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ERZA T PAGINA .<br />

PAGINA<br />

3 .<br />

«Verità e metodo» di Hans-Georg Gadamer<br />

Una «fusione<br />

di orizzonti»<br />

ARMANDO RIGOBELLO<br />

L'editore Bompiani ha intrapreso una<br />

pubblicazione di classici filosofici, in traduzione<br />

con testo in lingua originale a<br />

fronte. La veste tipografica è prestigiosa,<br />

la collana «Il pensiero occidentale» è diretta<br />

da Giovanni Reale, insigne studioso<br />

di filosofia antica. Da poco, nella collana,<br />

è apparso il testo Verità e metodo<br />

di Hans-Georg Gadamer, traduzione ed<br />

apparati di Gianni Vattimo.<br />

L'introduzione della presente edizione<br />

è di Reale che efficacemente rivendica il<br />

carattere platonico dell'opera di Gadamer.<br />

Reale riporta, da un suo dialogo<br />

con Gadamer una significativa risposta<br />

di quest'ultimo: «...è vero. Nella mia ottica<br />

Platone mi ha sempre affascinato e<br />

in questo io mi trovo vicinissimo a lui,<br />

per il fatto che insisteva sulla dialettica<br />

della domanda e risposta» (p. IX). A<br />

questa professio fidei platonica si aggiunga<br />

la fides hegeliana sottolineata da<br />

Vattimo nell'Introduzione del 1972, ma<br />

di un Hegel che pone al centro focale<br />

del suo pensiero non tanto nel compimento<br />

dialettico della sintesi, della conciliazione,<br />

ma nell'antitesi che, nella dinamica<br />

dello spirito, è lo spirito oggettivo<br />

e quindi il rapporto con il costume,<br />

le istituzioni, pur sempre in confronto<br />

con la riflessione propria della coscienza<br />

morale.<br />

A queste considerazioni si aggiunge<br />

quanto, sempre Vattimo, osserva nella<br />

Postilla del 1983, ossia la ricomposizione<br />

del pensiero di Heidegger in Gadamer<br />

la cui opera, secondo la nota<br />

espressione di Habermas, potrebbe considerarsi<br />

un'urbanizzazione della filosofia<br />

heideggeriana. Il che significherebbe<br />

«una interpretazione meno esoterica, e<br />

anche meno polemica nei confronti delle<br />

esigenze diffuse nel pensiero contemporaneo,<br />

a cominciare dall'esigenza di<br />

fare realisticamente i conti con la scienza»<br />

(p. LVI).<br />

Delle due principali linee di sviluppo<br />

del pensiero di Heidegger: «l'attenzione<br />

alla portata ontologica del linguaggio»<br />

con la conseguente identificazione di linguaggio<br />

ed essere e la «meditazione sulla<br />

metafisica come storia e destino dell'essere»<br />

adamer avrebbe sviluppato in<br />

modo preminente soltanto la prima.<br />

* * *<br />

Mettendo insieme tre considerazioni:<br />

Gadamer vicino all'argomentare platonico,<br />

Gadamer impegnato nella dinamica<br />

dialogica nel contesto dell'evolversi delle<br />

istituzioni e del costume, e infine Gadamer<br />

che nel linguaggio e nel suo duttile<br />

articolarsi vede esprimersi il senso stesso<br />

della realtà, possiamo essere aiutati a<br />

comprendere il nucleo di dottrine che è<br />

l'asse portante dell'ampia opera di Gadamer.<br />

Verità e metodo, una verità che<br />

continuamente eccede l'impegno metodico<br />

del confronto, del dialogo in un<br />

