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ERZA T PAGINA .<br />

PAGINA<br />

3 .<br />

Cento anni dalla nascita di Natalino Sapegno<br />

Un umanista esemplare<br />

per serietà e misura<br />

MARIO GABRIELE GIORDANO<br />

Negli anni cinquanta, quando il senso<br />

dell'autorità e del rispetto era ancora<br />

positivamente vivo, anche a causa del<br />

generalizzato prestigio di cui la categoria<br />

poteva ancora fregiarsi, bastava la<br />

presenza di un normale professore universitario<br />

per suscitare in un giovane un<br />

misto di soggezione e di ammirazione.<br />

È quindi facile immaginare come la<br />

soggezione potesse addirittura tradursi<br />

in trepidazione e l'ammirazione in venerazione<br />

quando si fosse eventualmente<br />

trattato di uno studioso di larga fama<br />

autore per altro di testi considerati quasi<br />

vangelo nel corso degli studi.<br />

Fu con questi sentimenti che molti di<br />

noi studenti della facoltà di lettere ci recammo<br />

una mattina nella Sala «De Sanctis»<br />

dell'Università di Napoli all'annunzio<br />

che Natalino Sapegno vi avrebbe tenuto<br />

una conferenza. L'occasione e il tema<br />

di quel lontano incontro si sono ormai<br />

perduti tra le nebbie della memoria<br />

ma non quel nome e le vive emozioni<br />

che accompagnarono l'avvenimento.<br />

L'illustre oratore parlò forse per più<br />

di un'ora con un tono freddo, uguale,<br />

quasi meccanico. Il suo volto affilato e<br />

severo non tradì l'ombra di un'emozione.<br />

La sua figura, quasi fosse quella del<br />

Farinata che ci proveniva dalle fresche<br />

letture dantesche, «non mutò aspetto /<br />

né mosse collo, né piegò sua costa».<br />

Tutto questo, in verità, ci deluse profondamente.<br />

Abituati al ciclonico e cordiale<br />

temperamento di quel pur rigoroso<br />

maestro che era Giuseppe Toffanin e ancora<br />

pieni di quell'entusiasmo per le lettere<br />

che nel fervore giovanile aveva bene<br />

o male determinato la nostra scelta<br />

sulla via degli studi, quella sorta di glaciale<br />

estraneità non solo al palpitante<br />

calore umano che in noi lo circondava<br />

ma anche al contenuto del suo stesso discorso<br />

ci parve un tradimento.<br />

Naturalmente, ognuno per proprio<br />

conto e in relazione alle individuali esperienze,<br />

abbiamo tutti nel tempo ricomposto<br />

in un giudizio quell'emotiva reazione<br />

che comunque coglieva, anche se<br />

in modo distorto due effettive qualità di<br />

Natalino Sapegno, una dell'uomo: l'aristocratico<br />

distacco, l'altra dello studioso:<br />

l'assidua vigilanza razionale.<br />

Ma, a cento anni dalla nascita, avvenuta<br />

ad Aosta il 10 novembre 1901, e a<br />

undici dalla morte, avvenuta a Roma<br />

l'11 aprile 1990, egli appartiene ormai<br />

alla storia della cultura italiana e si va<br />

quindi sempre più allontanando dall'impertinenza<br />

dell'aneddotica e dal condizionamento<br />

di più o meno umorosi ricordi<br />

personali.<br />

Certo è che il suo nome ha tenuto il<br />

campo per lunghi decenni anche al di<br />

fuori dei confini segnati dalla specificità<br />

dei suoi interessi culturali e con risonanze<br />

forse spesso maggiore rispetto a quella<br />

toccata a studiosi non meno meritevoli<br />

di lui.<br />

Formatosi nello stimolante clima della<br />

Torino del tempo, egli ne assorbì i più<br />

positivi umori anche di natura civile in<br />

presenza di figure come quelle di Gramsci<br />

