrebbero incuriosirsi alla cosa.<br />
Imprudente sarebbe affidare oggi, prima<br />
della pubblicazione completa delle<br />
stesse opere, una valutazione del pensiero<br />
di don Mottola a una persona, che<br />
non abbia dello stesso autore l'intera<br />
mappa della sua individualità letteraria,<br />
poetica, filosofica, teologica, ascetica e<br />
mistica.<br />
Don Mottola, già da giovane chierico,<br />
comprese l'importanza della stampa, anche<br />
ai fini pastorali, e si impegnò personalmente<br />
nell'uso di questo strumento<br />
così prezioso.<br />
Fece le prime giovanili esperienze al<br />
Seminario Pontificio Pio X di Catanzaro,<br />
con la pubblicazione, insieme ad altri<br />
amici, del giornale «Fiamma Bruzia» e<br />
dell'«Unione Sacra» per il clero calabrese.<br />
Nominato rettore del Seminario di<br />
Tropea, nel 1930 avviò i seminaristi all'esperienza<br />
letteraria con il giornale «Cor<br />
Cordium», per iniziare nel 1933 la pubblicazione<br />
della rivista «Parva Favilla»,<br />
che ancora viene pubblicata, e della<br />
quale, il sottoscritto è il direttore.<br />
Diverse sono le opere, che don Mottola<br />
ci ha lasciato in gran parte inedite,<br />
Uno scrigno<br />
di santità<br />
da donare agli altri<br />
«Certosino della strada», «testimone di<br />
carità» «eloquente nel silenzio», «cantore<br />
di umiltà»: queste ed altre schematiche<br />
definizioni ben si attagliano alla figura<br />
di don Francesco Mottola. che ci apprestiamo<br />
a ricordare con particolare solennità<br />
nel centenario della nascita.<br />
La storia della comunità calabrese<br />
avrà modo di annoverare, tra i protagonisti<br />
della produzione culturale, sociale<br />
e religiosa della gente di Calabria, questo<br />
gigante della spiritualità e della morale<br />
sociale. Le «Case della Carità» potranno<br />
moltiplicarsi, lo studio della spiritualità<br />
mottoliana potrà entrare nelle<br />
Università e nelle Istituzioni cultura di<br />
tutto il Paese, la singolarità del suo essere<br />
sacerdote in modo oblativo e profetico<br />
raggiungerà i Centri di formazione<br />
dei presbiteri del nuovo millennio, il<br />
messaggio sociale che fu da lui elaborato<br />
per impegnare le coscienze degli operatori<br />
politici del suo tempo sarà un<br />
contributo sempre attuale.<br />
È questo, credo, il modo più appropriato<br />
per accompagnare il cammino<br />
verso il riconoscimento della santità di<br />
questo impareggiabile sacerdote della<br />
Calabria.<br />
GIUSEPPE BORGIA<br />
che troveranno posto nell'«Opera Omnia».<br />
L'edizione è curata da un Comitato<br />
Scientifico per incarico dell'Istituto<br />
Secolare degli Oblati del Sacro Cuore e<br />
della Fondazione don Mottola.<br />
Di prossima pubblicazione sono gli<br />
editoriali di «Parva Favilla» da lui diretta<br />
fino alla morte e sulla quale mensilmente<br />
scriveva saggi ed articoli di grande interesse<br />
sui problemi del tempo. Dal<br />
complesso delle sue opere, si può dire<br />
che don Mottola è veramente una miniera<br />
più che profonda, per scavare entro<br />
la quale, occorre avere molta pazienza<br />
e capacità di interpretare un linguaggio<br />
di una specularità unica, che va al<br />
di là di molti «neologismi», che gli sono<br />
propri e delle stesse mode letterarie ermetiche<br />
dell'epoca in cui scriveva.<br />
Non si può tentare di interpretare don<br />
Mottola, senza conoscere a fondo l'ermetismo,<br />
il futurismo e non si potrà mai<br />
comprendere la sua filosofia e teologia,<br />
senza tentare l'affondo nell'esistenzialismo<br />
cristiano, che fu tipico di G. Marcel<br />
e della filosofia di Bergson.<br />
Ed, infine, per quanto attiene alla teologia<br />
il dibattito scaturito in preparazione<br />
al Concilio Vaticano II (amava non<br />
poco De Lubac) lo appassionava.<br />
