You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
L'OSSERVATORE IBRI<br />
PAGINA<br />
8 .<br />
L'OSSERVATORE ROMANO Mercoledì 17 Gennaio 2001<br />
Manifesto del 1919:<br />
«L'Armata Rossa<br />
è la difesa<br />
della Rivoluzione proletaria»;<br />
sotto: «Veduta della Piazza Rossa»,<br />
litografia di J. Arpu<br />
Nel volume «La mia Russia» di Dmitrij Sergeevic Lichacev edito da Einaudi<br />
Una galleria di personaggi ordinari e straordinari<br />
che le drammatiche vicende storiche<br />
hanno strappato alla normalità della vita<br />
ROBERTO MOROZZO<br />
DELLA ROCCA<br />
In Russia un recente sondaggio sui<br />
personaggi più significativi del Novecento<br />
attribuiva il primo posto a Lenin<br />
(14%), seguito da Stalin e Sacharov.<br />
Probabilmente poco si tratta di nostalgia<br />
del comunismo. Lenin e Stalin rappresentano<br />
nella memoria russa soprattutto<br />
un'epoca di grandezza e di prestigio,<br />
umiliata dagli avvenimenti dell'ultimo<br />
decennio. Al tempo stesso però il sondaggio<br />
indica una scarsa coscienza degli<br />
orrori della storia russa, specie tra la rivoluzione<br />
bolscevica e la morte di Stalin.<br />
Tali orrori, se ben conosciuti, dovrebbero<br />
mettere in guardia i cittadini<br />
russi da qualsiasi tipo di nostalgia per gli<br />
anni di Lenin e soprattutto di Stalin.<br />
Su questo giornale veniva recensito<br />
due anni fa un pregevole libro fotografico<br />
di Jurij Brodskij sulle isole Solovki,<br />
trasformate nel protolager di Stalin. Le<br />
Solovki funsero infatti da modello per il<br />
sistema dei gulag. Il libro, edito presso<br />
La Casa di Matriona, era uscito in lingua<br />
italiana in mancanza di una edizione<br />
nella madrelingua del curatore, evidentemente<br />
non gradita alla cultura russa.<br />
Se, poi, ci si reca alle Solovki, si rimane<br />
stupiti dello scarso interesse pubblico<br />
per la memoria dell'olocausto, là<br />
avvenuto, di decine di migliaia di persone,<br />
tra cui una parte notevole dell'intellighentsia<br />
russa e la maggioranza dei<br />
Vescovi ortodossi russi. Attualmente il<br />
famoso monastero delle Solovki è ripopolato<br />
di monaci, che in apparenza non<br />
prestano molta attenzione alla memoria<br />
del lager, malgrado la loro stessa comunitàvisiastataannientataneglianniVenti<br />
e Trenta, dopo essere stata spossessata<br />
del monastero e delle isole da essi<br />
portate alla civiltà nei secoli precedenti.<br />
Peraltro la vicenda delle Solovki è ben<br />
presente alla mente di tutta la vecchia<br />
generazione di russi. Nelle memorie dell'accademico<br />
Dmitrij S. Lichacev, rapidamente<br />
divenute un successo editoriale<br />
mondiale, e tradotte ora in italiano con<br />
il titolo La mia Russia (Torino, Einaudi,<br />
2000, pp. 405, L. 38.000) le stupende ma<br />
gelide isole del mar Bianco occupano<br />
uno spazio centrale. Qui Lichacev fu<br />
prigioniero dal 1928 al 1932. La sua descrizione<br />
delle Solovki è, in virtù dell'esperienza<br />
diretta, più articolata di quella<br />
del succitato libro fotografico (ma i due<br />
libri potrebbero essere letti in modo<br />
complementare).<br />
Lichacev rischiò più volte di morire<br />
alle Solovki. Si salvò — e fu tra i pochi<br />
— per una serie quasi incredibile di<br />
coincidenze fortunate e per l'aiuto di altri<br />
detenuti che avevano un qualche<br />
ruolo nell'organizzazione del lager e lo<br />
trattavano come amico. In qualche modo<br />
la vecchia società borghese prerivoluzionaria,<br />
in cui si riconosceva una notevole<br />
parte dei prigionieri, giovani o anziani<br />
che fossero, sviluppava inattese solidarietà.<br />
Lichacev proveniva dalla borghesia<br />
