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ERZA T PAGINA .<br />

PAGINA<br />

3 .<br />

ELZEVIRO L'importanza del greco e del latino<br />

Leggere nella lingua originale<br />

Platone e Cicerone<br />

è come prendere la vitamina C<br />

LUIGI M. PERSONÈ<br />

Il lettore non si stupisca.<br />

Cominciai il latino come per un<br />

gioco.<br />

Mi sembrò un balocco.<br />

Andò così. Forse l'avrò scritto qui.<br />

Conseguii la licenza elementare a 8<br />

anni.<br />

Sì, perché fui iscritto in prima elementare<br />

a 4 e non a 6 anni, secondo la<br />

legge.<br />

Debuttai con un sopruso, con un'ingiustizia.<br />

Fu opera di un mio prozio deputato<br />

al Parlamento che, richiestone, volle fare<br />

un piacere a mio padre.<br />

Mio padre, l'ho scritto chissà quante<br />

volte, ambiva di vedermi adulto, adulto<br />

per gli altri non per sé.<br />

Forse sarebbe stato felice di vedermi<br />

laureato a quattro anni.<br />

Ma questo non fu possibile.<br />

Si dov'è accontentare di vedermi in<br />

prima elementare a 4 anni.<br />

Sopruso e ingiustizia.<br />

Si aggiunse una disgrazia.<br />

Fui affidato ad una maestra delle «Comunali»<br />

che veniva, tutte le sere, a insegnarmi<br />

a scrivere, cominciando dalle<br />

aste.<br />

Un'ora.<br />

Appena usciva era aggredita dal babbo<br />

che voleva sapere del mio comportamento.<br />

Se la maestra gli riferiva qualcosa che<br />

non gli garbava, il babbo mi metteva<br />

per un'ora a un cantone con le braccia<br />

al sen conserte.<br />

La disgrazia fu questa.<br />

Gli esami, alla fine dell'anno scolastico,<br />

li sostenevo, da privatista, nelle pubbliche<br />

scuole.<br />

Nel passaggio dalla prima alla seconda<br />

classe ebbi tutti 10.<br />

Calamità maggiore non mi poteva capitare.<br />

Mio padre credette che quella fosse la<br />

regola.<br />

E fino alla terza liceale pretese da me<br />

quella votazione.<br />

Una follia che non poteva durare.<br />

Dovette accontentarsi di scendere fino<br />

all'8.<br />

Se, qualche volta, andavo sotto l'8<br />

erano per me guai.<br />

Non si parlava per due o tre giorni.<br />

Non un insulto, non un ceffone ma<br />

un mutismo che era quasi peggio.<br />

A 8 anni, con la licenza di maturità,<br />

come si chiamava allora la licenza elementare,<br />

dovevo iscrivermi alla prima<br />

classe del ginnasio.<br />

Il babbo si lasciò persuadere, specialmente<br />

da una sua pia sorella, sulla<br />

mia immaturità per intraprendere il ginnasio.<br />

Chiamò un sacerdote come precettore.<br />

Gli disse che in quell'anno doveva<br />

darmi un'infarinatura di latino.<br />

Eccomi a rosa-rosae.<br />

Mi misi a ripeterla come un motivetto<br />

che mi piacesse tanto.<br />

Più si procedeva e più mi divertivo:<br />

finché giunsi a una prima ginnasiale di<br />

Stato, con un professore, Innocenzo Negro,<br />

un sacerdote appena laureato.<br />

Don Innocenzo, fresco di studi, doveva<br />

farsi le ossa, come si dice; e se le fece<br />

col nostro aiuto di scolari, cercando<br />

di renderci lieta la sua missione.<br />

Se ci ripenso, mi pare che intendesse<br />

l'insegnamento proprio come una missione.<br />

Insomma, la gioia del latino la debbo<br />

a lui e a un altro professore, Fortunato<br />

Capuzzello, che ho già citato qui.<br />

Capuzzello aveva tradotto in versi italiani<br />

le virgiliane Georgiche e Bucoliche,<br />

per l'editore Loescher di Torino.<br />

Si accingeva a fare altrettanto per l'Eneide<br />

ma gli mancò il tempo.<br />

Ed eccomi al primo corso della facoltà<br />

