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ERZA T PAGINA .<br />
PAGINA<br />
3 .<br />
«Il Vangelo nella storia» di Pier Giovanni Agnes<br />
«Una società che ha perduto<br />
il senso del giusto,<br />
del vero e del buono»<br />
DANILO VENERUSO<br />
Per l'editrice Rubbettino di Soveria<br />
Mannelli (Catanzaro) che, sotto la direzione<br />
di Pietro Borzomati, ha già pubblicato<br />
numerosi testi della collana «Spiritualità<br />
e promozione umana», Luca Rolandi<br />
ha ora raccolto gli articoli scritti<br />
tra il 1979 e il 1998, anno della sua morte,<br />
per il periodico tortonese Il Popolo<br />
dal sacerdote Pier Giovanni Agnes, nativo<br />
nell'Oltrepò Pavese ma operante nella<br />
Diocesi di Tortona da quando, nel<br />
1954, gli è stata conferita l'ordinazione<br />
sacerdotale (P.G. Agnes, Il Vangelo nella<br />
storia, presentazione di P. Borzomati,<br />
con premessa di Mons. Martino Canessa,<br />
Vescovo di Tortona e nota introduttiva<br />
di Mons. Aldo Del Monte).<br />
Il curatore ha distribuito centoventi<br />
brani pubblicati in tre sezioni, che corrispondono<br />
ad altrettante aree di interesse:<br />
Religione e spiritualità (pp. 17-115),<br />
Etica, costume e società (pp. 117-218),<br />
Politica interna e internazionale (pp.<br />
219-308). Da questa notevole campionatura,<br />
emerge in primo luogo che Don<br />
Agnes sia più che un pubblicista nel senso<br />
tecnico del termine. Egli possiede in<br />
grado notevole le doti del vero scrittore:<br />
capacità di composizione, sensibilità, finezza,<br />
acutezza di giudizio e, non ultima,<br />
una vera e propria vena poetica:<br />
così veri e propri squarci di poesia sono<br />
spesso le pagine dedicate alle grandi ricorrenze<br />
liturgiche come la Pasqua e il<br />
Natale. Mai però esse si stagliano, occasionalmente<br />
ed accademicamente, per<br />
se stesse: sempre sono funzionali alla<br />
sua autentica vocazione sacerdotale,<br />
quella che lo spinge al servizio del giornale<br />
prima come collaboratore e poi,<br />
negli ultimi vent'anni di sua vita, come<br />
direttore: informare, istruire, educare i<br />
lettori nella finalità più generale della<br />
formazioneedella promozione cristiana.<br />
Di fronte ai tanti, troppi cedimenti di<br />
persone che non sono avvezze a vedere<br />
oltre alle forme in cui necessariamente<br />
si presenta la verità, Agnes rivendica<br />
con forza, con fermezza e con insistenza<br />
la funzione e lo «splendore» della coscienza<br />
(Il Popolo, 3 agosto 1980, pp.<br />
17-19, 9 giugno 1985, pp. 43-46 e 3 gennaio<br />
1987, pp. 57-60), a proposito della<br />
quale afferma che concorrono tre condizioni:<br />
che «sia libera», che «sia personale»,<br />
che «sia esatta» (pp. 17-19). Egli sostiene<br />
anche che la coscienza debba essere<br />
«difesa della verità», ma poi indebolisce<br />
la necessità e l'indissolubilità di<br />
questo legame parlando di essa, nel<br />
1985, come di un assoluto: «la coscienza<br />
è tutto. Anche la fede passa di lì. Non<br />
c'è, per questo, da morire di paura. Cade<br />
il relativo, rimane l'assoluto». Se non<br />
è la funzione della verità, perfino la coscienza<br />
può essere occasione di sviamento<br />
e di disorientamento: se di tanti<br />
sbandamenti è stato occasione di formalismo,<br />
non minori danni provoca alla vita<br />
cristiana il dominio di una coscienza<br />
sfrenata, sola legge ad un particolarismo<br />
