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. PAGINA 4 . L'OSSERVATORE ROMANO Domenica 14 Gennaio 2001 Un maestro generoso e incisivo: Mons. Luigi M. Pignatiello a tre anni dalla morte Sacerdote innamorato di Cristo e della Chiesa ALFONSO D'ERRICO L'11 gennaio 1998 moriva in un incidente stradale Monsignor Luigi Maria Pignatiello, professore di teologia pastorale nella Sezione san Tommaso della Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale. È stato un maestro generoso e incisivo, un pensatore e pastore grandemente amato e seguito, un interlocutore finissimo di credenti e non credenti, riferimento apprezzato di intellettuali, politici, rappresentanti delle istituzioni e di tanta, tantissima gente semplice, che raggiungeva col tratto diretto e sempre chiaro della sua straordinaria capacità comunicativa. Soprattutto è stato un sacerdote innamorato di Cristo e della Chiesa. Egli è morto della morte che più gli corrispondeva, sulla strada, proiettato verso il servizio della Parola di Dio, vivo e giovane nella sua appassionata dedizione al Signore e ai fratelli. Ricordarlo è un omaggio, a conferma e memoria del bene che ha fatto. «Cane da pastore» Luigi Maria Pignatiello nasce il 16 febbraio 1925 in uno dei quartieri più poveri e caratteristici di Napoli, in via Santa Maria di Costantinopoli. Terzo di sei figli, cresce fra le vie di Napoli come un qualsiasi scugnizzo, trascorre la sua infanzia giocando fra le vie di quella Napoli da lui tanto amata, fra quelle strade da lui infaticabilmente percorse per annunciare l'amore del Padre, la fraternità del Figlio, la speranza dello Spirito. Mons. Pignatiello, come gli scugnizzi napoletani, era irruento nel suo pensare, ma non nel suo agire. Un'irruenza che aveva radici nella consapevolezza del suo essere sacerdote di Cristo Signore, fino in fondo, totalmente: una saggezza esplosiva che si manifestava nel caloroso annuncio del Vangelo e nell'appassionato esercizio del suo ministero pastorale. Irruenza che si innervava nella sua onestà intellettuale, che gli ha permesso di costruire lentamente, nella fatica di un'infanzia difficile, un bagaglio culturale ampio, del tutto aperto sulle realtà del mondo e capace di formulare giudizi critici additando piste di rinnovamento socio-ecclesiale. L'irruenza intellettuale lo ha fatto anche essere segno di contraddizione, spingendolo ad imboccare sempre strade controcorrente. Amava osservare la realtà e analizzarla per organizzare la speranza e per costruire il regno di Dio. È «stato» verità anche quando questa gli è costata la sofferenza dell'incomprensione. Mons. Pignatiello si è sempre distinto per il suo impegno a non incrinare mai la comunione ecclesiale e l'intesa pastorale con il magistero: è sempre andato oltre le sue stesse idee, al di là delle apparenze per riconoscere in ogni situazione, anche dolorosa, e in ogni evento, anche contraddittorio, l'azione dello Spirito Santo. A nove anni il piccolo Luigi, dopo la morte del padre, entra in collegio per studiare, sostenuto economicamente prima dalla sua maestra e poi dalle suore Oblate del Sacro Cuore. A dodici anni, prima della solenne vestizione da seminarista, è colpito dal dolore della perdita della madre e così, maturato dalla sofferenza, si incammina sulla strada del sacerdozio. Nel 1947, ha solo ventidue anni, è ordinato presbitero della Chiesa di Napoli, due anni prima dell'età stabilita dalla legge canonica. Fino al 1950 rimane nel Seminario arcivescovile della Chiesa di Napoli dove svolge la funzione di prefetto d'Ordine e di insegnante di filosofia. Dal 1950 al 1953 insegna filosofia agli studenti dei padri Rogazionisti di Napoli. Nel 1950 giunge la nomina a parroco della parrocchia san Rocco a Capodimonte. Esercita il ministero di parroco fino al 1957. Gran parte delle sue intuizioni pastorali e delle sue ricerche sui linguaggi della comunicazione socio-ecclesiale sono radicate in questa esperienza di parroco di periferia. Nel 1952 è chiamato a riorganizzare e dirigere l'Ufficio catechistico diocesano. Dal 1953 ha insegnato, fino all'ultimo momento della sua vita, teologia pastorale presso la Pontificia Facoltà Teologica napoletana, poi divenuta Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, sezione s. Tommaso. Professore amato e ricercato dagli studenti. Collega stimato e benvoluto. Nella sua carriera di professore è stato decano della Facoltà nel triennio successivo alla riforma. Il suo pensiero è sempre stato finalizzato all'annuncio incarnato del Vangelo attraverso la ricerca di nuove forme della pastorale, allo sviluppo della mentalità ministeriale attraverso la valorizzazione dei ministeri laicali, al sostegno della comunione ecclesiale attraverso l'incentivazione costante della comunicazione. Egli ha trasmesso in maniera singolare la passione sempre viva ed entusiasta per la causa del Regno. Mons. Pignatiello non si è mai tirato indietro dinanzi ad ogni urgenza umana e di fronte al bisogno pastorale: chiunque si rivolgesse a lui per consiglio o aiuto trovava una risposta eccedente ogni possibile aspettativa. Questa generosità era espressa anche nel tratto umano del tutto peculiare di Mons. Pignatiello, un tratto sempre orientato a comunicare con franchezza, spingendo al risveglio delle coscienze addormentate. Rigore e mitezza si sono così frammiste nella sua persona da renderla al tempo stesso segno di contraddizione, ma anche oggetto di stima, che chiunque lo abbia conosciuto in profondo non riuscirà più a non tributargli. Generoso, ma anche dotato di una intelligenza non comune che ha reso Mons. Pignatiello osservatore acuto dei fatti della fede e della realtà sociale. La sua ampia cultura si è sempre caratterizzata per la chiarezza delle sue impostazioni; la sua capacità di giudicare il presente non gli ha impedito di prestare attenzione alle linee di tendenza del cambiamento storico. Egli sapeva bene che la pastorale non si confrontava più con una