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ERZA T PAGINA .<br />
PAGINA<br />
3 .<br />
Riflessioni sulla solennità dell'Epifania<br />
Il simbolismo<br />
nei doni dei Magi<br />
CLAUDIO BELLINATI<br />
«Alzati (Gerusalemme), perché viene<br />
la tua luce; la gloria del Signore brilla<br />
su di te» (Isaia 60, 1).<br />
Così iniziava l'omelia di Giovanni Paolo<br />
II, il 6 gennaio 1979; la sua prima<br />
omelia, da Pontefice, nel giorno dell'Epifania.<br />
Il profeta Isaia grida «nel secolo VIII<br />
prima di Cristo; e noi ascoltiamo le sue<br />
parole oggi nel secolo XX dopo Cristo;<br />
ed ammiriamo, veramente ammiriamo<br />
la grande luce, che promana da queste<br />
parole». E così continua nel suo prologo:<br />
«Non ci meravigliamo... quando<br />
Isaia in questo suo dialogo profetico con<br />
Gerusalemme, condotto attraverso i secoli,<br />
ad un certo punto dice: “palpiterà e<br />
si dilaterà il tuo cuore”. Parla alla città<br />
come se essa fosse un uomo vivente».<br />
In quel suo primo discorso «epifanico»<br />
Giovanni Paolo II invitava tutti ad<br />
essere «con il pensiero e con il cuore» a<br />
Betlemme, dove erano venuti dall'Oriente<br />
i tre re Magi. «Li conduceva una stella<br />
misteriosa: la stella, luce misteriosa,<br />
che si spostava nel firmamento. Ma ancora<br />
di più li conduceva la fede, luce interiore».<br />
Proprio meditando su questo primo<br />
discorso «epifanico» dell'anno 1979, se<br />
ne coglie tutta l'attualità; e tutta la bellezza<br />
di una pagina di storia veramente<br />
affascinante.<br />
«Palpiterà e si dilaterà il tuo cuore»<br />
dice Isaia alla città di Gerusalemme;<br />
perché i Magi sono divenuti «l'inizio e la<br />
prefigurazione di quanti, da oltre le<br />
frontiere del popolo eletto, hanno raggiunto,<br />
e sempre raggiungono il Cristo,<br />
mediante la Fede».<br />
L'Epifania è dunque la festa della Fede.<br />
La Fede che è luce, che è credere<br />
alla Parola, al Figlio di Dio fatto uomo.<br />
Dalla grotta di Betlemme, dalla città<br />
di Gerusalemme, Giovanni Paolo II volgeva<br />
poi lo sguardo a Roma, dove attraverso<br />
Pietro e la sua Sede «è entrata e<br />
sempre entra una moltitudine innumerevole,<br />
in questa grande comunità del Popolo<br />
di Dio».<br />
«Ed oggi, che cosa di più può augurare<br />
il successore di Pietro a questa Basilica,<br />
questa sua nuova Cattedra, se non<br />
che essa serva alla Epifania? Che in essa<br />
e per essa, gli uomini di tutti i tempi<br />
e del nostro tempo, gli uomini provenienti<br />
dall'Oriente e dall'Occidente, dal<br />
Nord e dal Sud, riescano ad arrivare a<br />
Betlemme, ed arrivare a Cristo mediante<br />
la Fede».<br />
Alla luce del Grande Giubileo del 2000<br />
e della venuta di numerosi pellegrini di<br />
ogni nazione, non si è forse avverato<br />
l'auspicio di quelle profetiche parole:<br />
«palpiterà e si dilaterà il tuo cuore»?<br />
* * *<br />
«Abbiamo davanti agli occhi questi tre<br />
— così dice la tradizione —, tre re Magi,<br />
che vengono in pellegrinaggio da lontano...<br />
e portano con sé non soltanto<br />
oro e incenso, ma anche mirra: i doni<br />
simbolici, con i quali sono andati incontro<br />
al Messia, che era atteso anche oltre<br />
le frontiere di Israele» (Giovanni Paolo<br />
II, Epifania 1979).<br />
Il significato emblematico dell'oro diviene<br />
alquanto riduttivo, se lo asserviamo<br />
a un concetto puramente economico,<br />
