Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
ERZA T PAGINA .<br />
PAGINA<br />
3 .<br />
ELZEVIRO Riflessioni sulla società<br />
Quei comportamenti<br />
che accomunano<br />
vecchi e bambini<br />
LUIGI M. PERSONÈ<br />
Vecchi e Bambini.<br />
Metto prima i vecchi, per maggior rispetto.<br />
Se non altro perché hanno provato<br />
esperienze e dolori che i bambini<br />
ancora non conoscono.<br />
Fra i primi, i vecchi, e gli altri, i bambini,<br />
le differenze non sono gigantesche.<br />
La più grande è, forse, per la curiosità<br />
che hanno i bambini per tante cose di<br />
cui non si rendono conto, mentre i vecchi<br />
sono stufi di ciò che hanno saputo<br />
e, semmai, tendono a ciò che spetta ad<br />
essi.<br />
Intanto, li accomuna la sudditanza. I<br />
bambini sono sudditi dei grandi — grandi<br />
per l'età —, di genitori, maestri eccetera.<br />
I vecchi sono sudditi — magari<br />
sudditi imploranti — di chi li deve aiutare.<br />
Bambini e vecchi sono privi del più<br />
alto dei doni umani: la libertà.<br />
Senza la libertà, non si gode la vita.<br />
Me ne ricordo, di quando, da bambino,<br />
mi fu tolta. E, per un caso particolare,<br />
debbo aggiungere: perché mio padre<br />
non mi voleva vedere ragazzo. Non so<br />
se proprio con i baffoni o con qualcosa<br />
di affine.<br />
Egli mi impedì gli ingenui svaghi che<br />
sono propri dei bambini. Non ammettè<br />
che corressi per la strada e tanto meno<br />
che mi mettessi a cantare, che scorressi<br />
lungo il passamano. Non ammetteva<br />
nemmeno che attaccassi amicizia con<br />
qualche compagno di scuola.<br />
Chiese, e ottenne, dal preside del ginnasio<br />
liceo che, prima dell'aprirsi del<br />
portone della scuola, non mi intrattenessi<br />
sulla piazzetta con i compagni. Per un<br />
corridoio buio entravo in anticipo nella<br />
mia aula dove trovavo un altro infelice,<br />
il figlio del segretario.<br />
In compenso, combinammo, una volta<br />
(solo una volta), una marachella.<br />
Il professore ci teneva a non far vedere<br />
i voti che segnava sul registro. Metteva<br />
la mano avanti, mentre li scriveva.<br />
Lasciava il registro nel cassetto della<br />
cattedra.<br />
Con un animo capace di far tremare i<br />
polsi e le vene, io e il mio compagno<br />
cercammo e trovammo in quel cassetto<br />
il registro. Lo percorremmo rapidamente.<br />
Scoprimmo i voti.<br />
Il fatto non sarebbe accaduto se non<br />
fossimo stati soli. Insomma, se mi riferisco<br />
a me, dei bambini so poco: ma, grazie<br />
a Dio, ho visto anche gli altri bambini<br />
e li ho potuti studiare anche con una<br />
certa curiosità, dato che per conto mio<br />
ne sapevo poco.<br />
I bambini scoppiano dalla curiosità e<br />
dalle sofferenze.<br />
La curiosità. Non è facile avere a che<br />
fare con un bambino. È tutta una serie<br />
di «perché?». Perché questo? Perché<br />
quello? Perché c'è la luna? Perché c'è il<br />
sole?<br />
Una serie ininterrotta: anche perché<br />
spesso non si sa rispondere, dichiarando<br />
così la propria ignoranza. Mai come in<br />
questo caso ci si accorge di essere così<br />
ignoranti: come quando si tratta con un<br />
bambino.<br />
Quello, il bambino, diventa il nostro<br />
imperatore; e noi diventiamo suoi<br />
sudditi.<br />
Un bambino può riuscire ad avvilire,<br />
ad umiliare un anziano. E non un anziano<br />
qualsiasi, ma un anziano sapiente.<br />
Ci sono dei perché ai quali anche il<br />
più sapiente non sa rispondere.<br />
E allora, l'anziano, per non scoprire<br />
la propria ignoranza, come se la cava?<br />
Risponde: Dio solo lo sa. Procediamo.<br />
