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ERZA T PAGINA .<br />

PAGINA<br />

3 .<br />

In margine a una mostra itinerante su Borges<br />

Uno scrittore che spaziava<br />

da Omero, da Virgilio, da Dante<br />

agli autori contemporanei<br />

MARIO SPINELLI<br />

All'inizio della seconda metà del Novecento<br />

la poesia e la narrativa latinoamericane<br />

(o ispano-americane, se si<br />

preferisce chiamarle così) hanno aiutato<br />

non poco gli scrittori, i critici, gli editori<br />

e anche i lettori europei e nordamericani<br />

a uscire dal tunnel della crisi creativa,<br />

artistica, tematica e ispirativa che in<br />

quegli anni pesava sulla letteratura occidentale.<br />

Autori come l'argentino Manuel Gálvez<br />

o il venezuelano Rómulo Gallegos,<br />

l'ecuadoriano Demetrio Aguilera Malta<br />

o il guatemalteco Miguel Angel Asturias,<br />

premio Nobel nel '67 (per ricordare solo<br />

qualche nome più significativo fra i tanti<br />

scrittori sudamericani contemporanei),<br />

hanno dato come una scossa salutare ai<br />

colleghi occidentali, hanno trasmesso loro<br />

una nuova freschezza, fiducia, vitalità<br />

sul piano poetico e creativo, linguistico<br />

e stilistico, stimolandoli a ritrovare quel<br />

gusto di esprimersi e di raccontare che<br />

tanti fattori avevano contribuito a esaurire<br />

e inaridire: dalla drammaticità della<br />

storia collettiva nel secolo appena trascorso<br />

agli effetti nefasti di certa industria<br />

editoriale, dalla crescente complessità<br />

della società contemporanea uscita<br />

dalla Seconda Guerra Mondiale (un universo<br />

sempre più sfuggente, ambiguo,<br />

controverso, difficile a descriversi e narrarsi)<br />

al declino dei valori etici e dei modelli<br />

culturali tradizionali.<br />

La fantasia, il fervore inventivo, la<br />

primordialità, l'energia intrinseca, il superamento<br />

nel segno della finzione e<br />

dell'immaginazione di una interpretazione<br />

troppo restrittiva dei generi letterari,<br />

e sul versante contenutistico l'attenzione,<br />

anzi la passione per l'uomo che distinguono<br />

la letteratura latino-americana<br />

hanno contagiato per anni il mondo delle<br />

lettere in Europa e negli Stati Uniti<br />

Così la scoperta degli autori sudamericani<br />

si è risolta per tanti scrittori e<br />

poeti occidentali in una riscoperta di se<br />

stessi, in un ritorno di ispirazione, di<br />

idee e di entusiasmo creativo.<br />

Il tempo, l'estensione e l'approfondimento<br />

delle letture nonché il moltiplicarsi<br />

delle traduzioni hanno permesso di<br />

far emergere sui conterranei soprattutto<br />

due scrittori, il colombiano Gabriel García<br />

Márquez e l'argentino Jorge Luis<br />

Borges, scomparso quindici anni fa.<br />

Del primo si può dire che oltre a essere<br />

lodato dalla critica abbia incontrato<br />

un maggior successo di pubblico: chi<br />

non ha letto il suo capolavoro, Cento<br />

anni di solitudine, forse il libro latinoamericano<br />

più fortunato e più tradotto<br />

nell'ultimo trentennio del Novecento?<br />

Quanto al secondo, nello stesso periodo<br />