e di Togliatti da un lato e di Gobetti<br />

dall'altro. Fu comunque il programma<br />

di quest'ultimo ad attrarlo in una diretta<br />

e attiva partecipazione tanto che «La Rivoluzione<br />

Liberale» si arricchì di una<br />

sua non occasionale collaborazione su<br />

temi che per altro rivelano un'ampia<br />

gamma di interessi culturali ed etico-civili<br />

vissuti in uno spirito fondamentalmente<br />

crociano.<br />

Fin da questa stagione e soprattutto<br />

in relazione alla produzione più propriamente<br />

letteraria che si presenta subito<br />

copiosa e ricca di fermenti, il crocianesimo<br />

di Sapegno non va in ogni modo inteso<br />

come passiva adesione a un criterio<br />

estetico o metodologico bensì come esigenza<br />

di una dimensione essenzialmente<br />

morale e di una strenua serietà di ricerca.<br />

Si tratta, in altre parole, di quella<br />

scientificità, di quella «coscienza vigile e<br />

obiettiva» che risultano già evidenti nei<br />

primi studi su Jacopone da Todi, sul<br />

movimento francescano, su Cecco Angiolieri,<br />

sul Dolce stil novo e su tanti altri<br />

aspetti e figure della letteratura trecentesca.<br />

Sulla sola base del saggio su Frate Jacopone<br />

uscito nel 1926, uno studioso come<br />

Federico Chabod poteva intanto già<br />

salutare in lui un ingegno «chiaro, limpido,<br />

quadrato e saldamente fondato».<br />

La notevole massa di interventi sul secolo<br />

troverà ad ogni modo con Il Trecento<br />

la sua sistemazione e il suo coronamento.<br />

L'opera, uscita nel 1933 nella<br />

collezione Vallardi, veniva a sostituire la<br />

trattazione di quel grande secolo della<br />

letteratura italiana operata ottant'anni<br />

prima da Adolfo Bartoli e successivamente<br />

da Guglielmo Volpi.<br />

La sua pubblicazione rappresentò<br />

quindi un significativo evento culturale<br />

che valse oltre tutto a consacrare in maniera<br />

alta e definitiva il nome dell'autore<br />

nel mondo della critica letteraria. Venne<br />

così, nel 1936, anche la cattedra universitaria<br />

di letteratura italiana che egli coprirà<br />

prima a Palermo e poi a Roma dove<br />

resterà per tutta la sua carriera fino<br />

al 1976.<br />

Nella nuova e più favorevole situazione,<br />

il lavoro critico ed esegetico di Sapegno<br />

continuerà senza posa passando da<br />

Boccaccio ad Ariosto, da Poliziano a<br />

Machiavelli, da Manzoni a De Sanctis,<br />

da Leopardi a Pascoli, da Carducci a<br />

Deledda. A conferirgli tuttavia la mag-<br />

giore notorietà sono state due opere destinate<br />

alla scuola: il Compendio di storia<br />

della letteratura italiana e la cura<br />

della Divina Commedia.<br />

Il Compendio, uscito in tre volumi tra<br />

il 1936 e il 1947, si impose subito nella<br />

scuola italiana con straordinaria ampiezza<br />

tanto da apparire un punto di riferimento<br />

obbligato.<br />

Esso di fatto si presenta con il distinto<br />

pregio di una rara compattezza metodologica<br />

mentre tocca vertici davvero<br />

esemplari per acume critico e gusto di<br />

lettura in alcuni capitoli come in particolare<br />

quelli dedicati a Petrarca, a Machiavelli,<br />

a Tasso, a Manzoni, a Leopardi,<br />

a Verga.<br />

Sempre su un piano di alta possibilità,<br />

la cura della Divina Commedia sembra<br />

invece nettamente più valida in termini<br />

didattici che in termini scientifici. Attuata<br />

nei tre volumi corrispondenti alle<br />

cantiche dantesche, essa uscì tra il 1955<br />

