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PAGINA<br />

6 .<br />

L'OSSERVATORE ROMANO Venerdì 19 Gennaio 2001<br />

Economia ed etica<br />

A proposito del morbo della «mucca pazza»<br />

CARLO ROCCHETTA<br />

Il bollettino dell'epidemia dell'encefalopatia<br />

spongiforme bovina (Bse), qualificato<br />

come morbo della «mucca pazza»,<br />

si allarga di giorno in giorno, anche in<br />

Paesi che finora sembravano esserne immuni,<br />

occupando le prime pagine dei<br />

giornali e creando nell'opinione pubblica<br />

un crescente allarme. Non ne mancano<br />

i motivi. In Inghilterra le persone colpite<br />

dal morbo di Creutzfeldt-Jacob sono 87.<br />

Negli altri Paesi, grazie a Dio, il numero<br />

si riduce a 2-3 casi e in Italia, al momento,<br />

non ne sono segnalati. Il danno<br />

rimane ad ogni modo gravissimo. In<br />

Germania stanno provvedendo all'abbattimento<br />

di non meno di 400.000 bovini.<br />

Cifre più o meno simili negli altri Paesi<br />

della Comunità Europea. I sindacati tedeschi<br />

temono la perdita di 10.000 posti<br />

di lavoro, mentre in Francia le industrie<br />

del settore hanno già cominciato a licenziare.<br />

In Italia, nonostante l'esiguità del<br />

fenomeno, i consumi di carne bovina<br />

sono calati del 40%, come stanno denunciando<br />

la Coldiretti e le altre organizzazioni<br />

agricole.<br />

Come valutare questo fenomeno? Che<br />

cosa vi sta dietro? Da che derivano<br />

queste situazioni? I giornali si limitano<br />

in genere alla descrizione dei fatti e ad<br />

una loro denuncia più o meno emotiva.<br />

Il dibattito degli specialisti, politici e<br />

scienziati, sembra soffermarsi quasi solo<br />

sulle questioni tecniche o di risoluzione<br />

immediata del problema. Non basta. Bisogna<br />

andare più a fondo, ricercandone<br />

le cause per rimuoverle in radice e imparare<br />

dagli errori fatti a non ripeterli o<br />

non riproporli in altre forme. E le cause,<br />

al di là delle ragioni immediate, sono<br />

essenzialmente due: la violenza perpetrata<br />

da decenni nei confronti della natura<br />

fino a provocarne la ribellione e il<br />

prevalere di un concetto di economia<br />

basato esclusivamente sull'interesse economico,<br />

sul guadagno, e non sul primato<br />

della persona, del bene comune e la<br />

salubrità dei prodotti alimentari. Su entrambi<br />

i nodi il Santo Padre ha usato<br />

parole forti lungo tutto il suo Pontificato<br />

e in particolare in occasione del recente<br />

Giubileo del mondo agricolo.<br />

«La natura prima<br />

o poi si ribella»<br />

Il primo principio che Giovanni Paolo<br />

II ha proclamato è sinteticamente<br />

espresso nelle parole con le quali ha<br />

concluso la sua omelia agli agricoltori in<br />

Piazza San Pietro: «Operate in modo da<br />

resistere alle tentazioni di una produttività<br />

e di un guadagno che vadano a discapito<br />

del rispetto della natura. Da<br />

Dio la terra è stata affidata all'uomo<br />

“perché la coltivasse e la custodisse“<br />

(Gen 2,15). Quando si dimentica questo<br />

principio, facendosi tiranni e non custodi<br />

della natura, questa prima o poi<br />

si ribellerà». Giovanni Paolo II riprende<br />

qui un antico principio della saggezza<br />

cristiana: «Dio perdona, la natura non<br />

perdona».<br />

Fin dagli anni '90 era stato detto che<br />

l'origine del morbo doveva essere attribuita<br />

all'alimentazione a base di farina<br />

di carni e di ossa che da anni veniva<br />