è stato oggetto in tutto il mondo di<br />

un continuo, anzi crescente interesse e<br />

scavo critico, sviluppatosi di pari passo<br />

non solo con l'uscita dei suoi ultimi lavori<br />

ma (specialmente per gli occidentali)<br />

anche con la pubblicazione via via<br />

dei suoi inediti e la traduzione nelle<br />

maggiori lingue dei suoi volumi più riusciti<br />

o comunque più importanti, rappresentativi.<br />

Il risultato è che oggi, a Novecento<br />

concluso, Borges è giudicato da quasi<br />

tutta la critica internazionale come uno<br />

dei massimi autori del XX secolo. Per<br />

almeno tre ragioni: la vastità, varietà e il<br />

livello artistico e stilistico-espressivo della<br />

sua opera di poeta-narratore-saggistatraduttore;<br />

il suo titolo a rappresentare<br />

più di ogni altro per qualità e dimensioni<br />

della produzione la letteratura sudamericana<br />

del Novecento; l'universalità<br />

del suo lavoro e della sua personalità<br />

culturale e letteraria, dovuta non solo<br />

all'umanità e verità del suo mondo poetico<br />

ma anche a una formazione largamente<br />

europea (per parte di madre Borges<br />

era di ascendenza anglosassone) e ai<br />

suoi interessi eruditi e critici che non<br />

hanno confini spazio-temporali e abbracciano<br />

la letteratura mondiale, sia classica<br />

(Omero, Virgilio, sant'Agostino, Dante...)<br />

sia moderna (Montaigne, Shakespeare,<br />

gli illuministi ecc. ecc.).<br />

Nell'autunno scorso è stato possibile<br />

conoscere meglio sia l'autore che l'uomo,<br />

il personaggio Borges grazie a una<br />

mostra interessante e originale che è<br />

stata organizzata recentemente a Roma<br />

in coincidenza con il primo centenario<br />

della sua nascita. L'esposizione, promossa<br />

dal Ministero per i Beni e le Attività<br />

Culturali d'intesa con la Presidenza della<br />

Repubblica Argentina, con la Fondazione<br />

Internazionale «Jorge Luis Borges» e<br />

con la collaborazione della vedova dello<br />

scrittore argentino, Maria Kodama, era<br />

stata concepita e progettata come una<br />

esposizione itinerante, e ha già toccato<br />

tappe importanti come Buenos Aires,<br />

Città del Messico, Parigi e Venezia, dove<br />

è stata ospitata la primavera scorsa nella<br />

Sala Sansoviniana della Biblioteca Nazionale<br />

Marciana. Dopo quella italiana e<br />

romana la prossima sosta è in Spagna, a<br />

Barcellona.<br />

La mostra era allestita a Palazzo Barberini,<br />

in due saloni attigui alla Galleria<br />

Nazionale d'Arte Antica. Uno dei due locali,<br />

il più spazioso, di architettura berniniana,<br />

è quello sulla cui volta si può<br />

ammirare il Trionfo della Provvidenza,<br />

il grandioso affresco eseguito da Pietro<br />

da Cortona fra il 1638 e il '39 e restituito<br />

di recente al suo splendore da un ottimo<br />

restauro. A questo proposito non è mancato<br />

chi ha fatto osservare l'eloquenza e<br />

l'armonia di questo accostamento fra<br />

una mostra dedicata a un autore «barocco»<br />

come Borges e l'ambientazione, lo<br />

sfondo dominato dalla scintillante cromia<br />