A cento anni dalla nascita sarebbe opportuno<br />
avere tra le mani tutti gli scritti<br />
di don Mottola, per poterli ben bene assaporare<br />
e delibare, senza cedere minimamente<br />
alla tentazione poco piacevole<br />
di centellinarli, come finora è avvenuto.<br />
Sarebbe questa la migliore commemorazione<br />
di uno dei più illustri uomini<br />
della Calabria dei nostri tempi.<br />
L'OSSERVATORE ROMANO Martedì-Mercoledì 2-3 Gennaio 2001<br />
Un ricordo del servo di Dio Don Francesco Mottola<br />
nel I centenario della nascita (3 gennaio 1901/2001)<br />
cerdoti oblati per don Mottola sono i<br />
«religiosi» del Vescovo e si legano al<br />
Vescovo con il voto di ubbidienza.<br />
Idea ben espressa nella definizione<br />
del sacerdote oblato: «gli oblati sono i<br />
sacerdoti che, per vivere integralmente<br />
la loro vita sacerdotale si fondono<br />
in unità col loro Vescovo e si votano<br />
all'affermazione del Regno di Cristo».<br />
Perciò i sacerdoti oblati «dipenderanno<br />
ciecamente dal loro Vescovo,<br />
convinti che nella rinunzia alla propria<br />
volontà sta l'essenza della loro<br />
oblazione.<br />
Don Mottola visse così la sua oblazione<br />
e il suo sacerdozio: nella fedeltà<br />
piena e assoluta a Cristo e in Cristo e<br />
per Cristo alla Chiesa, al Papa, al Vescovo.<br />
Nel trentennio della sua ordinazione<br />
sacerdotale poteva ripromettere al Vescovo<br />
»obbedienza assoluta» senza<br />
tentennamenti, senza sottintesi alcuni.<br />
È stato sempre questo l'ideale di vita<br />
oblata del servo di Dio, il quale vedeva<br />
nel Papa la presenza dello stesso<br />
Gesù. Egli infatti «resta nell'Eucarestia<br />
come conforto in questa terribile vigilia<br />
dei sensi, nel Papa come guida dei<br />
fedeli, che sono il suo corpo». Perciò<br />
— affermava con forza — bisogna<br />
«vedere con la Chiesa, amare con la<br />
Chiesa», e «operare con la Chiesa, con<br />
il Papa, con il Vescovo», in piena e<br />
perfetta sintonia con Cristo, dal cui<br />
cuore nascono la Chiesa, il Papa, il<br />
Vescovo.<br />
Una vita interamente vissuta<br />
nella spiritualità eucaristica<br />
Il movimento liturgico nei suoi pionieri<br />
più validi, come il Marmion, il futuro<br />
cardinale di Milano Schuster, Karl<br />
Adam, Beaudouin, con i loro scritti, che<br />
Don Mottola lesse con avidità e fece leggere<br />
ai suoi figli spirituali, gli consentirono<br />
quel clima naturale della centralità<br />
della spiritualità liturgica, su cui impernierà<br />
la sua esistenza. Se apriamo il suo<br />
Diario, possiamo osservare come l'Eucarestia<br />
era la sua agenda quotidiana,<br />
intorno a cui tutti gli altri impegni si dipanavano<br />
e organizzavano. Era cioè<br />
quel tempo (kairòs) intorno a cui ruotavano<br />
gli altri appuntamenti.<br />
La sua giornata veniva distribuita in<br />
preparazione, celebrazione e ringraziamento.<br />
Tutta la vita di don Mottola può<br />
essere raccontata «eucaristicamente».<br />
Tre tappe eucaristiche sembrano dipanare<br />
e seguire, infatti, l'arco esistenziale<br />
della sua vita in costante e reciproca comunicazione<br />
principalmente, la presenza<br />
reale di Cristo nel sacramento dell'Eucarestia,<br />
nelle diverse forme del culto<br />
della Chiesa, come fonte significante<br />
e significativa della sua vita e della sua<br />
vocazione oblata. Scopriva così un nesso<br />
genetico tra l'altare e la presenza «eucaristica»<br />
di Cristo nella persona degli ulti-<br />
mi, da adorare fino a volere per essi l'istituzione<br />
degli Oblati del Sacro Cuore e<br />
la fondazione delle Case della Carità, intese<br />
come altrettanti tabernacoli eucaristici.<br />
Invece avvertì la tremenda avventura<br />
della trasformazione «eucaristica»<br />
della sua persona, provata dal dolore e<br />
dalla sofferenza fisica, Le ultime parole<br />