orizzonte in cui la verità sfugge alle determinazioni<br />

e tende a riconoscersi in<br />

un divenire storico aperto.<br />

Gadamer tematizza la concezione heideggeriana<br />

dell'esistenza in direzione intersoggettiva,<br />

dialogica. Ciascuno di noi<br />

è storicamente situato e pensa, prende<br />

posizione e quindi interpreta all'interno<br />

di un orizzonte di senso. Ma nessuno è<br />

isolato, il suo discorso interpretativo avviene<br />

all'interno di una comunità di linguaggio.<br />

Il linguaggio stesso è segnato<br />

da differenze e relazioni a forte condizionamento<br />

storico.<br />

All'«ontologia generale» di Heidegger,<br />

Gadamer sostituisce una «fusione di<br />

orizzonti», mobile fusione di prospettive<br />

che si intrecciano sullo sfondo di una<br />

tradizione comune. Ogni variazione nell'orizzonte<br />

degli orizzonti in fusione avviene<br />

in uno scenario storico, si inscrive<br />

in una tradizione, la modifica ed insieme<br />

contribuisce alla sua continuità. Nessun<br />

esito nichilistico quindi, ma composizione<br />

attraverso la comprensione storica,<br />

interpretare è una continua opera di<br />

mediazione in un orizzonte aperto, sempre<br />

mobile ma mai collocato sull'abisso.<br />

La mediazione ermeneutica è ricondotta<br />

da Gadamer alla saggezza dell'etica<br />

aristotelica, corrisponde in qualche<br />

modo alla sapienzialità greca. La ragione<br />

ermeneutica, come il linguaggio, è<br />

coinvolta esistenzialmente e attualizza i<br />

dati della tradizione inscrivendoli nelle<br />

situazioni del presente.<br />

Una domanda che possiamo farci, anche<br />

in occasione di questa riedizione di<br />

Verità e metodo, è sullo spazio che la riflessione<br />

teologica e la stessa esperienza<br />

religiosa possono occupare nella prospettiva<br />

ermeneutica di Gadamer.<br />

Vattimo coglie nel segno quando, nella<br />

postilla del 1983 riconosce che la prospettiva<br />

di sviluppo in senso teologico<br />

che l'ermeneutica gadameriana avrebbe<br />

potuto suggerire, sviluppo che egli aveva<br />

previsto nella Introduzione del 1972,<br />

in realtà non è avvenuta, come invece si<br />

è verificato nella riflessione di Ricoeur e<br />

di Pareyson. Vattimo nota come sia difficile<br />

individuare un significato religioso<br />

dell'ermeneutica di Gadamer, sebbene<br />

«non manchi in Gadamer una sorta di<br />

religiosità secolare (nel senso di «una<br />

pietas verso la tradizione storica» e «i<br />

prodotti dello spirito carichi di significati<br />

conferiti loro nel passare delle generazioni»),<br />

«non è questa — conclude Vattimo<br />

— una idea del divino che possa in<br />

qualche modo stimolare elaborazioni<br />

teologiche» (p. LIX).<br />

Gadamer rimuoverebbe assieme alla<br />

riflessione sull'«oblio dell'essere» anche i<br />

motivi religiosi impliciti in quegli aspetti<br />

del pensiero di Heidegger che egli tralascia<br />

di seguire. Vattimo tuttavia cita in<br />

nota un articolo di H. Dreyfus, Holism<br />

and Hermeneutics, in «Review of Metaphysics»,<br />

ove il pensiero di Gadamer, assieme<br />

a quello di Ricoeur e di Rorty,<br />

rappresenterebbe in alcuni suoi aspetti<br />