di uno dei più celebrati capolavori<br />

barocchi.<br />

La struttura espositiva non era casuale<br />

né meramente funzionale, ma era anch'essa<br />

«d'autore», realizzata da due noti<br />

architetti argentini, Alejandro Bobrowicky<br />

e Lucas Fornari, per rappresentare<br />

e favorire il percorso della memoria<br />

nella ricostruzione della formazione, dell'esistenza<br />

e dell'opera di Borges.<br />

Così lungo una serie di corridoi e di<br />

passerelle che si inseguono e si intersecano<br />

fra svolte e rettilinei il visitatore<br />

poteva entrare in contatto — una vetrina<br />

dopo l'altra — con tutti i momenti<br />

principali dell'itinerario borgesiano, con<br />

tutte le facce di quella realtà prismatica<br />

che è la sua esperienza di lettore e studioso,<br />

di viaggiatore e uomo di lettere,<br />

di erudito e poeta, di traduttore e direttore<br />

di riviste e collane editoriali, di narratore<br />

e saggista, di animatore culturale<br />

e brillante conferenziere.<br />

Di esposto c'era di tutto: autografi<br />

personali e manoscritti di racconti e<br />

poemi (corredati di strani e vivaci disegni<br />

eseguiti dall'autore stesso), gli oggetti<br />

più diversi appartenuti a lui (bastoni<br />

da passeggio, speroni, frustini di cuoio,<br />

stoviglie esotiche, soprammobili, fermacarte,<br />

un poncho bianco a strisce celesti<br />

come la bandiera argentina...), le prime<br />

edizioni o comunque edizioni vecchie e<br />

rare dei libri da lui scritti o tradotti, accanto<br />

alle versioni degli stessi nelle lingue<br />

principali.<br />

La parte bibliografica si completava<br />

con le mitiche riviste da lui fondate e/o<br />

dirette (da Aquario a Cuadernos, da Testigo<br />

a Nosotros, da Prisma a Proa) e<br />

con parecchi libri provenienti dalla biblioteca<br />

personale di Borges: naturalmente<br />

autori e titoli da lui più frequentati<br />

e amati fin da giovanissimo, Milton<br />

e Schopenhauer, Cervantes e Ariosto,<br />

Kipling e Chesterton, Meynrink e Beckford,<br />

Melville e Kafka, oltre ai grandi<br />

classici antichi e medievali come quelli<br />

ricordati prima. Importante e folta era<br />

anche la sezione fotografica: un album<br />

di famiglia stracolmo che suscita commozione<br />

per il profondissimo legame<br />

non solo affettivo ma anche culturale,<br />

letterario, creativo testimoniato fra Borges<br />

e la madre, il padre, da ultimo la<br />

giovane moglie e tutta la famiglia in genere.<br />

Pressoché incalcolabile, infine, il numero<br />

di lauree ad honorem, diplomi,<br />

medaglie e riconoscimenti conferitigli da<br />

nazioni, università, accademie e istituzioni<br />

culturali di tutti i continenti, comprese<br />

le più prestigiose come la Sorbona<br />

e Oxford. Queste onorificenze erano tutte<br />

esposte nella mostra romana, ed era<br />

l'occasione propizia per toccare con mano<br />

la riconosciuta grandezza e la fama<br />

universale di Jorge Luis Borges.<br />

L'OSSERVATORE ROMANO Sabato 13 Gennaio 2001<br />

La plurisecolare storia dell'Abbazia benedettina di S. Maria nell'arcipelago delle Isole Tremiti<br />