richiamato a risolvere i problemi di<br />
quella piccola famiglia. L'oro è innanzitutto<br />
simbolo di luce, di splendore, di<br />
bellezza infinita... Non per nulla gli iconografi<br />
ne ornano ampiamente le loro<br />
icone. Il Bimbo, che rifulge in braccio<br />
alla Mater Dei, rifulge di luce radiosa;<br />
talché gli occhi dell'anima non cessano<br />
di bearsi di questo eloquente fulgore.<br />
Così, il linguaggio dell'invisibile si fa<br />
musica dello spirito, e mondo incantevole<br />
di realtà tutt'altro che effimere. Allora,<br />
come afferma il profeta Baruch (6,<br />
23), la luce degli idoli perde del suo fascino.<br />
Anche se ciò, che è divino non<br />
sarà mai simile all'oro e all'argento (Atti<br />
17, 29), quell'oro, deposto ai piedi del<br />
Bimbo, ha il suo significato profondo.<br />
Un significato molto vicino all'esclamazione<br />
del profeta Aggeo (2, 9): «Mio è<br />
l'oro, dice il Signore degli eserciti».<br />
E che dire dell'incenso, offerto al celeste<br />
Bambino?<br />
Tertulliano e Agostino ebbero a un<br />
certo momento paura che l'uso di tale<br />
sostanza potesse richiamare il rito dei<br />
pagani, anzi degli imperatori pagani; il<br />
rito del divus Augustus, tutt'altro che<br />
vicino allo spirito del cristiano autentico.<br />
Ma vinse il richiamo dell'Apocalisse (8,<br />
1-3): «Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo,<br />
si fece silenzio in cielo... Venne un<br />
altro angelo e si fermò all'altare, reggendo<br />
un incensiere d'oro. Gli furono dati<br />
molti profumi, perché li offrisse insieme<br />
con le preghiere di tutti i santi, bruciandoli<br />
sull'altare d'oro». Dunque, un significato<br />
stupendo, annesso all'adorazione<br />
del Figlio di Dio; di quel Bimbo che ora<br />
abita in una oikia, abitazione sempre<br />
piccola per il Re dell'universo.<br />
E viene per ultima la mirra. Misterioso<br />
dono, di un chiaro significato emblematico.<br />
Quel bimbo avrebbe sofferto; e<br />
le sue sofferenze avrebbero avuto carattere<br />
redentivo per l'umanità intera. Sulla<br />
scena appare subito la figura del rex<br />
socius dei Romani: Erode il grande (37<br />
a.C., 4 d.C.), che simulando interessamento<br />
lo avrebbe cercato a morte. Eppure<br />
non era apparsa una stella, alla nascita<br />
di quel Bimbo, ad indicare qualcosa<br />
di straordinario? Lo avevano capito<br />
quei sapienti «variamente associati», e<br />
pronti ad intuire ciò che è veramente<br />
straordinario. Si è a lungo dissertato su<br />
quella stella; ma forse ha ragione un<br />
esegeta moderno a scrivere «la stella qui<br />
serve al disegno di Dio, e guida i magi a<br />
Gesù; si può affermare che il potere del<br />
determinismo astrale è spezzato» (B.T.<br />
Viviano).<br />
* * *<br />
«Alzati Gerusalemme!... Palpiterà e si<br />
dilaterà il tuo cuore».<br />
È quanto proviamo dinanzi ai più<br />
grandi capolavori dell'arte a celebrazione<br />
della Epifania. Chi non ricorda l'abbigliamento,<br />
il frettoloso cammino, la serenità<br />
dei Re Magi nei mosaici di Ravenna?<br />
Chi non si sente commosso dalla<br />
bellezza del paesaggio che circonda la<br />
grotta, nella icona quattrocentesca di<br />
Novgorod? E chi non è avvolto dallo<br />
stupendo cromatismo della scena nei capolavori<br />
di Gentile da Fabriano, Benozzo<br />
Gozzoli, Filippo Lippi, Botticelli e<br />
Tiepolo? Ho dinanzi agli occhi la scena<br />