pietroburghese, aveva compiuto<br />
studi umanistici, era stato arrestato su<br />
delazione perché si ritrovava con alcuni<br />
amici in un informale circolo culturale,<br />
secondo gli usi della intellighentsia della<br />
città che amava libere discussioni e dibattiti<br />
di ogni tipo, e in ogni luogo, come<br />
palestra per la crescita dell'ingegno<br />
e della conoscenza.<br />
Le cento e più pagine che Lichacev<br />
dedica alle Solovki sono avvincenti, anche<br />
perché Lichacev, un «grande» della<br />
cultura europea del Novecento, scrive in<br />
maniera magistrale e la traduttrice,<br />
Claudia Zonghetti, riesce a rendere la<br />
complessità e finezza del suo stile. Una<br />
sola citazione per introdurre all'atmosfera<br />
delle isole del martirio:<br />
«Le Solovki erano esattamente il luogo<br />
in cui l'uomo si trovava di fronte il<br />
prodigio e la quotidianità, il passato del<br />
monastero e il presente del lager, e gente<br />
di ogni morale, dalla più nobile alla<br />
più spregevole. C'erano rappresentanti<br />
delle più diverse etnie e delle più svariate<br />
professioni, passate e presenti. Era il<br />
punto di incontro di due epoche: quella<br />
prerivoluzionaria e quella contemporanea,<br />
tipica degli anni Venti e dei primi<br />
anni Trenta.<br />
«La vita alle Solovki era tanto assurda<br />
da non parere vera. “Qui tutto si confonde<br />
in un incubo terribile”, si cantava<br />
in una delle canzoni del lager.<br />
«...Era un grande paradiso naturalistico,<br />
ma nel contempo un grande inferno<br />
per detenuti di ogni rango, ceto e nazionalità!<br />
In quel mondo di santità e pecca-<br />
nire il suo amor patrio e il suo rimpianto<br />
dinanzi ad un mondo di grande cultura<br />
di cui ha potuto osservare la scomparsa.<br />
E del quale, si potrebbe aggiungere,<br />
egli, nato nel 1906 e morto nel<br />
1999, è rimasto a lungo un solitario continuatore,<br />
riconosciuto come tale da varie<br />
Università e Accademie del mondo<br />
che lo hanno insignito di prestigiosi riconoscimenti.<br />
Lichacev come storico, filologo,<br />
critico letterario e critico d'arte, è<br />
stato il maggior studioso della cultura<br />
medievale russa, capace di geniali collegamenti<br />
tra mondo antico e moderno.<br />
Ma è stato anche un difensore strenuo<br />
della conservazione dei monumenti russi,<br />
in particolare di chiese e monasteri, e<br />
non era facile esserlo per un uomo che<br />
non si è mai piegato al comunismo e alla<br />
disciplina di partito. La fama internazionale,<br />
e la stima goduta anche da parte<br />
dei migliori studiosi russi, lo proteggeva<br />
in qualche modo, ma il coraggio<br />
era sempre necessario, anche perché Lichacev<br />
si muoveva da persona libera.<br />
Difendeva i colleghi sottoposti a stroncature<br />
e processi ideologici. Collaborava<br />
ad opere come Arcipelago Gulag di Solzeniecyn<br />
(per la parte sulle Solovki). An-<br />
«L'arte della fuga di Johann Sebastian Bach» di Hans-Eberhard Dentler<br />
Un libro che unisce musica, matematica e filosofia<br />
ANTONIO BRAGA<br />
A duecentocinquanta anni dalla morte<br />
di Johann Sebastian Bach, tra commemorazioni,<br />
memorie e registrazioni<br />
di dischi, ne cogliamo alcune che hanno<br />
una particolare impronta, e costituiscono<br />
di per sé momenti di studio attorno<br />
all'occasione celebrativa.<br />
Innanzitutto, tra gli scritti, ne notiamo<br />
uno che unisce musica, matematica<br />
e filosofia: un lavoro di Hans-Eberhard<br />
Dentler, dedicato alla più alta<br />
vetta tecnica del grande compositore,<br />
«L'Artedellafuga» (Hans-Eberhard Dentler,<br />
L'Arte della fuga di Johann Sebastian<br />