La «Montecassino in mezzo al mare»<br />

CRISTANZIANO SERRICCHIO<br />

A dieci miglia dalla costa settentrionale<br />

del Gargano, di fronte al lago di Lesina,<br />

nel piccolo arcipelago delle Isole<br />

Tremiti, sorge uno dei più celebri e importanti<br />

santuari mariani del Medioevo,<br />

proprio nel mezzo del Mare Adriatico,<br />

all'incrocio fra le rotte che dai Balcani<br />

vengono alle coste pugliesi e di quelle<br />

che da Venezia vanno verso l'Oriente.<br />

Le Isole Diomedee, abitate sin dal<br />

Neolitico e cantate dai poeti dell'antica<br />

Grecia e di Roma quale luogo di approdo<br />

e di sepoltura del mitico eroe omerico<br />

Diomede, sono ricordate anche da<br />

sant'Agostino nel «De Civitate Dei», e<br />

ben note per la loro incomparabile bellezza<br />

naturalistica e per la ricchezza delle<br />

tradizioni storiche e religiose.<br />

Al mito classico si intreccia la leggenda<br />

medievale sull'origine dell'Abbazia di<br />

S. Maria a Mare, secondo la quale un<br />

eremita, il beato Giovanni da Foligno,<br />

scoprì nella grotta, dov'era sepolto Dio-<br />

«Il tempio della Concordia ad Agrigento» (1957)<br />

GIUSEPPE COSTA<br />

Molto opportunamente la Federico<br />

Motta Editore di Milano con il sostegno<br />

finanziario della Fondazione Svizzera<br />

per la Fotografia ha pubblicato in italiano<br />

— traducendone i testi introduttivi<br />

dal tedesco — un volume antologico<br />

che riassume la complessa ma sempre<br />

coerente produzione fotografica di Leonard<br />

von Matt avviata negli Anni Trenta<br />

fra le montagne svizzere e conclusasi<br />

negli Ottanta sulle coste del mare di Sicilia<br />

e di Creta.<br />

Quarto figlio maschio di una famiglia<br />

di librai, von Matt nasce il 14 marzo<br />

del 1909 a Stans in Svizzera. A dimostrazione<br />

che gli artisti non nascono come<br />

i fiori nel deserto, proprio negli anni<br />

della sua fanciullezza si moltiplicano<br />

gli studi fotografici come quello dei<br />

fratelli Linck a Zurigo o dei fratelli de<br />

Jongh a Losanna o ancora, il più famoso,<br />

«les ateliers Boissonnas» di Ginevra<br />

organizzato sul modello francese dell'atelier<br />

Nadar di Parigi. I giornali illustrati<br />

muovono i primi passi e fra questi<br />

si distingue lo «Schweizer illustrierte»<br />

che dal 1911 appare settimanalmente<br />

con notizie da tutto il mondo.<br />

Dopo la guerra, dal 1922 al '26, Leonard<br />

viene inviato in collegio. Lo stesso<br />

mede, il tesoro dell'eroe grazie alla rivelazione<br />

della Madonna, e sul luogo del<br />

ritrovamento innalzò una cappella in<br />

suo onore e per la diffusione del culto<br />

fra i mercanti e i pescatori che si rifugiavano<br />

nell'isola.<br />

La spelonca è chiamata ancora oggi<br />

«grotta della Madonna».<br />

La più importante isola dell'arcipelago<br />

è quella di San Nicola, dove i monaci<br />

Benedettini con l'approvazione del Papa<br />

si stabilirono nel 1016 spinti dal desiderio<br />

di fondare una nuova Abbazia in un<br />

luogo solitario e propizio per la loro vita<br />

e attività religiosa, rivolta ai naviganti e<br />

ai pellegrini che si recavano sul Gargano<br />

per venerare l'Arcangelo Michele.<br />

Due piccoli moli consentono ora l'approdo<br />

ai natanti. Dalla spiaggia ciottolosa<br />

una possente muraglia con feritoie si<br />

erge ad accompagnare le rampe di salita<br />

verso il villaggio e l'Abbazia fortificata,<br />

che costituisce il culmine di un'imponente<br />

opera difensiva che, a partire dalla<br />

zona del porto, recinge quasi l'intera<br />

isola. Tale sistema di fortificazioni con<br />

torri, mura poderose, fossato, oggi colmato,<br />

rese l'Abbazia-fortezza inespugnabile<br />

dagli assalti da mare di pirati dalmati<br />

e di turchi per un lungo periodo.<br />

La chiesa di Santa Maria a Mare, restaurata<br />

recentemente, con i resti dell'antica<br />

Abbazia-fortezza, è definita dal<br />

Bertaux la «Montecassino in mezzo al<br />

mare». Nata originariamente come cella,<br />

o grancia, dall'Abbazia di Montecassino<br />

alla fine del secolo IX, la comunità monastica<br />

di Tremiti nel secolo XI, come è<br />

documentato nel «Codice diplomatico<br />

del Monastero di S. Maria di Tremiti» di<br />

A. Petrucci, aveva vasti possedimenti<br />

che comprendevano castra, civitates,<br />

chiese, molini, parte del lago di Lesina,<br />

pascoli, foreste e terreni, che si estendevano<br />

dalle saline di Siponto fino alla<br />

contea di Chieti in Abruzzo. Nel 1081<br />

ottenne la propria autonomia.<br />

Dopo un periodo di vicende complesse<br />

e di decadenza, nel 1237 ai Benedettini<br />

subentrarono i Cistercensi, che rico-<br />

«Alberobello» (1957)<br />

«Salbitschyn,<br />

Valle<br />

Göschenental»<br />

(1945)<br />

Un volume antologico sull'opera di Leonard von Matt, artista che è stato punto di riferimento per la fotografia religiosa<br />

