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ERZA T PAGINA .<br />

PAGINA<br />

3 .<br />

Le «Selve» di Publio Papinio Stazio in una nuova edizione<br />

Un esercizio<br />

di alta letteratura<br />

BIAGIO BUONOMO<br />

Non basterà certo la comparsa di una<br />

nuova traduzione commentata delle Silvae<br />

(Selve, a cura di Luca Canali e note<br />

di Maria Pellegrini, Armando Dadò Editore,<br />

Locarno 2000) a far sì che Stazio<br />

riprenda il posto che comunque gli spetta<br />

nella storia della poesia latina.<br />

Sull'autore campano pende ancora —<br />

quasi come una sentenza inappellabile<br />

— il giudizio che, tra gli altri, il compianto<br />

Ettore Paratore gli riservò collocandolo<br />

nel girone — affollato in età flavia<br />

— degli onesti decoratori, degli scolastici<br />

imitatori del verbo virgiliano o,<br />

appunto con le Silvae, dei cortigiani dispensatori<br />

di versi su commissione.<br />

* * *<br />

Certo, Luca Canali offre, secondo il<br />

suo consueto, una versione accattivante<br />

del testo latino, per quanto risulti più efficace<br />

quando si impegna a restituire il<br />

«mantovano» spleen con cui Stazio avvolge<br />

certe descrizioni richiamandosi al<br />

destino dell'uomo e alla sua breve felicità.<br />

Lo stesso studioso, in una introduzione<br />

densa fino alla concitazione, si sforza<br />

peraltro di toccare le questioni che la<br />

critica sta tentando di risolvere da prospettive<br />

nuove e più attente alla specificità<br />

del dettato poetico di Stazio.<br />

Ma l'attenzione riservata al contesto<br />

storico-ideologico, peraltro letto abbastanza<br />

unilateralmente, rischia di mettere<br />

in ombra il discorso sui valori letterari<br />

trasmessi dall'autore della Tebaide.<br />

Anzi, le questioni richiamate — principalmente<br />

il carattere cortigiano della<br />

produzione di Stazio — indicano un approccio<br />

abbastanza datato, malgrado la<br />

suabrillantezzae alcune intuizioni felici.<br />

Ma proviamo comunque a fare ordine,<br />

seguendo Canali nei temi affrontati<br />

nell'introduzione. Il contesto, in primo<br />

luogo, è una dimensione spaziale. Stazio<br />

nasce a Napoli, ma il padre era originario<br />

di Velia, di una realtà cittadina, cioè,<br />

che univa alla percezione di un presente<br />

esiguo, la memoria di un passato remoto<br />

stretto alle radici stesse della civiltà<br />

greca.<br />

E a questa tradizione, sebbene ricompresa<br />

a un livello essenzialmente letterario,<br />

il padre di Stazio guardò nel trasferirsi,<br />

maestro di retorica, a Napoli, urbs<br />

graecissima tra le antiche colonie dell'Italia<br />

peninsulare, remota dalle inquietudini<br />

sociali ed economiche di Taranto o,<br />

come la più grande Pozzuoli, non troppo<br />

prossima ai corruschi scenari dinastici<br />

giulio-claudi.<br />

Dunque un'opzione preferenziale per<br />

la grecità, ma in forma, per così dire,<br />

incontaminata, insulare rispetto all'inevitabile<br />

melting pot di altre città. Ma lasciare<br />

Velia per Napoli implicava anche<br />

un orizzonte di ambizioni realistico, limitato<br />

e, alla fine, congruo con le attese<br />

di prestigio e benessere che poteva attendersi<br />

un nativo della remotissima Velia.<br />

L'ulteriore trasferimento a Roma —<br />

naturale prima tappa per un rethor in<br />

cerca di gloria — avviene, con ogni verosimiglianza,<br />

grazie all'affermazione del<br />

giovane — o meno giovane: nasce tra il<br />

40 e il 50 — Stazio negli Augustalia napoletani<br />

del 78 o dell'80.<br />

Petere Romam, dunque, con lentezza<br />

e prudenza, quasi controvoglia e per secondare<br />

le speranze di un figlio brillante,<br />

forse presagendone le disillusioni e il<br />

tardo e malinconico reditus a Napoli.<br />

Ma contesto è anche tempo, cronologia<br />

e quella staziana, malgrado le oscillazioni<br />

e le incertezze — nascita, morte,<br />