Il bambino avanza a mano a mano: diventa<br />
adolescente, poi giovane, acquista<br />
esperienze. Vive la realtà, mentre egli si<br />
viene formando.<br />
È come se vedesse la vita alla maniera<br />
della giornata: si passa dal mattino al<br />
mezzogiorno, al pomeriggio, al crepuscolo,<br />
alla notte.<br />
E, a grado a grado, ne avverte le sensazioni<br />
che, assommatesi, lo fanno passare<br />
alla vera e propria giovinezza ed all'età<br />
matura.<br />
Questo passaggio di sensazioni è di<br />
grande responsabilità per chi deve guidare<br />
il soggetto. È lì che si vede la nobilitade<br />
di chi soprintende da educatore.<br />
Pare che questa nobilitade si viene<br />
ora stingendo. Pare per certi segni non<br />
proprio eccellenti.<br />
Eppure ho sentito rimpiangere da un<br />
anziano la sua infanzia, perché in essa<br />
ignorava le tristezze e le amarezze della<br />
realtà.<br />
Ecco, semmai è questo il grande privilegio<br />
dei bambini (non di tutti) ignorare<br />
le amarezze della realtà.<br />
Sì, le nostre amarezze; ma anche essi,<br />
i bambini, hanno le loro. Per i vecchi è<br />
tutt'altra cosa. Se sono molto inoltrati<br />
negli anni, per essi è dolorosa la vita.<br />
Quella che, una volta, era cronaca, se<br />
dura, specie negli affetti, e diventa storia.<br />
Penso, per quel che si riferisce a casi<br />
generali, alle guerre e, in modo particolare<br />
a quella del 1915-1918; e a quella<br />
del 1940-1945.<br />
Le guerre sono il più crudele dei fenomeni.<br />
Vi si ammazza chi non ci ha fatto<br />
alcun male, chi non si conosce nemmeno<br />
vagamente. Le guerre costituiscono<br />
un omicidio.<br />
Per arrivare a questa constatazione,<br />
in piena coscienza, bisogna essere vecchi.<br />
Ai giovani si può mentire camuffando<br />
la cruda realtà e i perversi interessi.<br />
Ai vecchi, no. Con essi la retorica non<br />
ce la fa, nonostante che si usi a dismisura.<br />
La retorica è battuta.<br />
Fra i privilegi dei vecchi è quello di<br />
capire come stanno effettivamente le cose:<br />
e anche se è triste, a volte tristissimo,<br />
mutare il giudizio sugli avvenimenti<br />
e sui personaggi.<br />
Capita di giudicare disonesto, malvagio<br />
chi si portava, una volta, alle stelle.<br />
E di capire la scaltrezza, gli intrighi,<br />
le male intenzioni che si ignoravano.<br />
Capita ai vecchi di incorrere anche in<br />
qualche cattiveria che durerà magari<br />
brevemente: di invidiare a un bambino<br />
le doti che egli ha e poi di pensare: verrà<br />
il tempo in cui ti troverai, anche tu,<br />
a questi ferri.<br />
Sarebbe facile scorrere qui nella vecchiaia,<br />
descriverla. Ma non esiste un solo<br />
tipo di vecchiaia. Ne esistono vari, secondo<br />
le situazioni.<br />
Chi ha parenti affettuosi e altrettanto<br />
affettuosi amici vive una vecchiaia diversa<br />
da chi non ha nessuno; da chi non<br />
sente una voce tenera e non scorge uno<br />
sguardo pietoso.<br />
E così ci sono vecchi felici e infelici.<br />
I primi non vogliono sentir parlare di<br />
morte. I secondi ne parlano con un conforto<br />
speciale perché pensano di accostarsi<br />
presto a Dio onnipotente e di godere<br />
di qualsiasi Sua determinazione.<br />
Eh, — ho sentito una volta a questo<br />
proposito —, non si può fare a meno di<br />
accettare quel che Dio dispone.<br />
Gli ho risposto: Bisogna vedere come<br />
si accetta. Come? — ha replicato il mio<br />
conoscente.<br />
Con gioia — gli ho risposto, perché<br />
viene da Dio, qualunque sia ciò che Dio<br />
ha stabilito.<br />
Ma questa è sublimazione — ha mormorato<br />
il mio conoscente. Vuol dire —<br />
io ho concluso — che si può essere sublimati.<br />