individuale e sociale che è portato ad assolvere<br />
sempre se stesso, non collegata<br />
alla verità che ne sia criterio, «affermazione<br />
di principi, di valori, di leggi». La<br />
coscienza senza verità può essere allora<br />
ancora più pericolosa del formalismo.<br />
Non è certo da escludersi, da questo<br />
punto di vista, che Hitler considerasse<br />
come dovere di coscienza sterminare<br />
ebrei, nomadi, minorati psichici e razziali.<br />
Il collegamento della verità alla sua<br />
personale interiorizzazione illumina la<br />
vita dell'uomo tanto individuo quanto in<br />
società: «allora la morte, credi, per noi<br />
non esiste» (11 aprile 1982, nella ricorrenza<br />
del Venerdì Santo, pp. 28-31), allora<br />
«il mondo cristiano celebra e vive la<br />
sua antica e profetica memoria» (3 aprile<br />
1983, in occasione della Pasqua, pp.<br />
35-38), allora sarà data «a ogni uomo la<br />
sua speranza» (10 aprile 1983, pp. 38-<br />
40), allora il Natale non «è una ricorrenza,<br />
ma un evento» perché «Dio non ha<br />
Appuntamenti<br />
culturali<br />
Roma, 11 gennaio<br />
Sermoni dell'Oratorio<br />
di san Filippo Neri<br />
Per il ciclo dei Sermoni dell'Oratorio<br />
Secolare di san Filippo<br />
Neri, l'11 gennaio alle ore<br />
18.30, a S. Maria in Vallicella,<br />
Mons. Sandro Corradini parlerà<br />
sul tema: «Santi e santità riconosciuta<br />
dalla Chiesa».<br />
Parma, 24-26 gennaio<br />
Convegno internazionale<br />
di studi su Giuseppe Verdi<br />
Nel centenario della morte del<br />
grande musicista, Palazzo Sanvitale<br />
sarà sede, dal 24 al 26<br />
gennaio, di un convegno internazionale<br />
su Giuseppe Verdi. Il<br />
convegno si sposterà in seguito<br />
in America alla New York University<br />
(29-31 gennaio) e alla<br />
Yale University di New Haven<br />
(1º febbraio).<br />
finito di rivelarsi, non ha finito di incarnarsi»<br />
e «la sua luce è ancora alla sorgente,<br />
il suo bene ancora all'origine» (22<br />
dicembre 1985, pp. 48-50). Dalla continuità<br />
consegue logicamente che, «dunque,<br />
la Chiesa è per il mondo. Dunque<br />
il mondo ha dei diritti nei confronti della<br />
Chiesa. Dunque, la Chiesa è un bene<br />
per il mondo. Dunque, il mondo sollecita<br />
la Chiesa. Tutti e due l'uno per l'altro,<br />
sono un riferimento, una compagnia,<br />
un dono. Sono indissociabili» (21<br />
aprile 1985, Dopo il convegno su «Riconciliazione<br />
cristiana e comunità degli<br />
uomini», pp. 41-43). La Chiesa è ciò che<br />
porta al mondo il Cristo. E il mondo ha<br />
bisogno del Cristo perché è frammentario,<br />
anzi, per essere più esatti, è «diviso<br />
nel profondo». Non c'è più, nello stesso<br />
terreno che fu arato per secoli e secoli<br />
dal cristianesimo, «una concezione unica<br />
e universale. Il mondo non è più lo<br />
stesso per tutti. E così l'uomo, e così la<br />
vita». Le conseguenze sono preoccupanti:<br />
«la vita non è più quel gran bene e<br />
quel gran dono che era una volta. Anche<br />
la vita propria. È deprezzata. È ridotta<br />
a qualcosa» (Verso il Duemila con<br />
la nostra sofferta società e con lieta<br />
speranza, 14 maggio 1989, pp. 73-75).<br />
Se la vita è frammentata, Cristo «però è<br />
sempre lo stesso», è il punto di unità.<br />
Come Agnes osserva un anno dopo a<br />
proposito di un giudizio di Edward<br />
Schillebeeckx messo a confronto con<br />
una riflessione dell'economista Claudio<br />
Napoleoni alla vigilia della morte (Un vivace<br />