edizione delle opere — è abbastanza caratteristica.<br />

Per i poeti della sua generazione,<br />

il ricordo del tempo di Augusto è<br />

già paradigmatico e quindi incapsulato<br />

in una dimensione di irrepetibilità e, al<br />

contempo, di mimesi necessaria.<br />

D'altra parte la memoria augustea<br />

conduce anche a considerare possibile<br />

una collaborazione tutto sommato leale<br />

tra letteratura e sfera politica, sulla base<br />

di un'unità di intenti che da un lato non<br />

è solo cortigianeria, dall'altro non è solo<br />

manipolazione della libertà degli autori.<br />

Esatta o idealizzata, la forza di questa<br />

tradizione si riverbera al di là delle<br />

smentite, anche drammatiche, che subisce<br />

durante la successione giulio-claudia<br />

e approda nel normalizzante periodo flavio<br />

con forza intatta.<br />

* * *<br />

Stazio, affascinato da quel mito, compie<br />

il gran balzo verso Roma nella speranza<br />

del successo, ovviamente, ma più<br />

ancora di coglierlo proponendosi come<br />

il poeta epico dei tempi nuovi, in accordo<br />

con un principe — si tratta di Domiziano<br />

— tuttavia oscillante tra conservazione<br />

e autocrazia tanto nelle scelte politiche<br />

quanto ambiguo nelle opzioni culturali.<br />

Ma, al pari di Marziale e a differenza<br />

sia dell'aristocratico Silio Italico<br />

sia del benestante Valerio Flacco, Stazio<br />

vive esclusivamente della propria musa.<br />

Di qui la speranza, frustrata, dell'approdo<br />

a una condizione oraziana di<br />

commercio con il potere. La «cortigianeria»<br />

di Stazio è dunque frutto di un calcolo<br />

sbagliato, dell'ingenuità di un civis<br />

inquilinus — abbagliato dal ricordo di<br />

Mecenate, Augusto e del loro entourage<br />

letterario — e poi costretto a misurarsi<br />

con il moralismo filisteo e le ambiguità<br />

programmatiche dell'ultimo dei Flavi.<br />

Stazio cortigiano perché altro non poteva<br />

essere, quindi, almeno in quelle cir-<br />

costanze, ma senza alcuna vocazione e<br />

probabilmente non senza sofferenza, al<br />

di là del candore riposto nell'esercizio<br />

dell'adulazione. Nel merito dei titoli che<br />

Stazio attribuisce al suo princeps, nessuno<br />

tra questi eccede peraltro la misura<br />

già consueta in Virgilio e Orazio. Semmai<br />

è la diversa posizione di Stazio a<br />

renderli così diversi dalle lodi epifaniche<br />

che ad Augusto venivano dal circolo mecenatiano.<br />

Il fatto è che quest'ultimo, sebbene in<br />

forme in alcun modo riconducibili a una<br />

qualche forma di ufficialità, costituiva<br />

un frammento consapevole e, nella prospettiva,<br />

la più duratura cassa di risonanza<br />

del governo stesso. La sua era,<br />

nella sostanza, adulazione politica, pedina<br />

della costituzione e della legittimazione<br />

di un nuovo potere.<br />

E in modi e tempi diversi, la Consolatio<br />

ad Polibium, al di là delle personali<br />

attese di Seneca, non era forse, con tutto<br />

il suo carico di umiliante cortigianeria,<br />

il primo passo altrettanto politico<br />

verso il riaggregarsi, a Roma, di un<br />

fronte alternativo al burocratismo autocratico<br />

di Claudio?<br />

Stazio, dalle sue modestissime altezze<br />

sociali, nulla aveva invece da offrire con<br />

la sua poesia, ma al contrario, tutto sperava<br />

di ricevere attribuendo a Domiziano,<br />

oltre ai titoli di dio e Giove, tutti<br />

quelli che, in Princeps a diis electus, J.<br />

R. Fears giudica nient'altro che il frutto<br />

di un'esercitazione letteraria, sciolta da<br />

qualsiasi intenzione esplicitamente politica<br />

e meno che mai concordata con il<br />

trono.<br />

Si leggano dunque le Silvae dedicate<br />

a Domiziano come il tributo versato da<br />

un uomo in cerca di promozione sociale<br />

e, finalmente, come un esercizio di alta<br />

letteratura, di nobilissima tecnica compositiva<br />

erede di una tradizione in cui<br />

resta decisivo, tra gli altri, il retaggio<br />

