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ERZA T PAGINA .<br />
PAGINA<br />
3 .<br />
Il volume «La Chiesa e gli zingari»<br />
Lo storico non può<br />
trasformarsi in giudice<br />
PIETRO BORZOMATI<br />
In questi ultimi decenni, soprattutto<br />
dagli anni Sessanta del Novecento, abbiamo<br />
più volte ribadito, costantemente<br />
anche su «L'Osservatore Romano», che<br />
la ricerca sul passato non può prescindere<br />
dall'analisi degli eventi e dei protagonisti,<br />
dei ruoli e le realizzazioni, per<br />
una rigorosa ricostruzione storica degli<br />
uomini e non dell'uomo, dei diversi territori<br />
e, non solo, delle metropoli o delle<br />
grandi città. Tutti in queste ultime settimane<br />
hanno appreso anche dai media,<br />
che al contrario molti storici insistono<br />
nell'ignorare eventi di notevole importanza,<br />
anche nell'ambito della storia della<br />
mentalità. In alcuni saggi «importanti»<br />
sulla storia d'Italia, ad esempio, si<br />
dedicano poche righe, o del tutto si<br />
ignora il passato della Chiesa e, volutamente,<br />
in particolare, la spiritualità e la<br />
pietà, la contemplazione, l'ascesi ed altri<br />
aspetti e momenti rilevanti della vita «interna»<br />
delle comunità ecclesiali.<br />
È certo, poi, che il dibattito storiografico<br />
persista nel rifiuto di considerare<br />
anche alcuni particolari, come, ad esempio<br />
la presenza ed il ruolo degli zingari<br />
nel mondo, quasi che da secoli il loro<br />
«nomadismo», non fosse realtà se non<br />
per imporre la ghettizione, o la condanna<br />
alle loro iniziative a volte, purtroppo,<br />
tutt'altro che esemplari. La storia, quindi,<br />
ha grandi responsabilità per queste<br />
indagini parziali che portano a conclusioni<br />
affrettate e tutt'altro rigorose, confermando<br />
così un «uso» che si è fatto e<br />
si perpetua, di questa scienza dell'uomo,<br />
o meglio degli uomini, che, come ben<br />
sappiamo è indispensabile per una reale<br />
evoluzione della società.<br />
La recente pubblicazione del volume<br />
La Chiesa cattolica e gli zingari. Storia<br />
di un difficile rapporto (Centre de ricerches<br />
tsiganrs e Centro Studi Zingari,<br />
Anicilia - Roma 2000, pp. 232), ha di fatto<br />
proposto il «problema» ad una storiografia<br />
che, da decenni, ritiene di voler<br />
«rappresentare» e «tutelare» la «classi<br />
subalterne» ed ha ignorato gli zingari,<br />
come si evince dalle più attente analisi<br />
bibliografiche e dai diversi repertori che<br />
illustrano le fonti. È, anche questo, un<br />
«uso» della storia, a dir poco, distorto se<br />
non fazioso.<br />
Il citato volume, quindi, ha il merito<br />
grazie ai saggi di Autori diversi, se non<br />
altro, di indicare suggestivi itinerari per<br />
avviare la ricerca, per il particolare valore<br />
di studi pubblicati in questo testo di<br />
storici italiani e stranieri. Tuttavia si ha<br />
l'impressione che se l'iniziativa, comunque<br />
benemerita, fosse stata realizzata attraverso,<br />
ad esempio, la collaborazione<br />
di studiosi di diverse discipline si sarebbe<br />
fatto luce su crisi ed evoluzioni nei<br />
vari territori per la «presenza» appunto<br />
degli zingari normalmente residenti in<br />
alloggi di fortuna o in accampamenti<br />
nelle estreme periferie delle città. Alcune<br />
prese di posizione avverse agli zingari<br />
sono in buona parte ingiustificate ed<br />
avrebbero meritato in questo libro studi<br />
attenti anche psicologici. Così come<br />
avrebbero meritato attenzione i comportamenti<br />
e le ragioni delle opposizioni<br />
persino di molti cristiani nei loro confronti,<br />
i motivi per cui in sostanza si è<br />