e il 1957 e, forse anche a rimorchio della<br />

precedente opera, conobbe una fortuna<br />

analoga a quella toccata al Compendio.<br />

Il lavoro è senza dubbio di enorme<br />

portata per ampiezza di informazione e<br />

perspicuità esegetica ma non rivela decise<br />

prese di posizioni sia in ordine ai particolari<br />

che in ordine al complessivo disegno<br />

del Poema.<br />

Dal pur ricco contesto di annotazioni,<br />

di riferimenti e di discussioni non emerge,<br />

in sostanza, con sufficiente evidenza<br />

un Dante di Sapegno ma anzi fa spesso<br />

capolino un Dante attardatamente romantico<br />

soprattutto per quanto riguarda<br />

il rilievo conferito ai personaggi a danno<br />

della compatta struttura generale.<br />

Nel 1944, egli si era intanto scritto al<br />

partito comunista italiano da cui si allontanò<br />

nel 1956 in seguito ai fatti di<br />

Ungheria anche se mai smentirà la sua<br />

inclinazione al marxismo.<br />

C'è però da osservare che queste pubbliche<br />

prese di posizione non sembrano<br />

trovare un significativo riflesso nella sua<br />

attività critica, come dimostrano le opere<br />

scritte a cavallo di quegli anni che rivelano<br />

una sostanziale continuità di metodo<br />

e di prospettive, e tanto meno nella<br />

concreta realtà della sua vita che resta<br />

quella di uno studioso estremamente<br />

schivo e riservato.<br />

C'è quindi da supporre che non sia<br />

stata estranea alla sua «conversione» al<br />

marxismo una sorta di accerchiamento<br />

psicologico tipico di quegli anni soprattutto<br />

in un ambiente accademico come<br />

quello di Roma mentre in lui restava essenzialmente<br />

ferma la lontana lezione<br />

del Foscolo e del De Sanctis unita a<br />

quella più vicina e viva del Croce.<br />

C'è chi, anche in occasione della ricorrenza<br />

centenaria, ha lamentato un<br />

caduta d'interesse per l'opera di Sapegno<br />

con un conseguente impoverimento<br />

degli stimoli culturali. Certo, almeno per<br />

quanto riguarda la scuola, la generalità<br />

dei testi succeduti a quelli dello studioso<br />

aostano non è in grado di reggere al paragone,<br />

ma è inevitabile che le cose si<br />

muovano anche se spesso a ritroso.<br />

Di lui tuttavia molto resta valido non<br />

solo come elemento di cultura storicamente<br />

acquisito ma anche come sollecitante<br />

esempio di serietà e di misura, come<br />

modello di sapiente equilibrio, che<br />

ha per altro trovato la sua migliore e<br />

più efficace mediazione in una singolare<br />

cifra stilistica che, per lucidità e decoro,<br />

non può che essere definita classica.<br />

Attilio Momigliano, riferendosi al suo<br />

Trecento, ebbe a dire di lui: «È uno studioso<br />

temeratissimo, misuratissimo [...].<br />

con quella specie superiore del buon<br />

senso che corrisponde all'umanità sana<br />

ed al gusto retto [...]. Si sente nelle sue<br />

inclinazioni qualche cosa di classico e<br />

una continua difesa contro gli eccessi».<br />

Si tratta di un giudizio che può essere<br />

agevolmente esteso ad ogni altro momento<br />

del suo lungo lavoro e che quindi<br />

suona anche riconoscimento e lode di<br />

una non comune coerenza.<br />

L'OSSERVATORE ROMANO Domenica 21 Gennaio 2001<br />

Inaugurato a Roma l'«Istituto Casa Sollievo della Sofferenza — Mendel»<br />

Da una donazione di Luigi Gedda un nuovo impulso per la ricerca genetica<br />

MAURIZIO FONTANA<br />