dell'Epifania dei Da Bassano o Da Ponte;<br />
dove il volto, dalla lunga barba, del<br />
primo dei Magi si china umilmente verso<br />
il Bimbo, offrendo il primo dei doni,<br />
mentre sull'orizzonte sta declinando la<br />
luce e il mondo prende l'incanto della<br />
notte lunare.<br />
E piace oggi concludere con quelle<br />
profetiche espressioni, che caratterizzarono<br />
il discorso di Giovanni Paolo II,<br />
l'Epifania del 1979: «A questa festa partecipa<br />
la Chiesa, che ogni anno diventa<br />
più consapevole della vastità della sua<br />
missione. A quanti uomini bisogna ancora<br />
portare la Fede!... La Chiesa consapevole<br />
di quel grande dono, del dono della<br />
incarnazione di Dio, non può fermarsi<br />
mai; non può mai stancarsi».<br />
Era un programma, che il Grande<br />
Giubileo del 2000 ha confermato.<br />
L'OSSERVATORE ROMANO Sabato 6 Gennaio 2001<br />
Il presepe napoletano custodito nel Palazzo Reale di Caserta: artisti di fama modellarono nel Settecento e nell'Ottocento le splendide statuine<br />
I vestiti dei pastori venivano confezionati dalle regine e dalle dame della corte borbonica<br />
GAETANO ANDRISANI<br />
Nell'ala della grandiosa Reggia vanvitelliana<br />
di Caserta, in cui si susseguono<br />
gli ambienti dell'appartamento «vecchio»,<br />
dopo le luminose sale destinate<br />
alla Biblioteca Palatina, esiste un salone,<br />
ampio e squadrato, dove un tempo i<br />
reali della casata Borbone di Napoli seguivano<br />
spettacoli teatrali in compagnia<br />
di ospiti illustri e di dignitari di corte.<br />
Quando, però, si compì il progetto del<br />
teatro vero e proprio, che è un gioiello<br />
architettonico di particolare valore nell'insieme<br />
del Palazzo Reale, la grande<br />
sala, per la devozione natalizia dei regnanti,<br />
dei principi e del seguito, fu adibita<br />
alla sistemazione del presepe, che<br />
occupò lo spazio prima destinato a palcoscenico.<br />
Fu costruita una suggestiva scenografia,<br />
nella quale trovarono posto gli artistici<br />
pastori del Settecento e dell'Ottocento<br />
napoletani, modellati da noti scultori,<br />
come Giuseppe Sammartino, Matteo<br />
Bottiglieri, Francesco Celebrano, Nicola<br />
Ingaldi, Lorenzo Mosca, Giovan<br />
Battista Polidoro, Giuseppe Gori, Nicola<br />
Somma.<br />
Particolare rilevanza, nella raccolta<br />
presepiale borbonica, hanno sempre<br />
avuto le statuine degli animali, le quali<br />
costituiscono una collezione insuperata<br />
del genere, e per il valore artistico e artigianale<br />
dei manufatti, e per la testimonianza<br />
che danno dell'attenzione che nel<br />
regno di Napoli è stata data all'incremento<br />
del patrimonio della fauna locale.<br />
Di questi ricercati manufatti sono autori<br />
artisti di fama, specialisti della materia,<br />
quali Francesco Gallo e i fratelli Vassallo.<br />
I pastori napoletani hanno la testa, le<br />
mani e i piedi fatti da scultori: questi<br />
Il calendario floreale dell'Estremo Oriente<br />
Gli auguri per il nuovo millennio<br />
nelle forme e nei colori della natura<br />
IRENE IAROCCI<br />
Tra i forestierismi di più recente conio entrati nel<br />
giapponese, «millenniumu» è quello in queste ultime<br />
settimane più ricorrente sui grandi quotidiani attenti<br />
al concludersi («heimaku») del Giubileo, all'ingresso<br />
del Terzo Millennio. Nell'immaginario dei lettori, la<br />