«una versione religiosa del nichilismo».<br />

* * *<br />

Vattimo non pare condividere questo<br />

«modo in cui è recepita e elaborata l'ermeneutica<br />

nel quadro del pensiero americano<br />

contemporaneo».<br />

Anche a nostro parere l'orizzonte storicistico<br />

aperto in cui si muove il pensiero<br />

di Gadamer, la sua ermeneutica come<br />

storicismo linguistico ove la verità<br />

d'interpretazione si colloca nel sottile<br />

spessore ontologico di un metodo, non<br />

sono certo posizioni che stimolino originali<br />

ripensamenti teologici.<br />

D'altra parte nelle pagine di Gadamer<br />

non vi sono chiusure polemiche verso<br />

una concezione religiosa della vita e della<br />

realtà, ma una rispettosa considerazione<br />

dei fenomeni spirituali. Il salto<br />

qualitativo oltre l'orizzonte è comunque<br />

estraneo a Verità e metodo, l'attenzione<br />

ermeneutica si colloca altrove, in un terreno<br />

in cui storicità e linguaggio forniscono<br />

un sufficiente chiarimento al fluire<br />

orizzontale dell'esistenza.<br />

«La historia — osserva Gadamer in<br />

alcune considerazioni sul senso comune<br />

in Tommaso, Vico e negli sviluppi successivi<br />

— è dunque una fonte di verità<br />

totalmente diversa dalla ragione teorica»<br />

(p. 63). La ripubblicazione di Verità e<br />

metodo è un notevole avvenimento culturale,<br />

di una cultura che da decenni ha<br />

sempre più acquisito spessore anche in<br />

Italia. Basta riportare i titoli delle tre<br />

parti di cui si costituisce il volume per<br />

cogliere il nesso che presiede all'organizzazione<br />

del discorso e la sua stessa rilevanza.<br />

La prima parte è una «messa in chiaro<br />

del problema della verità in base all'esperienza<br />

dell'arte», ciò permette di<br />

affrontare nella seconda parte «il problema<br />

della verità e le scienze dello spirito»,<br />

per concludere nella terza indicando<br />

l'itinerario «dall'ermeneutica all'ontologia»<br />

attraverso «il filo conduttore del<br />

linguaggio». Si noterà come la riflessione<br />

sulla verità, connessa all'esperienza<br />

artistica, la qualifichi come veritàespressione.<br />

Non a caso il discorso, fortemente critico<br />

verso il concetto kantiano di «bellezza<br />

aderente», sviluppa poi in forma<br />

originale il pensiero di Kant sulla bellezza<br />

come «libero gioco» di «fantasia ed<br />

intelletto. Positivo è l'itinerario dell'ermeneutica<br />

all'ontologia, sull'esile filo<br />

conduttore del linguaggio.<br />

Anche Ricoeur delinea un itinerario<br />

analogo, ma giunge all'ontologia attraverso<br />

una più densa consistenza del soggetto<br />

le cui manifestazioni, ossia il cui<br />

linguaggio, non sono compiutamente ricomposte<br />

in una dialettica dello sviluppo<br />

storico. L'ermeneutica del soggetto<br />

in Ricoeur porta a complessità e contraddizioni<br />

colte in torsione prospettica<br />

dell'io sul proprio stesso esprimersi (soimême<br />

comme un autre) e denota un'interiorità<br />

complessa che ha le sue radici<br />

in Agostino e nella tradizione cristiana.<br />

* * *<br />

Più complesse sono le espressioni<br />

umane, meno pacificatrice appare la<br />