cultura radicale e omogenea, bensì con un pluralismo in continua evoluzione. Questa intuizione, ispirata alla legge del progresso, gli ha consentito di inquadrare anche gli avvenimenti socio-economici in un sistema di valori stabili che sono garantiti solo quando la cultura si unisce alla fede. In questo senso Mons. Pignatiello ha svolto anch'egli un ruolo «politico». Non ha solo rappresentato situazioni e problemi, ma ha anche saputo indicare vie d'uscita secondo una visione programmatica mai chiusa in sé, ma pronta a misurarsi dialetticamente con ogni interlocutore possibile. Generosità e intelligenza hanno permesso a Mons. Pignatiello di vivere la sua avventura umana davvero irripetibile. Ma l'unicità della sua vicenda umana si è coniugata esemplarmente con l'originalità del suo ministero. Egli, teologo-catecheta, ha accolto con grande disponibilità le intuizioni conciliari, sviluppandole in modo completo e organico nell'ottica di una Chiesa che si fa comunione nella comunicazione. Aveva, infatti, il coraggio del pensiero. Per lui pensare era come «trasgredire», andare continuamente oltre le posizioni acquisite e i traguardi già raggiunti. Non era tuttavia la novità ad ogni costo che egli ricercava. Infatti ha sempre vissuto l'amore alla Chiesa con ammirevole spirito di sottomissione personale e di piena obbedienza al Vescovo e agli insegnamenti del magistero. Il coraggio del pensiero libero e il coraggio della fedeltà obbediente: è la lezione che egli ha scritto nella mente e nel cuore di generazioni di studenti. Proprio come teologo Mons. Pignatiello si è messo a riflettere sulla catechesi, riscattandola dalla sua riduzione a mera pratica o a «dottrina» da imparare. Di qui lo sforzo costante nel pensare alla pastorale come teologia, individuandone come specifica finalità l'impegno di «imparare a vivere in Cristo». Mons. Pignatiello ha perciò espresso questo suo anelito di camminare in accordo con il pensiero di Dio che è Gesù Cristo, in una categoria tutta sua, l'utopia pastorale. Utopia non significa astrattezza o teoria o, meglio, è teoria nel suo significato etimologico di contemplazione. Così, utopia pastorale indica un modello ideale che costituisce il paradigma per la verifica dell'esistente. E Mons. Pignatiello ha sempre sottolineato che l'utopia è stata formulata da Gesù Cristo quando ha detto: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Lasciamo ora che sia lo stesso Mons. Pignatiello a parlare di sé. Ecco uno stralcio dell'omelia tenuta il 27 settembre 1997 nella chiesa di santa Caterina a Formiello a Porta Capuana in occasione del suo cinquantesimo anniversario di sacerdozio. «Ho avuto tanti doni in questi cinquant'anni e ho imparato tante cose. Sono davvero tanti i doni che ho ricevuto e che potrei raccontare. Ma non è possibile. Allora ve ne racconto solo due. Il primo si accorda con l'orazione della colletta di questa ventisettesima domenica del tempo ordinario. Nell'orazione della colletta abbiamo lodato Dio perché egli manifesta la sua onnipotenza soprattutto con la “misericordia e il perdono”. Ringraziare il Signore per i doni che egli ha fatto vivamente a questa bellissima comunità rientra nelle esigenze stesse di questo vostro territorio, di questa vostra parrocchia, di questa vostra comunità. Ovunque il Signore manifesta la sua onnipotenza con la misericordia e il perdono, anche laddove i peccati sono nascosti. Ancor di più e maggiormente la manifesta laddove i peccati sono pubblici, laddove la visione del peccato è una visione costante e rischia di deformare le persone fin dai primi anni della loro esistenza. Siamo portati, soprattutto noi che viviamo in “alti” quartieri, a considerare con distacco queste zone della città di Napoli (la parrocchia di santa Caterina a Formiello è una parrocchia di frontiera, ubicata nel quartiere Forcella-Porta Capuana. Zona difficile per la particolare influenza camorristica, continuamente alla ribalta nazionale per episodi criminali, ma dove l'opera evangelizzatrice del parroco don Franco Rapullino dà segni di speranza e frutti, n.d.r.). «Ringrazio il Signore costantemente perché mi ha fatto un grande dono: mi ha aiutato sempre a saper considerare tutti e tutto nel segno della misericordia e del perdono. Se vogliamo riscattare la città, se vogliamo migliorare alcuni quartieri della nostra città, non dobbiamo partire dal giudizio, ma dalla misericordia e dal perdono. Ecco la prima considerazione che desideravo farvi. La confidenza di uno dei doni, e considero siano tanti, che il Signore mi ha fatto nel corso di questa lunga vita sacerdotale. Il secondo dono, collegato al primo, riecheggia la pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato. Ringrazio il Signore perché mi ha fatto capire che l'amore di Dio, la grazia di Dio, la parola di Dio non passano soltanto attraverso le vie canoniche, attraverso le vie ordinarie, attraverso le vie istituzionali della pastorale». Il pastoralista Il pensiero pastorale di Mons. Pignatiello si è formato negli anni precedenti il Concilio Vaticano II, ma il suo desiderio di nuovo gli ha permesso non solo di accogliere con grande disponibilità le intuizioni conciliari, ma anche di anticipare alcune acquisizioni e svilupparne altre in modo completo e organico. Subito dopo il Concilio, ma anche prima, la sua attenzione è stata orientata a sviluppare il concetto di Chiesa «comunione e comunicazione» che si fa comunità incarnata nell'oggi e nel qui. La teologia pastorale di Mons. Pignatiello, fortificata dall'ecclesiologia totale del Concilio Vaticano II e liberata da ogni teologia del genitivo (teologia del laicato, teologia del clero), diventa pastorale globale in cui tutti, laici e clero, ognuno con la propria ministerialità, contribuiscono a rendere viva la grande comunità diocesana nelle comunità parrocchiali articolate, a loro volta, in tante piccole comunità ecclesiali di base che, Paolo, Cinisello Balsamo 