ovidiano e talvolta la memoria metrica<br />

di Catullo e Orazio.<br />

Ma, nelle Silvae, c'è altro che semplice<br />

magistero compositivo? Canali è abbastanza<br />

esplicito nell'affermare che<br />

niente più vi sussiste se non un inesauribile<br />

bagaglio di annotazioni sulla quotidianità<br />

aristocratica e plebea del primo<br />

secolo dopo Cristo e, al limite, una cordialità<br />

amena e talvolta divertente.<br />

* * *<br />

Difficile non condividere, a meno di<br />

non voler ancora una volta considerare<br />

le condizioni, le circostanze in cui l'autore<br />

fu chiamato a porre mano alle Silvae.<br />

E infatti questi componimenti d'occasione,<br />

richiesti e messi su con una festinandi<br />

voluptas di cui Stazio si gloria<br />

ma che — lo testimonia la lunga gestazione<br />

della Tebaide e della stessa interrotta<br />

Achilleide — non apparteneva<br />

consustanzialmente alla sua maniera, restituiscono,<br />

sebbene a squarci, assai più<br />

di quanto sembrino promettere.<br />

Mi riferisco, beninteso, principalmente<br />

a quei momenti in cui Stazio ha potuto<br />

dare libero corso alla sua fantasia e<br />

alla sua sensibilità, richiamando la propria<br />

vicenda biografica: l'Egloga ad uxorem,<br />

il Somnus, l'Epicedion in puerum<br />

suum, quest'ultimo semplice e terso assai<br />

più dell'intenso ma slabbrato Epicedion<br />

in patrem. Ma c'è anche uno Stazio<br />

descrittore di attitudine non virgiliana,<br />

connotativa ma invece attenta al<br />

particolare, alla restituzione analitica<br />

della scena o dell'oggetto. Anche questa<br />

è l'arte e talvolta la poesia delle Silvae.<br />

Ma questo atteggiamento compositivo<br />

è avvertibile, sebbene sul piano dei registri<br />

poetici più alti — l'epica innanzitutto<br />

— se non nella rivoluzione, nella svolta<br />

rappresentata dalla Tebaide e, con intonazione<br />

diversa, dell'Achilleide.<br />

Giovanna Garbarino ha scritto in proposito<br />

pagine assai interessanti, sottolineando<br />

ad esempio l'originalità dell'opzione<br />

di Stazio rispetto sia al modello<br />

virgiliano sia all'eversione lucanea. La<br />

Tebaide inoltre, se evita diretti accenni<br />

encomiastici alla dinastia regnante come<br />

pure ogni tardo rimpianto repubblicano,<br />

tuttavia lascia trasparire — nella contrapposizione<br />

intestina, la fraterna<br />

acies, che costituisce il tema del poema<br />

— una condanna riflessa ma chiaramente<br />

decodificabile degli sconvolgimenti<br />

che seguirono la fine di Nerone.<br />

In questo senso, la stessa dedica a<br />

Domiziano può essere letta non solo come<br />

il dovuto e speranzoso omaggio al<br />

princeps, ma anche come un tributo al<br />

ruolo stabilizzatore della casa dei Flavi.<br />

Ma la Tebaide costituisce ancora una<br />

novità in quanto sovverte — ancor più<br />

radicalmente che non la Pharsalia — il<br />

principio che impone all'epica una o al<br />

massimo due figure dominanti e antagonistiche.<br />

Si tratta di un poema «senza<br />

eroe» — così scrive la Garbarino — in<br />

cui, oltre a quest'assenza, l'eclissi di<br />

ogni disegno provvidenziale lascia trasparire<br />

con drammatica evidenza le ragioni<br />

profonde, spirituali, del tramonto<br />

del genere epico, laddove Silio Italico e<br />

Valerio Flacco di questa crisi restituiscono<br />

solo le ragioni estrinseche, letterarie.<br />

È peraltro probabile che l'accomodamento<br />

idillico appena enunciato con l'Achilleide<br />

— nella quale pure ritorna la<br />

complessa eredità cui lo Stazio epico attinge:<br />

Virgilio e Lucano, Omero ed Euripide,<br />

Ovidio e Seneca — testimoni di un<br />

compromesso al ribasso con il quale, fatalmente,<br />

si estingue la grande tradizione<br />

dell'epica latina.<br />

L'OSSERVATORE ROMANO Lunedì-Martedì 29-30 Gennaio 2001<br />

Nel parco di Lejre, in Danimarca, continua da oltre trent'anni un esperimento:<br />