Qui mi fermo. L'argomento è dei più<br />
complessi, se non il più complesso.<br />
Procedendo, non vorrei uscire dal seminato.<br />
Io penso alla giustizia e alla misericordia<br />
di Dio.<br />
Penso che, finché si è su questa terra,<br />
non rimane che agire al meglio o al meno<br />
male, secondo le proprie risorse.<br />
Penso che, per questo operare, serva<br />
per tacere gli egoismi e rendersi utili al<br />
prossimo.<br />
Ecco, il bene operare dovrebbe essere<br />
il fine supremo della vita.<br />
Può darsi che alcuni vecchi se ne accorgono<br />
più di altri; non dico, più dei<br />
bambini. Sarebbe assurdo e ridicolo.<br />
E poi, perdonare perdonare perdonare.<br />
Perdonare e chiedere perdono. Non<br />
nutrire rancori.<br />
Questo è fra i compiti più essenziali<br />
dei vecchi.<br />
Ma l'umanità è quella che è. Bisogna<br />
combattere e non farsi illusioni.<br />
L'OSSERVATORE ROMANO Mercoledì 17 Gennaio 2001<br />
«Aurea Roma»: una mostra archeologica al Palazzo delle Esposizioni<br />
«Dalla città pagana<br />
alla città cristiana»<br />
Nel XVIII secolo e fra enormi difficoltà i missionari Cappuccini introdussero in Tibet la stampa a caratteri mobili<br />
Quella piccola tipografia in un sottoscala di Lhasa<br />
EGIDIO PICUCCI<br />
Quando nel 1707 i missionari cappuccini<br />
si stabilirono a Lhasa, dove erano<br />
arrivati dopo tre anni di difficilissimo<br />
cammino, capirono che senza l'aiuto di<br />
qualche libro non avrebbero ottenuto<br />
molto. La semplice conoscenza della lingua<br />
popolare, diversa da quella dei dotti<br />
lama, non li avrebbe portati lontano,<br />
per cui decisero di affidarsi allo scritto,<br />
tanto più che i tibetani, inventori di un<br />
alfabeto sillabico nel 600 d. C., amavano<br />
molto la lettura.<br />
Perciò, nonostante l'estrema povertà<br />
in cui vivevano (in un certo periodo si<br />
recarono a questuare nel Messico per<br />
sopravvivere!), fin dal 1717 fecero l'impossibile<br />
per accantonare un po' di danaro<br />
e impiantare una tipografia; ma in<br />
vent'anni non riuscirono a raggranellare<br />
niente. Tuttavia non rinunciarono mai<br />
all'idea, che esposero anche a Propaganda<br />
Fide.<br />
Chi si interessò maggiormente della<br />
cosa fu P. Francesco Orazio da Pennabilli,<br />
sicuramente il missionario più attivo<br />
e più preparato fra tutti i cappuccini<br />
che si succedettero nell'arco di 47 anni<br />
nel Tibet. Persuaso che una sua presenza<br />
a Roma avrebbe fatto accettare e affrettare<br />
la richiesta (le lettere impiegavano<br />
anni per arrivare a destinazione), egli<br />
affrontò un difficile viaggio e perorò caldamente<br />
la causa della tipografia, trovando<br />
nel Card. Luis Belluga un intelligente<br />
interlocutore che fece preparare<br />
dall'intagliatore Antonio Fantuzzi i caratteri<br />
richiesti, su indicazione dello<br />
stesso P. Orazio.<br />
L'intagliatore preparò due serie di 306<br />
caratteri: una rimase presso Propaganda<br />
Fide, l'altra, accuratamente imballata,<br />
arrivò a Lhasa il 6 gennaio 1741 con un<br />
viaggio avventuroso, ritardato anche da<br />
un'epidemia di vaiolo che tenne chiuse<br />
per mesi le frontiere tibetane. In compenso,<br />
mentre i missionari si trovavano<br />
nel Nepal aspettando il permesso per<br />
rientrare nel Tibet, arrivò un dispaccio<br />
che li esonerava dal controllo dei bagagli<br />
alla frontiera. Una vera benedizione!<br />
Senza quel lasciapassare, i 24 portatori<br />
che recavano in spalla pacchi di 40 kg<br />
l'uno (il massimo consentito dalle «leggi<br />
BARBARA TAGLIOLINI<br />
