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ERZA T PAGINA .<br />
PAGINA<br />
3 .<br />
«Ariel», dell'uruguaiano José E. Rodó, in edizione bilingue<br />
Un'opera che ha alimentato<br />
lo sviluppo morale e culturale<br />
della gioventù latino-americana<br />
GAETANO MASSA<br />
Le popolazioni ispanoamericane erano<br />
state legate alla Spagna, politicamente<br />
e culturalmente, durante tutto il periodo<br />
coloniale. Con l'indipendenza e la<br />
formazione di nuove singole nazioni essesentironolanecessitàdifornirsi<br />
di una<br />
cultura più autentica che rispecchiasse<br />
le loro caratteristiche e l'ambiente in cui<br />
vivevano. Non bastava aver conquistato<br />
la libertà politica, bisognava crearsi una<br />
letteratura propria, alimentata da un linguaggio<br />
nuovo che interpretasse pienamente<br />
la realtà americana.<br />
* * *<br />
Verso la fine del secolo XIX si evidenziò<br />
nelle Americhe la nascita di un nuovo<br />
impero, quello della Federazione degli<br />
Stati Uniti, che si avviava ad occupare<br />
il vuoto lasciato dalla Spagna. Quando,<br />
nel 1889, scoppiò la guerra tra gli<br />
Stati Uniti e la Spagna, quest'ultima,<br />
sebbene avesse già perso la maggior<br />
parte dei suoi possedimenti, veniva ancora<br />
considerata una potenza europea.<br />
La vittoria fulminea degli Statunitensi,<br />
impressionò la gioventù ispanoamerica-<br />
na a tal punto da<br />
far nascere in essa<br />
il desiderio di conoscere<br />
meglio<br />
questa nuova potenza<br />
e di studiarla<br />
e possibilmente<br />
imitarla. Fu una<br />
vera Nordomanía<br />
disse lo scrittore<br />
uruguaiano José<br />
Enrique Rodó: «La<br />
potente Federazione<br />
sta realizzando<br />
tra di noi una sorta<br />
di conquista<br />
morale. L'ammirazione<br />
per la sua<br />
grandezza e per la<br />
sua forza è un<br />
sentimento che<br />
avanza a passi di<br />
gigante nello spiri-<br />
to dei nostri dirigenti e ancor più forse<br />
nello spirito delle moltitudini, sensibili al<br />
fascino dell'impressione della vittoria. E<br />
dalla ammirazione si passa attraverso<br />
una facile transizione, alla imitazione».<br />
Per Rodó, accettare la superiorità dei<br />
modelli di vita americana e cercare di<br />
imitarli, implicava l'accettazione di nuove<br />
dipendenze.<br />
Per impedire che ciò avvenisse, Rodó<br />
nel 1900 scrisse per la gioventù latinoamericana<br />
il suo capolavoro: Ariel (Ariele<br />
nella versione italiana).<br />
Oggi, a cento anni dalla pubblicazione<br />
della prima edizione, ritorna alla luce,<br />
per la prima volta in veste bilingue spagnola-italiana<br />
una nuova edizione (José<br />
Enrique Rodó: Ariel, edizione, introduzione,<br />
bio-bibliografia e indici a cura di<br />
Martha L. Canfield. Traduzione di Diego<br />
Símini, Firenze, Alinea Editrice, pp. 228,<br />
Lire 35.000).<br />
Enrique Rodó è uno degli scrittori tra<br />
i più rappresentativi della generazione<br />
latino-americana del Novecento letterario.<br />
Le sue opere, lette e studiate in<br />
quasi tutte le scuole superiori dei Paesi<br />
latinoamericani, ebbero una decisiva influenza<br />
sulla formazione intellettuale<br />
della gioventù. Diceva: «Ritengo che<br />
parlare alla gioventù di argomenti nobili<br />
ed elevati, di qualunque genere, sia una<br />
sorta di oratoria sacra. Sono anche convinto<br />