agito perdendo di vista le Beatitudini e<br />
quei «doveri» che dovrebbero avere credenti<br />
per gli «ultimi» ed i perseguitati.<br />
Nel volume si insiste nel ripetere e<br />
sottolineare, l'avversione, persino della<br />
gerarchia nei confronti degli zingari, ma<br />
nello stesso tempo si «generalizza», qua-<br />
si che, ad esempio, non vi siano stati<br />
santi della statura di un Filippo Neri e<br />
non pochi cristiani che, al contrario, furono<br />
capaci di «gesti» coraggiosi di<br />
grande carità, non mancando persino di<br />
sfidare quella gerarchia che, con atti sinodali<br />
e notificazioni, condannava impietosamente<br />
quei nomadi.<br />
La storia è una scienza e come tale<br />
deve essere rigorosa, non faziosa, ma<br />
tendere, attraverso indagini e riflessioni,<br />
ad evocare i fatti così come sono realmente<br />
accaduti; lo storico deve avere la<br />
consapevolezza di non essere un giudice<br />
chiamato ad emettere sentenze, ma uno<br />
studioso che tende, con onesti intendimenti,<br />
alla verità. Ben sappiamo, del resto,<br />
che le nostre riflessioni potranno essere<br />
oggetto in futuro di rilievi e di confronti<br />
e, non a caso, i diversi periodi<br />
storici, dall'età antica a quella contemporanea,<br />
sono costantemente, e da sempre,<br />
oggetto di studio. Per quanto attiene<br />
agli zingari sappiamo che vi furono<br />
Vescovi che giudicarono «quasi tutti colmi<br />
di vizi», che essi «per concessione dei<br />
principi vagano ovunque». Altri presuli,<br />
al contrario, li definirono «fratelli in Cristo».<br />
Stando così le cose, a mio giudizio,<br />
la ricerca dovrebbe essere indirizzata,<br />
ad esempio, a svelare le ragioni che indussero<br />
i principi a concedere ai nomadi<br />
di «vagare ovunque» ed i motivi per<br />
cui alcuni presuli scrissero che questi<br />
agirono «circonvenendo i semplici con<br />
inganni e stultiloqui con la speranza che<br />
predicano il futuro».<br />
La tentazione di «esaltare» gli «errori»<br />
dei cristiani è per così dire allettante,<br />
così come quella protesa ad evidenziare<br />
aspetti e momenti in antitesi con l'insegnamento<br />
evangelico e la dottrina sociale<br />
della Chiesa; lo scandalismo attira<br />
l'attenzione ed il compiacimento, prevalentemente<br />
dei non addetti ai lavori,<br />
ma, nello stesso tempo induce alla rassegnazione<br />
ed al qualunquismo con gravi<br />
danni per la società. Bloch ci ha insegnato<br />
che occorre essere sereni, non di<br />
parte e soprattutto non strumentalizzare<br />
le scienze storiche, per non ottenere effetti<br />
negativi.<br />
Gli studiosi, comunque, non possono<br />
evocare il passato prossimo senza essere<br />
«condizionati» dal presente evitando che<br />
questa scienza, non venga adattata alle<br />
«esigenze» dei potenti della terra o delle<br />
«logiche» clientelari. Occorre essere consapevoli<br />
delle necessità dell'intera comunità<br />
di oggi che tende, realmente, all'impegno<br />
per una vera evoluzione della società<br />
e salvaguardare l'uomo e la sua dignità.<br />
Si dovrà, quindi, aver presente ad<br />
esempio ciò che disse Paolo VI, in occasione<br />
del pellegrinaggio internazionale<br />
degli zingari nel 1965: «Voi siete nel<br />
cuore della Chiesa» ed alcuni anni dopo<br />
Giovanni Paolo II, che riferendosi al giubileo<br />
degli zingari, ha affermato: «auspico<br />
che la Giornata valga a promuovere<br />
il pieno rispetto della dignità umana di<br />
questi nostri fratelli favorendone l'adeguato<br />
inserimento nella società». E a<br />
questo punto come non ricordare che<br />
uno zingaro, Ceferino Gimenez, è salito<br />