Il Beato Padre Pio e Luigi Gedda: due vite luminose<br />

che, pur nella differenza delle vocazioni, hanno<br />

provvidenzialmente incrociato i loro passi. La<br />

cronaca ne dà felice testimonianza: è stato infatti<br />

inaugurato a Roma, giovedì 18 gennaio, il nuovo<br />

Istituto Casa Sollievo della Sofferenza-Mendel, ovvero:<br />

lo storico istituto di ricerca genetica fondato<br />

dal prof. Gedda nel 1953 (fu il primo istituto di genetica<br />

in Italia, prima cattedra di genetica medica<br />

e prima scuola di specializzazione nella materia),<br />

profondamente ristrutturato negli ambienti e rinnovato<br />

nelle attrezzature scientifiche, trova nuova vita<br />

grazie al legame e agli investimenti della Fondazione<br />

Casa Sollievo della Sofferenza — Opera di<br />

Padre Pio. Fu lo stesso Gedda a volere tale unione<br />

quando, nel 1997, donò alla Fondazione il suo istituto<br />

attraverso il quale aveva lasciato tracce indelebili<br />

nella storia della ricerca scientifica italiana.<br />

L'inaugurazione ufficiale del nuovo istituto —<br />

che si propone all'attenzione del mondo scientifico<br />

come punto di riferimento per la ricerca, la formazione<br />

e il dibattito etico in un settore tanto delicato<br />

della medicina — si è svolta nella storica sede di<br />

Viale Regina Margherita, arricchita dagli interventi<br />

del Card. Angelo Sodano, Segretario di Stato, del<br />

Card. Fiorenzo Angelini, del Vescovo Ausiliare di<br />

Manfredonia-Vieste Riccardo Ruotolo e del prof.<br />

Arcipelago delle Orcadi: il «Broch di Gurness» a Mainland<br />

Un viaggio nell'arcipelago scozzese delle Orcadi<br />

Tra resti di villaggi preistorici e imponenti megaliti<br />

sulle dolci colline che conobbero il dominio vichingo<br />

FRANCO PELLICCIONI<br />

In un rigido inverno di alcuni anni<br />

fa, provenendo dalle più settentrionali<br />

isole Shetland, giungemmo nello splendido<br />

arcipelago delle Orcadi. In «tempo<br />

reale» volevamo verificare lo iato che si<br />

era andato sottolineando tra i due arcipelaghi<br />

scozzesi. Constatandone le situazioni,<br />

una dopo l'altra, dopo i possibili<br />

mutamenti che gli isolani avevano<br />

dovuto fronteggiare, a causa dello<br />

sfruttamento delle riserve di petrolio e<br />

gas nel Mare del Nord.<br />

Dall'aereo immediata avemmo la<br />

percezione delle radicali differenze che,<br />

morfologicamente, contraddistinguevano<br />

gli arcipelaghi. Se le Shetland erano<br />

montagnose, caratterizzate da un ambiente<br />

aspro e duro, le Orcadi sembravano<br />

l'esatto contrario: terreni pianeggianti,<br />

paesaggi ondulati, colline dolci,<br />

senza evidenti spigolosità. Anche se altrettanto<br />

frastagliate e punteggiate da<br />

penisole, baie e profonde insenature,<br />

erano le linee costiere delle isole.<br />

Le oltre settanta isole (di cui solo 17<br />

abitate da ca. 20.000 individui), con<br />

un'area poco più estesa della Provincia<br />

di Pistoia, rappresentano un autentico<br />

paradiso per archeologi e naturalisti.<br />

Testimonianze di un passato, più o meno<br />

lontano, e attrattive naturalistiche,<br />

entrambe profuse a piene mani, vanno<br />

sapientemente a braccetto.<br />

La più grande delle isole, Mainland,<br />

di per sé è un autentico microcosmo<br />

dell'intero arcipelago. Possiamo visitare<br />

villaggi preistorici e imponenti megaliti.<br />

O addentrarci all'interno di immense<br />

tombe ipogee. Oppure osservare gli abbondanti<br />