che lo spirito della gioventù sia un<br />
terreno fertile nel quale il seme di una<br />
parola opportuna, di solito germoglia in<br />
breve tempo, dando i frutti di una vegetazione<br />
immortale».<br />
Rodó nacque a Montevideo il 15 luglio<br />
1871, da genitori appartenenti all'alta<br />
società cittadina che inculcarono in<br />
lui sin dai primi anni dell'infanzia, l'amore<br />
per il sapere. Considerato un bambino<br />
prodigio, sotto la guida della sorella<br />
maggiore, Isabel, all'età di quattro anni<br />
imparò a leggere e scrivere ed a consultareilibrinellabiblioteca<br />
dei genitori.<br />
Ad undici anni venne iscritto al prestigioso<br />
istituto privato Elbio Fernández,<br />
dove nel giornale studentesco da lui fondato<br />
insieme al compagno di scuola Milo<br />
Beretta, pubblicò i suoi primi saggi<br />
biografici su Benjamin Franklin e Simón<br />
Bolivár. Nel 1895, si rivelò maestro della<br />
sua generazione con articoli pubblicati<br />
sulla Rivista Nazionale di Letteratura e<br />
Scienze Sociali di cui fu fondatore e codirettore<br />
(con Víctor Pétit e Daniel e<br />
Carlos Martínez Vígil).<br />
Rodó ha diretto anche la Biblioteca<br />
Nazionale, ed è stato docente universitario<br />
e Deputato al Parlamento.<br />
* * *<br />
Come politico, scrive Martha Canfield,<br />
nell'introduzione di Ariele: «Non<br />
essendo né socialista, né anarchico, l'unico<br />
sistema politico in cui ritiene che si<br />
possa dare spazio allo sviluppo e al miglioramento<br />
della condizione umana è la<br />
democrazia. La democrazia va migliorata,<br />
va educata, per liberarla dai pericoli<br />
che covano nel suo seno». (Cfr Ariele p.<br />
21-22). Nel 1906, in Uruguay viene emanata<br />
una legge che impone il ritiro dei<br />
crocefissi dagli ospedali pubblici. Rodó<br />
si indigna di fronte all'estremismo di<br />
una simile misura che denuncia uno spi-<br />
José Enrique Rodó<br />
rito intollerante. Si duole dell'aggressione<br />
che il ritiro dei crocifissi infligge ai<br />
credenti, e ancor più del fatto che un<br />
non credente possa sentirsi offeso dalla<br />
presenza di un'icona che evoca semplicemente<br />
«il più grande e puro modello<br />
di amore e di abnegazione umana».<br />
Ariel è un'opera in cui l'autore espone<br />
la sua filosofia neo-idealista. In essa<br />
egli contrappone Calibán, genio del male<br />
ad Ariel, genio del bene, due personaggi<br />
de La tempesta di Shakespeare.<br />
Ariel ed anche alcuni altri lavori successivi,<br />
furono intesi da Rodó come testi di<br />
insegnamento. Nell'Ariel, il maestro Prospero<br />
(cioè Rodó) preoccupato per il<br />
sorgere delle nuove teorie utilitaristiche,<br />
prive di ideali, che cominciavano a<br />
prendere il sopravvento nelle nuove Nazioni<br />
Americane, cerca di arginarle, inculcando<br />
nei suoi discepoli il desiderio<br />
di un miglioramento individuale e collettivo<br />
attraverso il culto della bellezza e la<br />
ricerca della verità. Diceva: «Io ritengo<br />
innegabile che colui che ha imparato a<br />
distinguere il delicato dal volgare, il<br />
brutto dal bello, si trovi a metà strada<br />
per distinguere il male dal bene».<br />
Ariel ebbe vasta risonanza in tutto il<br />
continenteamericano. Divenne subito<br />
una sorta di<br />
guida spirituale<br />
per la gioventù.<br />
«È stato uno dei<br />
primi tentativi di<br />
dare anima e corpo<br />