L'immagine di Roma nella sua epoca<br />
tardoantica ci è tramandata dalle molte<br />
fonti letterarie e dalle testimonianze archeologiche.<br />
Il cambiamento politico,<br />
sociale e religioso di questo periodo storico,<br />
segnato dal passaggio dal paganesimo<br />
al cristianesimo, si attesta nella<br />
realizzazione di grandi complessi monumentali<br />
come il palazzo di Massenzio<br />
sulla via Appia o in quella di sontuose<br />
domus in città per un'aristocrazia<br />
provinciale impiegata nell'ordinamento<br />
dell'apparato politico e amministrativo<br />
dello stato.<br />
Le nuove abitazioni con funzioni di<br />
rappresentanza che si costruirono, o si<br />
adattarono a edifici precedenti, si dislocarono<br />
in regioni come l'Alta Semita,<br />
l'Esquilino, l'Aventino, Trastevere e intorno<br />
a S. Pietro in Vincoli, dove risiedeva<br />
abitualmente ilprefettodellacittà.<br />
Le dimore di grande raffinatezza erano<br />
decorate da marmi pregiati, come<br />
appare nel disegno della basilica di<br />
Giunio Basso, eseguiti nella seconda<br />
metà del Quattrocento da Giuliano da<br />
Sangallo. L'aula basilicale, a navata<br />
unica con ampia abside sul fondo, forse<br />
utilizzata per riunioni filosofiche o<br />
come biblioteca, si componeva di un<br />
alto zoccolo, a partizione architettonica<br />
con colonne e quadri figurati, e al di<br />
sopra, in tre finestroni separati da piloni<br />
decorati. I quattro pannelli parietali<br />
superstiti in opus sectile raffigurano il<br />
ratto di Hilas da parte delle ninfe, una<br />
pompa circensis e due tigri che azzannano<br />
un cerbiatto e un vitello. Lo stesso<br />
motivo del leone che azzanna il cerbiatto,<br />
raffigurato con attente gradazioni<br />
chiaroscurali, è presente nella decorazione<br />
di un altra superba residenza<br />
suburbana a Ostia.<br />
La ricchezza dell'aula presso Porta<br />
Marina, nei suoi intarsi marmorei, è<br />
palesata da elementi ornamentali decorativi<br />
e simbolici. Lesene floreali con<br />
girali d'acanto, si dividono lo spazio<br />
con scene figurate e partiture architettoniche<br />
che nel marmo imitano la tecnica<br />
edilizia dell'opera mista di mattoni<br />
e reticolato. Scoperta nel 1959 da<br />
Giovanni Becatti venne interpretata come<br />
un luogo di insegnamento filosofico<br />
o cristiano, per la presenza di un personaggio<br />
barbato, nimbato e benedicente,<br />
identificato come un Cristo-Maestro.<br />
Tutto l'ambiente è stato ricostruito<br />
per la prima volta in occasione di una<br />
mostra allestita a Roma nel Palazzo<br />
delle Esposizioni, promossa dalla Soprintendenza<br />
ai Beni Culturali del Comune<br />
di Roma in collaborazione con la<br />
Soprintendenza Archeologica di Roma,<br />
la Soprintendenza Archeologica di<br />
Ostia, la Direzione Generale dei Monumenti,<br />
Musei e Gallerie Pontificie e la<br />
vigenti»), probabilmente sarebbero stati<br />
alleggeriti di tutto, dall'orologio da sala<br />
che «sonava le ore e i quarti», destinato<br />
al Reggente, alla «Te Deum laudamus»,<br />
la campana che si trova ancora a Lhasa,<br />
unico testimonio dell'evangelizzazione<br />
della «missione più alta del mondo».<br />
I doni furono importantissimi perché,<br />
sia il Reggente che il Dalai Lama, rilasciarono<br />
ai missionari un salvacondotto<br />
che li autorizzava a predicare liberamente<br />
la loro religione e ad accogliervi<br />
quanti ne avessero fatto richiesta. Fu il<br />
periodo più florido della missione che<br />
preparò cristiani così coraggiosi da affrontare<br />
a fronte alta scontri aperti e<br />
pubbliche condanne, come una dura flagellazione<br />