in questo fecondo pontificato agli onori<br />
degli altari?<br />
Siamo all'inizio del discorso ed è doveroso<br />
che gli storici diano atto ai promotori<br />
di questa iniziativa editoriale, e<br />
particolarmente al dinamico don Bruno<br />
Nicolini, agli Autori dei saggi, che il loro<br />
progetto ed i loro studi, sono fin troppo<br />
importanti in questo nostro tempo per i<br />
nobili tentativi volti alla reale reinterpretazione<br />
del passato.<br />
L'OSSERVATORE ROMANO Domenica 14 Gennaio 2001<br />
Difficoltà della divulgazione scientifica attraverso i mass media<br />
Davvero l'indice di ascolto è alternativo al serio approfondimento?<br />
GIANNI FOCHI<br />
Belli e utili i documentari naturalistici che ci vengono<br />
presentati da Piero Angela, Alessandro Cecchi Paone,<br />
Giorgio Celli, Licia Colò, Sveva Sagramola e altri<br />
personaggi del piccolo schermo. Fa piacere immergersi<br />
in scene girate nelle Galapagos, sulle spiagge dove le<br />
grandi tartarughe marine depongono le uova, oppure<br />
osservare da vicino un branco di balene, o godersi un<br />
tramonto infuocato sulla savana. Possiamo così appassionarci<br />
alla lotta per la sopravvivenza, o ammirare fiori<br />
bellissimi, cuccioli, bestie feroci, paesaggi mozzafiato,<br />
ambienti non contaminati dalla civiltà.<br />
Non è accettabile il disprezzo che nei confronti di<br />
queste trasmissioni e dei loro conduttori rivelano illustri<br />
scienziati, di solito in colloqui riservati fra colleghi.<br />
Per un larghissimo strato del pubblico quella via è l'unica<br />
aperta allo sviluppo di una curiosità naturalistica.<br />
A giustificare però, se non il disprezzo, almeno la<br />
critica, è il fatto che il più delle volte il documentario<br />
si ferma alla superficie. Certo: avvicinare il pubblico ai<br />
meccanismi intimi delle cellule di cui piante e animali,<br />
protagonisti di quei filmati, sono composti, sarebbe<br />
un'impresa ardua, una sfida continua per fermare il dito<br />
pronto, sul telecomando, a cambiare canale.<br />
Celli, che è anche professore universitario, racconta<br />
l'esito non lusinghiero d'un suo blando esperimento<br />
verso l'approfondimento scientifico. In una trasmissione<br />
aveva deciso d'inquadrare alcuni animali all'interno<br />
della classificazione, aiutando lo spettatore, con termini<br />
chiari e semplici, a capire quali relazioni di parentela<br />
ci fossero fra specie diverse (per esempio un gatto e<br />
un coniglio), che altrimenti al profano sembrerebbero<br />
del tutto estranee l'una all'altra. Il commento del suo<br />
barbiere bolognese fu che il suo programma era diventato<br />
«trop diffìzil».<br />
La copertina<br />
del catalogo<br />
della mostra<br />
«Riconquistare<br />
lo spazio sacro 2000»<br />
Anche sulla stampa, con la felice eccezione di qualche<br />
testata, la scienza in quanto tale vede riconosciuto<br />
il suo valore abbastanza di rado. I fatti con essa collegati<br />
trovano risalto, in genere, quando fanno sensazione:<br />
esplosioni, incidenti nelle fabbriche, nubi tossiche<br />
varie, episodi gravi d'inquinamento, minacce vere o<br />
presunte per la nostra salute.<br />
Certo, si vive vendendo il proprio prodotto, e del resto<br />
un documentario che quasi nessuno vede, o un articolo<br />
che quasi nessuno legge, sono come un buco nero<br />
nei programmi o nella pagina e fanno scappare il<br />
pubblico.<br />
I direttori dovrebbero sfruttare persone che conoscono<br />
la scienza (altrimenti, senza capirla loro stesse, come<br />
potrebbero spiegarla agli altri?) e sanno trattarla<br />
nel modo giusto, cioè a un livello «digeribile» pur senza<br />