resti della presenza colonizzatrice<br />

vichinga: antichi insediamenti medievali,<br />

palazzi di Vescovi e Jarls (Earls,<br />

cioè Conti) e, a Kirkwall, capoluogo<br />

dell'arcipelago, la grandiosa cattedrale<br />

di St. Magnus (1137). O possiamo interessarci<br />

al pirata John Gow di Stromness,<br />

la cui breve attività finì miseramente<br />

nel 1725, quando lui e i suoi uomini<br />

penzolarono da una forca londinese.<br />

O arrivare infine al nostro secolo:<br />

al monumento a Kitchener, a Marwick<br />

Head (qui davanti affondò la sua nave),<br />

e a Scapa Flow.<br />

Bruno Dallapiccola, Direttore scientifico del nuovo<br />

istituto. Erano inoltre presenti l'Arcivescovo Sergio<br />

Sebastiani, i Vescovi Elio Sgreccia e Luigi Sposito,<br />

e numerose autorità civili.<br />

Chiaramente il ricordo del prof. Gedda, morto lo<br />

scorso 26 settembre, è stato al centro di questo appuntamento:<br />

«È doveroso elevare un pensiero di<br />

gratitudine sentita e commossa al compianto ed indimenticabile<br />

prof. Luigi Gedda», ha affermato il<br />

Card. Sodano nel suo intervento, nel quale ha associato<br />

il nome dell'illustre scienziato a quello altrettanto<br />

illustre dell'abate Gregorio Mendel: «Nostro<br />

dovere è continuare nel solco finora tracciato e far<br />

sì che questo nuovo istituto di ricerca sia davvero<br />

al servizio dell'uomo, dell'umanità sofferente».<br />

Parole semplici ma significative nel tracciare i<br />

contorni di un'opera che si propone — ha ricordato<br />

il Card. Sodano — come «uno dei tanti contributi<br />

che i cattolici italiani offrono alla Nazione con<br />

profondo spirito di collaborazione con le istituzioni<br />

pubbliche per il bene della gente».<br />

Del resto l'attenzione alla gente, e in particolar<br />

modo all'umanità sofferente, fu al centro, per vie<br />

differenti, dell'opera delle due grandi figure alle<br />

quali è legato questo nuovo importante polo di ricerca<br />

medico-scientifica: Padre Pio e Luigi Gedda.<br />

Una fotografia all'ingresso dell'istituto ritrae i<br />

due insieme, nel 1957, a S. Giovanni Rotondo, in<br />

occasione del primo anniversario dell'Ospedale vo-<br />

Il porticciolo<br />

dell'isola<br />

settentrionale<br />

di Papa<br />

Westray<br />

L'insediamento<br />

neolitico<br />

di Skara Brae<br />

Popolato dai vichinghi nel corso del<br />

loro grande movimento verso Ovest e<br />

Sud-Ovest, l'arcipelago ha conosciuto<br />

precedenti ondate colonizzatrici, fin<br />

dall'epoca preistorica. Numerosi sono i<br />

resti di insediamenti neolitici e dell'età<br />

del bronzo, come l'insediamento di<br />

Skara Brae (ca. 3200 a.C.), sulla costa<br />

occidentale di Mainland.<br />

Nel 1850 una violenta tempesta<br />

strappò all'abbraccio plurisecolare della<br />

sabbia e dell'oblio dell'uomo quello<br />

che immediatamente apparve come un<br />

complesso insediamento in pietra, localizzato<br />

nelle immediate adiacenze di<br />

una spiaggia esposta a tutti i rigori dell'Atlantico.<br />

Allo stesso modo di Pompei,<br />

improvvisamente fu abbandonato dagli<br />

abitanti, che sul posto lasciarono le cose<br />

più preziose. La gente non ritornò<br />

più nel villaggio, che gradatamente andò<br />

ricoprendosi di uno spesso manto<br />

sabbioso.<br />

Altre eccellenti testimonianze preistoriche<br />

riguardano i megaliti situati sul-<br />

l'istmo che separa, nella Mainland cen-<br />

tro-occidentale, il loch di<br />

Harray da quello di Stenness:<br />