dialettica della storia. Dallo storicismo si<br />

passa all'escatologia.<br />

Non si può certo rimproverare Gadamer<br />

di non essere Ricoeur, si è voluto<br />

soltanto richiamare, in forma necessariamente<br />

schematica, che vi è anche un<br />

differente sviluppo del discorso ermeneutico.<br />

Quando si parla di ermeneutica,<br />

specie in Italia, si pensa prevalentemente<br />

a Gadamer e in realtà il contributo<br />

di Gadamer all'età ermeneutica della<br />

ragione è indiscutibile.<br />

Si aggiunga che egli si inserisce in<br />

una tradizione idealistica ed estetica e<br />

ciò lo avvicina alla nostra tradizione italiana,<br />

come pure quel suo provenire da<br />

Heidegger per poi differenziarsi dalla<br />

scuola heideggeriana per un umanistico,<br />

più pacato equilibrio è in sintonia con<br />

notevoli ambienti accademici italiani.<br />

Anche per questo è utile ricordare<br />

che vi è anche un'altra ermeneutica che<br />

passa per avventure spirituali e personali<br />

diverse e in un contesto speculativo<br />

ove l'esperienza cristiana non è solo una<br />

rilevante componente storiografica, ma<br />

un vissuto da cui emerge una autonoma<br />

proposta speculativa.<br />

Roma, 26 gennaio<br />

L'OSSERVATORE ROMANO Giovedì 25 Gennaio 2001<br />

Centocinquant'anni dalla morte di Gaspare Spontini<br />

Un compositore di «transizione»<br />

ANTONIO BRAGA<br />

Dopo un secolo di quasi completo<br />

oblio, in occasione del centenario della<br />

morte, fu a partire dal 1951 che Gaspare<br />

Spontini cominciò a rinascere, con l'esecuzione<br />

delle sue maggiori opere liriche.<br />

Oggi, a centocinquant'anni dalla morte<br />

del musicista, possiamo fare il punto sul<br />

compositore preferito da Napoleone.<br />

Era stato destinato alla carriera religiosa,<br />

ma il ragazzo, ch'era nato il 14<br />

novembre del 1774, fu attratto dalla musica<br />

dell'organo di Jesi, dove era stato<br />

portato da uno zio paterno: Gaspare lo<br />

lasciò per chiedere aiuto ad un altro zio,<br />

quello materno, per dedicarsi alla musica.<br />

Infine anche quello paterno si rassegnò<br />

e lo aiutò ad intraprendere la carriera<br />

musicale.<br />

Il luogo ideale per iniziare gli studi,<br />

era Napoli, dove fu tratto per entrare al<br />

Conservatorio della Pietà, sotto la guida<br />

di Sala e Tritto. La sua prima opera, «I<br />

puntigli delle donne», fu eseguita a Roma<br />

nel '96: in questa città ebbe i suoi<br />

primi successi, e di lì partì alla conquista<br />

degli altri teatri.<br />

Piccinni lo seguì con affetto, dandogli<br />

Appuntamenti culturali<br />

«Caravaggio e i Giustiniani»<br />

La celebre collezione Giustiniani,<br />

circa settanta opere — tra le quali<br />

alcune celeberrime del Caravaggio,<br />

e, fra le altre, di Lotto, Veronese,<br />

Carracci, Poussin e Lorrain<br />

— verrà ricomposta, dal 26 gennaio<br />

al 15 maggio, nella sua sede<br />

originaria di Palazzo Giustiniani,<br />

per la mostra: «Caravaggio e i<br />

Giustiniani — Toccar con mano<br />

una collezione del Seicento».<br />

Il volume «Storia degli Italiani dalle origini all'età di Augusto»: opera postuma di Sabatino Moscati<br />