alla definizione<br />
di una identità<br />
ispanoamericana i<br />
cui fondamenti<br />
storici ed estetici<br />
non sono tramontati»,<br />
si legge nel<br />
sommario introduttivodell'edizione<br />
italiana.<br />
* * *<br />
Ed ebbe un successo<br />
notevole an-<br />
che in Spagna, do-<br />
ve per tutto l'Ottocento, una continua<br />
ed accanita polemica recriminatoria aveva<br />
diviso e mantenuto ostili e sospettosi<br />
delle rispettive intenzioni gli Spagnoli e<br />
gli Ispanoamericani. Rodó, Darío e tanti<br />
altri scrittori del Modernismo Americano<br />
auspicavano un ritorno ideale alla<br />
vecchia patria, fonte primaria della propria<br />
cultura. E, dalla Spagna, Menéndez<br />
y Pelayo e Miguel de Unamuno, assieme<br />
ad altri scrittori della generazione del<br />
'98, valutavano con profonda comprensione<br />
l'originalità delle letterature americane.<br />
In esse vedevano la continuità dei più<br />
alti valori iberici e della latinità.<br />
Ariel fu recensito dallo scrittore Clarín<br />
(pseudonimo di Leopoldo Alas), uno dei<br />
maggiori critici letterari del secolo<br />
XVIII, il quale ne fece pubbliche lodi<br />
nel giornale El Imparcial del 23 aprile<br />
1900. La recensione fu poi inclusa a mo'<br />
di prefazione nella seconda edizione dell'Ariel.<br />
Nel 1917, l'Editrice Cervantes di<br />
Valencia-Barcelona, iniziò la pubblicazione<br />
delle opere complete di Rodó, cui<br />
seguirono altre di diverse Case Editrici<br />
nelle quali erano incluse le opere che<br />
più si avvicinavano alle teorie espresse<br />
nell'Ariel. Due soprattutto a mio parere:<br />
Motivos de Proteo, scritta nel 1909; geniale<br />
applicazione della filosofia di Berson<br />
ad un ideale di vita attiva e contemplativa<br />
insieme (Renovarse es vivir) e El<br />
Camino de Paros: cronache dei viaggi<br />
che Rodó inviava alla rivista argentina<br />
di Buenos Aires, Caras y Caretas.<br />
Esse per lo più trattano del suo soggiorno<br />
italiano, uno dei Paesi al quale si<br />
ispirava il maestro Prospero dell'Ariel,<br />
punto di confluenza delle due grandi<br />
correnti spirituali cui la nostra civiltà deve<br />
la sua inesauribile fertilità: la classica<br />
e la cristiana.<br />
Rodó morì in ospedale di Palermo il<br />
1° maggio 1917. Era arrivato sofferente<br />
il 3 aprile ed aveva alloggiato all'Hotel<br />
des Palmes, ultima tappa del suo viaggio<br />
in Europa.<br />
Una lapide commemorativa, collocata<br />
al di fuori dell'edificio ricorda in lingua<br />
spagnola: Qui visse e scrisse le ultime<br />
pagine nel 1917 l'insigne scrittore uruguaiano<br />
José Enrique Rodó.<br />
El Camino de Paros, pubblicato postumo<br />
nell'originale spagnolo fu tradotto<br />
in italiano dal professor Riccardo Campa<br />
ed incluso nella collana di monografie<br />
sui paesi dell'America Latina, editi a<br />
Milano dalla Editrice Sipac, 1963.<br />
Il 31 ottobre di quest'anno, l'edizione<br />
italiana dell'Ariel è stata presentata all'istituto<br />
Italo Latino Americano di Roma<br />
ad un folto pubblico di ispanisti, che<br />
hanno apprezzato le novità apportate<br />
dai curatori sia nel testo originale che<br />
nella versione italiana. Il traduttore Diego<br />
Símini, ha saputo mantenere «l'alto<br />
registro linguistico, la ricca scelta lessicale<br />
e l'ampio ritmo del discorso rodoniano».<br />