l'anello di Brodgar<br />

(forse un osservatorio<br />

astronomico o un centro<br />

cerimoniale) e le Standing<br />

Stones di Stenness risalenti,<br />

rispettivamente, al 2800<br />

e al 3000 a.C.<br />

Le Standing Stones un<br />

tempo erano dodici (ora ne<br />

rimangono solo quattro, la<br />

più alta raggiunge i 5 m);<br />

quelle di Brodgar sessanta<br />

(sono ora 27). Queste ulti-<br />

Un popolo dell'età del ferro innalzò,<br />

tra il 200 a.C e il 100 d.C., numerose<br />

torri di guardia (brochs). Stupende opere<br />

murarie alte anche 12 m, con un<br />

diametro fino a 18 m. Torri utilizzate,<br />

sia come postazioni elevate per allarmare<br />

gli insediamenti in caso di invasioni<br />

dal mare, che per proteggere all'interno,<br />

o nelle immediate adiacenze,<br />

coloro che vi si erano rifugiati. Situate<br />

nei pressi di campi coltivati, erano<br />

spesso dotate di pozzi. Sono un centinaio<br />

i brochs esistentisolonelleOrcadi.<br />

Come è accaduto per altre isole e arcipelaghi<br />

atlantici, anche in questo caso<br />

monaci irlandesi (Papae) anticiparono<br />

l'arrivo dei Finn-gaill («stranieri<br />

bianchi»), cioè dei vichinghi. Che giunsero<br />

nelle isole intorno al 780, nel corso<br />

dei loro spostamenti d'oltremare. In nome<br />

del re Harald Bellachioma, i Vichinghi<br />

presero possesso dei vari arcipelaghi,<br />

arrivando fino all'isola di Man<br />

ed alle Ebridi, solo durante una spedizione<br />

punitiva (X secolo) condotta contro<br />

le loro stesse colonie, divenute nel<br />

Suggestivaimmaginedelle«StandingStones»diStenness<br />

me sono particolarmente<br />

Particolare dell'Earl Palace a Birsay<br />

imponenti e affascinanti,<br />

certamente spettacolari. Poste ad intervalli<br />

di sei gradi, con un errore inferiore<br />

a meno di 1/6, formano un cerchio<br />

quasi perfetto, Un fossato, scavato nella<br />

viva roccia con asce di selce e altri<br />

utensili rudimentali, dall'ampiezza di 9<br />

m circonda l'anello.<br />

Nei pressi si trova un altro gioiello<br />

archeologico: la superba tomba a camera<br />

di Maeshowe (2800 a.C.). Ha<br />

un'altezza di 7 m e un diametro di 35<br />

ed è circondata da un fossato lungo 13<br />

m e profondo 2. Per arrivarci bisogna<br />

piegarsi in un angusto passaggio lungo<br />

11 m e non più alto di 1, 2 m, che durante<br />

il solstizio d'inverno viene inaspettatamente<br />

illuminato, sia pure per<br />

pochissimi minuti, dai raggi del sole<br />

che penetrano fin nella camera interna.<br />

Chi vi si calò nel 1861 si dovette ben<br />

presto accorgere di non essere stato il<br />

primo ad entrarvi! Sette secoli prima,<br />

nel 1152, era stato infatti preceduto dai<br />

vichinghi di Earl Rognvald, al rientro<br />

da una crociata a Gerusalemme. Come<br />

si può leggere attraverso i numerosi<br />

graffiti runici apposti da quegli antichi<br />

violatori di tombe.<br />

tempo sicuri rifugi donde partivano le<br />

scorrerie contro le coste norvegesi. Successivamente<br />

Sigurd Eysteinsson diventò<br />

primo Jarl delle Orcadi e Lord delle<br />

Shetland, conquistando anche parte<br />

della Scozia. Il dominio degli Jarls durò<br />

circa mezzo millennio, durante il quale<br />

il bondi, il colono vichingo, coltivò la<br />

terra e pescò in mare, tanto da essere<br />

definito un «agricoltore con barche da<br />

pesca», soprannome usato ancora oggi.<br />

L'islandese Orkneyinga Saga, la Saga<br />