Nel 42 a.C. venne per la prima volta<br />

adottato ufficialmente il termine «Italia»<br />

DANILO MAZZOLENI<br />

Quando si parla del concetto di Italia<br />

come entità nazionale si pensa generalmente<br />

che esso sia sorto solo in epoca<br />

moderna, soprattutto nell'Ottocento,<br />

ma, in verità, per trovarlo attuato per<br />

la prima volta bisogna tornare indietro<br />

di molti secoli e risalire all'età romana,<br />

quando la penisola fu unita in un'unica<br />

realtà amministrativa, superando la<br />

parcellizzazione delle precedenti etnie<br />

italiche.<br />

Proprio alla Storia degli Italiani dalle<br />

origini all'età di Augusto è dedicato un<br />

recente volume edito dall'Editore Bardi<br />

di Roma (pp. 518, lire 80.000). Si tratta<br />

di un'opera postuma di uno dei nomi<br />

più illustri dell'archeologia del Novecento,<br />

Sabatino Moscati (prematuramente<br />

scomparso qualche anno fa), che<br />

è stata portata alla pubblicazione per<br />

concludere degnamente il lungo e articolato<br />

panorama scientifico dello<br />

studioso.<br />

L'Autore si propone di delineare «la<br />

storia della nostra gente», seguendo<br />

passo passo, attraverso i dati delle fonti<br />

letterarie e quelli ricavati dalle più recenti<br />

scoperte archeologiche, il progressivo<br />

passaggio dalla preistoria alla storia<br />

nella penisola, frutto di un processo<br />

di fusione di culture diverse, non solo<br />

autoctone, ma anche di ascendenza più<br />

ampiamente mediterranea o continentale(basticitareiGreci,iFenici,i<br />

Celti).<br />

Come osserva in proposito Moscati,<br />

«l'unità delle genti si misura a grandi e<br />

a brevi passi: sino al momento augusteo,<br />

quando la nazione si riconobbe<br />

nelle sue regioni» e in tale contesto gli<br />

Italiani «erano (e sono) protagonisti<br />

della sua identità».<br />

E — aggiunge nella postfazione al volume<br />

un altro grande storico dell'antichità<br />

(pure di recente scomparso),<br />

Giancarlo Susini — Sabatino Moscati<br />

«ci ha donato il paradigma del senso<br />

generale della storia, che le vicende degli<br />

uomini e delle genti palesano con<br />

segni molteplici e diversi».<br />

L'ampia e complessa materia, che richiedeva<br />

un poderoso sforzo di sintesi e<br />

Modena, 28 gennaio<br />

«Domenico Gnoli»<br />

La Palazzina dei Giardini sarà sede,<br />

dal 28 gennaio al 25 marzo,<br />

della mostra «Domenico Gnoli.<br />

Opere 1954 - 1969».<br />

Roma, 9 - 10 febbraio<br />

«XXI Convegno Bachelet»<br />

Il 9 e il 10 febbraio, presso la Domus<br />

Mariae si terrà il «XXI Convegno<br />

Bachelet» sul tema: «Cittadinanza<br />

e doveri inderogabili».<br />

Situla veneta<br />

in bronzo<br />

con raffigurazioni<br />

di animali<br />

fantastici<br />

(Museo Nazionale<br />

Atestino)<br />

Facce<br />

di moneta brettia<br />

di elaborazione di tanti dati eterogenei,<br />

è strutturata in tre grandi parti: le premesse<br />

storiche e gli apporti esterni; l'area<br />

centro-meridionale e quella centrosettentrionale.<br />

Da ultimo, si analizzano<br />

gli elementi che confluirono nella fisionomia<br />

dell'Italia e si ripercorrono i momenti<br />

più significativi dell'ascesa della<br />

fortuna di Roma, conquistatrice ed unificatrice<br />

della penisola.<br />

Leggendo questo sostanzioso volume,<br />

si scoprono vicende di popoli italici, di<br />

cui comunemente si ignora anche il no-<br />

me: si pensi, ad esempio,<br />

ai Brettii (forma greca del<br />

latino Bruzii), che secondo<br />

lo storico Strabone si erano<br />

distaccati dai Lucani dalla<br />