Bach,AccademiaNazionaledi SantaCecilia,Skira,Roma,2000,pagg.<br />
166).<br />
L'autore parte dal concetto di enigma,<br />
così com'era sviluppato nel mondo<br />
antico, e lo rapporta al ritratto «enigmatico»<br />
di Bach, come motivo conduttore<br />
che porterà, alla fine della vita, a<br />
sviluppare proprio con l'«Arte della fuga»<br />
il suo capolavoro di tecnica musicale.<br />
Siamo agli antipodi di quanto è<br />
stato scritto fino alla seconda metà del<br />
secolo XX, quando Luc-André Marcel<br />
poteva dire, con sincero lirismo, a proposito<br />
di questa grande partitura:<br />
«Là, tout est prodigieux, et d'abord<br />
l'air qu'on y respire, limpide, decanté.<br />
Le moindre détail s'y cerne de lumière,<br />
y prend une saveur exquise...». È la<br />
forma francese di avvicinare Bach; con<br />
il tedesco, non vi è spazio alle espressioni<br />
poetiche, e tutto deve risultare come<br />
lo svolgimento di un fatto predestinato.<br />
Il Dentler deve andare a ritroso<br />
nel tempo, per trovare le origini di una<br />
così importante opera dell'ingegno<br />
umano, di questa «architettura di suo-<br />
to, di celeste e di terreno, natura e uomo<br />
erano uniti da una somiglianza inconsueta».<br />
Peraltro il volume autobiografico di<br />
Lichacev contiene molto più che un affresco<br />
delle Solovki. Nella parte iniziale<br />
si trova una descrizione della società<br />
pietroburghese alla vigilia della prima<br />
guerra mondiale e della rivoluzione, attraverso<br />
ricordi di famiglia. L'infanzia<br />
felice del piccolo Dmitrij è vissuta in<br />
una società che va aprendosi ad un relativo<br />
benessere, dove molti possono già<br />
permettersi la dacia estiva, e dove pochi<br />
diversi coesistono, se non d'amore, almeno<br />
nel mutuo rispetto imposto dal<br />
quadro fornito dall'impero multinazionale.<br />
A Pietroburgo la cultura sembra particolarmente<br />
diffusa e raggiunge alte<br />
vette espressive. È il «secolo d'argento»<br />
della cultura russa, che poi non è un secolo<br />
ma solo il primo quarto del Novecento,<br />
bruscamente chiuso dall'avvento<br />
di Stalin, dalle persecuzioni e dall'esilio<br />
di tanti intellettuali.<br />
Le pagine di Lichacev si leggono volentieri<br />
per la loro serenità, che non è<br />
distacco e non è selettivo addolcimento<br />
della memoria ma pietas: questo termine<br />
religioso usa infatti l'autore per defi-<br />
ni» che solleva la forma della fuga al<br />
primo posto delle umane possibilità in<br />
musica. Da Pitagora e dal pensiero pitagorico<br />
sorgono le prime luci di quest'opera<br />
che riassume secoli di pensiero.<br />
Ma non è solo una supposizione:<br />
Bach aveva tra i suoi amici un vero pitagorico,<br />
Johann Matthias Gesner, rettore<br />
della Thomasschule tra il 1730 ed<br />
il '34, anni in cui il grande Kantor sviluppava<br />
a Lipsia i suoi cànoni compositivi,<br />
per portarli a conclusioni che divennero<br />
come invalicabili per i successori.<br />
Tramite il Mizler, ex allievo del<br />
Gesner, e poi di Bach, incontriamo uno<br />
studioso che seppe unire matematica,<br />
filosofia e musica nella Università di<br />
Lipsia; e, nello stesso tempo, redasse la<br />
«Musikalische Biblioteck», che è un indice<br />
delle fonti per le teorie musicali pitagoriche.<br />
Inoltre diede vita ad una Accademia<br />
cui partecipò anche il Bach,<br />
tutti prendendo nomi di antichi Greci,<br />
come Terpandro, Archimede, Socrate<br />
ed Aristobulo.<br />
Un suo poema, certamente conosciutoda<br />
Bach,circolòtragli allievi ed amici,<br />
finché non fu pubblicato nella raccolta,<br />
dopo la morte del compositore.<br />
Passando in rivista nei secoli successivi<br />