togliere nulla alla correttezza. Il fatto sensazionale o<br />
curioso deve essere il punto di partenza: senza un quid<br />
iniziale che convinca il lettore a leggere l'articolo o lo<br />
spettatore a non premere il pulsante e fuggire, non ci<br />
sono speranze. Ma un autore non deve contentarsi: ha<br />
l'occasione d'inculcare un'idea scientifica nelle teste<br />
per cui lavora, e non deve sprecarla.<br />
Chi ha in mano la divulgazione scientifica in televisione<br />
ha spesso una chiusura mentale nei confronti<br />
d'alcune discipline: la matematica o la chimica, per<br />
esempio, non fanno per loro, non hanno immagini belle<br />
e vivaci da mostrare.<br />
A smentire questa convinzione, forse frutto di pigrizia,<br />
possono bastare i film di Michele Emmer, matematico<br />
della Sapienza di Roma, e la mostra «Oltre il<br />
compasso — la geometria delle curve» che Franco<br />
Conti, matematico della Scuola Normale, da anni sta<br />
facendo girare sotto gli occhi perfino dei ragazzini,<br />
qua e là per l'Italia e, nel 2000, anche al Palais de la<br />
découverte di Parigi.<br />
La «riconquista dello spazio sacro» tema della mostra internazionale di architettura liturgica contemporanea<br />
Una vitale esigenza di civiltà<br />
che richiede risposte degne ed aggiornate<br />
MARIO D'ERME<br />
Chiesa<br />
di s. Grigor<br />
ad Alayaz<br />
(Armenia)<br />
«Se avete visitato Roma ma non la<br />
Basilica di San Pietro, viaggiato a Londra<br />
ma non vista la Cattedrale di St.<br />
Paul, se siete stati nella città santa di<br />
Gerusalemme ma non nella chiesa del<br />
Santo Sepolcro, si potrebbe dire che in<br />
realtà in quei posti non ci siete mai<br />
stati. Persino in un'epoca secolarizzata<br />
siamo consapevoli che visitare una<br />
grande città vuol dire visitare in che<br />
modo arte, storia e fede s'incarnano nei<br />
luoghi di preghiera».<br />
È questa la espressiva considerazione<br />
che l'architetto americano Duncan G.<br />
Stroik ha collocato all'inizio della sua<br />
relazione dal titolo «Possiamo permetterci<br />
di non costruire belle chiese?» dedicata<br />
ad una ampia illustrazione, nell'apposito<br />
Convegno tenutosi all'Angelicum,<br />
dei motivi animatori della seconda<br />
Mostra internazionale di architettura<br />
liturgica contemporanea, da poco<br />
conclusa a Roma, all'insegna del titolo<br />
generale «Riconquistare lo spazio sacro<br />
2000 — La chiesa nella città del terzo<br />
millennio».<br />
A promuovere l'iniziativa sono state,<br />
anche quest'anno, alcune Associazioni<br />
collegatesi in campo internazionale<br />
(Agenzia per la Città, Roma; Institute of<br />
Sacred Architecture, South Bend; Centro<br />
Studi Il Bosco e la Nave, Roma:<br />
University of Notre Dame, South Bend;<br />
UCITecnici-Unione Cattolica Italiana<br />
Tecnici; Homeland Foundation, New<br />
York).<br />
Innanzitutto, per riferirne, i contenuti<br />
della Mostra.<br />
L'esposizione è stata allestita nei locali<br />
delle «Piccole Terme Traianee», a<br />
Palazzo Valentini, sede della Provincia<br />
di Roma, a cura di Annalisa Ciarcelluti,<br />
Cristiano Rosponi, Giampaolo Rossi,<br />
Duncan C. Stroik, che l'hanno articolata<br />
in sette sezioni, dedicate: la prima al<br />
tema generale e le altre a «Progetti per<br />
le Chiese del Terzo Millennio», «Il Restauro<br />
della Memoria», «Chiese nel Novecento<br />
a Roma», «Saverio Muratori e<br />
la sua Scuola»; «Le Chiese delle Città di<br />
Fondazione», «Armenia: il Popolo della<br />
Croce» (sezione, quest'ultima, per la<br />
quale ci si è avvalsi della particolare<br />
collaborazione di Gainé Casnati e di<br />
M.A. Lala Comneno). Tra le opere presentate,<br />