di Lettere nell'università di Bologna.<br />

Avevo 17 anni. Il professore di latino,<br />

Giuseppe Albini, già scolaro di Giosuè<br />

Carducci.<br />

Per il volto fisico, era la fotocopia di<br />

Ugo Foscolo.<br />

Qualcuno gli rimproverava di far consistere<br />

la lezione nella sua versione dell'Eneide.<br />

Lì per lì sembrava giusto.<br />

Ma, a mano a mano che leggeva la<br />

sua traduzione, ricorreva al testo originario<br />

per farci notare come egli avesse<br />

inteso di interpretarne il senso nascosto,<br />

le finezze.<br />

Lezioni, dunque, più che istruttive.<br />

Al bravissimo Giuseppe Albini, che mi<br />

consentiva di accompagnarlo per la strada,<br />

hanno intitolato una strada a Bologna.<br />

Una strada a lui e una piazza al<br />

rettore e grecista Vittorio Puntoni, rettore<br />

e maestro di greco fin dal tempo del<br />

Carducci.<br />

Oh, eccoci al greco che mi viene sotto<br />

la penna.<br />

Se il latino mi divertiva, il greco mi<br />

strabaloccava.<br />

Alfa beta gamma. E poi, quei segni<br />

così strani. Una frenesia.<br />

Fra latino e greco me la spassavo.<br />

Quando da Bologna mi trasferii a Firenze<br />

trovai un latinista che io conoscevo<br />

già nel liceo, commentatore di mezza<br />

letteratura latina.<br />

Si chiamava Felice Ramorino.<br />

Della letteratura latina sapeva molto.<br />

Fin troppo.<br />

Ebbe la sciagurata idea di scrivere per<br />

Hoepli, un manuale di Letteratura ro-<br />

mana. «Il manualetto». Agli esami interrogava<br />

su quel manualetto.<br />

Pretendeva che lo sapessimo a memoria.<br />

Uno strazio.<br />

Per il greco non trovai a Firenze il<br />

sommo Girolamo Vitelli, andato in pensione;<br />

e nemmeno Giorgio Pasquali, grecista<br />

insigne, che, per ragioni di carriera,<br />

si trovava nell'università di Messina.<br />

Quando egli si insediò a Firenze io<br />

avevo esaurito i miei impegni per il<br />

greco col padre Ermenegildo Pistelli che<br />

si intrattenne in modo sublime su Euripide.<br />

A questo punto il mio benevolo e paziente<br />

lettore dirà: E a me che mene importa?<br />

Sono affari suoi (cioè miei).<br />

Rispondo. Se io con la mia anagrafe<br />

opulenta scrivo ancora in modo da farmi<br />

leggere, se forse opero in maniera<br />

decente, se ho un po' di giudizio lo debbo<br />

anche, o soprattutto, allo studio del<br />

latino e del greco.<br />

Sono lingue morte, si dice.<br />

Morte, perché non si parlano: ma servono<br />

a corroborare la mente e il carattere.<br />

Per riuscire in una certa maniera,<br />

specialmente per sapere governare, sono<br />

insostituibili.<br />

Sono come la ginnastica. A che serve<br />

nella vita pratica?<br />

A tenere elastici i muscoli, a dare forza<br />

all'organismo fisico.<br />

Tanti anni dopo mi avrebbe detto<br />

queste cose la regina Margherita quando<br />

mi ricevé nel quartiere della Meridiana,<br />

a palazzo Pitti, a Firenze.<br />

La regina Margherita aveva appreso il<br />

latino da Marco Minghetti.<br />

Si sentiva quello studio dal suo modo<br />

di ragionare.<br />

I suoi discorsi non erano improvvisati<br />

ma ponderati; tanto meno, i suoi giudizi.<br />

Sull'epistolario Margherita - Minghetti<br />

ha scritto Lilla Lipparini, figlia del poeta<br />

bolognese.<br />

Ed ora una leccornia che non so<br />

quanto mi faccia onore.<br />

Laureato nel 1923 a Firenze, a 21 anni,<br />

fui presentato al dotto latinista barnabita<br />

padre Domenico Bassi, famoso<br />

per i suoi studi su Seneca e su sant'Agostino.<br />