sulla pubblica piazza.<br />
Abituato alla professionalità, P. Orazio<br />
non aveva pensato solo ai complicati<br />
caratteri tipografici, ma anche a chi<br />
avrebbe potuto usarli, per cui aveva<br />
chiesto e ottenuto che lo accompagnasse<br />
Fra Paolo da Firenze, un suo confratello<br />
che da giovane pare avesse lavorato<br />
nella stamperia del Granduca di Toscana.<br />
Nella minuscola casa rimasta vuota<br />
per nove anni, e che dovettero rimettere<br />
quasi a nuovo, i missionari furono costretti<br />
a «inventare» uno spazio per la tipografia<br />
in un sottoscala angusto, ma<br />
sufficiente.<br />
Il primo lavoro finito sotto i torchi fu<br />
una riflessione del Card. Belluga sul lamaismo,<br />
che P. Orazio si permise di<br />
«aggiornare», date le sue conoscenze<br />
sull'argomento, apprese nei due anni<br />
passati con i monaci in un loro monastero.<br />
Superate non poche difficoltà e con<br />
l'aiuto determinante di P. Giuseppe Maria<br />
Benini, che a un certo punto diede<br />
una mano a Fra Paolo, il libro finalmente<br />
uscì e fu offerto al Dalai Lama e ai<br />
monaci più colti. P. Orazio mirò in alto;<br />
se fosse riuscito a far breccia nei monaci,<br />
sarebbe stato facile agire sul popolo,<br />
che dei monaci si fidava ciecamente.<br />
Purtroppo non si conosce il risultato ottenuto,<br />
ma è facile intuire che non fu<br />
eccessivamente lusinghiero, se per tre<br />
anni ai missionari si proibì perfino di<br />
avere contatti diretti con i monaci.<br />
Complesso<br />
della Villa<br />
di Massenzio<br />
sulla Via Appia<br />
con il Mausoleo<br />
di Romolo<br />
Catacomba<br />
di Priscilla:<br />
arcosolio<br />
affrescato<br />
con pastore<br />
tra animali<br />
domestici<br />
Pontificia Commissione di Archeologia<br />
Sacra: Aurea Roma — Dalla città pagana<br />
alla città cristiana, a cura di Serena<br />
Ensoli e di Eugenio La Rocca, autori<br />
anche della rielaborazione di un catalogo,<br />
edito da L'Erma di Bretschneider<br />
non certo agevole (700 pagine), ma fondamentale<br />
per lo studio dell'arte di<br />
questo periodo. La mostra, aperta fino<br />
al 20 aprile, riunisce più di 400 reperti.<br />
Tra questi, preziose argenterie, prove-<br />
nienti dal Tesoro dell'Esquilino, in pre-<br />
stito dal British Museum,<br />
e il dittico in<br />
avorio, ricomposto in<br />
occasione della mostra<br />
nelle sue due<br />
valve appartenenti,<br />
l'una al Museo di<br />
Cluny a Parigi e l'altra<br />
al Victoria & Albert<br />
Museum di Londra.<br />
Il dittico fu probabilmente<br />
realizzato<br />
per il matrimonio tra<br />
un componente della<br />
famiglia dei Simmaci<br />
con una dei Nicomaci,<br />
famiglie che detenevano<br />
le più impor-<br />
tanti cariche dell'amministrazione pubblica.<br />
Nel 382 a causa del ritiro dei sussidi<br />
statali in favore dei culti religiosi da<br />
parte di Graziano, le famiglie dei Simmaci<br />
e dei Nicomaci si fecero carico<br />
dei sacerdozi e delle spese conseguenti<br />
ai culti religiosi. I pannelli rappresentano<br />
da un lato una sacerdotessa di Bacco,<br />
caratterizzata dall'edera nei capelli,<br />
che offre il sacrificio a Giove. Nell'altra<br />
placca invece una sacerdotessa di Cerere,<br />
mentre compie delle offerte a Cibele,<br />
tenendo tra le mani due torce accese,<br />
forse complementari ad un rito notturno<br />
che sta per svolgersi.<br />
Nella città multietnica convivevano<br />
le religioni orientali antiche, come il<br />
Probabilmente dalla piccola tipografia<br />
uscì solo quest'opera, anche se è lecito<br />
pensare che i missionari abbiano stampato<br />
