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PAGINA<br />

8 .<br />

Raccolte in un libro le riflessioni - ciclo C - dell'anno liturgico<br />

pubblicate dal Vescovo Fiorino Tagliaferri nel nostro giornale<br />

«Perché abbiano la vita»<br />

GINO CONCETTI<br />

Liturgicamente si stanno ripercorrendo<br />

i «sentieri» evangelici tracciati<br />

da Luca. Un Vescovo attento e sensibile<br />

ai cammini della fede qual è Fiorino<br />

Tagliaferri ripropone alla meditazione<br />

dei lettori (sacerdoti e laici) le<br />

riflessioni che egli ha compiuto e ha<br />

pubblicato nel nostro giornale, agli inizi<br />

degli anni Novanta, aggiornandole e<br />

integrandole con ulteriori approfondimenti:<br />

Perché abbiano la vita (Edizioni<br />

Borla, Roma 2000, pp. 287, L.<br />

30.000, E. 15,49).<br />

Se è superfluo parlare dell'Autore<br />

tanto è conosciuto prima come Assistente<br />

di Azione Cattolica poi come<br />

Vescovo di Viterbo, non è invece «manieristico»<br />

illustrare le linee e i principi<br />

redazionali che hanno costituito la<br />

dinamica delle sue meditazioni.<br />

Mons. Tagliaferri sa leggere e penetrare<br />

il Vangelo di Luca con l'intuizione<br />

dello speculativo e la sapienza del<br />

carismatico. Sa poi esporre la verità e<br />

i contenuti del testo lucano con la visione<br />

e l'acume dell'esegeta avveduto<br />

inserito nella condizione dei credenti.<br />

Lungi dall'essere astratto, disincarnato<br />

o teorico Mons. Tagliaferri è fedele al<br />

comando del Signore: di sapere<br />

estrarre dal tesoro della fede le dinamiche<br />

per l'oggi. Insomma il «nova et<br />

vetera» è il substrato che anima tutta<br />

l'esposizione.<br />

L'aderenza ai testi biblici delle «letture»<br />

gli consente di esporre i valori<br />

della Parola di Dio, di aprire ai fedeli<br />

le vie per la retta comprensione non<br />

solo della «omelia» di cui di volta in<br />

volta porge una sufficiente e incisiva<br />

trattazione. Sa di compiere uno sforzo<br />

integrativo di applicazione vitale ed<br />

esistenziale perché la Parola di Dio celebrata,<br />

proclamata e assimilata diventi<br />

linfa di vita.<br />

Nei commenti e nelle esegesi non<br />

mancano puntualizzazioni. Sono necessarie<br />

in momenti di rapide trasformazioni<br />

come il nostro in cui la tradizionale<br />

cultura cattolica è «pressata» e<br />

quasi «soffocata» dalla cultura laica<br />

che si avvale di potenti mezzi di comunicazione<br />

per far pervenire a tutti<br />

messaggi devianti e inaccettabili. Lo<br />

scontro è più evidente nei temi cruciali,<br />

come quello della famiglia. È noto<br />

come la Chiesa si batta con forza e<br />

costanza per salvaguardare le dignità<br />

e i diritti del matrimonio cristiano. La<br />

sua battaglia non è rivestita da interessi<br />

contingenti, politici. È, viceversa,<br />

