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ERZA T PAGINA .<br />

PAGINA<br />

3 .<br />

«Da Don Bosco ai nostri giorni» di Morand Wirth<br />

Un libro che colma<br />

una lacuna<br />

GIUSEPPE COSTA<br />

La recente pubblicazione di Morand<br />

Wirth «Da Don Bosco ai nostri giorni»<br />

(Las, Roma, 2000 pp. 624) ripropone all'attenzione<br />

dei lettori uno dei più grandifenomenidella<br />

chiesa cattolica nel XX<br />

secolo,quellosalesiano per l'appunto comeebberoadefinirlo<br />

Pio XI e Paolo VI.<br />

L'autore senza esitazione e con coraggio<br />

esamina in toto la storia della Società<br />

di San Francesco di Sales dividendola<br />

in tre grandi periodi: il tempo del Fondatore<br />

(1815-1888); l'espansione dell'opera<br />

salesiana nel mondo (1888-1965); di<br />

fronte alle nuove sfide (1965-2000).<br />

Almeno 100 pagine conclusive poi<br />

vengono dedicate ad appendici con dati<br />

statistici, bibliografia e indici: tutti stru-<br />

menti preziosi per<br />

ulteriori approfondimenti.<br />

La prima parte<br />

scrive Wirth «mette<br />

in rilievo il ruolo<br />

del Fondatore,<br />

Giovanni Bosco,<br />

nato nel 1815 a<br />

Castelnuovo d'Asti,<br />

morto a Torino<br />

nel 1888. Egli<br />

ha piantato i tre<br />

primi pilastri che<br />

sostengono l'Opera<br />

salesiana: la Società<br />

di San Francesco<br />

di Sales<br />

(1859), l'Istituto<br />

delle Figlie di Maria<br />

Ausiliatrice<br />

(1872) e l'Associazione<br />

dei Cooperatori<br />

Salesiani<br />

(1876), ai quali si<br />

aggregarono poi altri gruppi». Il secondo<br />

periodo è segnato dai vari rettorati di<br />

don Michele Rua (1888-1910), di don<br />

Paolo Albera (1910-1921), di don Filippo<br />

Rinaldi (1922-1931), di don Pietro Ricaldone<br />

(1932-1951) e di don Renato Ziggiotti<br />

(1952- 1965). Con il rettorato di<br />

don Luigi Ricceri (1965-1977) ha inizio il<br />

terzo periodo che vede anche i rettorati<br />

di don Egidio Viganò (1977-1995) e di<br />

don Juan Edmundo Vecchi.<br />

Parallelamente vengono presentate le<br />

vicende delle Figlie di Maria Ausiliatrice<br />

ed in parte anche dei Cooperatori, degli<br />

Ex-allievi e delle altre istituzioni ed associazioni<br />

nate all'ombra del grande albero<br />

salesiano. Come conclusione poi l'Autore<br />

non manca di elencare una serie di<br />

problemi e di sfide.<br />

Eccole: la crisi vocazionale in Occidente,<br />

gli spostamenti della geografia salesiana,<br />

l'inculturazione del carisma salesiano,<br />

la costruzione della Famiglia salesiana,<br />

la comunicazione di massa nel<br />

mondo della globalizzazione, l'evangelizzazione<br />

dei giovani del terzo millennio<br />

divisi tra povertà estreme e sazietà prive<br />

di senso, tra indifferentismo e forme devianti<br />

della nuova religiosità.<br />

Obiettivamente il lavoro di Wirth<br />

non era dei più semplici e specie in tempi<br />

di polemiche sui manuali scolastici di<br />

storia, mi sia consentita qualche osservazione.<br />

Si trattava di mettere assieme avvenimenti<br />

che riguardano oltre 150 anni di<br />

storia complessa. L'Autore li affronta<br />

con un apparato scientifico che utilizza<br />

tutte le pubblicazioni esistenti e creando<br />

con ciò stesso un problema storiografico<br />

sul quale val la pena soffermarsi.<br />

Non possono infatti essere considerate<br />

allo stesso modo opere come le Memorie<br />

dell'Oratorio di san Giovanni Bosco e<br />

le Memorie Biografiche, lavori di grande<br />

respiro storico e severità metodologica<br />

(mi riferisco in particolare agli studi di<br />

Pietro Stella, di Pietro Braido e di Josè<br />

Prellezo), ad alcune monografie e agli<br />

studi dello stesso Istituto Storico Salesiano<br />

diretto da Francesco Motto e piccole<br />

pubblicazioni occasionali e devozionali o<br />

da ufficio promozionale.<br />

Il riferimento a tali studi poi evidenzia<br />

come esistono ancora intere aree della<br />

storia salesiana da esplorare come il<br />

ruolo e la funzione dei cooperatori salesiani<br />

— sui quali a detta dello stesso<br />