somministrata dai coltivatori inglesi alle<br />

loro mucche, farina ottenuta perfino da<br />

resti di capi ammalati, facendo diventare<br />

degli animali per loro natura erbivori<br />

animali carnivori. Se ciò corrisponde a<br />

verità non si è più dinanzi a situazioni<br />

imprevedibili come ne sono avvenute<br />

nella storia, ma di fronte ad una scelta<br />

che, per scopi di interessi come l'aumento<br />

della produzione di carne e di<br />

latte, viola imprudentemente l'ordine<br />

naturale delle cose, provocando danni<br />

gravissimi nei confronti dell'umanità e<br />

dello stesso mondo agricolo. La cosa<br />

grave, in tutto questo, è che i fatti erano<br />

noti da anni, eppure si è continuato<br />

ad operare come se niente fosse successo.<br />

Da un rapporto della commissione<br />

Agricoltura del Parlamento di Strasburgo,<br />

messo a punto tra il '91 e il '93, si<br />

parlava di situazioni già conosciute fin<br />

dagli anni '80. Secondo quel rapporto<br />

dall''85 all''88 sarebbero stati scoperti<br />

2.185 casi di «mucche pazze» in Gran<br />

Bretagna, saliti a 7.136 nell''89, a 14.179<br />

nel '90 e a 24.597 nel '91. In quel rapporto<br />

era già chiaro il danno neurologico<br />

che le proteine infette di questi animali<br />

avrebbero potuto provocare nell'uomo<br />

e c'erano già stati dei casi di infezione<br />

umana fraudolentemente nascosti.<br />

Perché non si è fermata in tempo<br />

quella situazione? E perché quattro anni<br />

fa quando la situazione è venuta<br />

drammaticamente alla luce non si è<br />

provveduto a mettere al bando le farine<br />

animali? Evidentemente hanno prevalso<br />

logiche di profitto sulla preoccupazione<br />

della salute pubblica di milioni e milioni<br />

di cittadini. Ma non si può sfidare impunemente<br />

la natura. Quanto non è stato<br />

fatto ha condotto all'attuale riesplosione<br />

del morbo in forme sempre più estese e<br />

difficili da controllare. I danni a livello<br />

sanitario, ambientale e commerciale saranno<br />

enormi. Proprio quelle prospettive<br />

di guadagno ad ogni costo che erano<br />

alla base di una scelta produttiva giudicata<br />

più conveniente saranno penalizzate,<br />

ancor più se si continuerà la politica<br />

dello struzzo finora seguita, chiudendo<br />

gli occhi e aggiungendo danno a danno.<br />

Un'economia per l'uomo<br />

e non contro l'uomo<br />

È da qui che deriva il secondo principio<br />

al quale il Santo Padre ha richiamato<br />

tutti in occasione del giubileo della<br />

terra: operare per un'economia che sia<br />

per l'uomo, e non contro l'uomo. L'economia<br />

deve guardarsi — ha detto il Papa<br />

— da una «irresponsabile cultura<br />

del dominio, con le conseguenze ecologiche<br />

devastanti» che ne conseguono e<br />

deve rendersi capace di coniugare in<br />

unità il legittimo profitto con il rispetto<br />

della natura, l'apprezzamento del giusto<br />

progresso tecnologico con i valori<br />

perenni che contraddistinguono la migliore<br />

tradizione del mondo agricolo.<br />

Siamo di fronte ad un concetto di economia<br />

che mette radicalmente in discussione<br />

il modo in cui essa viene concepita<br />

quando è unicamente centrata sull'interesse<br />

materiale. È urgente un grande<br />

ripensamento, ridefinendo la natura<br />

stessa dell'agire economico. Il termine<br />

«economia» rimanda, come è noto, a regole<br />

che consentano una saggia amministrazione<br />

della casa, per il bene di tutti<br />

e di ciascuno: i soggetti dell'economia<br />