alimentata dal Vangelo, espressione e<br />

manifestazione visibile del Figlio di<br />

Dio vissuto tra noi, morto e risorto.<br />

La Chiesa che è in Italia — ribadisce<br />

Mons. Tagliaferri — «intende affermare<br />

la priorità della famiglia, fondata<br />

sul matrimonio, come soggetto<br />

sociale ed ecclesiale. Vede in essa la<br />

cellula originaria della società, la prima<br />

scuola di umanità, la Chiesa domestica<br />

che ha la missione di trasmettere<br />

il Vangelo della carità in modo<br />

peculiare, con l'eloquenza dei fatti».<br />

La famiglia nel modello originario e<br />

cristiano oggi subisce i maggiori attacchi<br />

sia nella sua forma istitutiva sia<br />

nella forma procreativa, sia nella sua<br />

dimensione sociale. Mons. Tagliaferri<br />

ribadisce la validità del progetto di<br />

Dio e di Cristo e vigorosamente difeso<br />

dalla Chiesa non per rifiutare il pro-<br />

Santa Messa nella festa<br />

di sant'Antonio Abate<br />

patronodeiVigilidel Fuoco<br />

della Città del Vaticano<br />

Nella mattina di mercoledì 17<br />

gennaio, i Vigili del Fuoco dello<br />

Stato della Città del Vaticano hanno<br />

ricordato con una cerimonia<br />

religiosa la festività di sant'Antonio<br />

Abate, loro patrono.<br />

La Santa Messa è stata celebrata<br />

nella Cappella di Santa Marta<br />

nel Palazzo del Governatorato dal<br />

Vescovo Gianni Danzi, Segretario<br />

Generale del Governatorato. Con<br />

lui hanno concelebrato Don Paolo<br />

Marzilli e Padre Gioele Schiavella.<br />

Nell'omelia il celebrante, traendo<br />

spunto dalla vita e le opere del<br />

santo patrono, ha rivolto parole di<br />

augurio e di ringraziamento ai Vigili<br />

rammentando loro l'impegno<br />

nello svolgimento delle loro attività<br />

a servizio del Santo Padre e<br />

della Santa Sede.<br />

Al termine della Santa Messa è<br />

stata impartita ai presenti la benedizione<br />

con la reliquia del santo.<br />

Alla Celebrazione erano presenti<br />

tutti i componenti il Nucleo dei<br />

Vigili del Fuoco, il Direttore Generale<br />

dei Servizi Tecnici, alcuni<br />

Capi Servizio, i Capitecnici dei vari<br />

Laboratori ed alcuni Vigili in<br />

pensione.<br />

gresso e essere insensibile alle nuove<br />

istanze. Il vero motivo è la fedeltà a<br />

Cristo che vieta ogni compromesso<br />

con le cosiddette conquiste civili moderne.<br />

Con parsimonia di linguaggio ma<br />

con denso contenuto teologico, Mons.<br />

Tagliaferri spiega le verità cristiane<br />

avallate dalla definizione dogmatica<br />

della Chiesa. L'offensiva delle sette è<br />

contro la Madre di Cristo, contro Maria,<br />

venerata giustamente dai cristiani<br />

di Occidente e di Oriente come Madre<br />

di Dio e della Chiesa. Oltre alla tradizione<br />

dei Padri, Mons. Tagliaferri si<br />

appella all'autorità dei concili ecumenici<br />