dibattito interno alla società prettamente<br />
umanistica: è possibile?, 22 luglio<br />
1990, pp. 84-87), è in fondo più facile<br />
agire da cristiani che pensare da cristiani<br />
perché «pensare è difficile, stanca<br />
ed estenua. È difficile incarnare la parola».<br />
A paragone della domanda posta da<br />
Napoleoni se sia possibile uscire dall'esilio<br />
consumistico della società consumistica<br />
con una risposta soltanto politica,<br />
la soddisfatta risposta «pluralistica» del<br />
teologo di professione appare quanto<br />
mai riduttiva e superficiale: l'uomo non<br />
può bastare a se stesso in quanto non è,<br />
né può essere ontologicamente, l'assoluto.<br />
La risposta del teologo olandese, a<br />
sua volta, alimenta i dubbi, la tristezza,<br />
la trepidazione di molti che «temono<br />
che il cristianesimo finisca in polvere» (I<br />
giorni amari della politica e la nuova<br />
diffusa trepidazione popolare, 14 maggio<br />
1995, pp. 104-106): come aveva già<br />
dimostrato l'esito dei referendum popolari<br />
sul divorzio e sull'aborto, lo Stato è<br />
«laico» in quanto la società è laica, ovvero<br />
i suoi membri non sono più guidati<br />
dai principi cristiani (Che cosa c'è dietro<br />
il risultato del referendum. Questa fiacca<br />
società si offusca di pessimismo, 24<br />
maggio 1981, pp. 142-145). L'esito non è<br />
consolante: è una società che «si affretta<br />
a morire, perché ha perduto il senso del<br />
giusto, del vero e del buono» (23 settembre<br />
1979, pp. 117-119).<br />
Agnes passa in rassegna le incongruenze<br />
sempre più gravi ed evidenti: il<br />
dilagare della pornografia (7 settembre<br />
1980, pp. 127-129), il ripudio degli anziani<br />
(23 marzo 1981, pp. 137-139), il culto<br />
dello sperpero (29 marzo 1981, pp. 140-<br />
142), la mancanza di rispetto della natura<br />
(18 luglio e 1° agosto 1982, pp. 147-<br />
152), gli equivoci dell'impegno politico a<br />
spese della fede (Acuto intervento della<br />
Congregazione per la dottrina della fede<br />
sulla «teologia della liberazione», 9 novembre<br />
1984, pp. 162-165), le prevaricazioni<br />
dell'ingegneria genetica (7 dicembre<br />
1986, pp. 173-174), gli abusi contro<br />
l'infanzia, «quella meraviglia senza fine»<br />
(17 gennaio 1988, pp. 177-179), l'illusione<br />
della droga (2 ottobre 1988, pp. 184-<br />
186), l'incremento vertiginoso dei suicidi<br />
(9 settembre 1990, pp. 199-201). Da questo<br />
bilancio, Agnes trae la conclusione<br />
che, contrariamente alle sue secolari ed<br />
incessanti dichiarazioni in contrario, la<br />
società contemporanea, tutta fondata<br />
sul presente, è immobile, è statica perché<br />
«non è del futuro, né si proietta verso<br />
il futuro» (Senza accorgerci siamo<br />
entrati nell'era della società «densa».<br />
Che cosa significa? 9 luglio 1995, pp.<br />
210-212).<br />
La situazione è tale da esigere la fondazione<br />
o, meglio, la rifondazione di<br />
«un concetto di democrazia autentica ed<br />
integrale» (23 giugno 1991, pp. 204-206)<br />
in cui «i bambini non vadano in vendita,<br />
non stiano tutto il giorno sulle strade,<br />
non siano cose», in cui diventi una realtà<br />
la partecipazione agli utili, in cui la<br />
politica venga esercitata come «carità»,<br />
secondo «un alto codice di moralità» all'interno<br />
di una concezione in cui «il popolo<br />
sia sovrano» e la «democrazia sia<br />
un assoluto, un assoluto relativo, beninteso,<br />