opuscoli di facile diffusione tra la<br />
gente. Se è vero, infatti, che Fra Paolo<br />
lasciò Lhasa con gli ultimi missionari nel<br />
1745, significa che il suo lavoro era ancora<br />
necessario anche quando si dovette<br />
fare a meno di altri confratelli: la povertà<br />
della missione non avrebbe permesso<br />
di tenere un fratello, solo per i servizi<br />
domestici.<br />
Alcuni studiosi hanno avanzato riserve<br />
sull'esattezza dei caratteri preparati a<br />
Roma con la supervisione dei missionari.<br />
Nel 1791 il dotto carmelitano P. Paolino<br />
da S. Bartolomeo diceva che essi<br />
differivano dai caratteri sanscriti adottati<br />
da secoli dai tibetani e che in quei tempi<br />
si preparavano in India, ma che erano<br />
gli stessi «nel numero, nel significato e<br />
nella pronuncia». J.J. Schmidt nel 1839<br />
sostenne invece che erano molto deformati.<br />
Per spiegare le riserve degli studiosi,<br />
va detto che P. Francesco Orazio, iniziato<br />
dai monaci alle finezze della lingua,<br />
conosceva molto bene non solo i caratteri<br />
tibetani, sia scritti che stampati, ma<br />
Affresco della catacomba<br />
dei ss. Marcellino e Pietro<br />
culto per la grande madre Cibele, con<br />
culti più recenti come quello per Iside<br />
o Mitra. Gli aristocratici potevano ricoprire<br />
cariche sacerdotali tradizionali e<br />
contemporaneamente essere iniziati alle<br />
religioni orientali come accadde al Vettio<br />
Agorio Pretestato, nella seconda metà<br />
del IV sec augure, pontefice di Vesta,<br />
pontefice del Sole, quindecemviro e ierofante<br />
di Ecate.<br />
La sopravvivenza della città e dello<br />
stesso impero era legata, per i cittadini<br />
romani, allo svolgimento<br />
delle feste tradizionali.<br />
Intorno al<br />
V sec. Papa Gelasio<br />
si scagliava ancora<br />
contro l'antichissima<br />
festa del Lupercalia.<br />
Sul Quirinale sorgeva<br />
il tempio di Serapide,<br />
il più imponente<br />
della città dopo il<br />
tempio di Venere e<br />
Roma, a cui appartengono<br />
le celebri<br />
statue dei fiumi Nilo<br />
e Tevere portate in<br />
Campidoglio. Un altro<br />
Serapeo, introdot-<br />
Uno degli intarsi marmorei dell'edificio a Porta Marina nei pressi di Ostia<br />
«Cappuccini che studiano la Bibbia»<br />
(stampa del XVII secolo)<br />
to dai Severi nel santuario di Iside, era<br />
nel Campo Marzio. La sistemazione<br />
monumentale, articolata su più piani,<br />
impiegava marmi pregiati, sculture decorative<br />
egizie, egittizzanti e greco-romane.<br />
Parallelamente si sviluppava il cristianesimo<br />
e con la crescita delle comunità<br />
cristiane si passò dai luoghi di<br />
culto occasionali, le domus ecclesiae,<br />
alla creazione delle antiche parrocchie,<br />
i tituli. Nell'area di san Martino ai<br />
Monti sorse il titolo di Equizio e Silvestro<br />
e, ai piedi del Campidoglio, quello<br />
di san Marco. Nel Liber Pontificalis si<br />
narra dell'opera di Costantino nella città.<br />
Con la madre Elena fece costruire<br />
sul Celio il complesso episcopale, in un<br />
anche il pensiero dei monaci sulla loro<br />
«sacralità». Nel Tibet si conosceva la<br />
stampa su cliché anche prima dell'arrivo<br />
dei Cappuccini, tant'è vero che questi<br />
portarono a Roma vari documenti originali<br />
scritti e stampati, conservati nel<br />
museo di Propaganda. «Le osservazioni<br />
degli studiosi — ha scritto P. John M.<br />
Lenhart — sono dovute in gran parte al<br />
fatto che nell'alfabeto tibetano ci sono<br />
lettere con molte combinazioni che non<br />
esistono nel sanscrito indiano scritto a<br />
cui essi si riferiscono».<br />