per la maternità divina e spirituale<br />

di Maria. «I santi Padri — riferisce<br />

il Vescovo — non dubitarono di chiamare<br />

Madre di Dio la Santa Vergine.<br />

È Madre di Dio: generò, infatti, secondo<br />

la carne il Verbo di Dio fatto<br />

carne. Così con gioia, la salutiamo ed<br />

invochiamo oggi e tutti i giorni».<br />

Il Vangelo è un messaggio di salvezza<br />

da viversi in profondità ed estensione.<br />

Non può essere privatizzato, intimizzato<br />

nell'ambito della propria coscienza<br />

individuale. La storia della salvezza<br />

è il grandioso disegno di Dio<br />

per salvare tutti gli uomini e tutte le<br />

donne. Ai credenti in Cristo spetta affermare<br />

i valori umani totali e di scrivere<br />

nella società i valori del Vangelo<br />

e i principi universali provenienti da<br />

Dio stesso. I cristiani non ricorrono<br />

né alla forza né alla proscrizione. Il loro<br />

metodo è quello delle beatitudini.<br />

Emblematici sono i messaggi per la<br />

pace che dalla fine del Concilio ogni<br />

anno vengono dal Papa trasmessi a<br />

tutti gli uomini di buona volontà.<br />

Mons. Tagliaferri di questi messaggi è<br />

un interprete fedele, un «ministro»<br />

singolare. «Tutti i credenti in Dio —<br />

scrive — debbono sentirsi responsabili<br />

della pace. Soprattutto di quella che si<br />

costruisce nella convivenza quotidiana.<br />

La pace viene da Dio ma passa at-<br />

L'OSSERVATORE ROMANO Giovedì 18 Gennaio 2001<br />

traverso il cuore, la vita degli uomini».<br />

Gesù ha fondato la Chiesa alla quale<br />

ha garantito prerogative inderogabili:<br />

la indefettibilità nel fluire nei secoli<br />

e il primato di Pietro. La Chiesa, animata<br />

dallo Spirito Santo, è composta<br />

da tutti i discepoli di Cristo, dai battezzati.<br />

La sua missione è di proclamare<br />

il Vangelo a tutte le creature.<br />

Credere alla Chiesa è credere a Cristo<br />

stesso che ha costituito Pietro e i suoi<br />

successori principio visibile di unità e<br />

oracolo di verità. Mons. Tagliaferri<br />

considera Pietro come la figura-simbolo<br />

della Chiesa: «La barca di Pietro, la<br />

fede di Pietro, la vocazione di Pietro:<br />

tutto ci fa pensare alla Chiesa, poiché<br />

Pietro e Chiesa sono inseparabili. La<br />

vocazione di Pietro anticipa già la nostra<br />

vocazione e la sua fede apre la<br />

strada alla nostra». Si potrebbe dire<br />

allora che Pietro è il «battistrada» di<br />

tutti i credenti in Cristo.<br />

Mons. Tagliaferri si dilunga nella<br />

funzione di Pietro e nella sua immagine<br />

per affermare: «Questo è la Chiesa:<br />

per noi e per tutti. È la casa itinerante<br />

attraverso il mare del mondo, nella<br />

quale Cristo ci raccoglie per rivelarci<br />

la nostra vera identità ed offrirci le risorse<br />

per realizzarla».<br />

Pietro non è solo un emblema, un<br />