Wirth manca una «storia vera e propria»<br />

— e degli strumenti come il Bollettino<br />

Salesiano usati per la loro animazione.<br />

Utili a tal proposito potranno essere gli<br />

Atti del recente convegno organizzato a<br />

Roma dall'Istituto Storico Salesiano e<br />

dedicato alla rilevanza sociale salesiana<br />

nel primo Novecento.<br />

Quanto poi allo stile dell'opera va detto<br />

che l'Autore ha una narratività piacevole<br />

anche se spesso scivola nel parenetico<br />

esortativo giungendo a conclusioni<br />

per lo meno in qualche caso opinabili. Il<br />

punto di vista di Wirth è rigorosamente<br />

interno e questo più che esaltare il carisma<br />

a volte lo riduce.<br />

Il carisma infatti è anche una risposta<br />

alle domande che lo Spirito muove attraverso<br />

le vicende storiche nelle quali<br />

viviamo. Per non dire che la crescita<br />

qualitativa della più recente storiografia<br />

salesiana ci ha abituati a ben altro. Per<br />

il resto è un libro che si raccomanda e<br />

va a colmare una lacuna. A tutt'oggi infatti<br />

pur essendoci numerose monografie<br />

e trattazioni particolari mancava una<br />

storia completa dei salesiani. Esso più<br />

che come saggio storico va considerato<br />

un prezioso compendio compilativo dalla<br />

lettura piacevole e accattivante.<br />

Del resto si tratta del racconto di<br />

un'avventura, quella salesiana, veramente<br />

appassionante ed ancor'oggi epica come<br />

hanno dimostrato nell'anno giubilare<br />

le canonizzazioni di Monsignor Versiglia<br />

e di don Caravario nonché la spedizione<br />

missionaria sulla frontiera cinese. In<br />

conclusione ed a dimostrazione di quanto<br />

detto ecco due esempi. Il primo si riferisce<br />

all'inizio dell'opera salesiana in<br />

Spagna mentre il secondo elenca i motivi<br />

e le caratteristiche dell'espansione salesiana<br />

agli inizi del Novecento. «L'anno<br />

1886 fu segnato da un avvenimento degno<br />

di nota: lo storico viaggio di don<br />

Bosco a Barcellona.<br />

«Nel dicembre del 1885, don Branda<br />

gli aveva scritto in questi termini: “Qui<br />

si pensa e si parla di continuo del nostro<br />

re. Era naturale che questo gesto lo meravigliasse:<br />

durante il viaggio, infatti,<br />

aveva sentito una voce interiore che gli<br />

ripeteva: “Tibi dabo, tibi dabo, ti darò,<br />

ti darò...”».<br />

«Questi rapidi processi d'espansione<br />

avevano cause diverse: da una parte, gli<br />

inviti incalzanti delle gerarchie locali<br />

preoccupate della miseria religiosa delle<br />

popolazioni, soprattutto dei giovani; dall'altra,<br />

le pressioni dei governanti, desiderosi<br />

di favorire, con la formazione<br />

delle nuove generazioni, lo sviluppo industriale<br />

ed agricolo dei loro paese.<br />

«Ma lo slancio veniva anche dall'interno<br />

della Famiglia salesiana. In quegli anni,<br />

essa era attraversata da una forte<br />

corrente apostolica, di cui fa fede il numero<br />

di partenze verso le missioni.<br />

«La spedizione missionaria del 1891<br />

comprendeva 72 missionari; 92 partirono<br />

nel 1895, 126 nel 1898. Nel 1891 partirono<br />

anche 20 Figlie di Maria Ausiliatrice,<br />

26 nel 1892, 30 nel 1893, 32 nel<br />

1897. Accanto ai Salesiani, le Suore avevano<br />

un ruolo insostituibile, specialmente<br />

nelle missioni propriamente dette. Anche<br />

i cooperatori assolsero il loro compito,<br />

preparando il terreno, e talvolta<br />

dando inizio essi stessi alle fondazioni,<br />

come accadde per esempio in Messico».<br />

L'OSSERVATORE ROMANO Venerdì 26 Gennaio 2001<br />

La mostra di Vasilij Kandinskij nel Complesso del Vittoriano<br />

Un graduale cammino dal figurativo all'astratto<br />

dal mondo fisico a quello interiore<br />

GUALTIERO DA VIÀ<br />

Spiegare il modo in cui la pittura di<br />

Vasilij Kandinskij diviene avanguardia<br />

storica del '900 è compito della mostra<br />

in corso a Roma, fino al 4 febbraio, nel<br />

Complesso del Vittoriano (catalogo<br />

Mazzotta). Si può qui cogliere il graduale<br />