programmatiche annotate di suo pugno<br />
nel lontano 3 giugno 1942, prima di essere<br />
colpito da un ictus, sono «L'Ostia,<br />
il Cuore, la Madonna». Anche febbricitante<br />
era solito celebrare la divina eucarestia.<br />
Già agonizzante giorno, 27 giugno<br />
1969, alle cinque del mattino quando<br />
chiese di celebrare, arrivato alla comunione,<br />
guardò gli astanti, come per<br />
dire: «Ce l'ho fatta!» Con questa gioia,<br />
tipicamente presbiterale, si spegneva,<br />
esclamando «Eccomi». Il 29 giugno<br />
1969, suggellando una vita intesa come<br />
dono totale a Dio e agli altri. Con verità,<br />
Mons. Iannelli poteva dire il giorno dei<br />
funerali: «È stato un'ostia senza riserva,<br />
un'ostia non rassegnata, ma gaudente,<br />
un'ostia che oggi ci commuove e sprona<br />
a salire noi per la vetta del calvario con<br />
la certezza di ritrovare all'orizzonte la<br />
visione del Tabor».<br />
IGNAZIO SCHINELLA<br />
Profeta e testimone<br />
del nostro tempo<br />
A distanza di cento anni dalla nascita<br />
(3 gennaio 1901-3 gennaio 2001) e a quasi<br />
trentadue dalla morte (29 Giugno<br />
1969), il giudizio, che meglio coglie la figura<br />
di questo umile servitore di Dio e<br />
dell'uomo, è quello incisivo, lapidario ed<br />
altamente significativo, espresso da un<br />
altro santo, legato al prete tropeano da<br />
fraterna amicizia, l'On. Giorgio La Pira.<br />
La complessa figura del servo di Dio è<br />
delineata nella ricchezza delle sue sfaccettature,<br />
che non è facile cogliere in<br />
una formula sintetica. In lui era viva l'esigenza<br />
di unificazione di se stesso e dell'uomo<br />
in Dio: «Essere uni nell'Unico»<br />
ripeteva. Con una certa benevola ironia<br />
soleva anche dire: «Delle volte ho sorriso<br />
quando ho letto questa affermazione<br />
“Dio solo”, Dio solo, sì, ma a patto di<br />
essere “Dio completo”, di trovare Dio in<br />
tutte le cose, anche nella natura, anche<br />
nelle pietre della strada e negli angeli<br />
del cielo... non amare nessuno, ma a<br />
patto di amare tutti».<br />
Da giovane chierico, insieme ad altri<br />
compagni di studio, si pose il problema<br />
religioso e sociale della Calabria con la<br />
fondazione del «Circolo Culturale Calabrese»,<br />
il quale, nello Statuto, nel giornale<br />
«Fiamma Bruzia» , e nelle iniziative<br />
avviate, mette in luce le linee, che sarebbero<br />
state, poi, di guida della vita del<br />
suo sacerdozio: la santità personale per<br />
l'elevazione culturale e spirituale della<br />
società.<br />
Dall'ordinazione sacerdotale (5 aprile<br />
1924) al giugno del 1942, è il periodo,<br />
che, in modo improprio alcuni definiscono<br />
«attivo», per distinguerlo dai ven-<br />
Don Mottola ed Irma dei conti Scrugli, Confondatrice delle Oblate,<br />
la quale accende la lampada del tabernacolo<br />
per l'inaugurazione della Casa della Carità a Vibo Valentia nel 1955<br />
Nella «Fondazione<br />
Don Mottola»<br />
la sua missione di bene<br />
Casuale, ma decisiva per la mia vita è<br />
stata la conoscenza di don Francesco<br />
Mottola. Amici, con cui condividevo<br />
l'impegno nel sindacato e nel sociale, mi<br />
parlarono del prete tropeano e delle<br />
opere da lui realizzate. In particolare<br />
Nicola Di Napoli, un pugliese trapiantato<br />
a Roma, il quale per incarico di Gedda<br />
si portò in Calabria, prima come propagandista<br />
dell'Azione Cattolica, poi dei<br />
Comitati Civici, ricordava come don<br />
Mottola era punto di riferimento delle<br />
varie iniziative e direttore spirituale di<br />
tante anime che, da ogni parte ricorrevano<br />
a lui. La conoscenza dei suoi scritti<br />
e della fecondità delle sue opere ci<br />
spinse a costituire un'associazione, che<br />
poi si configurò in «Fondazione Don<br />