1996) Mons. Pignatiello aveva raccolto alcuni dei numerosi saggi di teologia pastorale pubblicati nel corso della sua lunga e feconda attività di pastoralista. Dal volume traspare compiutamente il suo disegno teologico-pastorale. Egli aveva inteso la pastorale come la mediazione dell'autocomunicazione di Dio agli uomini, e dunque come il complesso di quegli eventi e strumenti linguistici in cui il Dio che parla raggiunge l'uomo in cerca in lui. Ciò che Mons. Pignatiello aveva inteso sottolineare è che nella varietà delle forme comunicative — orali, grafiche, pittoriche, gestuali — il divino «prende corpo» nella condizione umana, si offre cioè all'interiorità dell'auto-trascendenza della persona attraverso l'esteriorità di un insieme di segni, che investono pienamente la sensibilità, raggiungendola nelle coordinate spazio-temporali. A questa concezione dell'azione pastorale corrispondeva, secondo Mons. Pignatiello, una precisa idea dello statuto epistemologico della teologia pastorale, intesa come la riflessione critica sulla trasmissione della parola di Dio e in generale delle parole, dei gesti e degli eventi dell'auto-comunicazione divina. Si coglie qui il situarsi specifico della sua proposta rispetto ad altre presentazioni della natura e delle finalità della teologia pastorale: se si avverte l'influenza della «teologia pratica», volta a studiare i processi di autorealizzazione della Chiesa, e quindi la privilegiata attenzione alla «ecclesiogenesi» intesa come processo di autoedificazione della comunità ecclesiale nel tempo, la finalità im- Mons. Luigi M. Pignatiello con il Cardinale Marcello Mimmi all'apertura del III Congresso catechistico diocesano (1957) incarnandosi in uno specifico territorio, irrorano di Vangelo gli ambiti del vivere quotidiano. Mons. Pignatiello ha sostenuto con forza anche quando era imprudente parlarne, il cammino dei gruppi e delle piccole comunità ecclesiali. Convinto sostenitore del rilancio e della valorizzazione del laicato e del diaconato permanente, sviluppa l'idea di una Chiesa in cui il «ministero ordinato» svolga sempre più la funzione di formatore del laicato e dispensatore delle grazie di Dio attraverso l'eucaristia e il perdono vissuto sempre più in forma comunitaria e in cui i laici si impegnino a costruire comunità fondate sulla comunione, la comunicazione, il servizio missionario nel territorio. La Chiesa da lui amata e sognata è una Chiesa interamente missionaria e ministeriale, in cui ogni battezzato trova il suo spazio di annuncio e di servizio: dall'ambito ecclesiale alla mensa della carità, all'impegno socio-politico. L'aspetto pastorale è stato sviluppato attraverso la ricerca scientifica, l'insegnamento e le migliaia di relazioni, conferenze, corsi tenuti in tutto il territorio nazionale ed europeo a sacerdoti e a operatori pastorali. Accanto a questo tipo di attività, che possiamo definire di pastorale scientifica, affiancava la pastorale di fatto, cioè quel reticolato di omelie, di dialoghi, di direzione spirituale che ha saputo intessere nel suo faticoso e assiduo impegno pastorale. È stato punto di riferimento per centinaia di sacerdoti e laici. L'esperienza pastorale ha trovato il suo culmine negli anni 1970- 1972 e 1979-1982 in cui è stato vicario episcopale zonale per le zone dell'Arenella e del Vomero della città di Napoli. È stato per due volte convisitatore: prima, nel 1954, con il Cardinale Mimmi e poi, nel 1961, con il Cardinale Castaldo, nella visita pastorale alle parrocchie di Napoli. È stato membro del Collegio dei consultori, del Consiglio episcopale, del Consiglio presbiterale, del Consiglio pastorale e della Commissione per la formazione permanente del clero della Diocesi di Napoli. Nel suo ultimo libro (Comunicare la fede. Saggi di teologia pastorale, San mediatamente pratica di questa attenzione era in Mons. Pignatiello prioritaria. Non si tratta in altri termini di contrapporre un'ipotetica ecclesiologia «dall'alto», mistico-teologica, a una non meno ipotetica ecclesiologia «dal basso», legata all'agire umano nella storia, ma di mostrare come il dono di Dio, che è e che resta sempre «dall'alto», si medi necessariamente in forme e strutture storiche concrete, in cui di fatto prende corpo e volto il progetto divino di riconciliazione per l'uomo e per il mondo. Di qui una certa distanza del pastoralista napoletano dalle proposte più preoccupate di definire in astratto lo statuto epistemologico della pastorale, concentrate sulla priorità delle pur rilevanti questioni metodologiche, e una sua maggiore prossimità alle concezioni della teologia pastorale intesa come mediazione pratica o come effettiva mediazione salvifica. Come osserva il teologo Bruno Forte, la preoccupazione che guidava Pignatiello era eminentemente pratico-operativa: compito del teologo pastorale era per lui riflettere criticamente sulla prassi ecclesiale alla luce delle condizioni che la rivelazione umana mostra come proprie dell'auto-comunicazione divina, al fine di fornire agli operatori pastorali indicazioni possibili, provvisorie ma credibili, circa le mete e gli itinerari della loro azione. Non è difficile comprendere come una simile impostazione teologica privilegiasse il carattere «profetico» dell'azione pastorale: la rilevanza della mediazione linguistica, non si pone solo a livello strumentale, ma anche sul piano dei valori. Se, cioè la pastorale è comunicazione della fede, l'evento della Parola, in cui questa comunicazione originariamente si compie e sempre nuovamente si realizza, risulta necessariamente centrale e determinante. Monsignor Pignatiello aveva distinto sei tappe dell'itinerario di comunicazione della fede: la prima, la preevangelizzazione, costituita da quell'insieme di presenza costante, di testimonianza della novità evangelica, di dialogo e di servizio gratuito della carità, che prepara il terreno all'annuncio, rendendo i cuori li- beri da pregiudizi e difese improprie e