simbolo, un'immagine: è una realtà vivente<br />

che si proietta e si prolunga nel<br />

tempo e nello spazio. Il suo ruolo continua<br />

nella persona dei suoi successori.<br />

Scrive Mons. Tagliaferri: «La barca<br />

di Pietro è la Chiesa di oggi con il Papa<br />

di oggi, al quale ci rivolgiamo con<br />

le parole di san Girolamo a Papa Damaso:<br />

“Io non seguo altri primati se<br />

non quello di Cristo. Per questo, voglio<br />

essere in comunione con la tua<br />

beatitudine, cioè con la cattedra di<br />

Pietro. So che su questa pietra è fondata<br />

la Chiesa. E chi non si troverà<br />

nell'arca di Noè, perirà nell'ora del diluvio”».<br />

per diverse ragioni in luoghi reconditi,<br />

sono divenuti invisibili e, addirittura dimenticati,<br />

vanno verso il degrado; altri,<br />

poi, corrono molto spesso il rischio di<br />

essere derubati. Il Museo Diocesano è<br />

istituito anche per questo. La sua azione,<br />

in questo caso, non tende al depauperamento<br />

delle chiese del territorio diocesano,<br />

ma vuole essere un primo intervento<br />

per la salvaguardia di un patrimonio<br />

a rischio».<br />

Il Museo Diocesano, tuttavia, si prefigge<br />

ancora di più.<br />

«Vuole essere, infatti — sono ancora<br />

parole del Presule —, un luogo di proposta<br />

culturale, di fruizione e di valorizzazione<br />

delle diverse opere, un motore<br />

per iniziative destinate a rendere visibile<br />

quelle testimonianze che, oggi, hanno<br />

collocazioni precarie, o non trovano più<br />

lo spazio nelle loro consuete, originarie<br />

residenze. Ad alcune di esse, poi, il Museo<br />

Diocesano consentirà uno spazio di<br />

vita che molteplici e differenti vicende<br />

gli hanno negato per sempre».<br />

Tante sono le opere artistiche in mostra<br />

nel museo. Tra queste meritano di<br />

essere segnalate il piatto elemosiniere<br />

con la raffigurazione di san Giorgio; una<br />

statua di notevole fattura raffigurante il<br />

Bambino Gesù; un parato di tre Carteglorie;<br />

un ostensorio dell'argentiere<br />

«APT» munito di bolli consolari; una Corona<br />

di una statua mariana del 1808.<br />

Molto interessanti, per la rarità dei recuperi<br />

di tali manufatti, sono le grate in<br />

Frosinone: Santa Messa a conclusione delle celebrazioni per il 150° dalla morte di Suor Maria Teresa Spinelli<br />

Domenica 21 gennaio avrà luogo nella<br />

Cattedrale di Frosinone la solenne Celebrazione<br />

Eucaristica conclusiva dell'anno<br />

di festeggiamenti promosso in occasione<br />

del 150° anniversario della morte di suor<br />

Maria Teresa Spinelli, avvenuta il 22 gennaio<br />

1850.<br />

La serva di Dio Maria Teresa Spinelli<br />

— della quale è in corso la causa di canonizzazione<br />

— nacque a Roma nel 1789<br />

In occasione dell'inaugurazione è stato pubblicato un catalogo delle opere esposte<br />