Mottola», con atto notarile del 2 dicembre<br />
1988. Si unirono all'iniziativa diversi<br />
altri amici, fra i quali, i soci della GEC<br />
(Gruppo Ecclesiale Calabrese). La Fondazione<br />
si pone l'obbiettivo di far conoscere<br />
e premiare le iniziative «personali<br />
e collettive a favore della crescita umana»<br />
e per atti di solidarietà verso gli<br />
emarginati e i bisognosi.<br />
ALBINO GORINI<br />
tisette anni seguenti di vita «crucisignata»<br />
per una paresi che stroncò il suo<br />
apostolato nel momento culminante della<br />
sua attività sacerdotale.<br />
Per la paresi, rimase condizionato nei<br />
movimenti per la gamba destra paralizzata<br />
e poté esprimersi con difficoltà con<br />
suoni inarticolati e non sempre comprensibili.<br />
Fu questa la penitenza più grande per<br />
uno come lui, che era richiesto in tutta<br />
Italia per corsi di formazione e di aggiornamento<br />
all'Azione Cattolica, esercizi<br />
spirituali, ritiri, ecc.<br />
Ma nei piani della Provvidenza, come<br />
lui stesso riconosceva, è stato il periodo<br />
più fecondo, per le tante anime di ogni<br />
ceto sociale che ricorrevano a Lui.<br />
Le oltre settemila lettere che ci rimangono<br />
e le opere e le iniziative che<br />
fiorirono sono un segno della fecondità<br />
della sua vita crocifissa, come la definiva<br />
La Pira.<br />
La sua presenza silenziosa, sofferente<br />
e raccolta ai corsi da lui promossi, era<br />
più di una predica. Reso sempre più<br />
conforme a Cristo Crocifisso, seminò serenità<br />
e pace, inquietando le coscienze<br />
alla ricerca di Dio. attraverso la direzione<br />
spirituale e con i suoi scritti.<br />
Poneva il sigillo ad una vita vissuta<br />
come «offerta, consacrazione e immolazione»<br />
e come «buon pane per essere<br />
mangiato fino all'ultima briciola», con<br />
l'espressione scandita chiaramente, con<br />
il volto e l'occhio raggiante di luce, in<br />
un supremo sforzo di staccarsi dal letto<br />
di morente: «ECCOMI! ECCOMI TUT-<br />
TO» (29 giugno 1969).<br />
La testimonianza di vita, le opere e il<br />
messaggio, che Egli ci lascia, rivelano la<br />
sorprendente attualità per la capacità di<br />
individuare i problemi alla luce della fede<br />
e dello studio, che curò con passione<br />
fino agli ultimi giorni.<br />
Riconoscibili sono i vari contributi religiosi,<br />
letterari, filosofici e sociali, anche<br />
di scrittori stranieri, in particolare francesi.<br />
Maritain, Mounier, Marcel, Mauriac,<br />
Berrnanos, De Lubac e riviste specializzate,<br />
alimentarono la sua mente e<br />
lo aprirono ai fermenti di novità, facendolo<br />
un «pastore secondo il cuore di<br />
Dio» (Mons. Cantisani Presidente della<br />
Conferenza Episcopale Calabra Arcivescovo<br />
di Catanzaro-Squillace), un «precone»<br />
del Vaticano II (Mons. Agostino<br />
Arcivescovo di Cosenza-Bisignano), un<br />
«profeta dei nuovi tempi» (Mons. Rimedio<br />
Vescovo di Lamezia Terme).<br />
Egli individuò le cause dei mali che<br />
affiggono la società in una duplice crisi:<br />
«crisi di pensiero» e «crisi di santità»<br />
Le considerazioni da lui fatte dagli anni<br />
Trenta agli anni Sessanta, possiamo<br />
ritenerle ancora validissime per conoscere<br />
il nostro tempo e per un orientamento<br />
pastorale, culturale e spirituale nel<br />
terzo millennio.<br />
Gli uomini — ribadisce — «presi da<br />
tante quisquilie non pensano più» e «più<br />
che mai chiusi ad ogni rigore di logica,<br />
sono incapaci di ragionare».<br />
Dinanzi alla tragedia del '900, sconvolto<br />
da due guerre mondiali, egli vide<br />
nelle ideologie aberranti, in particolare<br />
del nazismo, del razzismo e del comunismo,<br />
la genesi di tutti i mali, che avrebbero<br />
portato ineluttabilmente alla guerra.<br />
“Vivere sibi”: ecco l'origine di ogni<br />