Quel messaggio di equilibrio e di bellezza<br />

che parla un linguaggio percepibile da tutti<br />

anno 1926 incomincia a lavorare presso<br />

la libreria del padre dove non c'erano<br />

certamente libri fotografici ma dove<br />

giungeva la rivista «Camera» apparsa il<br />

15 giugno del 1922 presso l'editore Bucher<br />

di Lucerna. «La nostra rivista —<br />

si leggeva fra l'altro nel primo numero<br />

— vuole porsi al servizio della fotografia<br />

artistica».<br />

Nel 1929 Arnold Kubler (1890-1983)<br />

diventa caporedattore del «Zurcher Illustrierte»<br />

e così si diffonde anche in<br />

Svizzera il moderno fotogiornalismo: il<br />

racconto degli avvenimenti viene affidato<br />

non più soltanto al testo ma a un<br />

gruppo di immagini. Con Kubler, in<br />

Svizzera si distinguono Hans Staub<br />

(1894-1984) e Hans Finsler (1891-1972)<br />

che dà vita a Zurigo al primo corso di<br />

fotografia presso la scuola di arti applicate<br />

ed ha come studenti Werner Bischof<br />

(1916-1954), Michael Wolgensinger<br />

(1913-1990) e Emil Schulthess (1913).<br />

Tutti diventeranno artisti famosi. Intanto<br />

Leonard von Matt nel 1936 lascia<br />

la libreria al fratello e incomincia a dedicarsi<br />

totalmente alla fotografia. Nel<br />

1938, volendo migliorare la sua professionalità<br />

si trasferisce a Basilea come<br />

assistente di laboratorio allo studio grafico<br />

dei fratelli Eidenbenz presso i quali<br />

si pratica anche la fotografia. Qui egli<br />

apprende quella incisività ed efficacia<br />

compositiva tipiche della grafica che<br />

saranno la caratteristica prima delle<br />

sue opere.<br />

Nel 1939 incomincia a collaborare<br />

con alcune riviste e visita la Esposizione<br />

nazionale di Zurigo. Nel 1941 incominciano<br />

ad apparire in Svizzera i primi<br />

volumi fotografici e nel maggio dello<br />

stesso anno esce «Du», la rivista<br />

d'arte e di fotografia che sin dal primo<br />

numero si avvale delle fotografie di<br />

Werner Bischoff e che dopo la guerra<br />

raccoglierà anche le foto di Leonard<br />

von Matt.<br />

Nel 1945 questi pubblica il volume<br />

fotografico «Uri» in una Svizzera tutta<br />

intenta a celebrare la propria identità<br />

nazionale. Leonard von Matt ne cura<br />

puntigliosamente la composizione, le<br />

fotografie, la successione delle immagi-<br />

struirono la chiesa e il convento dotandolo<br />

di un poderoso sistema di fortificazioni<br />

e di sbarramenti a livelli diversi seguendo<br />

l'altimetria e la conformazione<br />

del suolo.<br />

Le Isole furono poi concesse in commenda.<br />

Nel 1412 Gregorio XII affidò il<br />

monastero ai Canonici Lateranensi che<br />

provvidero a ricostruire il patrimonio,<br />

ad ampliare gli edifici conventuali, a restaurare<br />

la chiesa, garantendo contro i<br />

pirati la difesa delle isole, che divennero<br />

«l'orto del paradiso» per l'ospitalità dei<br />

frati, la fertilità, la bellezza, la pace e la<br />

serenità contemplativa e di preghiera<br />

dei luoghi.<br />

Nel 1676, per le sopraggiunte difficoltà<br />

economiche e politiche, i Canonici<br />

abbandonarono l'Abbazia, che nel 1782<br />

venne soppressa da Ferdinando di Borbone.<br />

Divenne poi luogo di pena anche<br />

durante il regno d'Italia e di confino politico<br />

sotto la dittatura fascista. Era stato<br />

luogo di pena anche al tempo dei Ro-<br />

ni e le didascalie contribuendo non poco<br />

a far conoscere i costumi ed il paesaggio<br />

svizzero. L'accuratezza usata per<br />

il suo primo libro rimarrà la stessa per<br />

le oltre cinquanta pubblicazioni successive.<br />

Nell'interessante layout di quel volume<br />

si riconosce nell'artista non soltanto<br />

una concezione matura dell'impaginazione<br />

ma anche una competenza<br />

e un'esperienza profonda nella costruzione<br />

«drammaturgica» di un libro illustrato<br />

con un montaggio fatto di uso<br />

armonico ed equilibrato di foto piccole<br />

e grandi.<br />

Nel 1947 ha l'opportunità di pubblicare<br />

il volume commemorativo della<br />

canonizzazione di san Nicola della Flue<br />