lettura nipponizzata di Millennio trasmette forse l'irresistibile<br />
fascino estetico che quasi cento anni fa, a<br />
Londra, l'espressione «XX secolo» produceva in Natsume<br />
Sōseki. Il grande scrittore si affrettò a tradurla<br />
in quell'inusitato «nijūsseki» destinato a farsi strada<br />
in una lingua ancora estranea al computo in secoli.<br />
Ora il festeggiato ingresso nel nuovo millennio non<br />
ha solo le luci del coloratissimo arco approntato a<br />
Marunouchi in Tokyo per il Capodanno. Ha anche<br />
colori, forme e linguaggio simbolico, e certo beneaugurante,<br />
da una tradizione millenaria attribuiti sia ai<br />
rami del sempreverde pino posti agli angoli delle vie o<br />
ai cancelli delle case per accogliere la «visita» delle divinità,<br />
sia al fior di pruno («bai»), occhieggiante tra<br />
rametti di pino («shō») e di bambù («chiku»).<br />
«Shōchikubai», in un Paese dove ognuna delle 47<br />
prefetture ha ufficialmente un proprio fiore ed albero<br />
simbolo, augura Buon Anno con il fiore del pruno —<br />
prima pianta ad annunciare l'arrivo della primavera<br />
—, nel segno della longevità — il pino — e della flessibile<br />
resistenza alle tempeste del vivere — il bambù<br />
—. Le famiglie restano legate all'appuntamento con<br />
tradizioni sancite dal calendario lunare (7 gennaio,<br />
festa delle Sette erbe eduli), né l'alba del XXI secolo<br />
azzera il linguaggio simbolico di un calendario tenuto<br />
vivo dall'arte di disporre i fiori, da quel «ventaglio<br />
d'inverno e braciere d'estate» (Bashō) che è, in metafora,<br />
la poesia, dalle arti figurativa e teatrale, dalla<br />
grafica.<br />
Attraversiamo allora idealmente con i nostri lettori<br />
quest'antico, ancora attuale calendario. Ai dodici mesi<br />
si legano, con curiosa inversione di numero, ben<br />
ventuno simboli — tra fiori ed alberi —, complici folklore,<br />
letteratura ed arte.<br />
Indissolubile, si direbbe, il binomio tra capodannogennaio<br />
e il pino, almeno quanto lo è quello tra il pino<br />
e la sua rituale presenza sul palcoscenico degli<br />
spettacoli teatrali Nō.<br />
Si conclude il reportage televisivo<br />
«Inchiesta nella Chiesa Cattolica nel mondo»<br />
«Gesù Cristo: Porta di Salvezza, di Vita, di Pace! Anno 2000 — il Giubileo»: questo è<br />
il titolo della quarta puntata, la conclusiva, del reportage televisivo «Nell'Anno 2000 —<br />
Inchiesta nella Chiesa Cattolica nel mondo», che va in onda il 6 gennaio alle ore 20.50<br />
su Rai3.<br />
Il documentario, curato dal Comitato Centrale del Grande Giubileo, con la regia di<br />
Luca De Mata, si propone come una finestra aperta sull'Anno giubilare. A poche ore<br />
dalla chiusura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, la trasmissione è un'occasione<br />
per rivivere momenti e tematiche di questo straordinario tempo di grazia che<br />
ha mobilitato uomini e donne in ogni angolo del pianeta, ma è anche un'opportunità<br />
per guardare oltre, alla Chiesa che s'incammina nel Terzo Millennio.<br />
La quarta puntata del reportage (le precedenti sono state dedicate ai temi della povertà,<br />
delle paure dell'uomo e del perdono) cerca di essere riflessione e testimonianza<br />
giubilare alla luce degli insegnamenti di Giovanni Paolo II: per questo propone diversi<br />
momenti del Magistero del Santo Padre nel corso di questo Anno Santo. Parallelamente<br />
e di fronte a questa forte lezione di fede e di responsabilità, si innestano le<br />