Ebbi non so se la furberia o l'audacia<br />

di presentarmi parlando in latino.<br />

Egli, rettore del famoso collegio fiorentino<br />

«Alla Querce» forse ne rimase<br />

sorpreso.<br />

Fatto sta che mi assunse immediatamente.<br />

Ora sento — spero che siano voci false<br />

— che vogliono ridurre l'insegnamento<br />

degli studi classici, sono lingue morte,<br />

ahinoi, si dice.<br />

Ci pensino questi riformatori. Riflettano.<br />

Si richiamino alle considerazioni di<br />

gente seria e famosa.<br />

Semmai se ne lasci approfondire lo<br />

studio.<br />

Io debbo quella che chiamano la mia<br />

«vivacità» in questa opulentissima anagrafe,<br />

proprio allo studio di quelle lingue<br />

«morte».<br />

Lingue morte che ravvivano, che insegnano<br />

a stare al mondo con una certa<br />

dignità. Magari ad arrivare sulla soglia<br />

dei cento anni onorevolmente, anche se<br />

umilmente.<br />

Insomma, leggere nell'originale Platone<br />

e Cicerone è come prendere la vitamina<br />

C.<br />

L'OSSERVATORE ROMANO Mercoledì 24 Gennaio 2001<br />

In un recente volume di Pietro Addante<br />

Una chiara analisi dell'antropologia rosminiana<br />

AMBROGIO G. MANNO<br />

Con il volume La centralità della persona<br />

in Antonio Rosmini, Filosofia Etica<br />

Politica Diritto (Edizioni Spes), Pietro<br />

Addante offre un'analisi ampia e<br />

profonda del pensiero di Rosmini sulla<br />

persona umana. La sua ricerca si svolge<br />

su tutte le opere del Roveretano, dal<br />

Nuovo Saggio sulle origini delle idee alla<br />

Teosofia, e porta alla luce tutte le dimensioni<br />

della persona umana, dalla costituzione<br />

fisiologica all'antropologia generale,<br />

all'agire morale, al diritto, alla<br />

politica, alla sociologia, alla metafisica,<br />

alla religione e al soprannaturale.<br />

Come il sistema filosofico-teologico di<br />

Rosmini è il più poderoso del pensiero<br />

cattolico nei tempi moderni, così la persona<br />

umana, che ne costituisce la perla<br />

del Roveretano, è stata analizzata nella<br />

maniera più sistematica, da costituire a<br />

tutt'oggi un quadro di riferimento per<br />

tutti i problemi che si agitano nella nostra<br />

travagliata epoca.<br />

Il merito di Addante consiste specialmente<br />

nell'avere penetrato le profondità<br />

del pensiero rosminiano sulla persona<br />

umana e nell'averle portate alla luce in<br />

una trattazione sistematica, precisa e rigorosa,<br />

in modo che gli studiosi, e<br />

quanti vogliano conoscere «ciò che è<br />

l'uomo» per Rosmini, possono avere in<br />

quest'opera il quadro completo e adeguato.<br />

Il volume di Addante cade quanto<br />

mai opportuno nell'attuale momento<br />

culturale del «pensiero malato», come<br />

egli, in sintonia con Rosmini, si esprime,<br />

perché, crollati tutti «i grandi sistemi del<br />

passato», l'umanità si trova di fronte a<br />

un «vuoto culturale» tra i più tragici del-<br />

I «notturni» nell'arte dal XV al XIX secolo<br />

Con la fine del Romanticismo<br />

la luna tramontò sulla pittura<br />

LUCIANA FRAPISELLI<br />

«Il Bambino, il fuoco, la luna, la<br />

candela», un titolo inusuale per un libro,<br />

saremmo tentati di pensare si tratti<br />

di un romanzo misterioso, horror,<br />

come vanno di moda al momento attuale,<br />

o per lo meno di gusto romantico,<br />

tenebroso. Invece non è così: le tenebre<br />

però c'entrano, e il sottotitolo ce<br />

lo spiega: «I notturni nella pittura».<br />

L'autore, Umberto Nobile, medico, nipote<br />