(1417-1487). Il libro è un viaggio dalla<br />

Svizzera a Roma dove Leonard von<br />

Matt incontra Mons. Paul Krieg, cappellano<br />

delle guardie svizzere e il gesuita<br />

P. Beat Ambord della Radio Vaticana,<br />

che lo avrebbero successivamente<br />

aiutato per i successivi volumi dedicati<br />

all'arte e a Roma. L'anno santo del<br />

1950 è per lui la grande occasione per<br />

pubblicare un volume fotografico su<br />

quel Giubileo. Avendo avuto la possibilità<br />

di «vederlo» non esitiamo a ritenerlo<br />

esemplare per simmetria di immagini,<br />

gusto del bello, rispetto per la religiosità.<br />

«Sacro Speco a Subiaco» (1959) «Napoli» (1957)<br />

Facciata della chiesa di S. Maria a Mare Il Portale<br />

Due foto scattate<br />

a Roma:<br />

«Statua<br />

dell'apostolo<br />

Filippo<br />

in s. Giovanni<br />

in Laterano» (1949)<br />

e, in basso<br />

a destra,<br />

«Nella Cappella<br />

Sistina» (1950)<br />

mani che vi esiliarono Giulia nipote di<br />

Augusto.<br />

La chiesa di Santa Maria a Mare occupa<br />

la parte più alta dell'isola, è interamente<br />

costruita in pietra bianca e presenta<br />

varie fasi costruttive. Nella facciata<br />

del secolo XV si ammira un bel portale<br />

rinascimentale sormontato da un<br />

rosone ornato di rilievi. L'interno, diviso<br />

in tre navate da pilastri quadrilobati, ha<br />

un pavimento con frammenti di mosaico<br />

di forma e rara ricchezza cromatica<br />

a disegni geometrici dell'XI-XII secolo,<br />

raffiguranti una diomedea, ghirlande,<br />

simboli cristiani, uccelli e altri animali.<br />

Sovrasta l'altare maggiore, sotto l'arco<br />

romanico dov'era la cattedra abaziale,<br />

il polittico in legno intagliato policromo<br />

e dorato, opera goticizzante di intagliatore<br />

veneto della metà del '400. Rappresenta<br />

in basso l'Assunzione di Maria<br />

e un gruppo di Apostoli in ginocchio e<br />

in alto l'Incoronazione della Vergine da<br />

parte del Figlio, nelle otto nicchie laterali<br />

statue di santi, fra cui s. Michele a sinistra<br />

della Vergine. Coronano i due ordini<br />

di statue dieci pinnacoli sormontati<br />

da statuine di santi e al centro il busto<br />

di Cristo benedicente.<br />

Nella navata di sinistra è venerato un<br />

grande Crocifisso su tavola del sec. XII,<br />

unitamente alla statua lignea di Santa<br />

Maria della Protezione che contempla il<br />

Figlio, celebrata il 15 agosto, festività<br />

dell'Assunzione, con una suggestiva processione<br />

intorno alle isole.<br />

Addossati alla chiesa si possono ammirare<br />

due chiostri di grandezza ed età<br />

diverse, il più piccolo e antico presenta<br />

pilastri di pietra e archi con volte a crociera,<br />

il più grande, opera dei Canonici<br />

Lateranensi, è formato da portici, arcate,<br />

colonnato, medaglioni, con al centro<br />

il bel pozzo della «Meridiana», e sul muro<br />

di cinta una lunga balconata con i resti<br />

di frasi in latino della Scrittura e della<br />

regola benedettina. Di qui l'occhio<br />

spazia sul mare e su San Domino, la Capraia<br />

e il Cretaccio con la Vecchia, le altre<br />

fascinose isole dell'arcipelago.<br />

Il volume pubblicato in Italia dall'editore<br />

Stringa di Genova con testi degli<br />

indimenticabili giornalisti de «L'Osservatore<br />

Romano» Mario Escobar e Andrea<br />

Lazzarini, si sfoglia come le inquadrature<br />

di un documentario giornalistico<br />

con l'obiettivo costantemente rivolto<br />

ad esaltare la magnificenza dei<br />

monumenti romani o a cogliere sguardi<br />

di meraviglia e di partecipazione fra i<br />

pellegrini. Il libro fu definito dal Card.<br />

Giuseppe Siri, come il «volto» del Vaticano.<br />

«Il volto del Vaticano — egli<br />

scrisse — ha evidentemente molto colore.<br />

Ma non c'è nessuna persona che vi<br />

si vesta secondo il piacer suo o che vi<br />

si collochi a piacer suo».<br />

La serie delle immagini si alternano<br />

in maniera avvincente allacciate le une<br />

alle altre in sequenza logica di sguardo<br />

e di contenuto. Con riferimento al suo<br />