processo che dal figurativo lo<br />

conduce all'astratto non senza valori<br />

estetici nei passaggi intermedi.<br />

Colpisce la sua repentina conversione<br />

dal diritto all'arte che però è un naturale<br />

sviluppo dai primi entusiasmi infantili<br />

per i colori, inconscio presagio<br />

di un futuro esito creativo.<br />

La nativa forte tendenza si ripresentava<br />

irresistibilmente se egli, a trenta<br />

anni, rifiutò in Russia (era nato a Mosca<br />

nel 1866) un'allettante docenza universitaria<br />

per fuggire a Monaco, la capitale<br />

artistica della Germania, dove fu<br />

prima allievo e quindi insegnante nella<br />

scuola del gruppo Falanx partecipando<br />

anche alle mostre della Secessione di<br />

Berlino e a quelle del Salon d'Automne<br />

e al Salon del Indipendants di Parigi ed<br />

entrando in contatto con i Postimpres-<br />

sionisti e con Van Gogh che li aveva<br />

superati con la sua bruciante<br />

passione e che<br />

gli diede un valido slancio<br />

a proseguire il cammino.<br />

L'officina di Kandinskij<br />

si muove tra simbolismo<br />

e Jugendstil ma<br />

anche sotto l'ispirazione<br />

che gli proveniva dalle<br />

favole e dal folklore della<br />

terra russa come<br />

Chagall, tanto diverso<br />

da lui. Fu una sorta di<br />

transito necessario ma<br />

il suo effettivo orientamento<br />

era, con il fascinoso<br />

cavaliere azzurro,<br />

verso l'espressionismo<br />

che gli garantiva una<br />

prima gratificante affermazione,<br />

lasciata alle<br />

spalle e la mimesi del<br />

reale da cui a lungo<br />

non era stato dato pre-<br />

scindere. Si rivelava nell'aspetto estremo<br />

ciò che aveva osservato Maurice<br />

Denis: «un dipinto prima di essere un<br />

cavallo o una donna nuda è un insieme<br />

di forme e colori disposti inuncertoordine».<br />

Era iniziata la liberazione dalla tirannia<br />

del contenuto già timidamente<br />

con gli Impressionisti e con maggiore<br />

modestia con i Macchiaioli nel concedersi<br />

certe indipendenze cromatiche<br />

(per tacere di altri precursori nei secoli<br />

passati). Le avanguardie avevano inaugurato<br />

l'abbrivio finale.<br />

Per Kandinskij è essenziale il periodo<br />

considerato dalla mostra (1896-1921):<br />

dall'arrivo a Monaco al ritorno a<br />

Mosca.<br />

Nella selezione delle opere esposte sono<br />

segnate le tappe dell'evoluzione del<br />

paesaggio, importante riferimento nel<br />

divenire dell'artista: sempre più ardente<br />

ed estuante, più sintetico nei piani e<br />

splendente nei colori e nella loro istintiva<br />

miscela. È anche da notare la presenza<br />

alla mostra delle xilografie forti e<br />

icastiche nei plurimi e netti contrasti di<br />

bianchi e neri e insieme raffinate in<br />

certe sottigliezze di segni, ma romantiche<br />

nei temi favolistici e simbolici.<br />

A Murnau, cittadina delle Alpi bavaresi,<br />

si era ritirato a dipingere con la<br />

moglie Gabriele pure pittrice: data a<br />

quel tempo il primo cedimento della<br />

forma rispetto alla realtà. La pittura ha<br />

il sopravvento. L'impianto figurativo<br />

consta di grevi, pastose stesure e di dilatati<br />

tocchi in cui la forma precipita e<br />

che trasportano l'artista all'astrazione.<br />

Uno dei significativi valichi è il dipinto<br />

con La gita in barca (1910) incluso<br />

nella rassegna. Nell'immagine appaiono<br />

embrionali reperti di identità ottiche<br />

che le trasfigurano conferendole<br />

un aspetto onirico.<br />

Kandinskij è in dirittura di arrivo al<br />

distacco dal mondo fisico per quello<br />

puramente interiore. Si aprono scenari<br />

complessi e meravigliosi corrispondenti<br />

a stadi creativi classificati secondo le<br />

origini nel suo celebre libro «Lo spirituale<br />

nell'arte» (1911) che è anche una<br />

dura contestazione del positivismo artistico.<br />

Dalla sua profonda interiorità scaturiscono<br />

straordinari prodotti: le impressioni<br />

dirette che recano ancora tracce<br />

Il nuovo Museo Diocesano di Arte Sacra di Genova nel Chiostro dei Canonici di san Lorenzo<br />