sono persone, chiamate a fare buon uso<br />

dei beni per il bene di altre persone. I<br />

protagonisti dell'economia sono persone,<br />

i destinatari sono persone. Solo così<br />

si è di fronte ad un'economia pienamente<br />

umana. Sotto questo profilo, il profilo<br />

personalistico, due significati dell'economia<br />

meritano di essere rilevati: l'economia<br />

come un far bene le cose, l'economia<br />

come un fare le cose buone.<br />

Economia:<br />

«far bene le cose»<br />

Il primo significato implica una distribuzione<br />

corretta dei beni prodotti, in<br />

grado di fare il bene delle persone, e<br />

non di metterlo in crisi. Il primato non<br />

dev'essere dato alle cose, ma alle persone<br />

e al valore della loro vita, alla crescita<br />

di tutti e di ciascuno. Un'economia<br />

comincia a decadere quando perde questa<br />

finalità, riducendosi solo ad una questione<br />

di interessi e di profitti. Non che<br />

il giusto guadagno non sia importante;<br />

ma è un mezzo, non il fine di tutto.<br />

Un'economia comincia a decadere quando<br />

non si guarda più al bene delle persone,<br />

quando questi valori diventano<br />

marginali e i rapporti umani sono ridotti<br />

ad una situazione di dipendenza tra un<br />

donatore e un beneficiario. L'economia<br />

non è anzitutto il luogo del fare, ma dell'essere,<br />

né è il luogo dell'elemosina o<br />

del dominio; ma del mettere in comune<br />

il proprio lavoro e i propri beni, in un<br />

ambito di rispetto e di reciprocità. In<br />

quanto tale, essa implica sempre una dimensione<br />

etica: nella misura stessa, infatti,<br />

in cui suppone un agire umano,<br />

un agire delle persone per altre persone,<br />

si qualifica come un agire che può essere<br />

finalizzato al loro bene oppure al loro<br />

male, e riveste quindi inevitabilmente<br />

una referenza morale valoriale. Di qui la<br />

possibilità che vi sia un'economia che<br />

mette al primo posto il proprio tornaconto,<br />

criteri di solo interesse o di profitto<br />

individuale, un'economia contrassegnata<br />

dalla sola legge dell'egoismo, oppure<br />

un'economia che rispetta l'altro da<br />

sé e fa bene ciò che deve fare, che cerca<br />

di essere competitiva, ma nella lealtà<br />

e nel rispetto del bene di tutti e di ciascuno.<br />

Solo allora l'economia è un'economia<br />

per l'uomo, e non contro l'uomo:<br />

si struttura come un rapporto di dare e<br />

ricevere, in una giusta attenzione alle<br />

persone coinvolte e al loro bene. Va in<br />

questa direzione il richiamo che il Santo<br />

Padre ha rivolto agli operatori del mondo<br />

agricolo l'11 novembre 2000 a riguardo<br />

delle stesse agrobiotecnologie: «È un<br />

principio da ricordare nella stessa produzione<br />

agricola quando si tratta di<br />

promuoverla con l'applicazione di biotecnologie,<br />

che non possono essere valutate<br />

solo sulla base di immediati interessi<br />

economici. È necessario sottoporle<br />

previamente ad un rigoroso controllo<br />

scientifico ed etico, per evitare che si risolvano<br />

in disastri per la salute dell'uomo<br />

e per l'avvenire della terra».<br />

Economia come<br />

«fare le cose buone»<br />

Un secondo significato merita di essere<br />

rilevato: l'economia è fare le cose<br />

buone, le cose di qualità, buone per la<br />

vita e la salute delle persone e dell'ambiente.<br />

Se infatti, come si è detto, l'economia<br />

è uno scambio di beni tra persone<br />

per il loro bene, solo se ciò che si<br />