disponendoli all'accoglienza del messaggio. La seconda tappa consiste nell'evangelizzazione vera e propria, dove — con l'aiuto dello Spirito — la Chiesa si sforza di far risuonare nelle parole umane la Parola viva della salvezza. La terza tappa è costituita dal ritorno riflessivo sull'annuncio, dalla catechesi: questa deve avere un carattere di permanenza, corrispondente alla permanenza con cui l'annuncio va sempre nuovamente realizzato, onde evitare di dare per scontata la fede, che è sempre incontro della gratuita azione divina di salvezzaconla libera risposta dell'uomo. Alla catechesi permanente si congiungono anche, sia pur in forma diversa, le successive tre tappe dell'azione profetica del popolo di Dio: la predicazione liturgica, che Mons. Pignatiello intendeva quale punto di incontro fra il dono dall'alto e l'attenzione alle vicende umane, a quel movimento dal basso, cioè, che è chiamato a incontrarsi con l'annuncio animato dal fervore della carità; il magistero dottrinale della Chiesa, cui è affidato il compito di custodire la ricchezza del deposito della fede, fedelmente testimoniandolo nella complessità dei mutamenti storici; e la teologia, il cui specifico è di porsi come coscienza critica della prassi cristiana ed ecclesiale alla luce della parola del Dio vivente. In particolare la teologia pastorale si porrà nel processo dell'azione profetica della comunità come la sentinella vigile della comunicazione della fede, la coscienza critica tesa a stimolare magistero e teologia non sui loro contenuti, ma sulla recepibilità di essi nei contesti culturali mutevoli. È però in tutte le tappe del processo di comunicazione della fede che la riflessione teologico-pastorale dovrà vigilare sulla mediazione comunicativa, in esse attuata, affinché la Parola annunciata sia effettivamente quel che è e vuol essere, autodestinazione di Dio all'uomo concreto, Verbo risuonato dal Silenzio per noi uomini e per la nostra salvezza. Il catecheta L'aspetto catechetico è stato sviluppato da Mons. Pignatiello, oltre che attraverso la ricerca, nei quasi vent'anni (dal 1952 al 1971) in cui ha ricoperto l'incarico di direttore dell'Ufficio catechistico. In quegli anni ha condiviso fortemente la linea pastorale dei vari Arcivescovi di Napoli, in particolare del Cardinale Mimmi. È stato membro del Consiglio dell'Ufficio catechistico nazionale e ha partecipato attivamente alla preparazione del documento di base per il rinnovamento della catechesi in Italia. Catecheta è chi riflette sulla catechesi perché questa funzione ecclesiale risponda sempre meglio alla sua natura di cammino di fede e alla finalità che è «educare» o «imparare» Cristo. In tal senso Mons. Pignatiello è stato catecheta: egli, da teologo, ha riflettuto sulla catechesi, riscattandola dalla sua riduzione a mera pratica o a «dottrina» da imparare. Sorgente di tale riflessione era lo sforzo costante di Mons. Pignatiello a pensare alla «pastorale come teologia», reagendo a quel pragmatismo pastorale che egli amava chiamare «illuminismo pastorale». La riflessione di Mons. Pignatiello sulla catechesi può sembrare severa, radicale, forse lontana dalla realtà, al punto da essere ritenuta «utopistica». Ma, come già si è detto, egli amava l'utopia. La riflessione del catecheta deve orientare l'azione catechistica, e così Mons. Pignatiello, oltre che inquietare le coscienze addormentate, ha anticipato molte acquisizioni nel campo della catechesi. Come non ricordare, ad esempio, il superamento della catechesi come «dottrina», la centralità della catechesi degli adulti e soprattutto il primato dell'evangelizzazione. Dopo alcuni decenni queste intuizioni si sono rivelate veramente profetiche. A Napoli Mons. Pignatiello di fatto creò l'Ufficio catechistico diocesano, e l'ha guidato nel delicato passaggio postconciliare che proprio nel rinnovamento della catechesi ha visto uno dei campi più vivi. Negli anni precedenti la pubblicazione dei testi catechistici della Cei, l'Ufficio catechistico di Napoli elaborò e sperimentò il pregevole «catechismo dei segni». L'attenzione per l'evangelizzazione ha caratterizzato ogni azione e ogni attimo della vita di Mons. Pignatiello. La sua tensione evangelizzatrice ha trovato sbocco nell'importante esperienza missionaria vissuta in più riprese fra i poveri della Bolivia, del Brasile, dell'Argentina, del Cile e del Perú. La condivisione dell'entusiasmo delle giovani Chiese latino-americane gli ha permesso di elaborare una pastorale all'avanguardia che sceglie sempre posti di trincea. Il comunicatore L'attenzione di Mons. Pignatiello per la comunicazione sociale lo ha visto impegnato su vari fronti: come direttore responsabile del settimanale diocesano Nuova Stagione dal 1979 al 1987; come presidente della Commissione diocesana e regionale delle comunicazioni sociali dal 1957 al 1972; come delegato diocesano e regionale dell'Acec (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) dal 1957 al 1969, come suo vicepresidente prima (dal 1960 al 1970) e come presidente poi (dal 1970 al 1977). Ha rivestito fino all'ultimo la carica di direttore dell'Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali. È lo stesso Mons. Pignatiello a dare voce alla sua «teologia della Comunicazione» attraverso stralci della lezione tenuta il 9 gennaio 1998 al primo corso di comunicazioni sociali organizzato dall'Ufficio diocesano comunicazioni sociali e dall'Istituto Superiore Scienze Religiose Donnaregina di Napoli. «Tutta la nostra riflessione teologica e tutta la nostra vita teologale dipendono dalla rivelazione di Dio. Che cos'è la rivelazione di Dio se non una straordinaria iniziativa di comunicazione! Per molto tempo — cioè per tutto il tempo in cui c'era un rapporto verticale fra i possessori delle conoscenze e la massa della gente, il cui simbolo era il pulpito posto in alto e la gente posta sotto: sul pulpito uno che parlava e sotto la gente che ascoltava, senza poter intervenire — si pensava che questa locazione del soggetto e dell'oggetto dell'informazione religiosa fosse la vera comunicazione religiosa. Ho usato l'imperfetto, ma potrei usare anche il tempo presente, perché non è cambiata molto questa posizione. Per cui si è arrivati ad argomentare così: che cos'è la rivelazione di Dio? Dio da tutta l'eternità era solo e conosceva sé solo; a un certo momento si è scocciato e ha pensato bene di fare sapere agli uomini che c'era: “Io ci sto e sono fatto così”. È come se Dio avesse detto: “Ho un velo davanti, adesso lo tolgo così la gente mi vede! E poi, così, le do qualche informazione, in modo che non esca dal seminato e sappia precisamente come sono”. Questa mentalità non è stata del tutto superata...». Un vivo ricordo Ho conosciuto, negli anni '50, Mons. Pignatiello alla Mostra d'Oltremare a Napoli per una rassegna cinematografica per i giovani e mi affascinò quel giovane prete che iniziava i liceali napoletani al «cineforum». Uno dei film era «Nulla è dovuto al fattorino». Ammaliò tanti liceali, che alcuni scelsero di seguirlo nel sacerdozio, guidati dal can. Raffaele Bini, docente di Scienze. Sapeva accoglierci nel senso più vero della parola, sapeva ascoltare realmente, sapeva dare alle cose il valore stesso che dava il suo interlocutore. Niente era insignificante per don Luigi di quanto appariva importante agli occhi degli altri. Chi andava a fargli visita nutriva un vivo desiderio di parlargli con fiducia. Ha lasciato un segno nella vita di quanti l'hanno conosciuto, plasmando il nostro comportamento in modo corretto e duraturo. È stato per me un esempio di amore, di laboriosità, di generosità, una linfa vitale che giunge ancora nell'animo di quanti l'hanno avvicinato e apprezzato. Mons. Pignatiello non è stato soltanto un insigne studioso e maestro, ma un vero costruttore di anime, al quale si è affidato un numero crescente di sacerdoti e laici. Impressionava la grandezza della sua statura morale e la sua rettitudine. Ottimista, sempre fondamentalmente lucido, sprigionava una fede vissuta che appariva straordinaria, si dimostrava sempre giovane, attento ai problemi del momento, amava intrattenersi con i giovani e non, mai rimpiangendo il passato. Mi ha aiutato giorno per giorno a sentire e a vivere la grande stagione di rinnovamento che la Chiesa sta attraversando. È stato per me stimolo e guida costante a vivere il mistero della Chiesa sul piano più vasto, nelle grandi visioni della teologia, della spiritualità, della storia, del «senno» della Chiesa. Ha seguito me ed altri con animo di padre, di fratello e di amico sicuro per tutta la vita. In ogni attività, anche spicciola, non c'è stata mai in don Luigi separazione tra vita e apostolato; a questa armonia deve risalire l'influsso che ha esercitato su tutti. Nessuno di quanti lo hanno conosciuto, ascoltato, praticato, riesce a dimenticare il suo fascino spirituale, che riluceva nella parola, nei contatti e fin nella sua vena umoristica, tipica della sua napoletanità. La sua libertà era grande come la povertà. E come la povertà così l'obbedienza. L'opportunismo non guidò mai i suoi passi. Era un uomo coerente e sincero. Il suo amore alla Chiesa e alle anime lo spingeva ad affrontare con ardore e coraggio i problemi anche più difficili, senza badare al personale tornaconto, ma guardando solo a ciò che la coscienza gli indicava come scelta giusta e doverosa. La sua volontà tenace non ripiegava mai davanti agli ostacoli. Era abituato a parlar chiaro. Ispirò sempre la sua azione a un criterio lineare e fermo di rettitudine. Era un uomo guidato da una passione sincera per la Chiesa e dal desiderio di servirla. Ha saputo obbedire pur avendo la prontezza nel decidere, la sicurezza di guida e il coraggio: personalità volitiva dal forte carattere. Il Comune di Napoli ha voluto dedicargli una sala a Palazzo s. Giacomo per il suo impegno di promozione umana.
. PAGINA 5 . L'OSSERVATORE ROMANO Domenica 14 Gennaio 2001 LETTERE DI GIOVANNI PAOLO II AL CARDINALE GANTIN Per la nomina a Inviato Speciale alle celebrazioni conclusive del centenario dell'evangelizzazione del Burkina Faso Com'è noto, in data 4 ottobre 2000, il Santo Padre ha nominato l'Eminentissimo Signor Cardinale Bernardin Gantin, Decano del Collegio Cardinalizio, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni conclusive del centenario dell'evangelizzazione del Burkina Faso, in programma a Ouagadougou domenica 21 gennaio. Il Cardinale Gantin sarà accompagnato da una Missione composta da: Rev.do Sac. Laurent Nare, Direttore del Dipartimento per l'Educazione Cattolica della Diocesi di Koupéla; Rev.do Sac. Alexandre Bazie, del Clero diocesano di Koudougou, Rettore del Seminario Maggiore di Koumi; Rev.do Sac. Godegroy Sankara, Officiale della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Ecco il testo della Lettera Pontificia: Venerabili Fratri Nostro BERNARDINO S.R.E. Card. GANTIN Purpuratorum Patrum Principi Dum iubilaris anni celebrationes universum per catholicum orbem Christi nomine peraguntur, ipsa ecclesialis communitas Burkina Fasana sollemnitatum parti- In occasione del 50° anniversario di ordinazione sacerdotale Giovanni Paolo II ha inviato una Lettera al Cardinale Bernardin Gantin, Decano del Collegio Cardinalizio, in occasione del cinquantesimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale, avvenuta il 14 gennaio 1951. Ecco il testo della Lettera del Santo Padre: Venerabili Fratri Nostro BERNARDINO S.R.E. Card. GANTIN Purpuratorum Patrum Principi Si quidem assidua quondam vigebat Nostra tecum consuetudo propeque singularis intercedebat familiaritas, propterea quod summa prudentia maximi ponderis Congregationis pro Episcopis Praesidis agebas partes, eandem animi affectionem erga te eandemque aestimationem etiam nunc adesse ac manere scias velimus, quas nunc potissimum tibi, Venerabilis Frater Noster, ostendere, ab inito ceps fieri cupit, praesertim quia hoc