Salvaguardia e valorizzazione di un patrimonio spesso sconosciuto<br />

GRAZIELLA MERLATTI<br />

Padre don Bosco e<br />

del vivo desiderio<br />

in un giorno non<br />

lontano. Oh, se<br />

fosse possibile tale<br />

viaggio!”. Senza<br />

badare ai consigli<br />

di prudenza che<br />

avrebbero dovuto<br />

trattenerlo a Torino,<br />

don Bosco<br />

giunse a Barcellona<br />

nel mese di<br />

aprile del 1886. Il<br />

suo passaggio suscitò<br />

ovunque ondate<br />

d'entusiasmo.<br />

«Come dono, gli<br />

venne offerta la<br />

collina del Tibidabo<br />

che domina la<br />

città, perché costruisse<br />

sul culmine<br />

un nuovo tem-<br />

pio al Sacro Cuo-<br />

Lo scorso 15 dicembre è stato aperto al pubblico il<br />

Museo Diocesano di Arte Sacra di Genova, ubicato nel<br />

Chiostro dei Canonici di san Lorenzo, incastonato tra<br />

il Duomo, l'Archivio di Stato e Palazzo Ducale.<br />

L'inaugurazione di quest'opera ha coronato l'opera<br />

di recupero della zona di san Lorenzo, con la restituzione<br />

alla città, ai pellegrini e ai turisti di un polo mo-<br />

numentale e museale che comprende la Cattedrale, il<br />

Tesoro e appunto il Museo<br />

Diocesano. È una sorta di «tesoro<br />

nel tesoro»: non solo infatti<br />

sono pregevolissime tutte<br />

le opere esposte, ma lo stesso<br />

contenitore è un'opera d'arte<br />

d'eccezione, fruibile da tutti<br />

grazie all'eliminazione delle<br />

barriere architettoniche.<br />

Edificato come residenza<br />

collettiva dei Canonici della<br />

Cattedrale — cui è collegato<br />

attraverso un passaggio pensile<br />

— tra il 1176 e il 1184, inglobando<br />

un più antico palatium<br />

vescovile, il manufatto architettonico<br />

cominciò a subire rimaneggiamenti<br />

già nel secolo<br />

XII. Ampie trasformazioni e<br />

sopraelevazioni si susseguirono<br />

nel corso del '500, del '600 e<br />

del '700 fino all'abbandono ottocentesco,<br />

e ad una squalificante<br />

e devastante utilizzazio-<br />

ne abitativa.<br />

Individuato circa vent'anni fa come sede ideale del<br />

costituendo Museo Diocesano d'Arte Sacra, è stato sottoposto<br />

a restauri a cominciare dalla metà degli Anni<br />

Ottanta, per iniziativa delle Soprintendenze liguri, che<br />

hanno operato in stretta collaborazione con la Curia<br />

Arcivescovile e il Comune di Genova, proprietario dell'immobile.<br />

Così questo gioiello ai più sconosciuto è stato restituito<br />

al suo splendore grazie al restauro architettonico<br />

diretto dagli architetti Mario Semino e Gianni Bozzo.<br />

L'intervento di recupero funzionale è stato poi comple-<br />

Particolare del Chiostro<br />

dei Canonici di san Lorenzo<br />

«Il porto<br />

di Odessa»<br />

(1898)<br />

«Paesaggio con macchie rosse» (1913)<br />

tato dal progetto di allestimento curato dagli architetti<br />

Mario Semino, Giampaolo Bertolozzi e Matteo Lavarello.<br />

Per l'intervento di restauro sono stati complessivamente<br />

spesi circa 7 miliardi e 770 milioni.<br />

Il Chiostro, riportato all'antico splendore, rivela particolari<br />

e apparati decorativi sorprendenti, ricchi di stimoli<br />

e di interesse per visitatori di qualsiasi livello culturale<br />

come per appassionati e studiosi di storia, archeologia,<br />

arte, storia religiosa.<br />

Pregio dell'iniziativa, la cui direzione scientifica è af-<br />

fidata all'architetto Giulio<br />

Sommariva, è il suo essere volta<br />

a favorire la lettura non solo<br />

in chiave estetica, ma anche in<br />