metà circa del IV secolo<br />

a.C., occupando gran parte<br />

dell'odierna Calabria. O<br />

agli stessi Itali, dai quali<br />

poi fu tratto il nome dell'intera<br />

penisola, ma che<br />

erano stanziati originariamente<br />

nell'estremo lembo<br />

del medesimo territorio calabro.<br />

A tale proposito, è interessante<br />

notare che per la<br />

prima volta il termine di<br />

Italia venne adottato ufficialmente<br />

nel 42 a.C. e che<br />

successivamente, nel tardo<br />

III secolo d.C., la denominazione<br />

si estese alla Sicilia<br />

e alla Sardegna.<br />

Tornando ai Brettii, la<br />

loro attività artigianale è<br />

legata indubbiamente alla<br />

cultura della Magna Grecia<br />

e si può individuare soprattutto<br />

in una produzione<br />

scultorea in pietra di tipo<br />

popolare e in varie figurine<br />

di bronzo di divinità ed<br />

animali. Sono documenti importanti<br />

anche i corredi funebri relativi a tombe<br />

a camera, in cui si sono trovati vari oggetti<br />

pertinenti a guerrieri o per i banchetti,<br />

spesso tuttavia di importazione.<br />

La documentazione conservata ha con-<br />

utili consigli; e da Roma fu chiamato alla<br />

corte palermitana, a sostituire il Cimarosa.<br />

Il salto definitivo lo compì recandosi<br />

a Parigi nel 1803, dove esordì<br />

come «allievo di Cimarosa» con l'opera<br />

«La finta filosofa», già eseguita a Napoli.<br />

Bruciò le tappe, superando gli ostacoli<br />

frapposti dai musicisti locali, ottenendo<br />

grande successo con il «Milton».<br />

Fu solo nel 1807 che trionfò con «La<br />

Vestale», suo indiscusso capolavoro. Il<br />

trionfo parigino ebbe vasta eco in tutta<br />

Europa: era divenuto il compositore ufficiale<br />

della corte napoleonica. Due anni<br />

dopo Spontini rinnovava il successo con<br />

il «Fernando Cortez», opera che adombrava<br />

le gesta dello stesso imperatore.<br />

Nel 1811 sposò la figlia di Erard, il noto<br />

costruttore di pianoforti; e nel 1814 si<br />

salvò con diplomazia dalla caduta dei<br />

sostenitori del Buonaparte, ottenendo<br />

dal re Luigi XVIII il titolo di «compositore<br />

drammatico del re».<br />

Tuttavia la Francia non era più per<br />

lui la terra promessa, e decise di accettare<br />

l'invito del re di Prussia Federico<br />

Guglielmo III: si trasferì a Berlino nel<br />

1820 come «direttore generale della musica»<br />

e «soprintendente della musica reale».<br />

Malgrado i successi, fu costretto a<br />

subire una lotta sorda da parte dei cortigiani<br />

che invidiavano la sua posizione.<br />

La sua «Agnese di Hohenstaufen», che<br />

Ceramica<br />

messapica<br />

rinvenuta<br />

a Cavallino<br />

in Puglia<br />

sentito di appurare che questo popolo<br />

aveva anche facoltà di emettere monete<br />

a livello federale o civico, fornite tuttavia<br />

di didascalie in lingua greca.<br />

Passando dall'Italia meridionale a<br />

quella settentrionale, i Veneti sono ritenuti<br />

dalle fonti una popolazione venuta<br />

dalla penisola anatolica, e in particolare<br />

dalla Paflagonia, prendendo parte al<br />

conflitto troiano e sbarcando poi nell'alto<br />

Adriatico sotto la guida di Antenore,<br />

oppure — secondo un'altra tradizione<br />

— al seguito di Diomede. Al di là<br />

Le regioni d'Italia al tempo di Augusto<br />

della tradizione leggendaria, gli elementi<br />

di base sono certamente frutto di<br />

una realtà storica.<br />

Nel territorio veneto, in un primo<br />

tempo emersero con un ruolo egemone<br />

le città di Este e Padova, in una fase<br />

apparse nel '29, ebbe solo un successo<br />