Il museo di arte sacra della diocesi di Oria<br />

ferro, datate 1648, provenienti dalla<br />

chiesa oritana di San Francesco, dove<br />

chiudevano l'antica nicchia che custodiva<br />

le reliquie del beato Francesco da<br />

Durazzo.<br />

Particolarmente importante è anche<br />

la statua raffigurante san Nicola da Tolentino,<br />

considerato il fatto che è opera<br />

di Mauro Manieri, uno dei protagonisti<br />

dell'arte jonico-salentina nella prima metà<br />

del Settecento.<br />

Tra le opere plastiche lignee è da segnalare<br />

il busto reliquiario, databile alla<br />

fine del secolo XVII, raffigurante san<br />

Carlo Borromeo.<br />

Infine, di grande importanza sono anche<br />

le pitture appartenenti ai secoli<br />

XVII e XVII, quando, nel territorio diocesano,<br />

operavano maestri di grande valore<br />

come i Papagiorgio e i Bianchi di<br />

Manduria e i Carella di Francavilla Fontana.<br />

«Noi — sottolinea don Daniele Conte,<br />

direttore del Museo — abbiamo il dovere<br />

di conservare e valorizzare queste<br />

espressioni di fede e amore, quasi saggi<br />

amministratori che traggano “dal loro<br />

tesoro cose antiche e cose nuove”».<br />

D'altro canto, come dice Andrea Emiliani,<br />

«ogni museo, grande e piccolo,<br />

metropolitano e periferico, è nato comunque<br />

da una volontà di storia,<br />

espressa da uno tra i tanti straordinari<br />

insediamenti di cui è costellata la realtà<br />

italiana».<br />

LORENZO RUGGIERO<br />

e fondò nel 1827, a Frosinone, la Congregazione<br />

delle Suore Agostiniane Serve di<br />

Gesù e Maria.<br />

Nel corso dell'anno commemorativo,<br />

apertosi il 22 gennaio 2000, le Suore Agostiniane<br />

hanno inaugurato due nuove comunità.<br />

Una in India, con la scuola materna<br />

e un corso professionale per la promozione<br />

della donna. L'altra in Brasile, dove<br />

è stato aperto un centro di accoglienza<br />

per i bambini abbandonati e in situazioni<br />

di povertà.<br />

Inoltre a Malta, dove le Suore sono presenti<br />

da oltre un secolo, un ex convento<br />

della Congregazione è stato donato ad<br />

un'associazione di volontariato che, in<br />

collaborazione con le religiose, ha dato<br />

vita ad una casa di accoglienza temporanea<br />

per ex tossicodipendenti oppure per<br />

ex carcerati che non hanno una casa.<br />

Celebrato a Tropea il primo centenario della nascita del servo di Dio<br />

Don Francesco Mottola<br />

«martire» capace di riconoscere<br />

la presenza di Cristo nel dolore<br />

Il primo centenario della nascita del<br />

servo di Dio don Francesco Mottola (3<br />

gennaio 2001) è stato ricordato a Tropea<br />

con due momenti molto significativi, ai<br />

quali hanno partecipato diverse centinaia<br />

di persone provenienti dalla Calabria<br />

e da altre parti d'Italia.<br />

In mattinata il Vescovo Mons. Domenico<br />

Cortese, il Sindaco Gaetano Vallone,<br />

e don Domenico Pantano, Lucia<br />

Amato e Giuseppe Locane, in rappresentanza<br />

dell'Istituto Oblato fondato dal<br />

servo di Dio, hanno simbolicamente acceso<br />

una lampada nella sua casa natale,<br />

che è stata riaperta al pubblico dopo la<br />

ristrutturazione e il restauro.<br />

Il locale, ubicato all'ultimo piano, si<br />

affaccia direttamente sul mare, offrendo<br />

un panorama suggestivo, fonte di ispirazione<br />

a don Mottola, sensibilissimo animo<br />

di poeta, che ha espresso in pagine<br />

definite fra le «più alte e sublimi» della<br />

letteratura contemporanea (Mercadante),<br />

l'incanto degli orizzonti marini, che<br />

ha invaso il suo spirito.<br />

La disposizione delle stanze e di quanto<br />

appartenne al servo di Dio offrono<br />

una lettura visiva della genesi e dello<br />

sviluppo delle opere e, con fotografie e<br />

grafici opportunamente illustrati da brani<br />

dei suoi scritti, narrano la vicenda<br />

umana e l'esperienza spirituale.<br />

Il Buon Pastore (particolare) - Mausoleo di Galla Placidia (Ravenna) Essa, nel «gioioso dono totale» e nel<br />