produce è buono, si ha un'economia a<br />

servizio delle persone e della loro vita, e<br />

non contro. La stessa competizione di<br />

mercato dev'essere finalizzata a fare le<br />

cose più buone degli altri o, meglio, a<br />

fare le stesse cose, ma in un modo corretto<br />

e qualitativamente migliore. Le<br />

leggi di mercato sono a servizio della<br />

persona, non la persona a servizio delle<br />

leggi di mercato. È questo un aspetto<br />

essenziale dell'economia che non può<br />

essere dato per scontato. Il contrario è<br />

una cattiva economia. L'efficienza economica<br />

non è semplicemente produrre<br />

molto, ma produrre bene, nel rispetto<br />

della natura e delle persone a cui ciò<br />

che si produce è destinato. Ciò vale in<br />

ogni campo, e vale in particolare nel-<br />

l'ambito della produzione agricola. Sviluppare<br />

al meglio la nostra agricoltura<br />

regionale e di qualità significa produrre<br />

ricchezza, salute delle persone, evitando<br />

le disastrose conseguenze — anche sotto<br />

il profilo puramente economico — della<br />

«mucca pazza»; e significa mettere in atto<br />

un modello sostenibile di sviluppo<br />

che contribuisce al bene della cittadinanza<br />

e dell'ambiente. Esattamente il<br />

contrario di quanto sta avvenendo. Ci si<br />

può chiedere se non risieda in questo<br />

elemento l'essenza di un'economia che<br />

sia insieme creativa di futuro e produttrice<br />

di benessere (bene-esse), e perciò<br />

realmente umanistica. «Far bene le cose,<br />

con correttezza, e fare le cose buone,<br />

per il bene delle persone e nel rispetto<br />

della natura»: è questo il concetto<br />

di economia a cui bisognerà guardare<br />

con sempre maggiore convinzione. Solo<br />

rispettando questo indirizzo si realizza<br />

un'efficienza produttiva reale. Di qui la<br />

necessità che l'economia ritrovi le sue<br />

radici etiche; essa ha bisogno dell'etica<br />

come il fiume si alimenta alla sua sorgente.<br />

Senza etica non si vive e non si<br />

fa vivere!<br />

Verso un'etica<br />

dell'economia<br />

Non è questo il richiamo che deriva<br />

dalla situazione di emergenza creata<br />

La teologia biblica<br />

del «dare» nel contesto<br />

della colletta paolina<br />

La pubblicazione di Andrzej Wodka,<br />

Una teologia biblica del dare nel contesto<br />

della colletta paolina (2 Cor 8-9)<br />

(Roma, Editrice Pontificia Università<br />

Gregoriana, 2000, pp. 356, L. 35.000) riguarda<br />

una ricerca biblica sul dare, in<br />

sintonia con la «cultura del dare», propria<br />

della civiltà dell'amore. L'Autore<br />

prende lo spunto dalla iniziativa paolina,<br />

promossa «tra i santi di Gerusalemme» a<br />

favore dei «poveri», per approfondire la<br />

teologia del dare.<br />

Egli osserva, anzitutto, che «il dare è<br />

un punto d'incontro di innumerevoli dimensioni<br />

della vita individuale e sociale»<br />

(p. 7). In secondo luogo, rileva che il<br />

«meccanismo» fondamentale del dare<br />

«consiste nel processo di trasferire qualcosa<br />

a qualcuno. Tale processo — egli<br />

aggiunge — coinvolge almeno quattro<br />

elementi essenziali: il donante, il ricevente,<br />

il dono, il passaggio del dono<br />

(...). Tutto ciò che di qualificante si possa<br />

affermare del dare (o del dono) emerge<br />

— egli tiene a precisare — dagli altri<br />

elementi, come la ragione per cui si dà,<br />

oppure lo scopo in vista del quale qualcosa<br />

viene donato. In questa visione<br />