La curatrice, Martha Canfield,<br />
ha liberato il testo dai molti refusi presenti<br />
nelle antiche edizioni; una sua introduzione<br />
esplicativa precede il testo ripristinato<br />
ed un'accurata bibliografia ed<br />
un notiziario di nomi, fanno di questa<br />
edizione un modello da imitare per la ristampa<br />
dei classici.<br />
L'OSSERVATORE ROMANO Lunedì-Martedì 15-16 Gennaio 2001<br />
Caravaggio<br />
«Riposo durante<br />
la fuga in Egitto»<br />
Cosmè Tura<br />
«Polittico Roverella»<br />
Bramantino<br />
«Fuga in Egitto»<br />
Il riquadro dipinto<br />
dal Beato Angelico<br />
per decorare<br />
l'«Armadio<br />
degli argenti»<br />
Il tema della «Fuga in Egitto» nell'interpretazione di grandi maestri della pittura<br />
Dal delicato lirismo di Duccio<br />
alla soffusa luminosità di Lorrain<br />
MARIA ANTONIETTA PAVESE<br />
Faceva parte della grande pala della «Maestà» duccesca,<br />
piccolo scomparto inserito fra gli altri della<br />
predella a riassumere, con delicato lirismo e lieve tocco<br />
di pennello, la pagina evangelica della «Fuga in<br />
Egitto».<br />
Un sintetismo narrativo, quello dell'evangelista,<br />
magistralmente espresso con accento poetico da Duccio,<br />
e riproposto, circa un secolo e mezzo dopo, dal lineare<br />
grafismo dell'Angelico.<br />
Quarantadue centimetri per quarantaquattro la superficie<br />
impiegata da Duccio per tradurre in immagini<br />
il conciso brano di Matteo (dal sogno di Giuseppe<br />
all'avvio dei fuggiaschi su una terra tutta dirupi e<br />
asprezza); poco più di 38 cm. per 37 quella del prezioso<br />
riquadro destinato dal Frate di Fiesole all'«Armadio<br />
degli argenti»; ariosa pagina pittorica rigorosamente<br />
contenuta nell'essenzialità del racconto accentrato<br />
sull'immagine eterea della Vergine e sostenuto<br />
dalla morbidezza di soffuse tonalità cromatiche. Limpido<br />
lo squarcio di cielo aperto all'orizzonte: una strisciasottilemasufficienteadare<br />
profondità alla scena.<br />
Rupi brune e castelli, invece, torri quadrangolari,<br />
mobilità di nuvole in un cielo che sembra già adombrato<br />
dal primo calare della sera nella superba tavola<br />
realizzata dal Bramantino per il Santuario della Madonna<br />
del Sasso in Locarno. Uno sfondo composito<br />
su cui sembrano staccarsi con maggior vigore i personaggi<br />
posti in primo piano secondo un simmetrico<br />
schema compositivo: un immaginario triangolo al cui<br />
vertice troneggia la malinconica figura della Vergine<br />
col Bimbo.<br />
Ai lati, Giuseppe e l'Angelo. Morbidissimo, caldo il<br />
giuoco del panneggio che dalle esili spalle di Maria<br />
scivola a modellarne e ad avvolgerne il corpo in un<br />
viluppo soffice di pieghe; preziosi i valori cromatici.<br />
Dipinta nel secondo decennio del Cinquecento questa<br />
stupenda tavola, ricca di un'atmosfera vagamente<br />
sognante, sembra voler aprire nell'arco dell'attività<br />
bramantiniana una pausa di riposante distensione<br />
narrativa.<br />
Affascinato dallo stesso tema era stato anche Michael<br />
Pacher che nell'eseguire il grandioso trittico per<br />
Il tema della fuga nell'interpretazione pittorica di Murillo<br />
Claude Lorrain «Paesaggio con la fuga in Egitto»<br />
È morto Luigi Broglio<br />
È morto domenica 14 Luigi Broglio, pioniere<br />
dell'astronautica italiana. Aveva 90 anni.<br />
Broglio è stato l'artefice del «Progetto San<br />