secondo le caratteristiche di tutti<br />
gli assoluti del mondo» (17 febbraio<br />
1995, pp. 294-297).<br />
Per quasi vent'anni, Agnes passa in<br />
rassegna la vita nazionale e internazionale<br />
con la bussola di orientamento di<br />
questi criteri e con la tradizione che unisce<br />
Sturzo e De Gasperi, attraverso cui<br />
emergono, in modo particolare, l'attenzione<br />
per la persona (5 marzo 1995, pp.<br />
299-302), la condanna della «Guerra del<br />
Golfo» del 1991 non solo per rispetto<br />
dell'uomo, ma anche per la convinzione<br />
che «la guerra non raggiunge lo scopo<br />
della guerra» (13 gennaio 1991, pp. 277-<br />
279) e la necessità di un ubi consistam<br />
in un mondo contraddittorio (Morte tragica<br />
di una principessa. Il mondo piange.<br />
Il cristiano pensa, 7 settembre 1997,<br />
pp. 307-308).<br />
L'OSSERVATORE ROMANO Giovedì 4 Gennaio 2001<br />
Il nuovo Museo Diocesano «Bernareggi» a Palazzo Bassi Rathgeb<br />
Una progettualità espositiva che rivela<br />
lo storico rapporto tra fede e arte a Bergamo<br />
GIUSEPPE DEGLI AGOSTI<br />
La Diocesi di Bergamo ha recentemente inaugurato,<br />
nel Palazzo Bassi Rathgeb — una delle più significative<br />
architetture rinascimentali della città e donato<br />
alla Diocesi per la specifica finalità museale —, il<br />
nuovo Museo Diocesano. Il nome «Museo Bernareggi»<br />
vuole fare memoria del Vescovo Adriano Bernareggi,<br />
che negli anni del suo episcopato, come Ausiliare<br />
(1932-36) prima e poi come Vescovo Diocesano (1936-<br />
53), aveva prestato grande attenzione al mondo della<br />
cultura e dell'arte, raccogliendo dipinti e arredi che<br />
costituiscono oggi parte del patrimonio del Museo.<br />
La sequenza delle sale espositive esprime una visione<br />
nuova e moderna per un Museo Diocesano, illustrata<br />
puntualmente nel primo dei «Quaderni del Museo<br />
Bernareggi» pubblicato in concomitanza con l'inaugurazione,<br />
che ha un titolo programmatico «Delectare<br />
Docere Movere».<br />
La visita inizia con il tema dell'Altare, che per il<br />
suo messaggio teologico, è punto di raccolta e di richiamo<br />
di tutto quanto poi si presenta lungo il cammino<br />
espositivo. Quindi viene illustrato l'Anno Liturgico,<br />
con paramenti, vasi sacri, che permettono di<br />
leggere il ritmo diverso dei vari tempi nei quali si celebra<br />
nelle domeniche e feste e nella quotidianità il<br />
Mistero di Cristo.<br />
I santi sono presentati in un originale allestimento:<br />
le loro statue rappresentano come una processione<br />
che si muove verso il Mistero della Trinità, mentre tele<br />
e tavole illustrano i santi della devozione popolare<br />
con i loro specifici attributi, per essere riconosciuti<br />
nel momento della preghiera.<br />
La Vergine ha un grande spazio nella tradizione religiosa<br />
bergamasca e qui, in una sala dalle pareti azzurre<br />
— anche il colore delle singole stanze d'esposizione<br />
è volutamente diversificato per trasmettere un<br />
diverso messaggio ogni volta — il tema è stato presentato<br />
attraverso le forme nobili dell'arte e le espressioni<br />
più significative della devozione popolare.<br />
Cristo e la Croce rappresentano il punto culminante<br />
non solo del percorso di fede, ma naturalmente anche<br />
del percorso espositivo.<br />
Infine sono documentati altri aspetti della quotidianità<br />
religiosa, come per esempio le forti immagini<br />