parole, talvolta semplici ma straordinariamente cariche di speranza, di tanti uomini e<br />
donne del nostro tempo. Così le immagini girate a Roma tra la moltitudine dei pellegrini<br />
si fondono con quelle di altri cristiani in America Latina o in Africa, dove la celebrazione<br />
del Grande Giubileo non è stata l'eco di eventi «lontani», ma gioiosa realtà<br />
quotidiana.<br />
È una visione del Popolo di Dio che si è messo in marcia per celebrare il bimillenario<br />
della nascita di Cristo e la testimonianza viva di come con la chiusura della Porta<br />
Santa non s'interrompa l'offerta dell'infinita misericordia di Dio.<br />
elementi sono collegati da fili di ferro ricoperti<br />
di stoppa, i quali consentono di<br />
dare a ciascuna figura la posizione desiderata.<br />
I vestiti delle figure sono fatti di<br />
stoffa e si può ben dire cuciti a misura:<br />
nel caso dei pastori del presepe della<br />
Reggia di Caserta, le stoffe usate sono<br />
preziose, come le sete di San Leucio, e<br />
le sarte sono di alto rango, in quanto la<br />
stessa regina e le dame di corte confezionano<br />
gli abbigliamenti di ogni statuina<br />
con le loro mani e li adornano di trine,<br />
di nastri e di merletti pregiati.<br />
L'antico presepe aveva uno sviluppo<br />
lineare, secondo la tradizione plurisecolare<br />
dei presepi napoletani, e si stendeva<br />
acconciamente nello spazio del vecchio<br />
palcoscenico della sala «ellittica».<br />
Rifatto alla stessa maniera, nel primo<br />
dopoguerra, dal soprintendente Bruno<br />
Bacino<br />
contenente<br />
l'iris, la spirea<br />
e il «sigillo<br />
di Salomone»<br />
Composizione<br />
con al centro<br />
il fior di loto<br />
Il ricco patrimonio classico del Nō fa ripensare a<br />
«Takasago», di Zeami. Narra quest'opera celebre, che<br />
un sacerdote shintoista da Aso (Kyushu) raggiunse<br />
Takasago, sulla costa in provincia di Harima (odierna<br />
Hyogo). Attraversando una pineta si imbatté in<br />
una coppia anziana, intenta a spazzare il terreno intriso<br />
di aghi. Seppe da loro la storia di due vecchi pini,<br />
marito e moglie, uno lì a Takasago l'altro nel lontano<br />
Sumiyoshi. La distanza non ne separava i loro<br />
cuori, che battevano all'unisono. Alla fine i due, rivelata<br />
la vera identità — si trattava degli spiriti dei pini<br />
della storia — scompaiono.<br />
Dal calendario al folclore geografico: Iwate, Yamaguchi,<br />
Okayama, Gunma, Shimane, Fukui, Ehime,<br />
Okinawa sono le prefetture simboleggiate dal pino<br />
nelle sue ricche, maestose varietà. Febbraio si colora<br />
del fior di pruno, bianco o rosso, fonte di ispirazione<br />
di tanti poeti nei secoli: «Galleggiano nei calici / del<br />
saké / petali di pruno. / Dopo aver bevuto con la persona<br />
del cuore / i fiori cadano pure...» (poetessa Otomo<br />
no Sakanoue in «Manyōshū», VIII, 1656); «Scorrono<br />
le acque — / In lontananza, / un paese odoroso<br />
di pruni» (Shōhaku).<br />
Ibaraki, Wakayama, Fukuoka, Oita sono le prefet-<br />
ture simboleggiate dal pruno e dai suoi fiori, ammira-<br />
tissimi nell'annuale Sagra che<br />
soprattutto a Mito (Ibaraki) richiama<br />
folle di visitatori e turisti.<br />
Lo stesso vale, in altri mesi<br />
ed in altre località, per le sagre<br />
del ciliegio, del glicine, del<br />
loto e del crisantemo.<br />
«Un giorno di pioggia — / È<br />
lontana dalla capitale / la<br />