del celebre aeronauta che sorvolò<br />

per due volte il Polo, si è dedicato in<br />

età matura alla storia dell'arte, ed ha<br />

pubblicato questo prezioso volumetto<br />

(edito da EdUP, Edistampa, Roma,<br />

1999) con puntigliosa precisione ed ampia<br />

informazione (schede biografiche e<br />

ricca bibliografia), intraprendendo un<br />

«viaggio notturno» nella pittura dal<br />

1450 al 1880.<br />

Nell'Introduzione l'autore dice di essersi<br />

ispirato ad una mostra svoltasi<br />

nel lontano 1940 a Hartford nel Connecticut<br />

e ad una del 1990-'91 all'Ashmolean<br />

Museum di Oxford. Il titolo<br />

si riferisce alle fonti di luce presenti<br />

nelle pitture notturne: il Bambino è Gesù<br />

Bambino, dal quale, nelle numerose<br />

«Natività» si irradia una luce soprannaturale,<br />

il fuoco, il «frate foco» di san<br />

Francesco, la luna, «l'occhio della notte»<br />

come l'aveva definita Esiodo, e infine<br />

la candela, la torcia, la lucerna.<br />

Il Bambino. Già nel Medioevo, nella<br />

Legenda aurea di Jacopo da Varagine<br />

era scritto che alla nascita di Gesù l'oscurità<br />

della notte si era trasformata<br />

nella luce del giorno, e s. Brigida di<br />

Svezia nelle sue Rivelazioni dice che da<br />

Gesù neonato si era diffusa una luce<br />

miracolosa. Nel 1423 Gentile da Fabriano<br />

nella sua celebre «Adorazione dei<br />

Magi» in un riquadro della predella dipinse<br />

la «Natività» con un cielo pieno<br />

di stelle ed uno spicchio di luna; Geertgentot<br />

Sint Jans (Gherardo di san Giovanni),<br />

fiammingo, qualche anno più<br />

tardi creò una «Santa Notte» che è un<br />

capolavoro di delicatezza; Giovanni Gerolamo<br />

Savoldo, bresciano, fu l'autore<br />

di tre Adorazioni dei Pastori: nella prima<br />

la luce emana soltanto dal Bambino,<br />

nella seconda le sorgenti di luce sono<br />

quattro: il Bambino, l'angelo, la luna<br />

e il fuoco, fuoco che si ritrova anche<br />

nella terza che è conservata in una<br />

collezione privata a Roma.<br />

Ma la più famosa «Natività» è «La<br />

notte»del Correggio (del 1530 circa), ora<br />

la storia, in quanto gli attuali «epigoni»<br />

del razionalismo e del positivismo si accaniscono<br />

nello smantellare «le costruzioni<br />

onnirisolutive» dei loro antenati,<br />

ma non sanno sostituire ad esse elementi<br />

validi e costruttivi, sicché «si agitano<br />

nel vuoto», carenti di principi etici, giuridici,<br />

politici, sociali, scientifici.<br />

Rosmini, grande metafisico, altissimo<br />

teologo, mistico profondo, ma anche<br />

mente vastissima nelle scienze, maestro<br />

di diritto, esperto in economia, fine diplomatico,<br />

sociologo premuroso del bene<br />

delle persone singole e dei popoli, ha<br />

tessuto su ciascuno di questi aspetti della<br />

persona umana un sistema di dottrine,<br />

di principi, di fenomenologia, oggettivo,<br />

«razionale», inequivocabile. Addante,<br />

nei nove capitoli in cui la sua opera<br />

si dispiega, ci presenta con analisi chiare,<br />

rigorosamente filologiche, le articolazioni<br />

dell'antropologia rosminiana e le<br />

scolpisce con viva partecipazione ed eloquente<br />

apologetica.<br />

Non possiamo neanche sommariamente<br />

entrare nell'analisi dei singoli argomenti.<br />

Ci limitiamo a due temi di più<br />

larga risonanza e densi di insegnamenti<br />

illuminanti per l'attuale situazione politica<br />

dell'umanità, che Addante ha messo<br />

in rilievo in quest'opera: 1) L'organizzazione<br />

democratica della società civile; 2)<br />