male, ecco la posizione arbitraria che gli<br />
uomini anche dopo la morte di Cristo,<br />
hanno assunta». E con profetica e realistica<br />
intuizione non ebbe paura di scrivere<br />
(23 marzo 1938): «Nazismo e comunismo:<br />
son le posizioni estreme (che<br />
si toccano) di questo contrasto umano,<br />
che conduce necessariamente alla guerra...<br />
Vivere sibi: spiega tutte le deviazioni<br />
di pensiero e di vita nell'individuo,<br />
nella famiglia, nella società, nell'anima,<br />
che è il germe di tutto». E con realismo<br />
Una proposta di promozione<br />
dell'uomo per risolvere<br />
la «questione meridionale»<br />
«Nella mia terra di Calabria, ho rifatto<br />
in ginocchio la Via Crucis: son passato<br />
per tutti i villaggi... Ho sentito il singulto<br />
della mia gente nel mio povero<br />
cuore...». Don Mottola dettava questa<br />
confessione di scelta del suo itinerario<br />
insieme religioso e sociale nel 1939, aveva<br />
allora trentasei anni. Coerentemente<br />
con la sua formazione teologico-culturale<br />
impostò il suo progetto sul proseguimento<br />
della promozione integrale dell'uomo<br />
calabrese: l'elevazione spirituale,<br />
intellettuale ed economico-spociale, l'attenzione<br />
alla dimensione dell'anima all'attenzione<br />
alla dimensione della corporeità.<br />
Tappe significative di questo approccio<br />
alla questione meridionale possono<br />
essere considerate in una prima e<br />
immediata esemplificazione la fondazione<br />
e direzione del circolo culturale<br />
«Francesco Acri»(1924-1929), l'attività di<br />
assistentato nell'Azione Cattolica calabrese<br />
e l'opera di formazione dei suoi<br />
quadri dirigenziali. La pubblicazione della<br />
rivista «Parva Favilla», soprattutto la<br />
fondazione della Casa della Carità nella<br />
natia Tropea nel lontano 1936, la struttura<br />
che più e meglio di ogni altra riassume<br />
la figura e l'opera del sacerdote.<br />
GIACINTO NAMIA<br />
aggiungeva: «Paganesimo, ateismo, materialismo,<br />
fascismo, liberalismo, miscela<br />
di nazionalismo e di socialismo più o<br />
meno ibrido della croce uncinata, opposta<br />
alla croce di Cristo».<br />
Per questo motivo, convinto che solo<br />
una fede radicata nei veri ed autentici<br />
valori realizza la persona nella sua pienezza<br />
di «Umanesimo integrale», si fece<br />
promotore della formazione dei laici e<br />
dei sacerdoti, attraverso iniziative varie<br />
di carattere culturale e sociale, come le<br />
«Settimane di Studi Cristiani» i «Seminari<br />
di Cultura», le «Settimane Campestri»<br />
per il mondo rurale e gli operai,<br />
Corsi di aggiornamento e la pubblicazione<br />
della rivista «Parva Favilla» e di opere<br />
di carattere spirituale, educativo, morale,<br />
teologico e storico-letterario.<br />
Con convinzione affermò che la «santità<br />
salverà il mondo» e, da uomo concreto,<br />
ne chiariva la natura: «Una santità<br />
personale, che si irradia in opere di<br />
carità sociale, ecco l'apologia più efficace<br />
di tutti i tempi».<br />
Ebbe come impegno primario la santificazione<br />
del clero e dei laici. Già negli<br />
anni Venti affermò il dovere di educare<br />
anche i fedeli alla contemplazione, in<br />
particolare quelli che si dedicano all'apostolato.<br />
Nella sintesi di «Azione-contemplazione»<br />
vissuta nel mondo pose le<br />
basi di quella che sarà chiamata «spiritualità<br />
oblata».<br />
Anche i laici coniugati, secondo i doveri<br />
del proprio stato, sono chiamati come<br />
battezzati a portare il lievito del<br />
Vangelo nel mondo. Infatti l'uomo, con<br />
l'inserzione di Cristo nella storia umana,<br />
non è più «l'animale razionale» del filosofo,<br />
ma «l'animale razionale cristificato»,<br />
che «nella pienezza di Cristo trova<br />
la sua compiutezza» e deve essere il<br />