Marco», che portò nel 1964 l'ltalia a mettere<br />
in orbita un satellite, dopo gli U.S.A. e l'Unione<br />
Sovietica.<br />
Alla fine della seconda guerra mondiale,<br />
mentre insegnava nella Facoltà di Ingegneria<br />
dell'Università di Roma, lo scienziato aveva<br />
fatto, primo in Italia, esperimenti di propulsione<br />
spaziale. Successivamente Broglio istituì<br />
lanuovacattedradiIngegneria aereospaziale.<br />
Dopo il lancio del satellite, il «San Marco<br />
1», avvenuto nel poligono americano di Wallops<br />
il 15 dicembre 1964, Broglio installò una<br />
base di lancio a Malindi, nel Kenya. Da quel<br />
luogo, in 30 anni di attività, sono stati eseguiti<br />
27 lanci — tra razzi-sonda, e vettori per la<br />
messa in orbita di satelliti — tutti riusciti.<br />
Una recente raccolta di liriche segnate dalla ricerca di un'autenticità dimenticata dall'uomo moderno<br />
Quella vuota maschera tecnologica da eliminare<br />
SABINO PALUMBIERI<br />
L'amore della sapienza, o conoscenza<br />
dei significati della realtà, è l'anima della<br />
ricerca scientifica, che è conoscenza<br />
dei fenomeni. Oggi c'è una ipertrofia di<br />
questa, ma un depotenziamento di quella.<br />
L'amore della sapienza — chiamata<br />
dagli antichi philo-sophía — si raggiunge<br />
o con la via rationis o con la via<br />
amoris. Maria D'Alessio Donnarumma<br />
da anni è impegnata in questa sua sofferta<br />
ricerca della verità sul piano della<br />
ragione come docente universitaria.<br />
Ora, con il libro Vedere dal cuore (ed.<br />
Gribaudi), riappare anche sulle strade<br />
del sentimento vibratile della poesia....<br />
La letteratura è la ricerca dei significati<br />
della vita, adoperando tutte le potenze<br />
dell'anima, anzitutto quelle della<br />
fantasia e del sentimento. Il cuore, accanto<br />
all'intelletto e alla volontà, costituisce<br />
l'attitudine radicale dello spirito<br />
ad esplorare la verità... È la scoperta<br />
della bellezza, intesa come armonia cosmica<br />
dell'infinitamente grande e dell'infinitamente<br />
piccolo, che è la radicale terapia<br />
alle disarmonie e alle lacerazioni,<br />
alle monotonie e agli squallori del nostro<br />
tempo del frattempo.<br />
L'uomo di oggi ha tutto e pur difetta<br />
di tutto, perché gli manca il senso del<br />
tutto. Le appendici o le prolunghe elettroniche<br />
dalla mente si moltiplicano e si<br />
affinano negli innumerevoli impulsi digi-<br />
la chiesa di sankt Wolfgang sull'Abersee (considerato<br />
come una fra le «più importanti creazioni artistiche<br />
del periodo tardogotico»), volle inserire in uno dei<br />
battenti della predella la scena tratta dal brano evangelico.<br />
Di fantasia fiabesca il paesaggio con quello<br />
strano castello arroccato su un masso roccioso nettamente<br />
stagliato sull'orizzonte aperto: uno sfondo che<br />
pur armonizzando con l'atmosfera teneramente poetica<br />
della scena, trova un voluto contrasto nell'espressione<br />
rassegnata e quasi dolorosamente presaga<br />
di Maria.<br />
Era quello lo stesso periodo in cui a Ferrara, raffinata<br />
sede della corte Estense, operava instancabilmente<br />
attivo Cosmè Tura, Nel dipingere per la chiesa<br />
ferrarese di san Giorgio fuori le Mura il prestigioso<br />
«Polittico Roverella» (oggi smembrato) egli ne arricchì<br />
la predella con un prezioso tondo ove con il suo linguaggio<br />