l'istanza del donante gioca un ruolo determinante.<br />

Il protagonista del dare,<br />

non meno importante, è tuttavia anche<br />

colui che riceve» (p. 8). In ogni caso, «il<br />

dare — puntualizza ancora l'Autore — è<br />

un fenomeno talmente universale che<br />

potrebbe essere trattato quasi come uno<br />

dei sinonimi del vivere» (p. 12).<br />

Andrzej Wodka concentra la sua attenzione<br />

soprattutto sul dare biblico e<br />

sulle sue dimensioni teologiche. La colletta<br />

paolina, pertanto, appare come<br />

una realizzazione storica del dare cri-<br />

schede - schede - schede<br />

Centro evangelizzazione e catechesi<br />

«Don Bosco», Giovani, non<br />

disperdetevi, Editrice Elledici,<br />

Leumann 2000, pp. 96, L. 10.000,<br />

E. 5,16. Il titolo è stato preso dal<br />

discorso di Giovanni Paolo II ai giovani<br />

che hanno partecipato alla<br />

Giornata Mondiale della Gioventù.<br />

L'appello è scaturito dal cuore del<br />

Papa e di tutta la Chiesa perché<br />

a cura di GINO CONCETTI<br />

quel patrimonio di valori spirituali,<br />

di fede e di testimonianza evangelica<br />

sia coltivato e incrementato.<br />

Marco Durando, Alberto Martelli,<br />

Marino Gobbin hanno preparato un<br />

sussidio, pedagogicamente efficace,<br />

per aiutare i giovani a perseverare<br />

e a crescere nella Chiesa e nella solidarietà<br />

universale secondo il Vangelo.<br />

Silvia Prandini, Girolamo santo antinoia, Edizioni Vivere In, Roma<br />

2000, pp. 281, L. 25.000. San Girolamo è conosciuto per la sua traduzione<br />

della Bibbia e per gli studi qualificati sui singoli testi sacri. Dalla Dalmazia<br />

si trasferì a Roma e poi in Palestina, vivendo a lungo a Betlemme. Di<br />

lui hanno scritto autori antichi, meno ha interessato gli agiografi moderni.<br />

Silvia Prandini lo «narra» come uomo, come credente e come studioso.<br />

Un'antologia di testi non facilmente accessibili ai non iniziati lo rende più<br />

familiare. Viene presentato nella letteratura patristica «figura poliedrica<br />

come esegeta, moralista, maestro e direttore di anime, storico e polemista<br />

senza pari». Girolamo è stato soprattutto perfetto imitatore di Cristo.<br />

Alessandro Paronuzzi (a cura),<br />

Natale d'Autore. Pagine celebri<br />

sulla notte che ha cambiato la<br />

storia dell'uomo, Ancora Editrice,<br />

Milano 2000, L. 29.000, E. 14,98.<br />

Il Natale è una festa da trascorrersi<br />

nell'intimità familiare. Il Natale è<br />

tutto nella manifestazione reale, fisica<br />

di Gesù, Figlio di Dio. A. Paronuzzi<br />

ha avuto una felicissima idea:<br />

selezionare dai grandi scrittori i migliori<br />

testi sul Natale. «C'è da accogliere<br />

con gioia — scrive l'Arcivescovo<br />

di Gorizia Dino De' Antoni —<br />

la “fatica” di chi ha messo impegno,<br />

intelligenza e cuore nella felice<br />

ricerca di conservare parole, sentimenti<br />

e ricordi del Natale del Figlio<br />

di Dio, che è anche natale dell'uomo».<br />

Giuseppe Bertagna, Avvio alla riflessione pedagogica, Editrice La Scuola,<br />

Brescia 2000, pp. 314, L. 40.000. Docente universitario impegnato nella<br />

pedagogia generale, Giuseppe Bertagna è autore attento ai problemi educativi<br />

dei soggetti in età scolastica. Conosce bene e le approfondisce con acume<br />

critico le varie «teorie» per enunciare principi di tipo personalista. La<br />

tecnica rischia di vanificare la sapienza pedagogica dei fecondi secoli del<br />

passato. Di qui il suo sforzo di aprire nuove piste educative. Il punto di riferimento<br />