riprodurre la locale vita quotidiana di 2500 anni fa<br />

Un laboratorio «en plein air»<br />

al servizio della ricerca culturale<br />

FRANCO PELLICCIONI<br />

Tempo addietro la storica danese<br />

Mette Olsen ci introdusse gradatamente<br />

all'interno di uno straordinario esperimento<br />

scientifico «lungo» oltre trent'anni,<br />

tuttora in corso. Archeologi, storici,<br />

medievalisti, artigiani del legno, del ferro,<br />

vasai e tessitori stanno infatti conducendo<br />

un'eccezionale sperimentazione<br />

nella quale, non solo «si ricostruisce»<br />

in base ai dati storico-culturali a<br />

disposizione, ma si cerca di arrivare a<br />

quelli anche attraverso la reale, quotidiana<br />

e pratica attuazione di tecnologie,<br />

attività — perfino comportamenti<br />

— risalenti fino all'età del ferro, e da<br />

quella al Medioevo ed oltre.<br />

Ecco, quindi, che in un movimentato<br />

paesaggio collinare, così atipico rispetto<br />

alla monotona e piatta morfologia danese,<br />

tra boschetti, paludi, laghetti e<br />

«strane» coltivazioni, sono state costruite<br />

abitazioni, fattorie e villaggi, vengono<br />

tessuti vestiti, forgiato il ferro (realizzando<br />

punte di freccia, lame di coltello<br />

e di spada, utensili), modellati vasi,<br />

ecc... Non meramente «replicando»,<br />

ma concretamente sperimentando la validità<br />

di teorie e di ipotesi scientifiche<br />

di tutto rispetto!<br />

I risultati ottenuti sono invero notevoli.<br />

Ad esempio, gli abiti d'epoca vi-<br />

chinga o medievale nordica, fatti indos-<br />

sare ai manichini di diversi<br />

musei, tra cui quello Nazionale<br />

di Copenaghen,<br />

provengono proprio da qui.<br />

Essi sono la ricostruzione,<br />

scientificamente accurata,<br />

di tessuti e vesti recuperati<br />

dagli studiosi nell'area<br />

scandinava. Come il vestito<br />

maschile medievale trovato<br />

nella palude di Backsten<br />

(Halland, Svezia) o il lungo<br />

vestito femminile scoperto<br />

in una tomba a L¢nne<br />

Heath, nei pressi di Varde<br />

(Jutland occidentale).<br />

Quella che avvicinammo<br />

era — ed è — una sperimentazione<br />

«in progress»,<br />

che vede anche la partecipazione<br />

di singoli e di famiglie<br />

danesi, che con entusiasmo<br />

accettano di trascorrere<br />

un periodo di tempo<br />

cercando di vivere «allo<br />

stesso modo» dei loro antenati.<br />

Parimenti è molto<br />

ti, in particolare in paludi e acquitrini,<br />

appartenenti a questo lungo periodo<br />

dell'età dell'Uomo.<br />

Per una migliore comprensione dell'epoca<br />

considerata va subito sottolineato<br />

come convenzionalmente gli studiosi<br />

danesi considerino età del ferro<br />

quella che va dal 500 a.C. al 1050 d.C.;<br />

un periodo lungo 1550 anni, che include<br />

l'età del ferro pre-romana (0), romana<br />

(400 d.C.), germanica (800 d.C.) e vichinga<br />

(1050).<br />

Nel progetto, che gradatamente prese<br />

forma a Gammel Lejre, una zona a pochi<br />

chilometri ad ovest dal centro della<br />

storica città di Roskilde, nel Sjælland,<br />

in un primissimo periodo vi lavorò<br />

un'équipe danese unitamente ad una<br />

internazionale. La Fondazione Carslberg<br />

finanziò i primi tre anni di attività.<br />

Ma già nel 1967 i visitatori attirati<br />

da ciò che si andava facendo a Lejre<br />

furono ben 55.000. Un'affluenza, questa,<br />

superiore alle più rosee aspettative,<br />

che naturalmente consentì ai ricercatori,<br />

e a tutti coloro che avrebbero lavorato<br />

alla sperimentazione «aperta» di<br />

Lejre, di potersi in futuro tranquillamente<br />