il pensiero di alcuni pitagorici, il<br />
Mizler scriveva all'epoca della fondazione<br />
della Società: «Se vogliamo convincerci<br />
del tutto delle verità musicali,<br />
dobbiamo aggiungere anche la conoscenza<br />
matematica, quale supremo grado<br />
della sapienza umana».<br />
Passando attraverso le personalità<br />
che spinsero Bach a questa altissima<br />
elaborazione di un tema musicale, incontriamo<br />
altri grandi ingegni, quali il<br />
matematico Erhard Weigel, che inten-<br />
cora nel 1975 e 1976 accadde a Lichacev<br />
di essere aggredito e di subire un attentato<br />
incendiario al suo appartamento,<br />
fatti su cui la polizia fece solo finta di<br />
indagare, né egli ebbe illusione che lo<br />
facesse.<br />
A Lichacev, ormai anziano, non interessava<br />
appartenere alla dissidenza, era<br />
distaccato dalla politica e sempre preso<br />
dalla ricerca scientifica, campo nel quale<br />
riteneva di potere rendere i migliori<br />
servizi all'amata Russia. Dall'autobiografia<br />
si evince come i suoi sentimenti più<br />
profondi fossero quelli dell'amor di patria<br />
e dell'amore per quanto la sua patria<br />
possedeva; le testimonianze del passato,<br />
le antiche chiese e monasteri, le<br />
biblioteche, le realizzazioni delle generazioni<br />
precedenti (fossero anche le meraviglie<br />
di ingegneria idraulica degli antichi<br />
monaci delle Solovki, su cui si sofferma),<br />
quanto concerneva i monumenti<br />
materiali e spirituali della storia russa. Il<br />
comunismo era per Lichacev, prima che<br />
un abbrutimento della politica e del diritto,<br />
la negazione della «bellezza» della<br />
Russia, per via delle distruzioni di uomini<br />
e monumenti e per via di una cultura<br />
monologica che privava della polifonia<br />
della libertà.<br />
deva costruire una teoria etica del numero,<br />
portata avanti dal Leibniz, che<br />
assisteva alle sue lezioni. Tuttavia non<br />
fu costui il punto di partenza dell'ampliamento<br />
degli statuti societari, ma<br />
Ludovico Antonio Muratori, tradotto in<br />
tedesco dal Mizler, con il suo terzo libro<br />
della «Perfetta poesia italiana».<br />
L'italiano stigmatizzava — al pari di<br />
Cicerone ai suoi tempi —, l'indebolimento<br />
della musica, per colpa del teatro<br />
musicale; ed aggiungeva: «Verranno,<br />
però, come io spero, tempi più saggi,<br />
che forgeranno una nuova musica,<br />
e le renderanno quella maestà, quell'onore<br />
e quel decoro di cui essa ha assoluto<br />
bisogno per ridestare il “piacere razionale”...».<br />
Bach, parte attiva di queste idee, e<br />
s'immerge nello stylus antiquus dettato<br />
dal grande trattato di Johann Joseph<br />
Fux, il «Gradus ad Parnassum», pubblicato<br />
nel 1725. Partendo al «modello venerato»<br />
del Palestrina, il Fux dava un<br />
supporto didattico fondamentale a chi<br />
volesse penetrare nella foresta del contrappunto<br />
e della fuga. E attraverso<br />
quest'opera, Bach giungeva alle conclusioni,<br />
annotate sulla Bibbia casalinga:<br />
«In una musica devota Dio è sempre<br />
presente con la sua Grazia».<br />
Unire tecnica e fede era stato il suo<br />
pensiero costante: con questa monumentale<br />
«Arte della fuga» si realizza il<br />
teorema che unisce filosofia, teologia,<br />
matematica e musica. Il pensiero pitagorico<br />
incide su Bach anche nella destinazione<br />
ad una forma strumentale.<br />
Conclude il Dentler, che questa costruzione<br />
straordinaria ha «Come l'enigma<br />
della Sfinge, a che fare con l'enigma<br />
più antico, l'enigma della vita».<br />
Lichacev era un uomo vigoroso, non<br />
viveva di ricorsi ma lottava costantemente<br />
per i suoi obiettivi e ideali. In altri<br />