mia casetta dai peschi ora in<br />
fiore» (Buson). E se tutti ammirano<br />
i fiori, non tutti ne<br />
condividono i frutti: «Non offrono<br />
ad altri / le splendide<br />
pere», annotava sarcastico il<br />
poeta Kyōrai in tempi ancora<br />
assai lontani dalla varietà<br />
«XX secolo», a forma di mela.<br />
Peschi e peri in fiore sono<br />
marzolini e simboleggiano rispettivamente<br />
le prefetture di<br />
Okayama e di Tottori, caratterizzate<br />
come poche altre da<br />
una relativamente breve stagione<br />
delle piogge, compatibile<br />
con la produzione di frutti di-<br />
versi dalle varietà tipiche dell'Europa meridionale.<br />
Con l'aprile ecco il «sakura», il ciliegio da fiore dalle<br />
specifiche varietà descritte in Occidente nel 1712<br />
dal tedesco E. Kaempfer, studioso di scienze naturali.<br />
Con rispetto per il calendario floreale, va detto che le<br />
specie di ciliegio sono in effetti tali da fiorire, estate<br />
esclusa, tutto l'anno. Il filologo Motoori Norinaga<br />
(1730-1801) vi individuò la chiave tuttora inconfutata<br />
di un senso estetico pronto a cogliere il senso d'impermanenza<br />
dell'umano vivere: «Chi desideri conoscere<br />
l'essenza dello spirito nipponico, ricerchi di primo<br />
mattino il fragrante fiorir dei ciliegi». Dal «braciere»<br />
della poesia ecco poi immagini, sensazioni, emozioni,<br />
sublimate dall'immaginario del lettore-fruitore: «Ritornano<br />
alla memoria / cose e fatti —/ Ciliegio in fiore»<br />
(Bashō). «Sotto i ciliegi in fiore, / l'una accanto<br />
all'altra, / due teste bianche conversano» (Kyōrai).<br />
Yamagata, Yamanashi, Nara (varietà a petali<br />
doppi), Kyoto (a grappolo) e (varietà Somei Yoshlno)<br />
sono le prefetture che hanno come simbolo floreale il<br />
ciliegio.<br />
«Levo lo sguardo — / sui monti le azalee selvatiche<br />
bruciano sopra la lava» (Mizuhara Shūōshi) «Peonia<br />
Molajoli, purtroppo l'antico manufatto<br />
subisce importune devastazioni. La notte<br />
tra il 18 e il 19 gennaio 1985, ladri<br />
acrobati scalano quindici metri di facciata<br />
del Palazzo Reale per portar via ben<br />
seicentocinquanta «pezzi» del presepe,<br />
di cui ben centoventi figure.<br />
Di tanto patrimonio derubato, al soprintendente<br />
d'oggi, Gian Marco Jacobitti,<br />
sono tornate novantadue figure intere,<br />
ottanta trovate presso un antiquario<br />
di Catania e dodici spedite con un<br />
pacco postale da un mittente anonimo<br />
da Monaco di Baviera.<br />
La collezione di pastori dei Borbone,<br />
però, e per nostra fortuna, non si esauriva<br />
nelle statuine esposte sul presepio e<br />
purtroppo derubate, in quanto nei depositi<br />
esistevano delle vetrine ricche di manufatti<br />
del genere. Con questi, appunto,<br />
si è potuto allestire il nuovo presepe,<br />
progettato da Ezio De Felice ed inaugurato<br />
nel dicembre del 1988.<br />
L'opera, impiantata da capo dopo il<br />
furto del gennaio del 1985, sorge su una<br />
superficie quadrata della vecchia sala ellittica:<br />
lo spazio centrale occupato è di<br />
quasi venti metri quadrati e la vetrina<br />
che vi si erge a padiglione, ideata da<br />
Ezio De Felice, contiene il nuovo «scoglio»,<br />
per la costruzione del quale si sono<br />
utilizzati alcuni materiali dei vecchi<br />
presepi della reggia sotto la sapiente guida<br />
di Enzo Catello.<br />
La struttura, quindi, è visibile da<br />
quattro lati; non ha più sviluppo lineare,<br />