nella sala della morte; gli stendardi processionali delle<br />
Confraternite permettono invece di comprendere il<br />
fervore e l'organizzazione di comunità cristiane della<br />
città e del contado.<br />
Va ricordato che gli spazi del Museo sono racchiusi<br />
da due altri momenti espositivi: all'inizio i momenti<br />
significativi di storia della Chiesa Bergamasca, nelle<br />
tele dei Vescovi e nella scultura della grande figura<br />
bergamasca, il beato Papa Giovanni XXIII; alla fine<br />
una carta antica del territorio, del 1500, quasi a sug-<br />
«Sottovento»: il più recente romanzo di Gino Montesanto ambientato nella Romagna degli Anni Settanta-Ottanta<br />
L'epopea di una popolazione estrosa e ricca di umori<br />
FRANCESCO LICINIO GALATI<br />
Dopo nove anni di silenzio — il suo<br />
ultimo libro, Re di sabbia, è del 1991 —<br />
Gino Montesanto torna in libreria, per i<br />
tipi di Aragno, con un nuovo romanzo,<br />
Sottovento (Torino, 2000, pp. 252, L.<br />
22.000) che, come recita il sottotitolo, è<br />
la «Storia di un uomo indocile nella Romagna<br />
anni Settanta-Ottanta», raccontata<br />
in una prosa serrata e nervosa, stilisticamente<br />
ineccepibile.<br />
Al pari dei precedenti, anche questo è<br />
un romanzo di idee che, secondo la poetica<br />
cui Montesanto si ispira, si avvalgono<br />
esclusivamente del vigore e della vivacità<br />
del racconto, senza alcun ricorso<br />
a supporti di natura saggistica.<br />
Narratore puro, scrittore cristallino e<br />
coerente, Montesanto appartiene a quella<br />
schiera di scrittori d'ispirazione cristiana<br />
che nel secondo dopoguerra hanno<br />
compiuto coraggiosamente una scelta<br />
di campo nell'agone della cultura cattolica,<br />
subendo assai spesso emarginazioni<br />
o, comunque, pagando di persona,<br />
soprattutto quando hanno tentato di farsi<br />
paladini di valori morali e cristiani.<br />
«Solo se ho qualcosa da dire — ci<br />
confessava tempo fa Montesanto — mi<br />
decido a scrivere un libro: scrivere per<br />
scrivere, foss'anche per non farsi dimenticare<br />
dai propri lettori, non avrebbe<br />
senso, soprattutto non sarebbe morale».<br />
Ecco perché, a fermentare i romanzi di<br />
Montesanto, apparsi nell'arco di cinquant'anni,<br />
è sempre presente un'urgenza<br />
interiore che tutti li sostanzia.<br />
La storia di Guidobaldo Ercolani (Baldo<br />
per gli amici) è una storia come tante<br />
che si snoda sulla costa romagnola,<br />
tra Rimini, Cesenatico e Ravenna, ma,<br />
narrata com'è da Gino Montesanto, diventa<br />
epopea di una popolazione estrosa<br />
e ricca di umori, impastata di solidarietà<br />
e altruismo, anarchia e ribellione, ironia<br />
Bergamo:<br />
Palazzo<br />
Bassi Rathgeb<br />
sede del Museo<br />
«Bernareggi»<br />
Sala<br />
con le<br />
«Madonne<br />
da vestire»<br />
gerire un percorso che inizia nel Museo Diocesano e<br />
che continua e si estende poi ai centri ricchi di storia<br />
e d'arte della Diocesi.<br />
Basterebbe ricordarne alcuni: le quattro chiese di<br />
Almenno S. Salvatore, le opere lignee del Fantoni ad<br />
Alzano Lombardo, la celebre «Danza macabra» a Clusone,<br />
la monumentale chiesa e il Museo parrocchiale<br />
di Gandino, l'Oratorio Suardi affrescato da Lorenzo<br />
Lotto a Trescore Balneario, il complesso monumentale,<br />
così ricco di richiami storici ai Benedettini di Cluny<br />
a s. Paolo d'Argon. Sono solo alcune indicazioni di<br />