termini, non era un vecchio nostalgico.<br />
Tuttavia proprio il passato era per<br />
Lichacev il pegno dell'esistenza, nobiltà<br />
e bellezza della Russia stravolta dal regime<br />
sovietico.<br />
Peraltro il passato non doveva soffrire<br />
censure. Tutto il vissuto, nel bene e nel<br />
male, doveva rimanere nella memoria,<br />
senza revisionismi e conseguenti distruzioni.<br />
Così Lichacev commenta alcuni<br />
restauri in corso alle Solovki, quando<br />
nel 1966, con sua grande emozione, ha<br />
l'occasione di ritornare sulle isole nel<br />
quadro di un convegno scientifico ad<br />
Archangel'sk:<br />
«A capo dei restauri c'era una signora<br />
di Mosca che ...riteneva che il restauro<br />
andasse fatto riportando il monumento<br />
“a un determinato momento della sua<br />
vita”. Che spesso significava la morte<br />
del monumento in questione. È mia opinione<br />
che... restaurare significa prolungare<br />
la vita del monumento e conservare<br />
quanto esso ha di più prezioso».<br />
Meraviglia che le memorie di Lichacev,<br />
costruite sul filo rosso della sua<br />
persona, dedichino scarso spazio agli interessi<br />
culturali dell'autore. Ma Lichacev<br />
vuole raccontare «la sua Russia», non se<br />
stesso. Così dopo l'evocazione della cultura<br />
pietroburghese di inizio secolo, dopo<br />
la paradigmatica descrizione delle<br />
Solovki, il volume è dedicato in larga<br />
parte all'assedio di Leningrado, con toni<br />
di estrema crudezza. Lichacev teme che<br />
i milioni di morti per fame di Leningrado<br />
vengano dimenticati, così come già<br />
nella storiografia ufficiale sovietica erano<br />
stati drasticamente ridimensionati nel<br />
numero e nelle sofferenze. Peraltro egli<br />
soprattutto descrive, non accusa. Ma descrive<br />
fatti strazianti:<br />
«Ai cadaveri rimasti per strada tagliavano<br />
le parti tenere. Iniziava i cannibalismo.<br />
Prima li spogliavano, poi li spolpavano<br />
fino alle ossa, anche se erano praticamente<br />
senza carni. Quei corpi nudi e<br />
mutilati facevano orrore.<br />
«Il cannibalismo non era però diffuso.<br />
Ed era prevalentemente inconsapevole.<br />
Chi sezionava i cadaveri raramente si<br />
nutriva di quella carne: la vendeva, truffando<br />
l'acquirente, o la portava ai propri<br />
cari per salvar loro la vita, poiché la<br />
cosa più importante era procurarsi l'albumina.<br />
E non si sapeva dove prenderne.<br />
Quando hai un bambino che sta morendo<br />
e sai che può salvarlo solo la carne,<br />
ne tagli anche da un cadavere... Ma<br />
c'era anche chi uccideva per poi rivendere<br />
la carne della vittima...<br />
«Facevano paura i nuovi bombardamenti<br />
dell'aviazione tedesca? Chi potevano<br />
spaventare? Non c'era nulla da<br />
perdere. Solo chi sta morendo di fame<br />
vive una vita vera, può commettere cattiverie<br />
inaudite o inauditi atti di sacrificio<br />
senza paura della morte. Il cervello<br />
è l'ultimo a morire: si spegne solo dopo<br />
la coscienza, la paura, la capacità di<br />
deambulare e di provare sentimenti in<br />
alcuni, o, in altri, dopo che sono morti<br />
l'egoismo, l'istinto di autoconservazione,<br />
la viltà, il dolore».<br />
Ciò che Lichacev maggiormente desidera<br />
è tramandare nomi e volti. Le sue<br />
pagine sono piene di ritratti di personaggi<br />
ordinari e straordinari, e la storia russa<br />
vi appare come una galleria di uomini<br />
e donne che le drammatiche vicende<br />
storiche hanno strappato alla normalità<br />
della vita, chiamando a scegliere tra il<br />
bene e il male in condizioni laceranti,<br />
laddove forse chi ha scelto il male otterrà,<br />
nel giudizio divino, maggiore misericordia,<br />