degli «orcadiani» (XIII secolo), accenna<br />

al consolidarsi del potere normanno a<br />

partire dal 1100. Le Orcadi rimasero<br />

sotto sovranità norvegese e, poi, danonorvegese<br />

fino al 1469, quando, assieme<br />

alle Shetland, furono date in «garanzia-pegno»<br />

della dote della Principessa<br />

Margrete, andata in sposa a Giacomo<br />

III di Scozia. Da allora in poi le<br />

isole diventarono scozzesi.<br />

Così, come ancora oggi ricordano gli<br />

orcadiani, finiva l'Età d'oro dell'arcipelago,<br />

che aveva dato loro potenza, gloria<br />

e ricchezza, la cattedrale di St. Magnus,<br />

gli Jarls e un ruolo di tutto rispetto<br />

nel mondo nordico, come attesta<br />

luto dal beato di Pietrelcina. La loro vicinanza spirituale<br />

fu forte per l'intero corso della loro vita —<br />

lo ha ricordato il Card. Angelini — tanto che quarant'anni<br />

dopo quell'incontro, i loro itinerari in<br />

qualche maniera finirono per convogliare su un<br />

tracciato comune: fu nel 1997, quando il prof. Gedda<br />

decise quella donazione che oggi trova importante<br />

e fattivo compimento.<br />

E non fu una scelta, quella di Gedda, dettata solo<br />

dal legame con Padre Pio: la Casa Sollievo della<br />

Sofferenza è infatti l'unico istituto per la ricerca<br />

biomedica in Italia ad avere la classificazione nel<br />

settore delle malattie genetiche ed eredo-familiari.<br />

Un'opzione, quindi, pienamente in linea con quanto<br />

storicamente l'Istituto Mendel rappresenta nel<br />

panorama scientifico italiano.<br />

Da quella donazione ci sono voluti tre anni di<br />

preparazione e di lavori, ma oggi il prof. Dallapiccola<br />

può annunciare con orgoglio che «l'Istituto<br />

Mendel è tornato ai fasti delle origini».<br />

I nove miliardi di lire investiti per riammodernare<br />

i 2600 metri quadrati dell'istituto, le attrezzature<br />

all'avanguardia e, soprattutto, l'équipe che già conta<br />

40 ricercatori specializzati impegnati su una<br />

trentina di progetti, garantiscono il rilancio dell'istituto<br />

in quelle che lo stesso prof. Dallapiccola ha indicato<br />

come le sue quattro attività basilari: la ricerca<br />

(come contributo alla conoscenza delle basi biologiche<br />

delle malattie mendeliane rare e delle ma-<br />

La chiesa<br />

italiana<br />

di Lamb Holm<br />

La cattedrale<br />

di St. Magnus<br />

a Kirkwall,<br />

il capoluogo<br />

delle Orcadi<br />

il tesoro d'argento casualmente ritrovato<br />

nel 1858 nei pressi della spiaggia di<br />

Skaill. Novanta pezzi dal peso di più di<br />

sette chili: anelli, bracciali, collane e<br />

lingotti d'argento, oltre a monete di Baghdad<br />

e inglesi della seconda metà del<br />

X secolo.<br />

Gli abitanti delle Orcadi, contrariamente<br />

agli Shetlanders, che si esprimono<br />

anche in Norn, hanno conservato<br />

espressioni d'origine vichinga solo nella<br />

toponomastica e in pochi termini dialettali.<br />

Dal XVIII secolo Chiesa e Scuola<br />

insegnarono a servirsi esclusivamente<br />

dello scozzese. Il poeta Muir con fierezza<br />

avrebbe affermato di sentirsi «un<br />

orcadiano, un buon scandinavo». Le<br />

leggende locali peraltro continuano a<br />

parlare di giganti (Jotun), folletti (Trows)<br />

e nani (Dverg), simili a quelli esistenti<br />

nella terra dei fiordi.<br />

Le Orcadi occupano un posto di rilievo<br />

nella storia delle esplorazioni geografiche.<br />

Ben presto diventarono, per<br />

gli equipaggi delle navi, una sosta ob-<br />