una realtà territoriale vasta e ricca per storia, arte e<br />
fede.<br />
La modernità dell'allestimento, la stessa attrezzatura<br />
multimediale che accompagna tutto il percorso, la<br />
scelta degli elementi esposti, la connessione immediata<br />
con una biblioteca e un laboratorio di restauro, la<br />
prossima apertura di un altro spazio espositivo, la vicina<br />
chiesa di s. Lupo, per la conservazione degli exvoto,<br />
una scuola formativa delle guide al Museo, indicano<br />
una precisaprogettualitàdelMuseoDiocesano.<br />
Si poteva concepire il Museo come luogo di raccolta<br />
di opere d'arte di carattere religioso di proprietà<br />
della Diocesi, ma si sarebbe ripetuto uno schema statico<br />
e limitativo di Museo che avrebbe offerto sì «tesori<br />
d'arte» alla emozione estetica e per lo più ad un<br />
numero ristretto di studiosi per ricerche storiche, biografiche<br />
e di attribuzione. Ma poteva una Diocesi essere<br />
così riduttiva nel suo impegno, che è anzitutto<br />
pastorale, educativo e formativo di tutto un popolo?<br />
Il busto di Papa Giovanni XXIII opera di Lello Scorzelli<br />
e gioia di vivere. Fin dall'adolescenza<br />
Baldo vive nel segno della dissonanza:<br />
dallamadreche, per ragioni tutte sue, lo<br />
«rinchiude»in collegio, e dalla quale non<br />
si sente amato ma a malapena tollerato;<br />
dai fratelli e sorelle soprattutto da Beatrice,<br />
viziatissima sorella, dalla zia Egle,<br />
patetica zitella, che pur gli protesta affetto<br />
e protezione, dai compagni di collegio,<br />
a uno dei quali spezza addirittura<br />
un dente. Il solo elemento che lo rappacifica<br />
con se stesso e che, a suo avviso,<br />
dovrebbe rivalutarlo agli occhi di quanti<br />
lo detestano è il successo negli studi.<br />
C'è anche Annina, una ragazza di cui<br />
egli è innamorato, «sempre tanto a modo»,<br />
riservata e discreta, che vive in un<br />
mondodialtatensionespirituale assai diverso<br />
dal suo. Anche lei lo ricambia ma<br />
vorrebbe riuscire, piuttosto, ad affrancarlo<br />
dalle «matterie» e dalle bravate del<br />
suo conclamato anarchismo. Lo vorrebbe<br />
«più razionale», ecco tutto, ma quandosirendecontodell'incapacità<br />
di Baldo<br />
anon«prenderelavitasottogamba»,l'abbandona<br />
definitivamente al suo destino.<br />
Tuttavia ciò che negli anni della difficile<br />
frequentazione è riuscita a trasmettergli<br />
non può cancellarsi dalla mente di<br />
Baldo che, in ogni circostanza, ha lei<br />
come punto di riferimento e di confronto,<br />
soprattutto allorché decide di «mettersi»<br />
con altre ragazze, con la «senza<br />
sale» Malvina, o con la psicolabile Clelia,<br />
nient'affatto disposta a caricarsi di<br />
eccessivi problemi morali.<br />
Convinto di aver trovato in Clelia «la<br />
donna della sua vita, la compagna per<br />
sempre», decide di sposarla, a dispetto<br />
deiconsigli di quanti lo mettono in guardia<br />
dai problemi che la ragazza potrebbe<br />
in seguito procurargli. Non dà retta,<br />
oltretutto, per una forma di rivalsa, perché<br />
su Clelia sa di poter esercitare lo<br />
stesso dominio che su di lui un tempo<br />
aveva esercitato Annina e, sempre come<br />
Due quadri<br />
della «Sala<br />
della morte»<br />
La «Processione<br />
dei santi»<br />
rivalsa, considera la laurea in Agraria e<br />
il lavoro qualificato presso il Genio Civile<br />
— ottenuto grazie ai buoni uffici della<br />
madre — che gli consente d'imporsi in<br />