e chi ha scelto il bene lo ha fatto<br />
con raro eroismo. Per citare ancora i<br />
giorni di Leningrado, in cui egli stesso<br />
rischiò di morire per fame e sopravvisse,<br />
immobilizzato dalla mancanza di<br />
qualsiasi energia e dalla distrofia da fame,<br />
grazie alle residue energie della moglie:<br />
«In casa nostra morirono alcune famiglie<br />
di operai della Putilov. Trofim Kondrat'evic,<br />
il nostro portinaio, si tenne le<br />
loro tessere, e in un primo momento ebbe<br />
salva la salute. Sul nostro stesso pianerottolo,<br />
nell'appartamento dei Kolosovskij<br />
accadevano cose tremende. Una<br />
donna (Zina la conosceva) raccoglieva in<br />
casa sua i figli degli operai della Putilov<br />
(i figli sopravvissuti ai genitori poiché<br />
questi si toglievano il pane di bocca per<br />
loro), requisiva le loro tessere, ma... ma<br />
non dava loro da mangiare. Li teneva<br />
chiusi in casa, I bambini, stremati, non<br />
riuscivano nemmeno ad alzarsi dal letto:<br />
se ne stavano coricati in silenzio, e in silenzio<br />
morivano, i loro corpi restavano<br />
dov'erano fino al mese successivo, finché<br />
non erano state riscosse le nuove<br />
tessere. In primavera quella donna sfollò<br />
ad Archangel'sk».<br />
Lichacev non appare, nelle sue memorie,<br />
molto legato alla pratica religiosa,<br />
benché, da russo autentico, avverta<br />
un legame viscerale con la Chiesa ortodossa,<br />
le sue tradizioni, i suoi templi, e<br />
soffra al vederla perseguitata. In ogni<br />
caso la pietas per l'uomo e per le sue<br />
sofferenze, il dolore per quanti venivano<br />
arrestati e deportati, la passione anche<br />
estetica per la civiltà, l'amor patrio unito<br />
a rispetto per ogni popolo, l'incorrotta<br />
forza morale pur nel peggio del «secolo<br />
breve», lo qualificano certamente in<br />
alto senso spirituale.<br />
Introduzione alla poesia<br />
greca contemporanea<br />
Due Nobel letterari scandiscono il Novecento lirico<br />
greco: Sefèria (1963) ed Elitis (1979). Ma per<br />
introdurre il lettore al gusto della poesia greca<br />
contemporanea, Tino Sangiglio, che in tal campo<br />
è docente universitario a Trieste e ha analizzato<br />
e tradotto intere antologie (più appunti, momenti,<br />
frammenti, figure e protagonisti), s'è rifatto alle<br />
origini e sigla un saggio dove l'ampia vicenda<br />
Tino Sangiglio<br />
Poesia greca<br />
contemporanea<br />
Stella<br />
Arti Grafiche<br />
poetica e il lungo processo di affinamento e di continua rinascita della creazione<br />
in versi della nazione greca è visto nella prospettiva dei secoli. La<br />
porta della modernità non si è aperta da poco, infatti: perciò è stato giusto<br />
implicare fonti e scaturigini, e così, via via rassegnando epoche ed età, stagioni<br />
e ragioni, storia degli uomini e della lingua, storie di prassi e di classi,<br />
giungere all'oggi cui è infine riservata un'analisi particolareggiata e toccante.<br />
Non solo dei nomi, ma anche dei temi, dal momento che nel sigillo<br />
d'una perenne grecità, la civiltà e i costumi, le parole e l'anima della «produzione»<br />
vagliata (e poi ampiamente antologizzata). I nomi sono tappe e al<br />
tempo stesso abbrivi per nuove esperienze. Così si parte da Kavàfis (poeta<br />
dalla sensibilità decadente e dallo stile tanto raffinato quanto estenuante)<br />
per giungere a Sefèria (tardo simbolista dalle sofferte meditazioni esistenziali<br />
sui tragici eventi della storia). Da qui si riparte con Thèmelis (titolare<br />
di una lirica sostanziata di alta spiritualità, tra sostrato filosofico e pensiero<br />
metafisico) e Ritsos (dall'impegno politico e dalla forte tensione lirica). Poi,<br />