tormentato, scarno, dalla grafia pungente e<br />
dal colorismo tutto lucentezza di smalto, visualizzò la<br />
scena secondo un suo personalissimo sentire.<br />
Sullo sfondo di un tramonto sanguigno isolò i fuggiaschi<br />
e li pose tra rupi aspre. Vivificò l'asinello dotandolo<br />
di una mobilità scattante: una scudisciata<br />
nervosa della coda, uno scarto (che si indovina improvviso),<br />
un chinarsi quasi a fiutare il suolo tutto<br />
lastre pietrose. E accanto, forse a frenare tanto dinamismo,<br />
l'alta, ieratica figura di Giuseppe; una figura<br />
sottile, perfettamente inserita con il suo asciutto verticalismo<br />
nella linea curva del cerchio. Abbandonato<br />
al sonno nel nido delle braccia materne, il Bambino.<br />
Figure tutte che sembrano scolpite nella pietra dura,<br />
tanto nervosa e incisiva si manifesta anche qui la<br />
grafìa di Cosmè. Figure morbide ricavate da contrasti<br />
di luce e d'ombra quelle ideate dal Murillo per dar vita<br />
allo stesso brano narrativo: docile, mansueto l'asinello<br />
velloso paziente nel suo andare lento; e, come<br />
sempre nella pittura dell'artista sivigliano, di una bellezza<br />
calma e serena il volto purissimo della Vergine<br />
chino a vegliare il sonno del piccolo Gesù.<br />
Al fascino del tema aveva ceduto anche il tedesco<br />
Elsheimer. Famoso per le sue pitture su rame, per i<br />
suoi paesaggi e per i suoi innovativi «notturni», egli<br />
non aveva esitato a far muovere i fuggiaschi sotto la<br />
volta di un cielo scuro punteggiato da miscroscopiche<br />
stelle. Dell'ombra compatta del bosco si era servito<br />
per dare volume ad un fondale cupo fortemente elevato<br />
quasi a voler inghiottire le figure dei personaggi in<br />
fuga. Opera, questa, di intensa poesia, da collocare<br />
forse tra le ultime realizzate dall'artista.<br />
Alla forza convincente di questo individualissimo<br />
linguaggio non rimase estranea l'arte di Claude Lorrain.<br />
Lo stesso amore per la natura, lo stesso interesse<br />
per gli effetti di luce. Alla luce Lorrain lasciò il posto<br />
di protagonista assoluta in quel «Paesaggio con la<br />
Fuga in Egitto» firmato e datato 1663, dipinto su commissione<br />
del principe Lorenzo Colonna. Per questa<br />
grande tela l'artista ideò un tramonto rosato caldo di<br />
luminosità soffusa: la sparse tutt'attorno, ne riscaldò<br />
i rami delle querce, la amalgamò alle acque del fiume,<br />
la mise in contrasto con le zone d'ombra, e infine<br />
la accese di balenanti riflessi per dare maggior incisività<br />
al gruppo dei fuggiaschi: piccole figure pennellate<br />
con abile tocco sicuro.<br />
Pochi anni prima, quando Lorrain era ancora agli<br />
inizi della sua carriera, nella Cappella di Villa Sacchetti,<br />
a Castel Fusano, operava Pietro da Cortona.<br />
Non ancora trentenne e già «pittore ufficiale della<br />
corte Pontificia», e lì decorò le pareti della Cappella<br />
con una serie di affreschi che, ricchi di aperture spa-<br />
tali. Le sinapsi neurologiche dell'uomo<br />
si intrecciano con gli algoritmi tecnologici.<br />
Egli diventa così un animale tecnocefalo.<br />
Si sta costituendo una natura razionale<br />
nuova alla ricerca della realtà<br />
virtuale, che induce desideri e bisogni,<br />
che plasma motivazioni e progettazioni.<br />
È la fisionomia del cosiddetto neantropo.<br />
Viaggia su Internet e poi ignora se<br />