un'ottica che ne recuperi il significato<br />

profondo di testimonianza<br />

storica e di fede.<br />

Nato dalla sentita urgenza di<br />

offrire una memoria storica<br />

delle complesse vicende della<br />

Chiesa di Genova, illustrandone<br />

il cammino, le tappe salienti<br />

nel corso dei secoli, le relazioni<br />

sempre ricche di reciproci<br />

apporti, e talvolta problematiche<br />

con la città e il suo territorio,<br />

il Museo Diocesano di<br />

Arte Sacra sarà luogo privilegiato<br />

di custodia, di salvaguardia<br />

e di valorizzazione di un<br />

patrimonio spesso nascosto e<br />

collocato in condizioni a rischio,<br />

comunque non fruibile.<br />

Il Museo prevede anche uno<br />

spazio riservato agli studiosi,<br />

per i quali saranno a disposizione le sale dell'Archivio<br />

Capitolare e di quello Diocesano e i depositi, ricchi e<br />

quasi del tutto inesplorati, con la possibilità di accedere<br />

ai codici miniati e alla produzione tessile per gli abiti<br />

liturgici.<br />

Notevole l'attenzione al mondo della scuola, cui è riservato<br />

il settore didattico, supportato da pannelli e<br />

mezzi informatici. Il Museo Diocesano così concepito<br />

viene a porsi come un punto nuovo e culturalmente vivo<br />

di riferimento per la città, ed ospiterà mostre temporanee<br />

e convegni culturali.<br />

«Il Reno»<br />

xilografia<br />

del 1903<br />

«Gita<br />

in barca<br />

(Lago)»<br />

(1910)<br />

«Mosca - Smolensk Boulevard»<br />

(1916)<br />

Il museo intende così offrirsi come «uno spazio prestigioso<br />

e affascinante che il grande pubblico non aveva<br />

finora potuto apprezzare, se non in rare occasioni»<br />

spiega il Conservatore del Museo.<br />

«Strutture architettoniche di epoche diverse, con apparati<br />

decorativi di sorprendente fascino, dagli eccezionali<br />

solai lignei policromi alle decorazioni parietali del<br />

XIII e XIV secolo, affreschi tardo settecenteschi del<br />

loggiato superiore, — prosegue il Conservatore — fanno<br />

da sfondo al percorso espositivo che accoglie manufatti<br />

significativi nella storia della Diocesi».<br />

Questo a partire dalla Lapide di Santolo alla cosiddetta<br />

Lastra dei Pavoni, che sono fra le prime testimonianze<br />

della presenza cristiana in città, dai preziosi reliquiari<br />

provenienti dall'abbazia di santo Stefano, ai luminosi<br />

Fondi oro di Barnaba da Modena (Madonna<br />

col Bambino e Polittico di san Bartolomeo) e Pier<br />

Francesco Sacchi (Polittico di san Lazzaro), dalle preziose<br />

tele di Perin del Vaga (Madonna in trono con<br />

Bambino e santi) e Luca Cambiaso (Crocifissione,<br />

Eterno Padre benedicente) alle grandi tele di Domenico<br />

Fiasella (Madonna di Loreto), Domenico Piola (Paliotto<br />

di san Giovanni), Gregorio De Ferrari (Transito<br />

di santa Scolastica e Tobi seppellisce i morti), Paolo<br />

Gerolamo Piola (I Santi Pietro e Paolo), tutte altissime<br />

«testimonianze della grande stagione artistica del Seicento<br />

genovese», che formano insieme «un ricchissimo<br />

patrimonio di opere d'arte che testimoniano la grande<br />

tradizione cristiana di una Repubblica che, nel 1637,<br />

avevavolutoincoronarela Vergine Regina della Città».<br />

Ancora, conclude Giulio Sommariva, oltre ai dipinti<br />

«ecco preziose testimonianze di quella produzione di<br />

argenteria per la quale Genova era nota, tra la seconda<br />

metà del Cinquecento e i primi decenni del Seicento.<br />

Produzione di cui, nonostante le requisizioni di fine<br />