anno centenaria recurrit memoria ex quo catholica missio per Evangelii nuntium inter dilectas illas gentes diffundi coepta est. Qua de causa Conferentia Episcopalis Burkina Nigritana, nomine totius cleri omniumque christifidelium, contextum iubilarem peculiari ritu vivere cupiens, provido consilio copiosum rerum sibi proposuit ordinem, diversis instructum celebrationibus, quae respiciunt vitam consecratam, christianam familiam, catechistas, iuvenes et presbyteros. Quo maius eiusmodi celebrationibus pondus tribueretur, Praeses memoratae Conferentiae, Venerabilis Frater Ioannes Baptista Some, a Nobis postulavit ut ad personam Nostram illic gerendam sacrum Praesulem constitueremus. Nos quidem, singulari cum iucunditate hunc memorabilem circumspicientes eventum, ad christianam augendam laetitiam ad te, Vene- presbyteratu quinquagesimum annum feliciter complenti. Quod officium Nobis prorsus iucundum Litteris hisce Nostris tibi collibet palam significare. Dilectae Africae inclitus filius, immo veluti «ferrea arbor» in fide pietateque praevalidus succrevisti, uberem suppeditante solidamque doctrinam christiana domu. Tenet procul dubio te illius diei memoria, cum promptus alacerque sacer minister per Venerabilis Fratris Aloisii Parisot manuum impositionem es renuntiatus idemque supernorum donorum dispensator factus. Complura posthac sustinuisti officia eaque pariter memoratu digna, cum Seminarii tirones institueres pastoralemque operam simul ageres. Ioannis XXIII, beati Decessoris Nostri, voluntate, ornatissimi illius viri qui te quondam presbyterum consecravit occupasti locum. Si vero antea inibi opem tuam efficacem tulisti Episcopus a Pio XII, recolendae recordationis, nominatus, postea Ordinarius Cotonuensis factus, duplicatis viribus in gregem illum dominicum ministerium episcopale penitus contulisti. In partes distracta dioecesi, complures scholas condendas, catechistas instituendos, sacris ministris subsidia ministranda, religiosas nativas fovendas studiose curavisti. Antiquiora haec fere praetergredientes, actuositatem tuam et dexteritatem convenientibus laudibus extollere volumus, quas continuo postquam ad aeternam Il Venerabile don Gaetano Tantalo verso la gloria degli Altari Il 19 e il 20 gennaio si terrà un Simposio promosso dalla Pontificia Università Urbaniana e dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli A dieci anni dall'Enciclica «Redemptoris missio» AMBROGIO SPREAFICO Nel gennaio del 1991 veniva resa pubblica l'Enciclica Redemptoris missio. Qualche tempo dopo Giovanni Paolo II saliva il colle del Gianicolo per presiedere all'Università Urbaniana l'Atto Accademico dedicato a questo importante documento missionario. A dieci anni da questo evento l'Urbaniana e la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli hanno deciso di celebrare l'anniversario di questo documento così determinante per l'attività missionaria della Chiesa. La Redemptoris missio rappresenta, in un certo senso, l'autorevole conclusione di un lungo percorso e di una preoccupazione missionaria che ha caratterizzato il magistero pontificio del XX secolo. A partire dalla lettera Apostolica Maximum illud di Benedetto XV, e le encicliche dei Papi del Novecento, fino a giungere al decreto conciliare Ad gentes e alla Evangelii nuntiandi di Paolo VI, si è tracciato un cammino teologico e pastorale della missione che ha contraddistinto il secolo appena concluso. Nel XX secolo la Chiesa ha riscoperto che tutto il mondo è terra di missione, anche le antiche terre di cri- stianità. Uno splendido esempio di questo è la testimonianza dei numerosissimi testimoni della fede che hanno dato la loro vita per il Vangelo nel secolo appena trascorso. La Chiesa, missionaria per due millenni, si è preparata con questo Giubileo alla missione nel Terzo Millennio. Giovanni Paolo II, a partire dagli insegnamenti dei suoi predecessori, ripropone alla Chiesa l'urgenza della missione in un contesto ormai radicalmente mutato, di cui coglie i cambiamenti e le necessità. L'Enciclica si apre con una affermazione che esprime l'ansia missionaria di Giovanni Paolo II: «La missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento. Al termine del secondo millennio della sua venuta uno sguardo d'insieme all'umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio». Dopo dieci anni queste parole continuano a essere di grande attualità nei paesi di antica come in quelli di recente evangelizzazione. Il mondo, in questo decennio, è profondamente mutato. Sono cambiati gli scenari politici, ma anche quelli antropologici. rabilis Frater Noster, mentem admovimus, atque summa qua te prosequimur benevolentia, hisce Litteris, Nostrum MISSUM EXTRAORDINARIUM te destinamus ad illam anniversariam honestandam recordationem, cuius conclusio habebitur in urbe vulgo Yagma, Ouagadougou, die XXI mensis Ianuarii anni MMI. Pro certo scias Nos missionem tuam fervidis prosecuturos esse precibus, fidentes munus tuum cunctis illic praesentibus optime esse cessurum. Dum tibi legationem hanc libentes committimus, volumus ut perfausta illa occasione partes Nostras ibidem convenienter agas Nostramque ostendas per spiritum praesentiam, sacris praesideas celebrationibus verbo et exemplo, atque ad confirmandam fidem populum adhorteris. Interea tibi, Venerabilis Frater Noster, loci Praesulibus cunctis, universo clero cunctisque sollemnia participantibus, Benedictionem Nostram Apostolicam, caelestium donorum pignus, veluti praesentes ex animo dilargimur. Ex Aedibus Vaticanis, die IV mensis Decembris, anno MM, Pontificatus Nostri tertio et vicesimo. hanc Urbem arcessitus es compluribus in ministeriis ostendisti. Passim hic apud Romana dicasteria tuae navitatis reperiuntur documenta, simul apud tunc Sacram Congregationem de Propaganda Fide, simul apud Commissionem, quae est «Iustitia et Pax», simul apud Consilium «Cor Unum». Inter purpuratos patres adlectus, novissime magni ponderis Congregationis pro