dopo Elitis (la cui poesia, muovendo dalla tradizione, riproduce con toni,<br />
forza, chiarezza e vivacità la lotta dell'uomo libero e creativo) ecco i «nuovissimi»,<br />
cioè a dire il magma comunque grande e geniale dei nomi più recenti<br />
e promettenti. (claudio toscani)<br />
Tino Sangiglio, Poesia greca contemporanea. Considerazioni e testi, Trieste,<br />
Stella Arti Grafiche, 2000, pp. 255, s.i.p.<br />
AA. VV.<br />
Gli Ordini<br />
Mendicanti<br />
Val D'Elsa<br />
Società storica<br />
della Val D'Elsa<br />
Gli Ordini Mendicanti<br />
in Toscana<br />
La nascita degli Ordini Mendicanti ha segnato<br />
una nuova tappa nella storia della Chiesa, fino<br />
allora caratterizzata dal monachesimo nelle sue<br />
diverse forme e articolazioni. La loro originalità<br />
suscita non poche apprensioni anche in alti vertici<br />
della gerarchia, ma tanto san Francesco quanto<br />
san Domenico garantirono che il nuovo genere<br />
di vita religiosa non era in contrasto con il Van-<br />
gelo né con i canoni della vita monastica. Per quanto concerne l'Ordine<br />
francescano questo dalla «natia» Umbria si sparse in un baleno nelle regioni<br />
prima finitime e poi in quelle d'Europa sia Occidentale che Orientale. La<br />
Toscana è stata una seconda «culla» privilegiata, come testimoniano le<br />
chiese e i numerosi conventi che costellano la regione. Il triangolo Colle<br />
Val d'Elsa, Poggibonsi, San Gimignano è stato teatro di uno sviluppo florido<br />
e proficuo. I «fasti» sono stati rievocati in un convegno di studio svoltosi nel<br />
giugno 1996 e i cui atti sono stati editi con cura dalla Società storica della<br />
Valdelsa. Il convegno è stato animato da quindici studiosi che hanno compiuto<br />
una dettagliata ricognizione nei primi secoli del francescanesimo,<br />
grosso modo dal 1200 al 1400. I mendicanti non solo sono stati docili alle<br />
direttive della Chiesa ma si sono dinamicamente inseriti nel tessuto sociale<br />
e urbano. Come era logico, nel convegno sono state evocate alcune personalità<br />
di spicco del distretto, tra cui il beato Bartolo da San Gimignano, il<br />
celebre predicatore fra Giacomo da Tresanti e Bartolomeo da Colle. Sono<br />
state evidenziate le linee maestre che hanno condotto alla costruzione di<br />
chiese e di conventi che restano come esempio d'architettura religiosa di<br />
quei secoli. Nel territorio la presenza degli Ordini Mendicanti è stata altamente<br />
positiva per la cultura e la religiosità della popolazione. Quella storia,<br />
in fondo, è uno spicchio luminoso di ciò che gli ordini religiosi sono<br />
stati capaci di fare. (gino concetti)<br />
AA.VV., Gli ordini mendicanti — Val D'Elsa. Atti del Convegno di studio, 6-7-<br />
8 giugno 1996, Castelfiorentino, Società storica della Val d'Elsa, 1999-2000,<br />
pp. 365, L. 40.000<br />
Stimigliano: le preziose<br />
memorie di un'«Italia minore»<br />
Spesso i piccoli centri sono ricchi di storia, di tradizioni<br />
e di testimonianza artistiche, un patrimonio<br />
che rischia di perdersi, se qualcuno non dedica<br />
la sua attenzione ai fatti, apparentemente di<br />
poco conto, che questi paesi nascondono all'interno<br />
delle loro mura. Per questo motivo hanno<br />
svolto sempre un'opera meritoria tanti studiosi<br />
locali, autori di pubblicazioni non di rado di diffi-<br />
Alberto Comaschi<br />
Stimigliano<br />
nella storia<br />
Colligrafik<br />
cile reperimento e di limitata diffusione, ma che costituiscono preziose memorie<br />
per conoscere meglio tanti aspetti di un'Italia «minore», che rischierebbero<br />
l'oblio, fagocitati dalla spersonalizzata società tecnologica. In questo<br />
tipo di monografie si inserisce a pieno diritto un recente volume di Alberto<br />