lavoro durante l'Anno Santo di metà<br />

secolo, ecco come simpaticamente ricorda<br />

l'apertura. «Un grande giorno fotografico<br />

— ricorda in un suo appunto<br />

— è stato quello dell'inaugurazione dell'Anno<br />

Santo. Pellegrini affluivano a<br />

Roma da tutti i continenti, e con essi<br />

anche l'esercito degli uomini della<br />

stampa, del cinema e della fotografia.<br />

Per tutti questi reporter fu eretta di<br />

fronte alla Porta Santa una tribuna<br />

stampa. Grazie alle mie amicizie nella<br />

guardia svizzera mi ero assicurato una<br />

postazione molto bella lassù in prima<br />

fila sulla balaustra.<br />

Poi giunse il momento in cui il Santo<br />

Padre doveva battere tre volte con il<br />

martello d'oro sulla porta. Naturalmente<br />

tutti i fotografi volevano portarsi a<br />

casa la fotografia di questo istante.<br />

Quando risuonò il primo colpo di martello,<br />

sentii improvvisamente su di me<br />

un peso enorme: un reporter americano,<br />

che non riusciva a vedere, dietro di<br />

me, mi saltò in quel momento sulle<br />

spalle, e io non ebbi nemmeno la possibilità<br />

di scrollarmelo di dosso perché<br />

contemporaneamente dovevo scattare le<br />

mie foto. Nonostante tali condizioni,<br />

«pesanti» nel vero senso della parola,<br />

riuscii a scattare la fotografia. È stata<br />

l'unica fotografia della mia vita che ho<br />

fatto in collaborazione con una seconda<br />

persona».<br />

Del resto anche la produzione successiva<br />

manterrà lo stesso ritmo e le originali<br />

biografie fotografiche di sant'Ignazio<br />

(1955), san Domenico (1954), san<br />

Francesco d'Assisi (1954), san Benedetto<br />

(1960), san Vincenzo de Paoli (1959),<br />

Bernadette Soubirous (1956), Pio X<br />

(1954), Don Bosco (1965), quest'ultimo<br />

in occasione del 150° anniversario della<br />

nascita del Santo, rappresentano ancor<br />

oggi veri e propri modelli per chi voglia<br />

fare agiografia o fotografia religiosa.<br />

Il fotografo americano Dennis Stock,<br />

ad esempio, nel 1981 per il suo «Saint<br />

Francis of Assisi» con testi di Lawrence<br />

Clunningham ne imita l'impostazione<br />

senza per'altro riuscirci pienamente.<br />

Per ogni opera Leonard von Matt esige<br />

un esperto per il testo scritto e così le<br />

sue foto si trovano a fianco agli scritti<br />

di Mario Escobar, Hugo Rahner, Henri<br />

Bosco, Nello Vian e di altri ancora.<br />

Con l'iconografia preesistente, vengono<br />

illustrati documenti archivistici —<br />

fatti prelevare con cura agli stessi archivisti<br />

e quindi fotografati — assieme<br />

a quell'habitat umano che anche nella<br />

formazione dei santi ha la sua efficacia.<br />

Non mancano poi mai le foto che<br />

documentano la attualità e la vivacità<br />

del carisma espresso dal santo.<br />

Da appassionato cultore d'arte e di<br />

storia, Leonard von Matt dopo aver peregrinato<br />

a Genova, Torino, Ravenna,<br />

Umbria e Lazio fu anche un cantore<br />

della Magna Grecia osservata e fotografata<br />

soprattutto in Sicilia e a Creta. Anche<br />

qui seppe affiancarsi autori di<br />

grande prestigio come l'archeologo Pietro<br />

Griffo per la Sicilia e Gela.<br />

Con l'obiettivo Leonard von Matt riesce<br />

a cogliere l'indistruttibile messaggio<br />

della civiltà contadina come la forza secolare<br />

e viva di un ulivo saraceno al<br />

cospetto di colonne doriche e di rovine.<br />

Anche quando il suo obiettivo fissa solitudine<br />

e povertà l'immagine mantiene<br />

sempre la dignità dell'essere umano.<br />

Morto nel 1988 Leonard von Matt, ha<br />

lasciato con le sue foto un messaggio di<br />

equilibrio e di bellezza che soltanto lo<br />

spirito può dare; al tempo stesso il suo<br />

sguardo fotografico va oltre il significato<br />

di quel che vede: i lunghi filari di<br />

pioppi, i volti dei frati sorridenti e perfino<br />

le rughe dei poveri contadini parlano<br />

ancor oggi un linguaggio universalmente<br />

percepibile. Peccato che non<br />

si sia pensato a fare in Italia una sua<br />

mostra antologica.

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