stesso. Si sente potente nel ricercare dati<br />
e si coglie impotente nella sintesi dei<br />
significati. Si vede più attrezzato e si coglie<br />
più minacciato. Comunica con tutto<br />
il mondo ed è vittima di notizie spesso<br />
inventate da una informazione che è<br />
manipolazione.<br />
Hans Jonas, filosofo tedesco e allievo<br />
di Heidegger, sintetizza così il dramma<br />
del nostro tempo: «Io tremo davanti a<br />
questa situazione: oggi il massimo del<br />
potere dell'uomo coesiste e coincide col<br />
massimo di vuoto dei valori; e il massimo<br />
di capacità della scienza coincide col<br />
minimo di capacità della sapienza».<br />
Ora, per riacquistare la sapienza la<br />
condizione indispensabile è quella di rieducare<br />
l'animale tecnocefalo alla verità<br />
dell'uomo. Che è quanto dire riportare<br />
l'uomo alla sua autenticità. E questo esige<br />
l'operazione della eliminazione della<br />
maschera o nudatio. In questa raccolta<br />
di scintille del cuore, tutto si impernia<br />
attorno alla condizione così sintetizzata:<br />
«via la toppa e il cerone», nel tentativo<br />
di emigrare con la nudità dell'anima. In<br />
queste coordinate si snodano i temi diversi<br />
innervati nel quotidiano, mai considerato<br />
banale, ma sempre esplorato da<br />
parte del cuore che vede più della ragione:<br />
dalla Gatta Misha all'Amita magna,<br />
all'Ambulante del Senegal, alla Ballerina<br />
del Moulin Rouge.<br />
L'arte è creazione. È ri-creazione di<br />
un reale riplasmato. È il momento in<br />
cui l'iconicità teomorfa dell'uomo si rivela<br />
in forma privilegiata. L'uomo, cioè,<br />
è immagine somigliantissima di Dio,<br />
perché modellata sul Creatore eterno.<br />
Questi dal niente crea. L'uomo, invece,<br />
ri-crea e plasma. E le forme del bello si<br />
rimettono a vibrare nel concerto del cosmo<br />
profondo. Ma la poesia, proprio<br />
perché è ricreazione di una realtà che<br />
non è idilliaca, è sempre drammatica.<br />
Porta il sigillo dello spirito, che è luceombra,<br />
slancio-timore, gaudio-dolore.<br />
La nostra esploratrice del cuore vede,<br />
in questo quadro, nell'incanto amalfitano<br />
una «singolare armonia d'Eliso ed Inferi»<br />
come riflesso del «bipolare paesaggio<br />
dell'anima». E così, la sonda esplorativa<br />
dell'arte affonda nell'area dell'infanzia<br />
violentata e tradita. E il cuore corre<br />
alla figura di Nicholas, l'innocente trafitto,<br />
di una bimba rapita, della mamma<br />
scomparsa, di una città — la sua città<br />
— due volte ferita...<br />
Immagini vivide, scultoree, lucenti<br />
originano dalla notte del cuore che soffre.<br />
E l'enigma incalza e chiede come in<br />
ziali e di chiare tonalità cromatiche, sembrarono portare<br />
all'interno il riflesso della natura. Episodi tutti<br />
inerenti alla vita di Gesù, fra i quali non poteva mancare<br />
quello dei fuggiaschi in terra d'Egitto.<br />
Una concezione nuova, questa cortonesca, con quel<br />
lento avanzare tra una folta cornice di cespugli, di rami,<br />
di fronde, in un'atmosfera di cui sembra poter<br />
percepire il silenzio del bosco rotto soltanto dal frusciare<br />
delle foglie e dal precipitare di uno spumoso<br />
salto d'acqua.<br />
Ancora tronchi e fogliame vibratile nel bellissimo<br />
dipinto su rame (oggi ad Asburgo) eseguito dal Cortona<br />
una quindicina d'anni più tardi per raffigurare un<br />