Il Vescovo Cortese accende la lampada nella casa natale di don Mottola<br />

«L'arte risveglia alla speranza che il<br />

mondo sarà come dovrebbe essere»: il<br />

pensiero di Romano Guardini sintetizza<br />

mirabilmente il senso ed il valore del<br />

Museo di arte sacra della diocesi di<br />

Oria.<br />

Questa importante struttura culturale<br />

è stata inaugurata, qualche giorno fa, alla<br />

presenza del Cardinale Salvatore De<br />

Giorgi, Arcivescovo di Palermo, il quale,<br />

ricordando la sua permanenza come Pastore<br />

nella diocesi oritana, ha sottolineato<br />

l'importanza dell'arte sacra e della<br />

sua salvaguardia.<br />

Il Museo è stato istituito dal Vescovo<br />

Marcello Semeraro con decreto del 15<br />

novembre 1999.<br />

Per l'occasione, grazie alla collaborazione<br />

del Comune di Oria, è stato pubblicato<br />

anche un catalogo che illustra i<br />

reperti che sono contenuti nella esposizione<br />

permanente.<br />

«È — ha sottolineato Mons. Semeraro<br />

— con viva soddisfazione che ora inauguriamo<br />

questa struttura diocesana.<br />

Realizzata nel complesso architettonico<br />

dell'antico palazzo vescovile di Oria, essa<br />

intende primariamente favorire la<br />

conservazione e il pubblico godimento<br />

di una parte del patrimonio di opere<br />

d'arte mobile e di suppellettile originariamente<br />

destinate al culto e di cui sono<br />

proprietari sia l'Ente Diocesi sia gli altri<br />

enti diocesani dipendenti dall'autorità<br />

ecclesiastica. Sono, infatti, davvero molti<br />

gli oggetti d'arte sacra che, relegati<br />

«Soffrire alleluiando», conobbe la dura<br />

penitenza dei cilici e la vita «crucisignata»<br />

di 27 anni di sofferenze per la paresi<br />

che lo colpì, fino al letto di morte su<br />

cui, in un ultimo sforzo, poggiandosi sui<br />

gomiti, si elevò leggermente e, fissando<br />

lo sguardo luminoso verso l'alto, esclamò:<br />

«Eccomi! Eccomi tutto!».<br />

È stata quindi celebrata una Liturgia<br />

penitenziale per il Giubileo della Famiglia<br />

Oblata, con alcune soste presso i<br />

luoghi in cui fece le sue esperienze sacerdotali,<br />

alla quale si sono uniti diversi<br />

fedeli, che si è conclusa con una concelebrazione<br />

presieduta da Mons. Cortese.<br />

Nell'omelia il Vescovo ha delineato la<br />

figura di don Mottola, esaltando il messaggio<br />

spirituale, umano, sociale e culturale<br />

e la testimonianza di vita e le opere<br />

ancora feconde di frutti.<br />

Fra l'altro, ha definito don Mottola<br />

«martire», poiché «senza parlare» nella<br />

croce quotidiana, in particolare nei 27<br />

anni di malattia, ha testimoniato il suo<br />

amore per il Signore e per gli emarginati.<br />

Il Presule ha ricordato la preghiera, in<br />

cui chiedeva «Dammi, Gesù, le tue pupille»<br />

per poter vedere negli altri riflesso<br />

il Volto di Dio e ha fatto, infine, un vigoroso<br />

appello affinché, in un mondo<br />

segnato dagli egoismi, l'esempio di don<br />

Mottola sia di stimolo, anche alle istituzioni,<br />

per creare la cultura dell'amore e<br />

del servizio.<br />

Nel pomeriggio, presso il cinema «Eliseo»,<br />

si è svolta la cerimonia ufficiale<br />

della commemorazione del centenario.<br />

Don Pantano, Moderatore Generale dell'Istituto<br />

Oblato, ha dichiarato aperto<br />

l'«Anno Mottoliano», e ha salutato e ringraziato<br />

gli intervenuti e le Autorità, fra<br />

le quali Mons. Domenico Cortese, Vescovo<br />

di Mileto-Nicotera-Tropea, Mons.<br />

Girolamo Grillo, Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia,<br />

Mons. Vincenzo Rimedio,<br />

Vescovo di Lamezia Terme. Erano<br />

presenti il Sottosegretario ai Lavori Pubblici,<br />

Domenico Carratelli, i Senatori<br />

Antonino Murmura e Francesco Bevilacqua,<br />