Inoltre, conoscendo il pensiero dei<br />
monaci, P. Orazio preferì stampare in tibetano<br />
classico, diverso da quello popolare,<br />
lasciando volutamente alcuni dettagli<br />
per non urtare la sensibilità dei monaci,<br />
per i quali l'alfabeto era una promanazione<br />
della natura divina. «Come i<br />
raggi del sole — dicevano — nascono<br />
dalla natura del sole, così le lettere fluiscono<br />
dalla sostanza della divinità».<br />
Era tanto il rispetto per quei segni<br />
che, quando seppero che la tipografia<br />
dei Cappuccini era stata collocata nel<br />
sottoscala del convento, biasimarono<br />
apertamente la scelta del luogo e, visitando<br />
la loro casa, si rifiutavano di salire<br />
al piano superiore «per non calpestare<br />
le sacre immagini». Comprensibile,<br />
quindi, che P. Orazio avesse lasciato volutamente<br />
dettagli che avrebbero potuto<br />
offendere religiosi così suscettibili.<br />
C'è anche da notare che, per un<br />
esperto come Fantuzzi, non sarebbe stato<br />
difficile ricopiare fedelmente le lettere<br />
trovate nei documenti portati dai missionari;<br />
se non lo fece vuol dire che gli fu<br />
detto di non farlo. E se più tardi altri lo<br />
fecero, fu perché gli intagliatori non furono<br />
più ostacolati dalle limitazioni che<br />
avevano condizionato i missionari.<br />
Un'altra osservazione riguarda l'uso<br />
che si fece dei caratteri. Anche se Kirfel<br />
dice che «essi non furono mai usati per<br />
ristampare testi originali», è certo che<br />
l'agostiniano P. Antonio Giorgi nel 1762<br />
li usò per pubblicare documenti originali<br />
con traduzione in latino, oltre che per la<br />
traduzione in tibetano di alcune preghiere<br />
cristiane. Altro uso se ne fece nel<br />
1771, stampando preghiere per la cate-<br />
Dittico in avorio dei Simmaci e dei Nicomaci<br />
grande ambiente del complesso imperiale<br />
del Sessorio la chiesa simbolo della<br />
santa Gerusalemme e organizzò il<br />
culto di san Lorenzo.<br />
In una sua tenuta sulla via Labicana<br />
realizzò una basilica ai martiri Marcellino<br />
e Pietro e un mausoleo per la madre.<br />
La basilica presenta una caratteristica<br />
forma a deambulatorio o circiforme<br />
nella quale le navate avviluppano<br />
l'abside realizzando in questo modo un<br />
ambulatorio continuo. Con questa tipologia<br />
a Roma sono note altre cinque<br />
basiliche, costruite con l'ingresso principale<br />
ad Oriente e ubicate nelle immediate<br />
vicinanze delle principali vie consolari<br />
furono utilizzate come cimiteri<br />
coperti collettivi nelle immediate vicinanze<br />
di catacombe o necropoli.<br />
In questo periodo le basiliche sono<br />
caratterizzate da elementi decorativi di<br />
reimpiego, compaiono insieme capitelli<br />
e colonne, diversi per forma e per tipo<br />
di marmo. Viene meno l'unità dell'ordine<br />
architettonico a causa della copiosa<br />
disponibilità di materiale dagli edifici<br />
in rovina e dell'acquisto, da parte<br />
degli architetti, di elementi di scultura<br />
architettonica già lavorata, di fronte alla<br />
diminuzione delle officine locali e<br />
dell'abilità tecnica delle maestranze.<br />
Già dalla seconda metà del III sec. si<br />
attesta il culto dei martiri e i fedeli si<br />
fanno seppellire presso le spoglie dei<br />
santi. Le catacombe, cimiteri sotterranei<br />
collettivi, accolgono il sonno dei loro<br />
devoti in attesa della risurrezione.<br />
Sorgono cimiteri capaci di accogliere<br />
migliaia di tombe come quello di Callisto,<br />
di Priscilla e di Novaziano. In genere<br />
i defunti sono seppelliti in loculi,<br />