momento di «Sosta nella fuga». Era il 1643.<br />
Con un salto indietro nel tempo, lo stesso «momento<br />
di sosta» era stato descritto con vibranti note di lirismo<br />
dal pennello caravaggesco. Un Caravaggio giovane,<br />
di non ancora vent'anni, che aveva saputo affrontare<br />
il tema con sorprendente sensibilità e immediatezza.<br />
Dettaglio su dettaglio, il dipinto si impone:<br />
la bisaccia di Giuseppe, la grossa fiasca impagliata, le<br />
ali chiuse dell'angelo intento a suonare il violino, lo<br />
spartito musicale sorretto dal vecchio fuggiasco la cui<br />
stanchezza è segnata sul volto scavato, la pietra porosa<br />
posta ai suoi piedi, e i piedi gonfi che si indovinano<br />
dolenti per il lungo andare, il fogliame rossastro<br />
bruciato dal freddo, tutto viene od essere elemento<br />
preparatorio di un insieme che nel sonno di Maria,<br />
vinta da reale stanchezza, trova il vero protagonista<br />
della scena.<br />
Un protagonismo di natura astratta capace di dar<br />
vita ad un brano pittorico di elevata poesia. Il sonno<br />
è lì: visibile nella bellissima testa reclinata sulla testina<br />
bionda del Bambino; è concentrato, addirittura<br />
palpabile, in quell'affusolata mano destra scivolata<br />
inerte dal grembo e abbandonata a se stessa. Il resto<br />
è atmosfera. In ogni epoca, con diverso stile, con individuale<br />
sensibilità interpretativa, lo scarno ma incisivo<br />
brano di Matteo tradotto visivamente ha dato vita<br />
od opere pittoriche quasi sempre inserite nelle «storie»<br />
della vita di Gesù. Pagine narrate attraverso la<br />
magìa del colore, a volte sussurrate, a volte rese incisive<br />
dal segno forte, ma sempre e comunque sostenute<br />
da un substrato di più o meno percepibile, malinconica<br />
poesia.<br />
un sussurro: ma è possibile essere uomo<br />
in un mondo di maschere e scempi? E,<br />
ancora più radicalmente, esplode dalle<br />
«basiliche del Nulla» la tentazione del nichilismo,<br />
subito superata dall'affermazione<br />
dell'essere che vince sul niente,<br />
del bene che vince sul male, dalla luce<br />
che vince la tenebra. Il páthos e il lógos<br />
qui si intrecciano e si rincorrono. La loro<br />
lotta produce gemme sempre verdi di<br />
immagini che narrano il dramma di<br />
un'anima che si addentra nella realtà<br />
con lo scandaglio del sentimento e sullo<br />
sfondo della ragione aperta all'Assoluto.<br />
Ed ecco il grido dagli abissi a Colui<br />
che, sul chiaroscuro, si rivela come il<br />
«dolce Signore», «tenero come Mamma»,<br />
che asciuga le lacrime e rischiara<br />
il buio. E fa compiere la pasqua come<br />
passaggio da morte a vita, nell'esperienza<br />
emblematica del cuore diventato Porziuncola<br />
sotto il terso cielo di Assisi...<br />
La poesia di Maria D'Alessio Donnarumma<br />
qui apre al mistero che ci avvolge.<br />
E si fa profezia di speranza, «azzurra<br />
promessa nel cuore dell'ulivo». Questo<br />
cifrario divino si connette e si ricompone,<br />
facendosi volto di Chiara, sul cui<br />
sfondo si intravede quello di Francesco.<br />
C'è in questa poesia un chiaro atto della<br />
fede come consegna all'eterno Amore. E<br />
la fede non è facile, ma ci fa felici. È la<br />
fede nel Dio dell'uomo e nell'uomo, sia<br />
pure povera, ma vera immagine del Dio<br />
vivente. È questo il filo d'oro che sottende<br />
a tutte le liriche.