Episcopis egisti Praesidem, ex quibus amplum emolumentum novimus catholicae Ecclesiae evenisse uberemque florem contigisse. Nec etiamnunc deest opera tua praestabilis varia pro Ecclesia versa in munia. Nihil opus esse pluribus verbis arbitramur ut tibi comprobationem Nostram atque pergratuum animum significemus, quem eundem potissimum, quemadmodum tibi olim XXV anniversarium episcopatus diem celebranti egimus, confirmare cupimus cum incidet sacerdotalis tua haec spectabilis commemoratio, mense scilicet Ianuario die quarto decimo. Tibi demum nominatim, Venerabilis Frater Noster, Apostolicam Benedictionem singulari cum animi affectione addicimus, largiter omnibus tuis prolixeque ipsam transmittendam. Ex Aedibus Vaticanis, die XIV mensis Decembris, anno MM, Pontificatus Nostri tertio et vicesimo. La globalizzazione tende ormai ad una omologazione delle culture, eliminando le differenze e riducendo fortemente il peso delle singole culture, soprattutto di quelle più deboli. Eppure l'annuncio del Vangelo in questo secolo ha raggiunto nuove terre, mentre in altre si è consolidato, come in Africa. Tuttavia è vero che la missione incontra nuove difficoltà in territori di antica e di recente evangelizzazione. Nell'Est europeo la fine del comunismo non ha sempre coinciso con la rinascita della fede. In Occidente la secolarizzazione ha allontanato dalla vita cristiana interi strati di popolazione. Il linguaggio della fede arriva con una certa fatica al cuore delle giovani generazioni, anche se la GMG ci ha mostrato una domanda dei giovani nei confronti della fede cristiana e la ricerca di una certezza e una paternità che il mondo non riesce a dare. Nei grandi paesi asiatici la Chiesa, a parte qualche eccezione, è solo agli inizi. In Africa e in America latina si manifestano con una certa evidenza i problemi posti dalla presenza delle sette. In Guatemala, ad esempio, si calcola che operino circa cento sette e capaci di coinvolgere dal 20 al 30% della popolazione. In Mozam- Il sacerdote don Gaetano Tantalo, nato a Villavallelonga, in Abruzzo, il 3 febbraio 1905, dichiarato Venerabile, è in cammino verso la gloria degli Altari. Al «sacerdote santo», parroco di Tagliacozzo per moltissimi anni, vengono infatti attribuiti alcuni prodigi compiuti in questi anni Il Postulatore della Causa di Canonizzazione, Padre Peter Gumpel, è bico, per fare un esempio africano, la setta che prende il nome di Asemblea du Regno de Deus riscuote un enorme successo. Esiste inoltre il problema teologico suscitato dalla teologia delle religioni e acuitosi nell'ultimo scorcio del Novecento soprattutto in alcune aree geografiche, come l'India. L'Enciclica non ha tralasciato di affrontare questo ed altri problemi, enucleando nelle prime tre parti elementi dottrinali di importanza cruciale, che saranno poi ripresi in particolare nella recente dichiarazione Dominus Iesus. L'Università Urbaniana vi ha dedicato un recente Congresso Internazionale. Il Simposio, che si terrà il 19 e 20 gennaio prossimi, intende quindi ritornare sull'enciclica e valutarne l'impatto a partire da diverse prospettive: quella storica nella relazione del Prof. Andrea Riccardi, teologica e missiologica, con le due relazioni dei Professori Robert Scheiter e Gianni Colzani. Sarà dato spazio anche a una riflessione sulla recezione dell'enciclica sia nei documenti pontifici, con la relazione del Card. Jan P. Schotte, sia nei documenti e nella pastorale delle Chiese dei diversi continen- Ad un mese dalla morte del Cardinale Lubachivsky Affrontò problemi inediti con intuito profetico e concreto senso pastorale GIOVANNI SCARABELLI già da diversi mesi impegnato nella raccolta di documenti e testimoni. È ritornato in questi giorni in Abruzzo per continuare la sua ricerca. Don Gaetano rimane per tutti i fedeli della regione un modello da imitare. Il sacerdote, infatti, rischiò la propria vita per accogliere nella sua canonica, durante la persecuzione na- «La mia impressione è che questa sia una Chiesa con forti radici, che hanno già dato i loro frutti; in appena 11 anni c'è stato un grande rigoglio». Questa affermazione del Cardinale Achille Silvestrini, Rappresentante del Santo Padre all'indomani dello svolgimento dei solennissimi funerali del compianto Arcivescovo Maggiore di Leopoli degli Ucraini, il Cardinale Myroslav Ivan Lubachivsky, documenta in modo molto chiaro quanto è avvenuto e sta avvenendo nella Chiesa Greco- Cattolica in Ucraina. Il «rigoglio» è frutto di quelle «forti radici» che non sono state compromesse da oltre 50 anni di aberrante massificazione ateistica. Queste «forti radici» hanno nomi ben precisi, riassuntivi di un movimento di rinascita iniziato già nella seconda parte dell'Ottocento: il Metropolita Andrea Szeptycky ed il grande confessore della fede il Cardinale Giuseppe Slypyj. Il defunto Cardinale Lubachivsky è stato il fedele continuatore di una linea che ha portato agli odierni risultati. Questi tre nomi, quindi, caratterizzano l'intera storia della Chiesa Ucraina di tutto il Novecento. Il Cardinale Lubachivsky è morto all'età di 86 anni nella sua sede di Leopoli il 14 dicembre 2000, dopo aver avuto la gioia, dieci anni fa, di poter tornare in quella gloriosa e storica sede che sembrava preclusa per sempre da un arrogante disegno eversore dei diritti fondamentali della persona. Allora ad accoglierlo furono centinaia di migliaia di fedeli ed un mese fa, il 20 dicembre, altrettanto è avvenuto per il commiato da questo mondo, nonostante una stagione non favorevole, anzi con cenni di nevicata, per le oltre due ore che ha richiesto il corteo funebre per le vie del centro storico di Leopoli. Nella cattedrale di s. Giorgio si è tenuta la Divina Liturgia pontificale presieduta da S.E. Mons. Lubomyr Husar e concelebrata dagli Arcivescovi e Vescovi ucraini sia di rito bizantino che di rito latino, da oltre 400 sacerdoti alla presenza della Delegazione della Santa Sede, del Nunzio Apostolico