raramente si riscontrano i cubicula, sepolcri<br />
più monumentali, riservati a<br />
membri di una stessa famiglia. Nell'uniformità<br />
tipologica, in linea con l'ideologia<br />
fortemente egualitaria del cristianesimo,<br />
il desiderio di distinguere la sepoltura<br />
dei propri defunti porta a «segnalarle»<br />
con la presenza di piccoli oggetti<br />
di uso quotidiano, come le lucerne,<br />
o decorativi come le valve di conchiglie<br />
o i recipienti vitrei.<br />
La pittura, uniformata alla necessità<br />
di captare il lume delle lucerne, predilige<br />
fondi bianchi, linee rosse e verdi. Accanto<br />
ai motivi iconografici stagionali e<br />
dionisiaci appaiono le immagini ispirate<br />
alla Bibbia con funzione catechetica<br />
e rare immagini simboliche come il pastore,<br />
l'orante, il filosofo e il pescatore.<br />
Nel santuario martiriale dei ss. Felice e<br />
Audatto della catacomba di Commodilla,<br />
su di un trono gemmato, al centro<br />
della composizione, siede la Vergine<br />
Maria con il Bambino in grembo. Ai<br />
suoi lati stanno i santi Felice e Audatto<br />
e in basso la defunta Turtura, madre e<br />
moglie esemplare, come è riportato nel<br />
lungo carme poetico dell'iscrizione.<br />
chesi in lingua hindi e una grammatica<br />
della stessa lingua.<br />
È anche noto che se ne servirono il<br />
cappuccino P. Cassiano Beligatti da Macerata,<br />
che aveva studiato il tibetano in<br />
un monastero di Lhasa, e il carmelitano<br />
P. Paolino da S. Bartolomeo. P. Cassiano,<br />
chiamato a Roma per fornire alla<br />
stamperia di Propaganda alcuni caratteri<br />
che mancavano, stampò con i caratteri<br />
fatti preparare da P. Orazio alcune preghiere;<br />
una grammatica sanscrita (1771)<br />
dal titolo Alphabetum Brahmanicum<br />
seu Indostanum universitatis Kasi (i.e.<br />
Benares), e finalmente, nel 1773, una<br />
grammatica tibetana (Alphabetum Tangutanum<br />
sive Tibetanum).<br />
P. Paolino li adoperò nel 1791 per il<br />
suo Alphabeta Indica id est Bramhanicum<br />
seu Samscridamico-Malabaricum<br />
Indostanum, scrivendo nella prefazione:<br />
«Chiunque desideri studiare l'indostano<br />
(o l'indi), deve avvalersi della grammatica<br />
pubblicata da Cassiano Beligatti da<br />
Macerata. Io non ho usato l'alfabeto devanagari<br />
degli inglesi, ma ho confrontato<br />
l'alfabeto di Cassiano Beligatti con altri<br />
alfabeti indiani».<br />
Forse P. Orazio pensava di servirsi<br />
della tipografia per pubblicare una sua<br />
traduzione della vita di Budda o addirittura<br />
il suo famoso dizionario tibetano,<br />
che invece fu stampato dopo la sua<br />
morte (1745), utilizzando caratteri elaborati<br />
e fusi dai missionari battisti inglesi.<br />
Questo manoscritto, che si credeva perduto,<br />
è stato ritrovato qualche anno fa a<br />
Calcutta. In antecedenza era stato pubblicato<br />
nel 1826 dal missionario battista<br />
Marsham, nella stamperia di Serampur,<br />
vicino a Calcutta.<br />
Se è vero che i missionari cappuccini<br />
non introdussero la stampa nel Tibet,<br />
conosciuta prima del loro arrivo, è vero<br />
che essi vi introdussero quella con caratteri<br />
mobili e che furono i primi a diffondere<br />
stampe ottenute con questo sistema.<br />
E se i Gesuiti, aprendo una tipografia<br />
in Bolivia, sulle rive del Lago Titicaca,<br />
hanno il primato della tipografia<br />
«più alta del mondo», i Cappuccini hanno<br />
quello di aver portato i caratteri tipografici<br />
sui passi più alti del globo, allorché<br />
scalarono i monti dell'Himalaia al<br />
seguito di carovane dissanguate dai doganieri<br />
e dai briganti.