tutto il circondario. Ma strutturare la vita<br />
sulle rivalse non è produttivo, soprattutto<br />
quando è scandita da fallimenti familiari:<br />
la figlia Desideria, infatti, conduce<br />
un'esistenza da sbandata e Clelia, nella<br />
sua assoluta incapacità di amare, è<br />
vittima del vuoto esistenziale, al punto<br />
di cedere alla tentazione di «farsi del<br />
male». Salvata più volte dalla morte, i<br />
suoi problemi purtroppo rimangono e,<br />
oltre tutto, altri guasti intervengono a<br />
complicare l'esistenza tanto da indurla a<br />
compiere la sua definitiva follia.<br />
La morte di Clelia significa per Baldo<br />
precipitare in un baratro. «Non l'ha mai<br />
amata», sente dire da alcune donne alla<br />
vigilia del funerale ed egli, fin troppo<br />
consapevole di non averla aiutata abbastanza,<br />
si rende conto che è giusto che<br />
paghi per tutto il resto della sua vita.<br />
Inutile affermarsi nel campo del lavoro,<br />
se ad ogni istante si sente messo sotto<br />
accusa — «Sei stato tu a far morire<br />
la mamma» — dalla figlia Desideria che,<br />
dal canto suo, è più che mai decisa a<br />
continuare nella sua vita di sbandata.<br />
Incapace, anche se lo vorrebbe disperatamente,<br />
di trovare qualsiasi mezzo<br />
per salvarla, pensa di parlarne a don<br />
Guerrino, il sacerdote che si prende cura<br />
di tutti gli sbandati e drogati della zona,<br />
ma non lo fa, convinto che sarebbe<br />
tutto inutile se la figlia non ha alcuna<br />
intenzione di cambiar vita.<br />
Don Guerrino, un sacerdote «sui generis»<br />
— un mezzo mistero, pensa Baldo<br />
—, è suo amico, anche se la propria<br />
professione di ateo lo indice spesso a<br />
ironizzare sulla fede del sacerdote: «In<br />
questo momento il tuo Signore dov'è? È<br />
vicino a te oppure no? Se ti è vicino,<br />
dovrei sentire anch'io la sua presenza».<br />
Gli stendardi<br />
In seconda istanza, poteva il Museo essere semplice<br />
raccolta documentaria di reperti di una storia — qui<br />
a Bergamo la scelta cronologica è stata dal Concilio<br />
di Trento (1545-63) al Concilio Vaticano II (1962-65) —<br />
restando però memoria di esperienze definitivamente<br />
tramontate, una specie di salvataggio di oggetti di un<br />
naufragio.<br />
È evidente la volontà di ricollocare oggi il Museo<br />
Diocesano, a differenza di quello che era stato anche<br />
a Bergamo il Museo di Arte Sacra, in un'altra direttrice<br />
di pensiero e di azione.<br />
Gli oggetti in esposizione rivelano una identità del<br />
rapporto fede e arte, che qui a Bergamo si qualifica<br />
come essenzialmente popolare e per il popolo è stato<br />
prodotto quanto ammiriamo come opera di nobile artigianato<br />
e di arte. Serialità di molti elementi di culto<br />
ed anche eccezionalità di alcuni di questi: la serie<br />
delle Madonne da vestire e i paramenti sacri stanno<br />
bene a fianco di tele del Lotto e del Moroni che illustrano<br />
misteri cristiani o figure di ecclesiastici.<br />
Il Concilio Vaticano II, indetto dal Papa bergamasco,<br />
ha introdotto un dialogo col mondo che ha finito<br />
per cancellare una tradizione secolare: oggi molti segni<br />
di un tempo sono divenuti inutilizzabili e incomprensibili.<br />
Il Museo offre tutti gli strumenti per una<br />
lettura di questi segni della fede di un'altra epoca,<br />
perché la lettura sia memoria e ricupero di una tradizione<br />
in vista di una innovazione e di un futuro che<br />
si sta costruendo.<br />