di ben 56 autori, figurano, per<br />
citarne almeno qualcuna delle varie sezioni:<br />
la ricostruzione del percorso processionale<br />
del «Possesso» papale, da<br />
San Pietro a san Giovanni, di David<br />
Mayernik; la chiesa nel villaggio di Manolache<br />
(Romania) di Florin Biciusca,<br />
il Tempio del Santissimo Sacramento e<br />
monastero di Santa Maria degli Angeli<br />
ad Anceville (Alabama, USA) di Walter<br />
Anderton e altri, la recente nuova basilica<br />
del Santuario di san Francesco di<br />
Paola, di Sandro Benedetti; lo studio<br />
sulle variazioni del raggio di influenza<br />
delle parrocchie nel centro di Roma, di<br />
Gian Luigi Maffei, e la chiesa di san<br />
Giovanni Bosco a Roma, di Gaetano<br />
Rapisardi; la chiesa di San Giovanni al<br />
Gatano, Pisa, di Saverio Muratori; la<br />
chiesa dell'Annunziata e battistero di<br />
Sabaudia, di G. Cancellotti, E. Montuori,<br />
L. Piccinato, A. Scalpelli; la nuova<br />
chiesa dedicata a san Gregorio l'Illuminatore<br />
a Erevan (Armenia), di Stepan<br />
H. Kiurkchian.<br />
Il catalogo, dell'Editrice «Il Bosco e<br />
la Nave», riporta in premessa i messaggi<br />
del Card. Francis George O.M.I, Arcivescovo<br />
di Chicago (città dove sarà allestita<br />
la terza edizione della Mostra, nel<br />
2001), e di Mons. Elia Yeghiaian, Rettore<br />
del Pontificio Collegio Armeno, nonché<br />
la prefazione di Cristiano Rosponi.,<br />
ed i testi (in italiano ed in inglese) delle<br />
relazioni illustrate nel Convegno.<br />
Quanto, ora, a questo, si è caratterizzato<br />
in un duplice senso, nel parlare di<br />
«chiesa» e di «città». Ha inteso in primo<br />
luogo ribadire i valori funzionali e formali,<br />
di «segno» cristiano nella città, e<br />
di «spazio interno liturgico», che dovrebbero<br />
essere assunti a base della<br />
realizzazione delle nuove chiese, e di<br />
quelle cattoliche in particolare.<br />
Ma tale riaffermazione, nell'attuale<br />
Convegno, è stata ulteriormente motivata,<br />
specie con gli interventi di Sandro<br />
Benedetti e di Andrea Baciarlini svolti<br />
nel corso della tavola rotonda cui hanno<br />
partecipato anche Fabio Rampelli,<br />
Oppure non hanno mai visto, quei signori, i palloni<br />
da laboratorio pieni di liquidi colorati e in ebollizione,<br />
o, sullo schermo d'un computer, i modelli molecolari<br />
delle sostanze di cui il nostro corpo è fatto? L'attenzione<br />
può essere richiamata anche dai cristalli dei minerali,<br />
dagl'impianti che sfornano le fibre tessili sintetiche<br />
di cui siamo vestiti, dalla colata incandescente d'un altoforno,<br />
da qualche esperimento semplice e spettacolare...<br />
A chi conosce la chimica diano la possibilità di lavorare<br />
con una buona troupe televisiva o documentaristica,<br />
e lo spettatore non cercherà un altro canale;<br />
nel frattempo il buon divulgatore riuscirà a<br />
trovare le parole adatte a rendere accessibili le idee<br />
scientifiche.<br />
Un altro preconcetto, frequente anche nei quotidiani<br />
e nei settimanali, è che poche idee della scienza siano<br />
presentabili al pubblico. È vero che solo poche sono<br />
facili da capire, ma di molte si può dare almeno un assaggio.<br />
L'americano Irving Langmuir, premio Nobel<br />
per la chimica nel 1932, diceva: «Chi non riesce a spiegare<br />
il proprio lavoro a un quattordicenne è un ciarlatano».<br />
Se questo vale per gli scienziati, perché mai il<br />
divulgatore dovrebbe porsi limiti stretti?<br />
Un giornalista preparato ha il dovere di non presentare<br />
solo notizie, che spesso, senza un pochino d'approfondimento<br />
scientifico, dicono poco o nulla. L'informazione<br />