La costruzione dell'ordine internazionale<br />

con la «federazione» degli Stati dell'Europa,<br />

e gradualmente giungere ad una<br />

«società universale» mediante «la federazione<br />

di tutti gli Stati», fondata sui diritti<br />

umani. Sono temi sfuggiti spesso a<br />

molti ermeneuti.<br />

La «democrazia», che Rosmini teorizzava<br />

e auspicava, non era quella «limitata<br />

e astratta» della Dichiarazione dei di-<br />

Correggio,<br />

«La notte» (1530)<br />

Michael Wutky,<br />

«Vista notturna<br />

sul golfo di Napoli»<br />

(primi dell'800)<br />

JosephWrightofDerby, «Girandola a Castel S. Angelo» (1775)<br />

a Dresda, che fu pagata dal committente<br />

Alberto Pratonero «libre duecentootto<br />

di moneta vecchia reggiana per una tavola<br />

che Maestro Antonio da Correggio<br />

mi promette di fare in tutta excellentia<br />

dove sia depinto de Natività del Signore<br />

Nostro». Barenson affermò che Correggio<br />

non fu superato da nessuno nei giochi<br />

e contrasti delle luci. Anche Vasari<br />

nel 1538 si cimentò con il tema della<br />

nascita di Gesù «fingendo una notte illuminata<br />

dallo splendore di Cristo nato,<br />

circondato da alcuni pastori che l'adoravano»<br />

come scrisse egli stesso; il<br />

dipinto si trovava a Camaldoli.<br />

In Germania il tema della Natività<br />

fu trattato da Albrecht Altdorfer in due<br />

dipinti, uno a Vienna e l'altro a Berlino:<br />

il secondo fu definito «die kleine<br />

Caravaggio, «Natività» (1609)<br />

ritti del 1789, ma la democrazia della<br />

persona umana nella sua integralità,<br />

cioè promotrice e garante di tutte le dimensioni<br />

dell'uomo, di tutti i diritti della<br />

persona, «portatrice dei diritti» (cfr tutto<br />

il cap. 7).<br />

Rosmini non concepiva la democrazia<br />

come «istituzione politica», come «contratto<br />

sociale storico», quale ancora oggi<br />

qualche noto giurista si ostina a definirla,<br />

ma la vedeva nel suo fondamento<br />

metafisico e teologico e in quell'«Ordo<br />

aeternus» stabilito da Dio nella creazione<br />

dell'uomo (p. 41), per cui l'uomo ha<br />

uno «statuto ontologico».<br />

La democrazia perciò per Rosmini assume<br />

un potere e un dovere ontologico<br />

e metafisico, antropologico e teologico,<br />

perché aspetto di quell'essere morale<br />

dell'uomo, che deve coniugare «l'essere<br />

ideale con l'essere reale» e tradurlo in<br />

concreta realtà storica.<br />

In secondo luogo Rosmini, uomo di<br />

azione qual egli era, oltre che studioso<br />

instancabile, operava perché gli ideali di<br />

giustizia e di libertà si realizzassero.<br />

La statura eccelsa di questo pensatore<br />

si misura dalle sue idee politiche di «largo<br />

raggio». In un'Italia divisa da secoli<br />

in tanti «principati», come si potrebbero<br />

chiamare realisticamente; in un'Europa<br />

vissuta per secoli in guerre fratricide di<br />

proporzioni sempre più ampie; in un<br />

mondo costituito di Continenti lontani<br />

ed eterogenei e di popolazioni nella stragrande<br />

maggioranza ancora primitive e<br />

arretrate, Rosmini, quasi «pensatore dei<br />

nostri giorni», propugnava «la federazione<br />

europea sulla base della grande tradizione<br />

cristiana», e auspicava una «federazione<br />

di tutti i popoli della Terra sulla<br />

base dei diritti umani» (cap. 9).<br />

heilige Nacht» (la<br />

piccola Santa Notte).<br />

Nell'«Adorazione<br />

dei pastori» di Francesco<br />

Bassano, figlio<br />

di Jacopo (sembra<br />

che i Bassano nei loro<br />