bligata prima della traversata atlantica.<br />

Nel porto di Stromness si<br />

rifornivano d'acqua nel Login<br />

Well, un pozzo chiuso<br />

nel 1931. Qui attraccarono<br />

le navi di Cook al rientro<br />

in patria, nel 1780, quelle<br />

della spedizione Franklin<br />

per l'ultimo viaggio del<br />

1845 e, per quasi due secoli,<br />

quelle della Compagnia<br />

della Baia di Hudson.<br />

Qui si reclutarono marinai<br />

per le navi di passaggio,<br />

come per il lavoro d'oltremare.<br />

Tanto che la Compagnia<br />

nel 1702 vi creò un<br />

apposito ufficio che, nel<br />

tempo, assunse buona parte del personale<br />

da destinare con un contratto<br />

quinquennale alla Terra di Rupert (Canada<br />

settentrionale). Nel 1799, ben 416<br />

su 530 impiegati della Compagnia erano<br />

orcadiani.<br />

Oltre alle ripercussioni positive per la<br />

comunità, insite nelle rimesse di denaro<br />

di marinai e impiegati, v'erano altresì<br />

quelle di segno contrario! Per un<br />

lungo periodo di tempo la cittadina di<br />

Stromness fu solo un insediamento di<br />

donne, vecchi e bambini, per il brusco<br />

contrarsi della popolazione maschile,<br />

che verrà quasi perfettamente scandito<br />

da ogni nuovopassaggionavaleinrada.<br />

Era gente, quella orcadiana, abituata<br />

a guadagnarsi la vita con fatica e sempre<br />

pronta a partire. Le donne mettendosi<br />

a servizio nelle famiglie di Edimburgo,<br />

Newcastle e Londra. Gli uomini<br />

cacciando balene e pescando nelle lontane<br />

acque groenlandesi e islandesi.<br />

D'altra parte erano considerati pazienti<br />

pescatori, splendidi costruttori di imbarcazioni<br />

e saggi marinai. Sapevano<br />

leggere il vento, stimare una marea,<br />

salvarsi da una tempesta...<br />

lattie complesse, per migliorare diagnosi, prevenzione<br />

e cura); i servizi di genetica medica (proponendosi<br />

come punto nodale della rete territoriale<br />

dei servizi di consulenza genetica, di citogenetica e<br />

di medicina molecolare); la formazione e l'informazione<br />

(per far fronte in maniera seria e onesta<br />

al crescente interesse per la genetica, per rendere<br />

fruibili da quanta più gente possibile i progressi segnati<br />

dalla scienza); il dibattito etico e scientifico<br />

(per garantire e stimolare una profonda riflessione<br />

sul bilanciamento di ciò che scientificamente è possibile<br />

e ciò che invece è giusto fare).<br />

Un contributo che ambisce quindi a un ruolo di<br />

assoluto rilievo, rispondendo all'assoluta urgenza di<br />

un panorama medico-scientifico nel quale — come<br />

ha ricordato lo stesso prof. Dallapiccola — il miraggio<br />

di grandi e rapidi guadagni ha fatto convogliare<br />

moltissima gente, purtroppo anche personaggi<br />

privi di adeguata preparazione e senza scrupoli.<br />

Significativo è che in un campo decisivo come<br />

quello della genetica, ovvero il presente e il futuro<br />

della medicina, arrivi dal mondo cattolico un contributo<br />

scientifico qualificato e internazionalmente<br />

riconosciuto. Del resto — come ha ricordato il<br />

Card. Angelini — lo stesso Gedda, quando fu nominato<br />

titolare della prima cattedra di genetica in Italia,<br />

«non aveva altre ambizioni se non quella, profondamente<br />

cristiana, di porre dei fondamenti<br />

scientifici a quello che il Magistero della Chiesa diceva<br />

riguardo alla vita umana».

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