autofinanziare fino ai due terzi<br />

del bilancio. La rimanente parte sarebbe<br />

venuta dalla comunità locale, fortemente<br />

interessata alla bontà del progetto,<br />

oltre che dallo stesso Stato danese.<br />

Al tempo della nostra visita, i visita-<br />

tendono a rinnovarsi, ovviamente, di<br />

anno in anno. Anche in base ai nuovi<br />

ritrovamenti archeologici effettuati non<br />

solo in Danimarca.<br />

Vengono perciò costruite nuove abitazioni,<br />

si sperimentano altri utensili,<br />

nuove armi ecc., si testano ipotesi, condizioni,<br />

possibilità. Ad esempio, all'interno<br />

di un villaggio risalente all'epoca<br />

del ferro, interamente costruito con attrezzi<br />

e tecniche mutuate dai reperti archeologicidelperiodo,èstata<br />

ricostruita<br />

la fattoria del Capo scavata ad Hodde,<br />

vicino a Varde (Jutland occidentale).<br />

Il villaggio si trova all'interno di<br />

quello che può essere definito il «parco<br />

preistorico» di Lejre, sopra una bassa<br />

collina posta tra due laghetti: in tutto<br />

5-6 case e 3-4 capanne. Sono infatti gli<br />

stessi archeologi, che hanno portato alla<br />

luce le fondazioni di case e insediamenti,<br />

che suggeriscono ai colleghi del<br />

Centro la loro possibile ricostruzione in<br />

scala naturale, in modo da poter verificare<br />

tutte le diverse ipotesi.<br />

Sono così presenti nel parco, ad<br />

esempio, ponies islandesi e si impiegano<br />

repliche di armi, sempre dell'età del<br />

ferro, i cui originali consunti dal tempo<br />

sono stati più volte scoperti nelle paludi<br />

cosiddette «sacre». Come quella di Illerup<br />

Ådal, nei pressi di Skanderborg<br />

(Jutland). Armi e cavalcature che caratterizzavano<br />

i kæmper («giganti»), guer-<br />

quel luogo. D'altronde erano gli stessi<br />

ingredienti su cui i loro antenati avevano<br />

fatto affidamento... (nel centro, tra<br />

l'altro, si allevano pecore di Gotland, in<br />

grado di pascolare all'aperto tutto l'anno,<br />

oltre a mucche e, come abbiamo<br />

visto, anche i ponies islandesi). Sarebbero<br />

stati lì ancora per un'altra settimana.<br />

La Olsen ci riferì come nel corso della<br />

primavera numerose siano le telefonate<br />

e le lettere di persone che aspirano<br />

a compiere quest'inusuale esperienza.<br />

Alcuni vi giungono addirittura per la<br />

sesta o settima volta, ma per la maggior<br />

parte di essi sarà solo la prima...<br />

Tutti indistintamente sono alla ricerca<br />

delle proprie lontanissime radici. Tutti<br />

cercano di conoscere ciò che i loro antenati<br />

facevano 2-2500 anni fa!<br />

H¢rhaven, una moderna fattoria risa-<br />

lente al 1850, si trova nell'angolo di<br />

Recenti pubblicazioni sull'antica città di Catona<br />

Una millenaria tradizione religiosa e civile<br />

PIETRO BORZOMATI<br />

Particolare<br />

del villaggio<br />

dell'età del ferro<br />

(500 a.C.)<br />

nel parco di Lejre<br />

ambita la partecipazione di studenti ai<br />

«campi scuola», che annualmente vengono<br />

gestiti al suo interno. Ma è anche<br />

una sperimentazione «aperta», nel senso<br />

che continuamente, anno dopo anno,<br />

nell'ampio spazio attualmente disponibile,<br />

come in quelli di futura acquisizione,<br />

verranno testate altre affascinanti<br />

teorie e nuove ipotesi sul passato<br />

della Danimarca.<br />

L'idea di un laboratorio en plein air,<br />

in cui si potessero effettuare studi, ricerche<br />

e sperimentazioni su materiali,<br />

costruzioni et alia, «replicati» dagli originali<br />

rinvenuti qua e là dagli archeologi,<br />