Arcivescovo Nicola Eterović, dall'Arcivescovo di Przemysl, Mons. Józef Michalik in rappresentanza dell'Episcopato della Polonia, delle Delegazioni delle Chiese ortodosse ucraine e dei Rappresentanti dello Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica, Leonid Kuchma, dal vice-primo ministro Mykola Zhulynsky e da Viktor Bondarenko, capo del Comitato di Stato per gli Affari Religiosi, oltre che da numerosi membri del Corpo Diplomatico. Succeduto per coadiuzione al Cardinale Slypyj nel 1984, il nuovo Arcivescovo Maggiore fu annoverato nel Collegio Cardinalizio da Papa Giovanni Paolo II — che nel 1979 lo aveva personalmente ordinato Arcivescovo Metropolita di Filadelfia degli Ucraini (Usa) — nel 1985. Uomo di grande ti, con la tavola rotonda dove interverranno il Card. Francis Arinze, il prof. Sebastian Karotemprel e l'Arcivescovo di Tunja, Luis Castro Quiroga. Il Simposio si concluderà, sabato 20 gennaio, nell'Aula Paolo VI alla presenza del Santo Padre. Dopo il saluto del Card. Jozef Tomko, la presentazione di Mons. Ambrogio Spreafico e la relazione celebrativa del Card. Francis George, Arcivescovo di Chicago, il Santo Padre terrà il discorso conclusivo. Nella recente Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, Giovanni Paolo II ribadisce la necessità di una nuova comunicazione del Vangelo: «Ho tante volte ripetuto in questi anni l'appello alla nuova evangelizzazione. Lo ribadisco ora, soprattutto per indicare che occorre riaccendere in noi lo slancio delle origini, lasciandoci pervadere dall'ardore della predicazione apostolica seguita alla Pentecoste. Dobbiamo rivivere in noi il sentimento infuocato di Paolo, il quale esclamava: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9, 16)». È in questo spirito che il Simposio «A dieci anni dall'Enciclica Redemptoris missio» darà il suo contributo alla missione della Chiesa all'inizio di questo nuovo Millennio. zista, una famiglia ebrea che, per riconoscenza, si impegnò affinché il prete avesse un ricordo particolare. E oggi, presso il Viale dei Giusti a Gerusalemme, un albero è intitolato a don Gaetano, a memoria perenne del suo gesto di altruismo e solidarietà. AGNESE PELLEGRINI cultura, autore e curatore di opere di notevole importanza nell'ambito della teologia biblica e liturgica si presentava con i tratti di una austera ma amabile spiritualità, esaltata da una esemplare semplicità di comportamento e di vita, che si traduceva in modestia ed umiltà profonda. Nell'incontrarlo si avvertiva immediatamente una singolare levatura di vita interiore che incuteva profondo rispetto ed insieme una sincera apertura e disponibilità che attraeva ad un rapporto spontaneo ed aperto. Il Cardinale Lubachivsky, che amava particolarmente il testo paolino «ti basta la mia grazia; la mia potenza si esprime nella debolezza» (2 Cor 12,9), fu chiamato a vivere avvenimenti di storica importanza a cominciare dalla preparazione alle celebrazioni del Millenario del Battesimo della Rus' di Kiev (1988) nell'ambito del quale rimane indimenticabile il suo gesto di perdono e riconciliazione con i popoli confinanti con l'Ucraina, particolarmente con quello russo, dettato dallo Spirito di semplicità evangelica che lo caratterizzava. Certo è che dopo il 1989 il Cardinale si trovò quasi improvvisamente di fronte a problemi fino ad allora inediti ma, con serena energia, coadiuvato da un valido staff di collaboratori, cominciò ad affrontarli nella convinzione che la Divina Provvidenza conduce la storia e che non gli sarebbero mancati i mezzi per rispondere adeguatamente alle sfide del post-comunismo in Ucraina, nel frattempo diventata Stato indipendente. Il problema cruciale ed immediato fu quello del rapporto con gli ortodossi, soprattutto quelli della metropolia d'obbedienza moscovita, e quello della pacificazione degli animi esacerbati da decenni di sanguinose persecuzioni. I tanti martiri che la sua Chiesa aveva acquisito in Cielo dal 1946 in poi non potevano far mancare la loro intercessione presso Dio. Quasi sfidando l'evidenza della situazione di fatto, con intuito profetico, concreto senso pastorale e slancio di speranza dedicò la sua più importante lettera pastorale dopo il rientro in Patria proprio all'ecumenismo e all'unità delle sante Chiese (7 aprile 1994). Una lettera di grande respiro, di sicuro senso ecclesiale, di sincera disponibilità al dialogo. Una lettera aperta al futuro e nel contempo in continuità con l'azione in questo ambito per decenni promossa dal metropolita Szeptycky, cominciando dagli ormai storici Congressi di Velehrad. Ci troviamo di fronte, così, ad una eredità assai preziosa, secolare ormai, che il Sinodo elettivo convocato per il 24 gennaio, è chiamato non solo a riconoscere, ma a garantire per stabilizzare quelle «forti radici» che stanno producendo quel «rigoglio» che il Cardinale Silvestrini ha riconosciuto nel suo autorevole intervento tutto proiettato all'ormai iniziato terzo millennio. Venezia: iniziative per la settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani La diocesi di Venezia ha in programma una serie di incontri in occasione della Settimana di riflessione e di preghiera per l'Unità dei Cristiani, prevista dal 18 al 25 gennaio. Sarà questa l'occasione per le diverse Chiese di esprimere la volontà di continuare il dialogo religioso per giungere alla piena comunione. In programma, dunque, incontri culturali e di preghiera che si svolgeranno a Venezia, centro storico e terraferma. La preparazione della Settimana è stata curata dal Consiglio locale delle Chiese cristiane di Venezia. «Io sono la via, la verità e la vita» è la frase che costituisce il filo conduttore dei diversi incontri che sono stati programmati per questo intenso momento della diocesi di Venezia. Le offerte raccolte durante gli incontri di preghiera saranno destinate alla riabilitazione dei bambini in Sierra Leone. C. Z.
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