ma si articola in quattro momenti, dedicati<br />
ciascuno ad una scena tipica della<br />
tradizione presepiale napoletana: la Natività<br />
di Cristo, l'Annuncio ai pastori, il<br />
ricco Corteo dei magi e la Taverna. Vi<br />
trovano ancora posto il pascolo delle bufale,<br />
il mercato e la scena delle fontane,<br />
elementi peculiari dell'impianto attuale<br />
Panieri<br />
di bambù<br />
con acero<br />
giapponese<br />
e crisantemi<br />
Composizione con pino e pruno giapponese<br />
della rievocazione storico-artistica borbonica.<br />
Il presepe di Palazzo Reale a Caserta<br />
è traduzione a tre dimensioni delle tempere<br />
abbozzate da Salvatore Fergola nel<br />
1845 e conservate nella Reggia. Ha derivazione<br />
anche dalla pittura, che diventa,<br />
come il teatro, elemento importante di<br />
una tradizione che viene ripresa da Carlo<br />
di Borbone, costruttore appassionato<br />
di esposizioni presepiali insieme con la<br />
regina Maria Amalia, accorta «sarta» di<br />
vestiti per pastori.<br />
Da Carlo il fervore di questa devozione<br />
viene trasmesso a Ferdinando IV e a<br />
Francesco I. In particolare, la prima<br />
moglie di quest'ultimo, Maria Clementina<br />
d'Asburgo, ha molto interesse per la<br />
materia e si adopera per arricchire al<br />
meglio che può le collezioni di pastori<br />
— / petalo a petalo / palpiti, / ti apri / ti ricomponi»<br />
(Ogiwara Seisensui). «Nel santuario del tempio / fiorisce<br />
una peonia / — o sembra —. Ed io prego» (Mizuhara<br />
S.).<br />
È a maggio che azalee, peonie e la varietà shakuyaku<br />
tematica cara alla scuola pittorica Kanō, glicini<br />
dall'aristocratico colore raggiungono l'acme dello<br />
splendore in una fioritura che colora l'intero arcipelago.<br />
L'azalea, un ventaglio di oltre cinquecento varietà<br />
(ne catalogarono 160 nel periodo Tokugawa: già celebre,<br />
la varietà «unzen» di Nagasaki) e forme — non<br />
ultima a bonsai —! Il celebre giardino del Rikugien a<br />
Komagome in Tokyo si trasforma in una sinfonia di<br />
colori nella varietà nota come «satsuki», dal nome<br />
antico del quinto mese dell'anno (calendario lunare).<br />
Le prefetture di Nagasaki, Tochigi, Gunma, Shizuoka<br />
hanno come fiore od albero simbolo l'azalea. A<br />
Shimane si addice la splendida peonia, di origine cinese.<br />
L'iris, fiore simbolo di giugno, stupì per le sue<br />
varietà (200) il medico e noto studioso di scienze naturali<br />
Philipp Franz von Siebold, che nel 1852 introdusse<br />
in Europa il giaggiolo nipponico più caratteristico,<br />
già eternato agli inizi del XVIII secolo dallo<br />
splendido dipinto di Ogata Kōrin su paravento a sei<br />
ante (151,2 x 358,4 cm), vero Tesoro Nazionale con-<br />
servato al Museo d'arte Nezu<br />
in Tokyo.<br />
La grazia campestre dell'«asagao»<br />
o fiore della campanella<br />
si lega al mese di luglio<br />
quando a Iriya in Tokyo, si<br />
tiene vicino al tempio Kishibojin<br />
una Fiera caratteristica,<br />
familiare ai poeti che scelgono<br />
il tema del fiore come ovvio<br />
tema stagionale. Resta esemplare<br />
l'haiku di Arakida Moritake,«Nella<br />
campanella schiusasi<br />
/ stamani / si specchia<br />
forse il ciclo della mia vita».<br />
La prefettura di Gifu ha come<br />
fiore simbolo il loto, legato<br />
al mese di agosto. Un fiore<br />
che esercita il suo fascino su<br />
poeti come Baudelaire o come<br />