ambientale è un settore a cui ciò s'applica<br />
in modo particolare.<br />
Se si parla d'inquinamento dell'aria da parte degli<br />
ossidi d'azoto, e neppure si prova a spiegare che si formano<br />
perché l'azoto e l'ossigeno, sempre presenti nell'aria<br />
stessa, a caldo reagiscono fra loro, si perde l'occasione<br />
di far capire che essi si trovano perfino intorno<br />
alle fiamme delle cucine, cioè d'aprire con poco la porta<br />
su un campo ben più vasto.<br />
Sandro Benedetti:<br />
nuova basilica<br />
del santuario<br />
di s. Francesco<br />
di Paola<br />
(1995-'99)<br />
Walter Anderton: tempio del Santissimo Sacramento<br />
e Monastero di Nostra Signora degli Angeli (Alabama, 1999)<br />
Duncan G. Stroik., e i pittori Camilian<br />
Demetrescu e Vasile Mutu.<br />
Innanzitutto richiamando, sul piano<br />
teologico, l'ortodossia della liturgia cattolica:<br />
che non si riduce alla «dimensione<br />
colloquiale», assunta come unico<br />
elemento ispiratore da molti committenti<br />
e progettisti di chiese negli anni<br />
'70-'80 sotto l'influenza del marxismo;<br />
ma che comporta anche e soprattutto<br />
di esprimere la tensione verso la trascendenza,<br />
non di tipo gnostico e genericamente<br />
deista, ma qualificata dal riferimento<br />
alla mediazione di Cristo Redentore,<br />
ricordandosi della Sua promessa<br />
che «dove sono due o tre riuniti<br />
nelmionomeIo sono in mezzo a loro».<br />
In secondo luogo chiarendo cultural-<br />
mente, per la specifica architettura<br />
delle chiese, i<br />
modi per dare valore alla<br />
Tradizione: da intendere,<br />
soprattutto dopo la caduta<br />
delle ingiunzioni puramente<br />
nuoviste del modernismo,<br />
come stimolo ad immergere<br />
nella «contemporaneità»<br />
i valori di cui è<br />
espressione permanente,<br />
specie quelli di «segno» e di<br />
«simbolo», per una ricorrente<br />
integrazione di «nova<br />
et vetera».<br />
Ha inteso inoltre, il Convegno<br />
di quest'anno, prospettare<br />
l'attenzione strategica,<br />
in campo civico e sociale<br />
e quindi anche pubblico,<br />
che i cristiani debbono<br />
avere nei confronti della<br />
città, — sia di quella stori-<br />
ca ed in evoluzione, sia di<br />
quella di nuova fondazione —, per riconquistarvi<br />
culturalmente la presenza<br />
dello «spazio sacro» come fatto di comune<br />
civiltà umanizzante.<br />
La riconquista, precisamente, deve<br />
riguardare uno spazio che negli ultimi<br />
due secoli si è invece voluto sempre più<br />
cancellare da parte della cultura deista<br />
e/o miscredente, all'insegna di una crescente<br />
desacralizzazione e secolarizzazione<br />
della vita pubblica. L'inizio operativo<br />
di tale intento, Stroik lo ha riferito,<br />
architettonicamente ed urbanisticamente,<br />
al momento della fondazione,<br />
dopo la rivoluzione americana, della<br />
capitale Washington: per la quale alla<br />
fine del 1700 i padri fondatori, di prevalente<br />
cultura deista e massonica, previdero<br />
una nuova centralità, non più religiosamente<br />
«sacrale», ma solo di tipo<br />
«civile». In effetti Washington D.C. può<br />
considerarsi la prima città al mondo a<br />
non avere una casa di preghiera nel<br />
suo centro. Al contrario, l'edificio legislativo<br />
sfoggia gli ornamenti di una<br />
Cattedrale con una cupola che può essere<br />
vista per miglia.<br />
Sulle implicazioni della parabola della<br />
secolarizzazione della città, proseguita<br />
nell'800 e nel '900, e sulle strategie<br />
per una riconquista in essa dello spazio<br />
sacro segnato dalla presenza della chiesa,<br />
si è particolarmente soffermato un<br />