di stima, ed egli la modificò varie volte.<br />

Alla morte del re, nel 1840, le lotte<br />

che dovè affrontare furono ancora maggiori:<br />

l'episodio più grave avvenne quando,<br />

mentre dirigeva il «Don Giovanni» di<br />

Mozart, fu costretto a lasciare il podio<br />

da un gruppo di ascoltatori ostili.<br />

Pur conservando titoli ed appannaggio,<br />

lasciò Berlino e tornò a Parigi.<br />

Sopraggiunta la malattia, nel 1850 si<br />

ritirò a Majolati, accolto con onori regali<br />

dai suoi concittadini. Alla morte, si<br />

svolsero grandi cerimonie funebri, e fu<br />

sepolto nella Cappella dell'Ospizio Spontini,<br />

da lui fondato, nella sua città<br />

natale.<br />

Spontini è stato quindi fortemente rivalutato<br />

tra il 1950 ed il 55, anni in cui<br />

non solo «La Vestale» è tornata sulle<br />

scene, ma anche altre opere, come «Fernando<br />

Cortez», «Olympie» e «Agnese»<br />

sono state rieseguite. Oggi la visione globale<br />

del suo teatro lirico è quasi completa,<br />

ed egli appare come un compositore<br />

«di transizione» di grande vigore, conoscitore<br />

delle soluzioni estetiche del suo<br />

tempo, ed autore di grandi partiture, in<br />

specie quelle di gusto francese, nelle<br />

quali le proposte di Gluck vengono allargate<br />

e messe su un piano trionfalistico<br />

di grande effetto. Amato da Napoleone<br />

per il suo gusto marcato e marziale,<br />

Spontini in Germania si interessava alle<br />

nuove forme romantiche tedesche, e veniva<br />

rispettato dal giovane Wagner, che<br />

pure non era tenero con i musicisti italiani.<br />

Dopo la sua morte, la sua produzione<br />

cadde in letargo. Ancora negli anni Quaranta<br />

del secolo XX, Renè Leibowitz<br />

nella sua «Storia dell'Opera» ricordava<br />

di avere ascoltato una sola volta in gioventù<br />

«La Vestale».<br />

Assieme a Rossini e Cherubini, fu alla<br />

vetta della musica teatrale francese del<br />

suo tempo, tra periodo napoleonico e<br />

restaurazione: la sua strumentazione divenne<br />

sempre più raffinata e complessa.<br />

A lui si ascrivono anche alcune Cantate<br />

d'occasione per Napoleone e per il re di<br />

Prussia.<br />

Lamine in oro<br />

con iscrizioni<br />

in fenicio e in etrusco<br />

(Museo Nazionale<br />

Etrusco di Villa Giulia)<br />

Elmo sannita<br />

in bronzo<br />

(Museo<br />

Archeologico<br />

Nazionale<br />

di Chieti)<br />

che si può denominare protourbana,<br />

seguite da altri centri. Dal IV secolo<br />

a.C. ebbe inizio la conquista romana,<br />

favorita da alleanze con molte genti locali,<br />

che vennero confermate in occasione<br />

del duro conflitto contro i Galli.<br />

Dopo aver fondato una serie di colonie<br />

(fra le quali Aquileia), sul volgere del II<br />

secolo a.C. il capillare processo di romanizzazione<br />

in tutta la regione si poteva<br />

dire concluso.<br />

I Veneti, stando ai ritrovamenti effettuati,<br />

svilupparono in particolar modo<br />

l'artigianato del bronzo, lavorando soprattutto<br />

situle, recipienti decorati a<br />

sbalzo o mediante incisioni con scene<br />

belliche o di vita quotidiana disposte in<br />

fasce orizzontali. Basti ricordare la situla<br />

Benvenuti di Este, ritenuta la più indicativa<br />

attestazione dell'arte paleoveneta,<br />

ornata con un vero ciclo di rappresentazioni,<br />

animate da un vivo senso<br />

narrativo e caratterizzate da uno stile<br />

che si avvicina all'orientalizzante: un<br />

cavallo con un servo e un personaggio<br />

seduto, un banchetto, due figure maschili<br />

con ampi copricapi e pesanti<br />

mantelli, due pugili, e poi ancora leoni,<br />