Comaschi, dedicato ad un ridente centro laziale della Sabina, Stimigliano,<br />
di cui l'autore, dopo anni di ricerche, delinea per la prima volta le<br />
coordinate storiche ed artistiche, dalle origini romane all'età longobarda e<br />
comunale, dalla signoria degli Orsini alla stesura di un importante statuto<br />
nel Cinquecento, per giungere via via fino ai giorni nostri, al tranquillo paese,<br />
che conta poco meno di duemila anime. Molti sono i documenti d'archivio<br />
le fonti citate da Comaschi, che in appendice riporta anche tutte le iscrizioni<br />
note, dall'età romana alla fine del Seicento, che egli ha attentamente<br />
ricercato e controllato, riscontrando purtroppo l'irreperibilità di un certo numero<br />
di questi interessanti documenti. Un intero capitolo è dedicato alle<br />
istituzioni assistenziali e alle opere pubbliche attestate a Stimigliano, mentre<br />
un altro riguarda le chiese e le confraternite, che raggiunsero il numero<br />
di dieci e che per lo più furono fondate fra i secoli XVII e XVIII. Fra gli edifici<br />
di culto, si segnala la chiesa cimiteriale di s. Valentino, la più antica documentata<br />
in paese, la cui fondazione è legata al nome della patrizia Galla,<br />
figlia di Quinto Aurelio Simmaco, ed è posta nella prima metà del secolo.<br />
Da qui proviene un frammento di sarcofago paleocristiano con la scena dei<br />
tre giovani ebrei di Babilonia,narratanellibrodiDaniele.(danilomazzoleni)<br />
Alberto Comaschi, Stimigliano nella storia, Poggio Mirteto, Colligrafik, 2000,<br />
pp. 128, s.i.p.<br />
AA. VV.<br />
Eucaristia<br />
e<br />
matrimonio<br />
Città Nuova<br />
Il mistero nuziale<br />
dell'Eucarestia<br />
Oltre l'Esortazione apostolica «Familiaris consortio»,<br />
con vari altri interventi magisteriali Giovanni<br />
Paolo II ha lumeggiato il pregio del matrimonio<br />
cristiano, dove «l'amore viene comandato e diventa<br />
santo» (A. Manzoni). Alle stesse nozze di<br />
Cana (cfr Gv 2,1) Gesù con la sua presenza ha<br />
benedetto quel rito, cambiando l'acqua in vino;<br />
così al banchetto nuziale l'intervento si fa augu-<br />
rale ed efficace, per cui l'amore umano (eros) si trasforma in amore divino<br />
(Caritas), mediante la partecipazione al banchetto eucaristico (agape) dove<br />
il Cristo vivifica con il suo Spirito e dona il suo corpo e il suo sangue in vero<br />
cibo e in vera bevanda (cfr Gv 6,56). Gesù donando tutto se stesso nutre<br />
il Corpo mistico, la Chiesa, in modo tale che il rito cristiano assurge — secondo<br />
l'Apostolo — a «magnum sacramentum» (Ef 5,32), cioè a simbolo della<br />
mistica unione di Cristo con la Chiesa sua sposa. Anticipo stupendo di<br />
quelle nozze eterne (cfr Ap 19,9) che si celebreranno nella Gerusalemme<br />
celeste, per cui la partecipazione all'Eucaristia nel Giorno del Signore ratifica<br />
la serena convivenza (indissolubilità) e la giusta crescita ed educazione<br />
della prole: in tal modo la famiglia cristiana diviene — secondo Giovanni<br />
Crisostomo — «una piccola chiesa domestica». Ne è una suggestiva presentazione<br />
di pastorale familiare l'autorevole compagine di vari interventi<br />
di autori — ben 15 in totale — che hanno prospettato la tematica del sacramento<br />
in relazione all'Eucaristia con significativi rilievi, pur differenziati nella<br />
loro struttura e concezione. Ha tutt'altro che nociuto la pluralità degli argomenti<br />
con la novità delle impostazioni: viene anzi offerta una chiave di<br />
lettura sempre più attenta e convincente. (arnaldo pedrini)<br />
AA. VV., Eucaristia e matrimonio: unico mistero nuziale, a cura di Renzo<br />
Bonetti, Roma, Città Nuova, 2000, pp. 342, L. 35.000