altro dei relatori, Giampaolo Rossi.<br />
Appoggiandosi a precise dichiarazioni<br />
testuali di Garnier (prefiguratore della<br />
«città industriale»), dei futuristi (militanti<br />
del nuovismo delle macchine), e<br />
di Le Corbusier (propugnatore del razionalismo<br />
esasperato), e così via, Rossi<br />
ha fatto notare come dopo la «città<br />
senza Dio» si sia arrivati alla «città senza<br />
gli uomini». In effetti, ha ricordato,<br />
«in una prospettiva della sua “Ville”, Le<br />
Corbusier immagina la vista dei suoi<br />
grattacieli da una terrazza. Si vedono<br />
giardini, persino tavolini apparecchiati<br />
con sedie vuote: nessun uomo! Sullo<br />
sfondo un aeroplano in fase di atterraggio<br />
sembra essere l'unico segno di vita».<br />
Ha poi segnalato come culmine<br />
della dissoluzione della immagine di<br />
città — da sempre finora intesa come<br />
luogo di valori umani ed umanizzanti<br />
— la prefigurazione (fatta nel 1964 dal<br />
gruppo inglese degli Archigram) di una<br />
città indifferenziata, semplice luogo di<br />
integrazione di funzioni diverse: un<br />
luogo quindi qualificato non solo, ormai,<br />
«dall'assenza dell'uomo», ma anche<br />
«dall'assenza della Città».<br />
La riconquista dello spazio sacro nella<br />
città appare quindi oggi una esigenza<br />
vitale, generale, di civiltà, cui soprattutto<br />
i cristiani debbono dare rispo-<br />
Commemorazione di Nello Vian<br />
Florin Biciusca:<br />
chiesa<br />
del villaggio<br />
di Manolache<br />
(Romania, 1996)<br />
Saverio Muratori: chiesa di s. Giovanni al Gatano<br />
(Pisa, 1947)<br />
ste aggiornate per realizzare modi e forme<br />
di vita urbana degni dell'uomo e<br />
della sua vocazione alla trascendenza,<br />
in una riscoperta degli insegnamenti di<br />
sant'Agostino per la «Città di Dio», operante<br />
nella città comune.<br />
In questo senso sono state date indicazioni<br />
di concretezza operativa nelle<br />
molteplici relazioni presentate al Convegno,<br />
con la particolare sottolineatura<br />
del ruolo di integrazione umana e di<br />
animazione religiosa da riconoscere alla<br />
presenza della chiesa quale «cuore»<br />
dei «quartieri-città» del nostro tempo:<br />
luogo, come è stato detto, ove i cristiani<br />
«possano riunirsi per vivervi e testimoniarvi<br />
il loro reale essere il popolo<br />
da Dio radunato, testimone per tutta<br />
l'umanità della fede nella Storia della<br />
Salvezza».<br />
Il 19 gennaio alle ore 16.30, nell'Aula Vecchia del Sinodo nella Città<br />
del Vaticano, si terrà, nel primo anniversario della morte, una Commemorazione<br />
di Nello Vian, Segretario della Biblioteca Apostolica Vaticana<br />
dal 1949 al 1977, Segretario dell'Istituto Paolo VI di Brescia dal 1972 al<br />
1992, studioso insigne e nostro apprezzato collaboratore.<br />
L'incontro è stato organizzato dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e<br />
dall'Istituto Paolo VI di Brescia in collaborazione con l'Istituto dell'Enciclopedia<br />
Italiana e sarà presieduto dal Card. Paul Poupard.<br />
Dopo i saluti introduttivi dell'Arcivescovo Jorge María Mejía, di Francesco<br />
Paolo Casavola e di Giuseppe Camadini, Massimo Marcocchi terrà<br />
una relazione sul tema: «Nello Vian amico e studioso di Paolo VI». Seguiranno<br />
le testimonianze di Vittore Branca («Un comune incontro ideale<br />
con Giulio Salvadori»), dell'Arcivescovo Pasquale Macchi («Nello Vian e i<br />
suoi rapporti con Paolo VI») e di Vincenzo Cappelletti («Nello Vian e l'Istituto<br />
della Enciclopedia Italiana: la pubblicazione di Anni e Opere di<br />
Paolo VI»).<br />
Il Card. Paul Poupard terrà una testimonianza conclusiva.