venne nel 1964 ad un collega antropologo,<br />

il danese Hans Ole-Hansen,<br />

particolarmente interessato all'età del<br />

ferro, il cui aspetto tecnologico era<br />

maggiormente noto agli addetti ai lavori.<br />

Proprio in Danimarca numerosi erano<br />

stati fino ad allora i reperti ritrova-<br />

Lejre,<br />

Danimarca:<br />

famiglie<br />

e scolaresche<br />

nei pressi<br />

del laghetto<br />

del «parco<br />

archeologico»<br />

Negli Anni Venti in Italia il governo fascista attuò un<br />

progetto «politico» volto a consolidare il regime, anche<br />

accorpando antichi e gloriosi Comuni per creare le<br />

grandi metropoli; tra questi la civica amministrazione<br />

di Catona in provincia di Reggio Calabria subì l'onta di<br />

quel provvedimento che ledeva i più elementari diritti<br />

dei cittadini, che non poterono così più attendere all'amministrazione<br />

del loro Comune. Gli abitanti erano<br />

settemila ed il commercio degli agrumi, del legname,<br />

l'antico porto tra i più attivi dello «Stretto», numerose<br />

ed altre attività subirono una involuzione dovuta, soprattutto,<br />

al dolore ed alla rassegnazione.<br />

Il dibattito storiografico sul ventennio non ha mai<br />

preso in considerazione questi temi, salvo rari accenni<br />

non suffragati da ricerche e riflessioni; eppure la fine<br />

delle autonomie comunali in tutto il paese aveva segnato<br />

un irreversibile declino della democrazia e della<br />

libertà.<br />

Con questi sentimenti, e non certo per evocare «memorie»<br />

per inutili discorsi «apologetici», Giovanni Musolino<br />

(a cui si debbono studi preziosi come, ad esempio,<br />

la storia della Basilica di s. Marco, con prefazione<br />

dell'allora Patriarca il Beato Angelo Roncalli), ha licenziato<br />

alle stampe due tomi dedicati uno alla storia civile<br />

e l'altro a quella religiosa di Catona (Falzea editore).<br />

Contemporaneamente di Lillo Capua, prematuramente<br />

scomparso, si pubblica il volume «La Catona dei ricordi»,<br />

sempre per le edizioni Falzea di Reggio.<br />

Musolino, presbitero e catonese, visse a Venezia per<br />

lunghi anni; nella città della laguna, ed in altri paesi<br />

del mondo, per oltre sessanta anni, costantemente consultò<br />

archivi e biblioteche pubbliche e private per ricostruire<br />

il passato remoto e prossimo del suo paese natale.<br />

Storico attento e rigoroso offre oggi due volumi, i<br />

cui contenuti confermano l'utilità della storia locale<br />

per una serena ricostruzione di quella «generale», che<br />

Fabbro<br />

al lavoro<br />

tori raggiungevano il numero di<br />

70/80.000 all'anno, 25.000 dei quali erano<br />

studenti. Molte erano anche le famiglie,<br />

che arrivavano con i loro bambini<br />

a Lejre.<br />

Lo staff di coloro che lavorano nel<br />

Lejre Historisk-Arkælogisk Forsøgcenter<br />

(Centro Archeologico Sperimentale di<br />

Lejre) in inverno conta solo una quindicina<br />

di membri. Nel periodo «buono»<br />

(da maggio ad ottobre) questo numero<br />

tende a incrementarsi notevolmente.<br />

Tanto da arrivare ad una media di<br />

60/70 persone. Va ancora aggiunto come<br />

lo stesso Centro metta a disposizione<br />

finanziamenti per sperimentazioni<br />

in Archeologia.<br />

Al tempo della nostra visita, il direttore<br />

era uno zoologo e l'équipe di ricerca<br />

includeva due archeologi. Oltre a ceramisti,<br />

fabbri, tessitori, insegnanti di<br />

scuola elementare e media. Le ricerche<br />

Il pozzo<br />

con l'antico sistema<br />

a bilanciere<br />

per l'estrazione<br />

dell'acqua<br />

rieri dell'epoca che usavano sferrare attacchi<br />