«plagiario», l'opera d'arte del volto di<br />
Cristo nel mondo.<br />
L'Istituto Secolare delle Oblate fondato<br />
insieme ad Irma dei Conti Scrugli,<br />
grande anima mistica, la «Chiara Tropeana»<br />
(Mons. Cortese), i Sacerdoti e gli<br />
Oblati laici del Sacro Cuore, furono la<br />
intuizione più profetica del Servo di<br />
Dio. Fu il primo in Italia a parlare della<br />
vita consacrata vissuta nel mondo per i<br />
suoi figli spirituali, idea, che avrebbe<br />
trovato poi la configurazione giuridica,<br />
con la provvida Mater Ecclesia (1947).<br />
Il Prefetto della Congregazione dei<br />
Santi, Mons. José Seraiva Martins, nel<br />
XXX della morte del servo di Dio, così<br />
delineava la sua spiritualità: «Nella sua<br />
vita tesa ad un'imitazione di Cristo,<br />
sempre più perfetta, spicca l'identificazione<br />
con il Crocifisso, specchio dell'amore<br />
infinito del Padre per l'umanità.<br />
La spiritualità del servo di Dio è, in effetti,<br />
essenzialmente cristocentrica».<br />
Egli con una certa soddisfazione ne<br />
indicava l'originalità: «Ci distinguiamo<br />
essenzialmente da tutte le altre famiglie<br />
di oblati con le quali “convenimus nomine,<br />
non re”: vivere nel secolo l'ideale<br />
di vita religiosa» Gli oblati hanno come<br />
«cella» il segreto del loro cuore, come<br />
«chiostro» le vie del mondo, per le quali<br />
«pellegrini» dell'Infinito, camminano come<br />
«certosini» e «carmelitane» della<br />
strada.<br />
E con afflato poetico concludeva: «Fino<br />
al 1933 i contemplativi erano nel<br />
chiostro. La nostra novità è l'aver portato<br />
i contemplativi sulla strada... Non abbiamo<br />
abito religioso, ma esso è la carità<br />
splendente, illuminante, che riscalda<br />
in questo inverno triste. Un po' di fuoco<br />
per le vie del mondo è tanto bello».<br />
Fu assillato dalla ricerca delle forme<br />
adatte per far giungere il messaggio<br />
evangelico all'uomo del suo tempo. Per<br />
questo raccomandava: «Non ti dico di<br />
estraniarti dalla storia: apri il tuo cuore<br />
a tutte le vicende storiche per sentirne il<br />
palpito doloroso, per farti tutto a tutti».<br />
Con occhio di amore guardò il tempo<br />
in cui visse e con ottimismo scriveva:<br />
«Bisogna vivere in contatto con il mondo...<br />
esso è uno svolgimento del piano<br />
divino, il cui centro è il Cristo».<br />
La storia — ripeteva — è il terreno su<br />
cui si svolge il piano divino e noi dobbiamo<br />
agevolarne il cammino con mezzi<br />
idonei ed efficaci. Rendeva più comprensibile<br />
il concetto con questa immagine:<br />
come il suolo porta alla fiamma<br />
con le legna il suo contributo, così ogni<br />
generazione, secondo i tempi in cui vive,<br />
deve alimentare l'amore e la fede in<br />
Cristo Signore. Con forza affermava:<br />
«Vogliamo vivere nel nostro tempo pienamente,<br />
con la croce, seguire tutto lo<br />
stile del nostro secolo anche nella pietà...<br />
nella concretezza dinamica del '900,<br />
con la passione ardente del nostro cuore<br />
calabrese, perché il vangelo è eterno,<br />
ma se non si colorasse di noi, non sarebbe<br />
eternamente vivo».<br />
Favorì per questo l'uso dei mezzi di<br />
comunicazione ed ascoltò in ginocchio il<br />
primo discorso alla radio di Pio XI. E<br />
pose le strutture delle sue Case della Carità<br />
a disposizione dell'Azione Cattolica<br />
e dei gruppi ecclesiali per corsi di aggiornamento<br />
e di formazione. Richiamava<br />
il prerequisito primario e insostituibile<br />
del binomio «Azione-Contemplazione»,<br />
se non si vuole «scimmiottare» Cristo<br />
ed essere «pericolosamente distributori<br />
di sacramenti». E concludeva «Imita<br />
Cristo! Questo è il migliore aggiornamento,<br />
poiché le mode passano e solo<br />
Cristo, che è eterno, resta».<br />
DOMENICO PANTANO OSC<br />
Moderatore Generale