«notturni» fossero<br />

i primi ad usare il<br />

motivo del lume di<br />

candela) introdusse<br />

nello sfondo la figura<br />

di un ragazzo che<br />

soffia sul fuoco, motivo<br />

che sarà ripreso<br />

molte volte nel '600<br />

da El Greco, Lievens,<br />

Honthorst, Terbruggen,<br />

La Tour.<br />

La luna appare<br />

per la prima volta in un «notturno» di<br />

Adam Elsheimer nella mirabile «Fuga<br />

in Egitto» (olio su rame del 1609), mentre<br />

in una splendida tela del Guercino<br />

intitolata «Paesaggio con carrozza» l'astro<br />

non è visibile ma è suggerito dal<br />

colore blu cobalto che inonda l'intera<br />

scena. Lo stesso colore investe tutta la<br />

scena della «Festa notturna a S. Pietro<br />

di Castello» del Canaletto, dove però<br />

appare anche la luna semivelata da<br />

una bianca nuvoletta.<br />

Abbiamo menzionato più sopra il lume<br />

di candela: a proposito del lume di<br />

una lampada esiste un'opera dello<br />

scozzese David Allan del 1775 che ci<br />

piace citare perché emblematica: essa<br />

illustra la nascita leggendaria dell'arte<br />

della pittura: una fanciulla di Sicione<br />

che amava un giovane in procinto di<br />

partire, per conservarne il ricordo, ne<br />

tracciò il profilo proiettato sul muro<br />

dalla luce di una lucerna.<br />

Alla fine del '500 Tintoretto però non<br />

usa un'unica fonte di luce, ma molteplici,<br />

per esempio nell'«Ultima Cena»<br />

nella chiesa di s. Giorgio Maggiore a<br />

Venezia, la luce proviene dal lampadario<br />

sospeso al soffitto, dalle aureole degli<br />

Apostoli e da quella abbagliante di<br />

Cristo. Dice l'autore del volume: «È<br />

possibile che Tintoretto nelle sue pitture<br />

con molteplici fonti di luce si sia ricordato<br />

del “Martirio di s. Lorenzo” di<br />

Tiziano del 1548-49 nella chiesa dei Gesuiti<br />

a Venezia».<br />

Lasecentesca«Natività»o «Adorazione<br />

dei pastori» del Caravaggio nel MuseoNazionaledi<br />

Messina è differente da<br />

quelle degli altri pittori: la luce non<br />

emana dal Bambino, ma tutti i personaggi<br />

sono illuminati da una luce lateralecheprovienedadestra<br />

e va a mettere<br />

in evidenza la figura della Vergine<br />

rannicchiata col Bambino avvolto<br />

in cenci: «È la sola Adorazione angosciosa<br />

della pittura italiana» annota<br />

l'autore, ben diversa dalla poetica «Natività»<br />

del bolognese Mastelletta nella<br />

Galleria Nazionale di Parma in cui la<br />

luce proveniente da uno squarcio fra le<br />

nuvole scure va ad illuminare nell'angolo<br />

in basso a sinistra il minuscolo<br />

gruppo della Madonna che abbraccia il<br />

Bambino.<br />

Benché Caravaggio non abbia avuto<br />

allievi, furono suoi seguaci numerosi<br />

pittori specialmente stranieri, nei Paesi<br />

Bassi soprattutto a Utrecht, da Dirk<br />

van Baburen a Hendrich Terbruggen, il<br />

già citato Elsheimer, Gerrit van Honthorst<br />

(più conosciuto col soprannome<br />

di Gherardo delle Notti) che creò una<br />

«Natività» in cui appare una candela<br />

che non dà luce, che simboleggia le cose<br />

terrene di fronte alla grandezza della<br />

luce divina che emana dal Bambino<br />

Gesù; suo era anche un bel quadro<br />

(che nel volume è riprodotto in fotografia)<br />

rappresentante «San Giuseppe falegname»<br />

già nella chiesa di s. Silvestro<br />

sopra Montecompatri, ma purtroppo<br />

trafugato.<br />

Il lorenese George de la Tour fu un<br />

grande pittore di scene a lume di candela:<br />