fulminei contro fattorie e insediamenti.<br />

Nel corso della nostra visita a Lejre<br />

parlammo con la famiglia dell'ingegnere<br />

Jakob Bjerre, un esperto in cemento<br />

armato. Era quella la loro prima settimana<br />

di soggiorno, ma il professionista<br />

conosceva il parco fin da bambino. Del<br />

resto era la terza volta che d'estate rimaneva<br />

a Lejre. Ci stava così bene che<br />

avrebbe potuto viverci per tre anni. Anche<br />

i suoi bambini erano molto contenti<br />

di poter condurre sia pure per poco<br />

tempo una vita diversa dal solito.<br />

Era profondamente interessato all'età<br />

del ferro danese, una passione condivisa<br />

in pieno dalla moglie, un'insegnante<br />

che imparava a cucinare all'antica:<br />

pollo, minestra, cipolle, erbe. I cibi, ci<br />

disse, potevano essere preparati solo<br />

con ciò che si aveva a disposizione in<br />

non può prescindere da una attenzione agli eventi che<br />

si ebbero persino nel più remoto paese del mondo.<br />

La storiografia ha ignorato, ad esempio, un piccolo<br />

comune come Catona che ebbe rapporti commerciali<br />

con l'Europa ed il mondo nella sua millenaria storia, o<br />

ha ignorato che Federico II costruì una reggia sulle<br />

colline del paese e che il porto, sin dall'era più remota,<br />

ospitò le flotte dei grandi sovrani in epoche diverse e<br />

sino a cinquecento imbarcazioni da trasporto o da<br />

combattimento. Neppure gli storici più attenti del Mezzogiorno<br />

seppero analizzare i momenti di splendore di<br />

Catona e di altri centri che si alternavano a periodi di<br />

decadenza nel corso dei secoli.<br />

L'Autore individua le ragioni delle crisi, ad esempio,<br />

nei terremoti ed i maremoti frequenti, in altre calamità<br />

naturali, nelle razzie dei corsari e dei potenti della terra,<br />

dei greci, dei normanni, dei bizantini. Furono momenti<br />

drammatici che incentivarono le crisi in particolare<br />

a partire dall'età moderna, ma non riuscirono mai<br />

a piegare la grande fede dei catonesi in Dio Padre, in<br />

Cristo, nello Spirito Santo e nei santi Patroni Dionigi<br />

l'Areopagita e Francesco da Paola e, soprattutto, nei<br />

Sacri Cuori di Gesù e di Maria.<br />

Giovanni Musolino, nel secondo volume, in quasi<br />

mille pagine ricorda le radici della fede dei suoi conterranei<br />

attraverso una disamina della storia religiosa del<br />

piccolo centro calabrese ricca di spiritualità e pietà popolare.<br />

Una comunità protesa, quotidianamente, a ricordare<br />

l'Eucaristia ed il Cuore di Cristo, gratificata<br />

dal grande miracolo compiuto da Francesco da Paola,<br />

che partì da Catona ed attraversò lo stretto di Messina<br />

per recarsi in Sicilia sul suo mantello; miracolo ricordato<br />

anche da Liszt con un celebre brano musicale.<br />

Sulle tolde di tutte le navi del mondo accanto alle<br />

bandiere delle rispettive nazioni i marinai hanno innalzato<br />

l'effigie del Santo di Paola, che Pio XII proclamò<br />

Patrono della gente di mare. La gente di mare ricorda<br />

poi che Catona fu ricordata da Dante nella Divina<br />

L'edificio<br />

principale<br />

della fattoria<br />

ottocentesca<br />

inserita<br />

nel parco<br />

Un telaio<br />

verticale<br />

nord ovest dell'immenso<br />

terreno del Centro. Essa è<br />

composta da due case, anch'esse<br />

repliche costruite<br />

nel 1979, i cui originali<br />

provenienti da Tystrup sono<br />

esposti nel Museo all'aperto<br />

di Lyngby. Le abitazioni<br />

sono state realizzate<br />

così accuratamente che le<br />

persone che ci vivevano si<br />

sono trovate «a casa loro»<br />