L'uomo di fede troverà conferme storiche e d'arte<br />
alla eredità di fede che ha ricevuto, l'uomo non credente<br />
troverà nella molteplicità di oggetti i segni di<br />
una cultura e di una storia che non è ferma, ma che<br />
si rinnova, alla ricerca di altre forme più rispondenti<br />
al nuovo costume sociale e religioso.<br />
Potremmo definirlo un museo dinamico, una work<br />
in progress, perché ha nel suo progetto una valenza<br />
educativa per la gioventù e si è costituito come strumento<br />
di formazione permanente per gli adulti. Quindi<br />
non è offerta passiva di oggetti e del loro significato,<br />
ma rapporto fra tradizione e innovazione, fra memoria<br />
e progetto, con gli strumenti necessari per lo<br />
studio e l'approfondimento. È un museo vivo, perché<br />
costruito come luogo di offerta di cultura, di dialogo<br />
con le culture del nostro tempo, di offerta e accoglienza<br />
di collaborazioni.<br />
Il Museo Bernareggi, attraverso le tante relazioni<br />
che ogni oggetto in esposizione porta in sé, fa percorrere<br />
come tanti piccoli passi verso la scoperta di un<br />
altro senso e di un Altro, come persona. E questa scoperta<br />
dà il significato ultimo a quanto è stato fatto<br />
nel passato e a quanto ancora oggi la Diocesi di Bergamo<br />
fa attraverso il messaggio cristiano perenne che<br />
ha trovato nel Museo un altro significativo strumento<br />
di comunicazione.<br />
«Il mio Signore — replica don Guerrino<br />
— non è sempre mio. Non sta sempre<br />
con me, se ne va, scompare. Perché<br />
non lo cerco, mi distraggo, o mi metto<br />
a ragionare come chi non ci crede».<br />
E aggiunge: «Credete non è per nessuno<br />
una certezza che si acquista per<br />
sempre. Non è continua, non è totale,<br />
non è assoluta. Sarebbe troppo comodo,<br />
ma non bello. Credere è un atto di umiltà,<br />
di sottomissione che dobbiamo essere<br />
disposti a ripetere». Discorsi simili<br />
non ci sono mai stati tra i due, segno<br />
che qualcosa di nuovo fermenta nell'animo<br />
di Baldo, preludio a più inquietanti<br />
e sofferti interrogativi. I quali, purtroppo,<br />
non avranno risposta, perché Baldo<br />
viene colpito da una malattia mortale.<br />
«Posso far niente?», bisbiglia il sacerdote<br />
al capezzale dell'amico morente.<br />
L'uomo, ansimante, vorrebbe rispondere<br />
che non gli serve più niente: «S'accorge<br />
che don Guerrino è inginocchiato accanto<br />
a lui. Non ce la fa a morire. Non ha<br />
forza per prendergli la mano, dirgli un<br />
grazie, ma don Guerrino lo sa chi è».<br />
Con questa pagina di drammatica<br />
intensità la vicenda di Guidobaldo Ercolani<br />
giunge all'approdo definitivo e il romanzo,<br />
volgendo in positivo il negativo<br />
di una vita ribelle e sbandata, ne annuncia<br />
la catarsi finale. Questa la sottile magia<br />
dell'arte di Gino Montesanto che,<br />
«raccontando» semplicemente fatti e<br />
persone, penetra nei risvolti della psiche,<br />
svelandone i sentimenti più riposti<br />
e autentici.<br />
Baldo, riottoso e ribelle ad ogni valore<br />
dello spirito, sa tuttavia impegnarsi<br />
per la giustizia e per la solidarietà sostenendo<br />
l'opera di don Guerrino a favore<br />
degli emarginati e, rinnegando nei fatti<br />
il suo radicale agnosticismo, arriva ad<br />
interrogarsi sul destino dell'uomo e sul<br />
mistero di Dio.<br />
Romanzodicose, Sottovento non consente<br />
stanchezze e trascina il lettore.