sua è la misteriosa «Maddalena<br />

penitente» in cui la candela è raddoppiata<br />

dall'immagine riflessa nello specchio.<br />

Ma esiste anche un «Maestro della<br />

Candela» (o Maestro Giacomo) conosciuto<br />

a Roma soltanto per una «Pietà»<br />

nella chiesa di S. Maria in Aquiro.<br />

Il grande Rubens eseguì una decina<br />

di versioni dell'«Adorazione dei pastori»<br />

e una «Fuga in Egitto» in cui sentì l'influenza<br />

dell'omonimo soggetto di Elsheimer.<br />

Anche l'altro grande del '600,<br />

Rembrandt, si cimentò spesso con dipinti<br />

a lume di candela («Negazione di<br />

S. Pietro» a Tokyo), dal nimbo del Salvatore<br />

(«Resurrezione» a Monaco), da<br />

Tintoretto,<br />

«Ultima Cena» (1592)<br />

una lanterna («Adorazione dei pastori»<br />

anch'essa a Monaco) etc.<br />

Il '700 non fu un secolo propizio per<br />

i «notturni», eccettuato qualche esempio<br />

di Giovanni Maria Crespi («Pastorale<br />

notturna»), Magnasco («Gesù cade<br />

sottolaCroce»)e il già citato Canaletto.<br />

Fu invece con l'avvento del Romanticismo<br />

che la notte esercitò una forte attrazione<br />

su poeti (Inni alla notte di Novalis,<br />

Le notti di Edward Young, Leopardi)<br />

e musicisti («I notturni» di Chopin,<br />

l'aria «Casta Diva» di Bellini etc.).<br />

Per ciò che riguarda i pittori, un magnifico<br />

esempio è la «Vista notturna sul<br />

golfo di Napoli» dell'austriaco Michael<br />

Wutky dei primi dell'Ottocento, in cui<br />

la luna che si affaccia fra le nuvole diffonde<br />

un lucore argenteo su tutto il<br />

quadro. Da citare le creazioni del gran-<br />

Appuntamenti<br />

culturali<br />

Roma, 24 gennaio<br />

Concerto perilnuovoanno<br />

Musiche di Debussy, Ravel e<br />

Gerschwin saranno eseguite, il<br />

24 gennaio alle ore 21, presso il<br />

Centro Saint-Louis de France, in<br />

occasione del «Concert de Nouvel<br />

An».<br />

Roma, 25 gennaio<br />

Inaugurazione<br />

dell'Anno Accademico<br />

all'Università «Roma Tre»<br />

Il 25 gennaio alle ore 10.30,<br />

presso l'Aula Magna del Rettorato<br />

dell'Università «Roma Tre»,<br />

si terrà la cerimonia di inaugurazione<br />

dell'Anno Accademico<br />

2000-2001.<br />

Milano, 26 gennaio<br />

Henri Cartier-Bresson<br />

«Henri Cartier-Bresson fotografo»<br />

è il titolo della mostra che<br />

sarà aperta, a Palazzo dell'Arengario,<br />

dal 26 gennaio al 18<br />

marzo.<br />

Parma, 27 gennaio<br />

George de La Tour,<br />

«S. Sebastiano<br />

curato da Irene»<br />

(1649)<br />

Gherardo delle Notti,<br />

«San Giuseppe falegname» (1616)<br />

de Turner e quelle di Caspar Friedrich,<br />

romantico per eccellenza, che nella<br />

«Notte di luna sul Baltico» contrappone<br />

gli attrezzi da pesca e le imbarcazioni,<br />

simboli delle fatiche della vita umana,<br />

alla luce della luna che qui simboleggia<br />

la divinità.<br />

Con la fine del Romanticismo tramonta<br />

anche la luna. Altre fonti di luce<br />

illuminano i dipinti di Ippolito Caffi<br />

(«La fiera dei moccoletti» del 1852), di<br />

Joseph Wright of Derby («Vesuvio in<br />

eruzione», «Girandola a Castel S. Angelo»),<br />

di Goya (Fucilazione del 3 maggio<br />

1808» eseguito nel 1814, in cui un fanale<br />

illumina la tragica scena).<br />

«Verdi Festival 2001»<br />

Il 27 gennaio alle ore 20.30, nel<br />

Duomo, l'esecuzione della<br />

«Messa da Requiem» di Verdi,<br />

diretta da Valery Gergiev, inaugurerà<br />

le manifestazioni del<br />

«Verdi Festival 2001».

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