Settecento, le chiese liguri conservano tuttora un ingente<br />

patrimonio di argenti del quale va, soprattutto,<br />

sottolineato l'ottimo livello “medio”».<br />

Accanto ad essi, sono conservati eccezionali testimonianze<br />

di tessuti operati, velluti e damaschi, spesso impreziositi<br />

da broccature in filo dorato, che rendevano<br />

splendenti pianete, piviali e dalmatiche. Esse sono documentate<br />

in particolare da una pianeta e da un paliotto<br />

in velluto rosso con broccature in oro tardo quattrocentesco<br />

della Cattedrale di San Lorenzo.<br />

«Composizione», acquarello del 1915<br />

L'artista in una foto del 1905<br />

della natura; le improvvisazioni che<br />

partono dall'inconscio, le composizioni<br />

frutto di una anche lunga elaborazione<br />

di pensieri e abbozzi.<br />

La fenomenologia dell'arte di Kandinskij<br />

è molteplice e l'anatomia delle<br />

singole opere, poliorganica.<br />

Morfemi (forme non significanti),<br />

segmenti, reticoli, filamenti di diversa<br />

dimensione per la parte grafica, macchie<br />

e striature per quella pittorica in<br />

spazi liberi di varia ampiezza ciascuno<br />

con una peculiare armonia e con tendenze<br />

centripete o centrifughe, complessi<br />

incupiti dalla stretta massa o luminosi<br />

per l'allentarsi dell'ordito, comunicando<br />

sensazioni di movimento, di flusso<br />

al pari di quello musicale.<br />

Kandinskij avvertiva che la sua pittura<br />

era musica, come ha documentato<br />

nel catalogo Claudio Strinati, aveva<br />

stretto rapporti di corrispondenza con<br />

Arnold Schomberg, musicista dodecafonico.<br />

Entrambi protagonisti della rivoluzione<br />

delle rispettive arti.<br />

Ritornato in Russia allo scoppio della<br />

Prima Guerra Mondiale, svolge<br />

un'intensa attività di organizzazione<br />

della cultura. Per amore di quei luoghi<br />

si riconverte al figurativo ma nel contempo<br />

la sua astrazione muta aspetto:<br />

gli elementi costitutivi acquistano maggiore<br />

evidenza coagulandosi in densi<br />

agglomerati.<br />

Nel 1920 riprende la via della Germania<br />

e, a contatto con la razionalità architettonica<br />

di Walter Gropius (insegna<br />

al Bauhaus di Weimar e Dessau), contraddice<br />

le sue erompenti, spontanee<br />

emozioni con un linguaggio pittorico<br />

geometrizzante. Ma questa fase va oltre<br />

la competenza della rassegna. Abolito<br />

dal regime nazista il Bauhaus, va a vivere<br />

in Francia a Neuilly-sur Seine e fa<br />

la conoscenza di Mondrian e Mirò. Qui<br />

muore nel 1944.<br />

Autentico avanguardista, Kandinskij<br />

è progenitore dell'informale europeo e<br />

dell'espressionismo astratto americano<br />

nel futuro incontro in arte tra intime<br />

sorgenticreativeeinattesi automatismi.<br />

Appuntamenti<br />

culturali<br />

Roma, 26 gennaio<br />

Storia e memoria<br />

della Shoah di Roma<br />

In occasione della prima «Giornata<br />

della memoria», il 26 gennaio<br />

alle ore 15, presso il Museo<br />

storico della liberazione<br />

in via Tasso, viene inaugurato<br />

un nuovo spazio dedicato alla<br />

Shoah.<br />

Città del Vaticano, 26 - 27 gennaio<br />

Congresso Internazionale<br />

di Musica Sacra<br />

Nell'Aula Nuova del Sinodo è in<br />

corso, fino al 27 gennaio, il<br />

Congresso Internazionale di<br />

Musica Sacra sul tema: «Tradizione<br />

e innovazione della musicasacranelleChiese<br />

cristiane».

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