il Sindaco Gaetano Vallone, il Direttore<br />

Generale dell'ASL di Vibo Valentia,<br />

Santino Garofolo, il Presidente dell'Amministrazione<br />

Provinciale, Ottavio<br />

Bruni, e il Presidente del Consiglio della<br />

stessa Amministrazione, Martino Porcelli.<br />

Don Pantano ha quindi ricordato il<br />

«patrimonio» prezioso che don Mottola<br />

ha lasciato alla Famiglia Oblata, che<br />

non è un «tesoro» da «custodire» come<br />

in un museo, ma un bene «vivo» e «vitale»,<br />

che deve alimentare i suoi figli spirituali<br />

e che essi hanno il dovere di «partecipare»<br />

agli altri. Anche se don Mottola<br />

— ha affermato — ormai fa parte della<br />

Chiesa universale, non possiamo non<br />

tener conto della responsabilità che abbiamo<br />

anche verso la stessa società civile<br />

come suoi concittadini e calabresi.<br />

Il messaggio che egli, nella ricorrenza,<br />

ci lascia sono le raccomandazioni<br />

che accoratamente faceva, per una maggiore<br />

comunione e collaborazione all'interno<br />

della Chiesa e della società civile.<br />

Egli diceva che in Calabria «vi sono tanti<br />

semi di fiamma», che sono dispersi;<br />

tanti rivoli, abbandonati a se stessi, che<br />

si trasformano in «palude». Bisogna unire<br />

i semi di fiamma per trasformarli in<br />

«rogo» e i rivoli per incanalarli in acque<br />

che fanno fiorire il «deserto».<br />

Quindi ha dato il saluto il Sindaco<br />

Gaetano Vallone, che ha definito don<br />

Mottola il «personaggio più illustre del<br />

Novecento» che onora la cittadina e la<br />

Calabria nel mondo e al quale la società<br />

deve tanto per quanto ha operato per<br />

gli emarginati e per il progresso umano<br />

e civile.<br />

È seguita una tavola rotonda presieduta<br />

e coordinata da Mons. Girolamo<br />

Grillo, il quale ha presentato i relatori<br />

ed ha indicato in don Mottola il sacerdote,<br />

che ha posto al centro Dio, per<br />

amare e servire l'uomo.<br />

Il dirigente scolastico del Liceo classico<br />

«Morelli» di Vibo Valentia Giacinto<br />

Namia ha tratteggiato la «figura» di don<br />

Mottola, intellettuale, letterato, filosofo,<br />

che tutto sacrifica nella «scelta radicale<br />

dell'Assoluto», «in cui si disperde nell'abbandono<br />

filiale», del quadrinomio «soffrire-tacere-godere-dimenticarsi».<br />

Mons. Ignazio Schinella, Rettore del<br />

Seminario Teologico Pio X di Catanzaro,<br />

ha presentato il «pensiero», indicando<br />

nell'Eucaristia il segreto dell'oblazione<br />

nel dono totale e gioioso della croce,<br />

che nel «silenzio» come «pedagogia» e<br />

«categoria dello spirito», ci ha lasciato<br />

alcune fra le pagine più belle della letteratura<br />

contemporanea. I Certosini di<br />

Serra San Bruno utilizzano queste pagine<br />

nelle letture della comunità.<br />

Infine Lucia Amato, Sorella Maggiore<br />

delle Oblate, ha parlato delle «opere» del<br />

servo di Dio, che sono come il «taglio<br />

esperienziale» del sogno di don Mottola.<br />

Con riferimenti a ricordi personali ha<br />

fatto rivivere la fermezza della fede nella<br />

Provvidenza, che lo ha sorretto, anche<br />

se tutti erano scettici, come quando iniziò<br />

la Casa della Carità di Vibo Valentia<br />

con poco danaro. Ogni sabato, però,<br />

c'era la somma necessaria per pagare gli<br />

operai.<br />

Ha concluso Mons. Grillo con una rapida<br />

sintesi, rilevando il «rigore logico»<br />

del Preside Namia, la ricchezza e vastità<br />

della ricerca di Mons. Schinella e il sogno<br />

di don Mottola presentato da Lucia<br />

Amato, il quale nelle Oblate vedeva l'Amore<br />

verginale, che si fa «dono sponsale»<br />

per amare e servire.<br />

Alla fine ha dato un saluto il Presidente<br />

della Fondazione Don Mottola, il milanese<br />