centauri, contadini e buoi al pascolo,<br />

animali fantastici (una sfinge e un grifone),<br />

uno stambecco e un cervo, soldati<br />

con prigionieri.<br />

Dal territorio estense provengono ancora<br />

notevoli figurine bronzee votive a<br />

tutto tondo, riferibili ai secoli IV-II a.C.<br />

e in parte provenienti dall'area sacra<br />

della dea delle acque, Reitia. Sono<br />

combattenti rappresentati in varie attitudini,<br />

opera di singolare espressività e<br />

vivacità.<br />

L'arte dei Veneti raggiunse un ragguardevole<br />

livello anche con la ceramica<br />

decorata di tipo funerario, in particolare<br />

con i caratteristici vasi a stivale,<br />

databili fra il 750 e il 650 circa a.C. e<br />

di probabile ascendenza danubiano-balcanica.<br />

Centri principali di influsso della grecità<br />

furono, in territorio veneto, Adria,<br />

importante emporio commerciale in<br />

cui, specie in ambito ceramico, i prodotti<br />

di importazione convissero con<br />

quelli locali e poi Spina, polo di penetrazione<br />

etrusca nella valle padana. In<br />

tal modo, nel settore nord-orientale della<br />

penisola si avviò un'originale fusione<br />

di culture, alle quali si unirono ben<br />

presto la componente celtica e quella<br />

romana.<br />

Con i Veneti ebbero indubbi contatti<br />

anche alcuni popoli alpini, come i Reti<br />

e gli Euganei, etnie che talora si sovrappongono<br />

nelle testimonianze degli<br />

storici, i quali accreditano la notizia<br />

che essi fossero stanziati in origine in<br />

pianura e che si fossero rifugiati in<br />

montagna per sottrarsi alle invasioni di<br />

altri popoli.<br />

Le iscrizioni retiche rivelano singolari<br />

affinità con quelle etrusche, forse per<br />

una parentela originaria di genti che<br />

non erano indoeuropee. Produzione caratteristica<br />

di questo popolo furono<br />

boccali con beccuccio a rostro, spilloni<br />

bronzei a capocchia a vaso costolato e<br />

roncole, utensili inventati proprio dalle<br />

genti dell'odierno Trentino, mentre alla<br />

loro cultura appartengono santuari<br />

posti su alture, adibiti a libagioni e<br />

sacrifici animali e, talora, umani.<br />

I Reti utilizzavano per la sepoltura il<br />

rito della cremazione e ponevano le ceneri<br />

all'interno di urne chiuse da ciotole<br />

capovolte. Dalla necropoli di Meluno,<br />

presso Bressanone, provengono fibule<br />

di varia ed originale forma, databili<br />

fra la fine dell'VIII e la metà del VI<br />

secolo a.C., mentre borchie e bronzetti<br />

figurati raffiguranti guerrieri, cavalieri,<br />

devoti ed oggetti votivi, una parte dei<br />

quali legati alla tradizione iconografica<br />

etrusco-italica. Si produssero anche situle<br />

con elementi originali dal punto di<br />

vista tecnico.<br />

Dal IV secolo l'arte retica subì un indubbio<br />

influsso celtico, avvertibile soprattutto<br />

in elmi e fibule; di lì a poco<br />

anche questa cultura fu assorbita in<br />

quella romana e perse la propria individualità.<br />

Ripercorrendo le vicende dei popoli<br />

che abitarono la penisola italiana nel<br />

primo millennio prima di Cristo, si può<br />

affermare che emerge chiaramente<br />

quell'articolazione regionale, che risulterà<br />

fondamentale nella storia successiva<br />

e costituirà la base della suddivisione<br />

politica attuata in epoca augustea.<br />

Pur nella comunanza di influssi e di<br />

scambi commerciali e culturali, una<br />

più marcata autonomia si verifica tuttavia<br />

nelle isole maggiori, ossia in Sicilia<br />

e in Sardegna.

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