Muratami Kijō. Monaco poeta<br />
del secolo scorso di grande interiorità,<br />
nei pressi di uno stagno<br />
Kijō notò un nonnulla e<br />
fu haiku: «Una bolla d'acqua<br />
/ se tocca la sorella si annul-<br />
la. / Un fiore di loto».<br />
Le sette erbe d'autunno, di cui la più amata in<br />
poesia e in pittura è la fioritura dell'«ominaeshi» evocatore<br />
della bellezza femminile in fiore, fanno di settembre<br />
il mese più ricco di omaggi floreali: «Esile esile/palpita<br />
di rugiada — Fior di ominaeshi» (Bashō).<br />
Ottobre è il mese consacrato al crisantemo — fiore<br />
simbolo della prefettura di Hyōgo — che vede rivivere<br />
nell'odierna Sagra l'usanza di formulare pronostici<br />
sul raccolto dell'annata successiva basandosi sul tempo<br />
sereno o nuvoloso, mentre si offre sempre da bere<br />
del sake su cui galleggino petali di crisantemo («kikuzake»),<br />
simbolo di longevità.<br />
Le prefetture di Yamanashi, Aichi, Shiga, Hiroshima<br />
si fregiano dell'acero rosso, albero dall'indimenticabile<br />
manto purpureo che accende i grigiori di novembre,<br />
nell'area di Takao, nei pressi di Kyoto.<br />
Dicembre si avvale della gioia cromatica sprigionata<br />
dalla camelia-sazanka, albero simbolo del nevoso<br />
Niigata e delle varie specie presenti in tutto il Paese,<br />
Hokkaido escluso. «Camelie-sazanka — / chiarore di<br />
pallide ombre / sul muro bianco» (Ishizaki Ryokufū).<br />
La poesia resta un «braciere»...<br />
napoletani del Settecento e dell'Ottocento<br />
della Reggia vanvitelliana.<br />
La tradizione del presepe napoletano<br />
è antichissima: nel museo di san Martino<br />
a Napoli si conservano le statue della<br />
rievocazione fatta a santa Chiara nel<br />
Trecento; ricordano poi le celebrazioni<br />
dei secoli successivi le sculture lignee<br />
presepiali policrome e dorate di Pietro e<br />
Giovanni Alemanni, quelle commissionate<br />
nel 1478 per la cappella di Jaconello<br />
Pepe di san Giovanni a Carbonara e le<br />
altre delle chiese di sant'Eligio e dell'Annunziata,<br />
gli interventi del Belverte per<br />
la cappella Carafa di san Domenico<br />
Maggiore (1507) e le statue di Giovanni<br />
da Nola per Jacopo Sannazzaro prima<br />
del 1524 in Santa Maria del Parto a<br />
Mergellina e intorno al 1530 in san Giuseppe<br />
Maggiore.<br />
A queste nobili tradizioni del presepe<br />
napoletano si aggancia Carlo di Borbone,<br />
il quale nobilita un filone vivo di religiosità<br />
popolare, avviando la fascinosa<br />
vicenda storica ed artistica dei pastori<br />
del Settecento a Napoli. Di essa un capitolo<br />
a sé occupa la fantasiosa narrazione<br />
del Palazzo Reale casertano, nella quale<br />
alle componenti culturali tradizionali di<br />
derivazione teatrale, artistica e folcloristica<br />
si aggiungono quelle del rinnovamento<br />
in direzione moderna del gusto<br />
per il presepe e del senso della religiosità<br />
familiare, peculiare caratteristica dell'ultimo<br />
mezzo secolo di vita della dinastia<br />
borbonica di Napoli e di Caserta.<br />
Per tutto questo, il presepe che si vede<br />
nella Reggia del Vanvitelli ha grosso<br />
valore e ben a ragione costituisce un<br />
motivo di forte richiamo turistico da tutt'Italia<br />
e dall'estero, specialmente nel<br />
periodo delle festività natalizie, durante<br />
le quali gli appartamenti storici di Palazzo<br />
Reale a Caserta vengono aperti anche<br />
di sera.