Albino Gorini, il quale ha ricordato<br />

la pubblicazione dell'Opera Omnia<br />

curata dal Comitato Scientifico e ha presentato<br />

un artistico medaglione, opera<br />

del noto scultore Giancarlo Paulli, raffigurante<br />

don Mottola con alcuni bambini<br />

disabili della Casa di rieducazione psicomotoria<br />

di Vibo, del quale ha fatto dono<br />

alle autorità.<br />

In un video la testimonianza<br />

di santità di Giuseppina Bakhita<br />

Quella che la gente di Schio — dove<br />

visse per più di quarant'anni come ricamatrice,<br />

cuciniera, sagrestana e portinaia<br />

— chiamava amabilmente «Madre<br />

Moretta» nell'anno del Grande Giubileo<br />

ha avuto il riconoscimento della sua<br />

santità. Aveva imparato il dialetto veneto,<br />

che parlava abitualmente e usava anche<br />

per rispondere alle battute non sempre<br />

felici della gente, che spesso era al<br />

suo primo incontro con la diversità razziale.<br />

Come quella di una bambina che,<br />

vedendola piegare un bianchissimo amitto,<br />

le domandò se non rischiasse di tingerlo<br />

di nero con le sue mani. Pronta la<br />

risposta: «Toseta, non è questo il nero<br />

che sporca». Una vita durissima nei suoi<br />

inizi, piccola schiava sudanese rapita dai<br />

negrieri a nove anni, insieme a una sorella,<br />

e ripetutamente venduta, finché,<br />

acquistata — era la sua quinta ed ultima<br />

compravendita — dal console italiano di<br />

Khartum, giunse nel nostro Paese.<br />

Originale la soluzione narrativa che la<br />

Nova-T ha adottato nel realizzare questo<br />

VHS di 45 minuti (Le due valigie. S.<br />

Giuseppina Bakhita) per presentare l'eccezionale<br />

figura di questa Suora Canossiana<br />

passata dal servizio di tanti «paròn»<br />

umani a quello del «Paròn» divino.<br />

Una Suora Canossiana — magistralmente<br />

interpretata da Angela Godwin — invita<br />

per alcuni giorni in convento il fratello<br />

che non vede da circa dieci anni.<br />

Lui, Giorgio, — cui da voce Franco Giacobini,<br />

che interpreta il ruolo dell'uomo<br />

disilluso, vinto dalle brutture della vita e<br />

dagli anni che scorrono inesorabili —<br />

non ha mai accettato la vocazione dell'unica<br />

sorella e lei, Suor Paola, pensa di<br />

avere una sola carta per riprendere il<br />

dialogo: parlare di una santa che ha conosciuto<br />

personalmente, Bakhita. È una<br />

schiava africana che dopo un lungo calvario<br />

— strappata alla tenerezza del calore<br />

familiare e trattata da cosa, fino a<br />

subire, mentre era schiava di un generale<br />

turco di stanza in Sudan, ben centocinquantaquattro<br />

tagli eseguiti a freddo<br />

nella carne viva, poi strofinati con sale<br />

per allargare i margini delle ferite e lasciare<br />

un tatuaggio perpetuo — dopo<br />

tanto soffrire si fa Suora e diventa un<br />

simbolo di riscatto e di riconciliazione.<br />

Inizia così un confronto serrato in cui si<br />

alternano momenti comici e drammatici,<br />

risate e discussioni accese. Tutto riesce,<br />

comunque, a scongelare un rapporto<br />

bloccato e a riannodare un dialogo<br />

interrotto da anni.<br />

Bakhita — che per il trauma aveva dimenticato<br />

perfino il suo nome, fu dai<br />

suoi rapitori, per ignara profetica ironia,<br />

chiamata così, ossia «la fortunata» — rivive<br />

nell'immaginazione dei due, con costanti<br />

provocazioni e interrogativi più<br />

che mai attuali e presenti nelle coscienze<br />

di tutti. L'obiettivo è invitare all'approfondimento<br />

di questa figura, raccontandola<br />

con semplicità e nella sobrietà<br />

ispirata che ha caratterizzato la sua esistenza<br />

di donna credente libera e liberante.<br />

GRAZIELLA MERLATTI

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