allorché visitarono il centro.<br />

La presenza della fattoria<br />

cerca di dimostrare come<br />

lo iato che c'è tra l'età<br />

del ferro e il 1850 risulti inferiore<br />

rispetto a quello che<br />

esiste tra il 1850 e oggidì.<br />

Nella fattoria così si sperimenta,<br />

sempre con l'aiuto<br />

di volontari, che vi risiedono<br />

a turno per una quindicina<br />

di giorni, la vita giornaliera<br />

di agricoltori e artigiani<br />

di 150 anni fa.<br />

Prima di giungere nella<br />

fattoria ci interessammo a quanto si faceva<br />

in una fucina del XIX secolo. Qui<br />

si producono utensili ed armi medievali<br />

e vichinghe (coltelli, asce, ecc.) per<br />

esibirle nei musei danesi. Tutti gli oggetti<br />

metallici non originali esposti,<br />

chiodi compresi, provengono da qui. Al<br />

tempo della nostra visita vi lavorava<br />

un moderno fabbro, il venticinquenne<br />

Aron Hvid di Roskilde. Su un totale di<br />

nove anni di lavoro, cinque li aveva<br />

passati a Lejre (37 ore alla settimana),<br />

dove cercava di impossessarsi dell'arte<br />

e della tecnica dell'antica forgiatura.<br />

Nell'attiguo laboratorio di ceramiche<br />

incontrammo Inger Hildebrandt, una<br />

ceramista che con abilità riproduceva i<br />

vasi neri (jydepotte), cioè creati utilizzando<br />

argilla micacea e sabbia. Gli<br />

stessi che a centinaia di migliaia all'anno<br />

venivano prodotti in Danimarca nei<br />

secoli XVIII e XIX.<br />

Commedia come «punto» di riferimento per viandanti,<br />

pellegrini e marinai.<br />

L'Abbazia di san Dionigi, l'ospedale di santa Jerusalem,<br />

l'Abbazia di san Cono, istituzioni che operavano<br />

sin dall'età antica, ebbero ruoli civili e religiosi assai<br />

importanti.<br />

Nel 2001 sarà celebrato a Catona un convegno per<br />

ricordare i trecento anni della parrocchia.<br />

L'Autore ricorda inoltre che la Chiesa catonese ebbe<br />

crisi ed evoluzioni e si gloria «di aver dato alla Chiesa<br />

presuli illustri, sacerdoti e religiosi che diedero testimonianza<br />

di zelo pastorale». Da Catona, ai tempi di Pio<br />

X, partirono due santi Vescovi, Domenico Scopelliti e<br />

Giuseppe Romeo (che fu parroco del paese), rispettivamente,<br />

per Oppido Mamertina e Nocera de' Pagani.<br />

A Catona, alla fine del XIX secolo, Brigida Postorino<br />

(di cui è in corso il processo di beatificazione) fondò la<br />

Congregazione delle Figlie di Maria Immacolata, un<br />

istituto che il grande Arcivescovo di Reggio Card. Gennaro<br />

Portanova predilesse per l'impegno delle religiose<br />

nel mondo rurale ed, all'inizio del Novecento, tra gli<br />

emigranti calabresi in Argentina.<br />

I due tomi idealmente si completano infine con le riflessioni<br />

di Lillo Capua, che si è soffermato con suggestive<br />

descrizioni sulla Catona degli anni Cinquanta del<br />

secolo scorso.<br />

Interessanti ed originali notizie offre Musolino sulla<br />

pietà popolare dei catonesi: alla Vergine di Porto Salvo,<br />

ai Sacri Cuori, a Francesco da Paola, a s. Ignazio<br />

di Loyola, alla Vergine Addolorata, all'Immacolata, ma<br />

soprattutto a Gesù Eucaristia ed al Crocefisso.<br />

L'Autore ha lasciato con questa opera una traccia<br />

indelebile nella storia del Mezzogiorno, che gli storici<br />

non possono ignorare, in particolare per il fatto che<br />

studi come quelli di Musolino confermano l'ipotesi della<br />

valenza della storia «locale» e «regionale», per riflessioni<br />

critiche di fondo di un territorio più vasto quali<br />

sono, appunto, una nazione o un continente.

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