ispirativo e normativo è il modello biblico. Bertagna è convinto<br />

che la natura dell'educazione cui ogni soggetto è chiamato a ispirarsi è<br />

teologica, essendo insufficiente quella antropologica.<br />

Joyce Ridick, I voti. Un tesoro in<br />

vasi d'argilla, Edizioni Piemme,<br />

Casale Monferrato 2000, pp. 460,<br />

L. 45.000, E. 23,24. Chi scrive non<br />

è solo una suora, è, a tutti gli effetti,<br />

docente di vita religiosa. Ha insegnato<br />

anche all'Università Gregoriana<br />

di Roma. Il libro, aggiornato,<br />

è stato già tradotto in dieci lingue.<br />

Si deve riconoscere che è di forte<br />

impegno non solo psicologico e teologico.<br />

I voti della vita religiosa sono<br />

i classici: povertà, obbedienza e<br />

castità. Nel nesso sono tutte le virtù<br />

evangeliche che il consacrato promette<br />

di testimoniare e di vivere in<br />

profondità e senza condizione. Con<br />

le virtù vengono indicati i mezzi<br />

per compiere il cammino ascensionale.<br />

Giuseppino De Roma, Concetta Lombardo, Edizioni Messaggero, Padova<br />

2000, pp. 77, L. 6.500. A presentarla è l'Arcivescovo Antonio Cantisani:<br />

«laica e per di più giovane, di cui ho avuto la gioia d'introdurre il processo<br />

cognizionale per la causa di beatificazione». Nata a Staletti, il 7 luglio<br />

1924 crebbe nella fede partecipando alle iniziative pastorali della sua comunità.<br />

Fu esemplare militante di Azione Cattolica, catechista e professa<br />

della regola dell'Ordine francescano secolare. Fu uccisa perché respinta da<br />

un uomo in preda alla passione per lei. Cadde martire per difendere la purezza.<br />

De Roma l'ha ritratta nella sua realtà di ragazza impegnata nella<br />

pratica delle virtù evangeliche e nella multiforme attività apostolica.<br />

Pietro Spirito, Etica ed economia.<br />

Verso nuovi paradigmi nella ristrutturazione<br />

delle imprese, Edizioni<br />

San Paolo, Cinisello Balsamo<br />

1999, pp. 220, L. 26.000. È stato<br />

quasi sempre difficile armonizzare<br />

economia ed etica. Da quando il<br />

magistero della Chiesa è entrato<br />

con la sua autorità a occuparsi di<br />

problemi economici sono stati supe-<br />

rati pregiudizi e rigidi steccati. Nelle<br />

grandi Encicliche sociali e in altri<br />

documenti i credenti hanno orientamenti<br />

e indicazioni che non possono<br />

ignorare. Pietro Spirito espone il<br />

problema in sede «tecnica» e nella<br />

direzione aziendalistica. La sua analisi<br />

è puntuale e mirata ad evidenziare<br />

le responsabilità delle persone<br />

e dello Stato.<br />

Giacomo Canobbio (a cura), La fede di Gesù, Edizioni Dehoniane, Bologna<br />

2000, pp. 163, L. 22.000, E. 11,36. Il libro, curato da Giacomo Canobbio,<br />

docente di teologia sistematica presso lo studio teologico Paolo VI di<br />

Brescia, riproduce gli atti del convegno tenuto a Trento dal 27 al 28 maggio<br />

1998 e che ebbe come tema La fede di Gesù. Le relazioni sono di Pier<br />

Angelo Sequeri: Fede di Gesù e filiazione divina; di Roberto Vignolo: La fede<br />

portata da Gesù; di Andrea Toniolo: Dalla fede di Gesù alla fede dei discepoli<br />

e di Giannino Piana: Fede e libertà. Orizzonte cristologico e prospettive<br />

etiche. Solo apparentemente è un testo per specialisti. Se ne gioveranno<br />

anche gli studenti di teologia e gli operatori pastorali.<br />

In dieci tomi l'opera scientifica di Padre Michelangelo Manicone<br />

da Vico del Gargano, vissuto tra Settecento ed Ottocento<br />

La riscoperta della bellezza del creato,<br />

la lode a Dio attraverso le creature, una<br />

riproposizione della «teologia francescana»<br />

del creato, un «Cantico delle creature»<br />

per l'uomo postmoderno ramingo<br />

nella «giungla» del nichilismo e del nulla,<br />

hanno spinto i francescani della Provincia<br />

dell'Ordine dei Frati Minori di Puglia<br />

e Molise in collaborazione con l'Ente<br />

Nazionale Parco del Gargano, a rilanciare<br />

in ristampa anastatica la colossale<br />

opera di fisica del frate naturalista Michelangelo<br />

Manicone da Vico del Gargano<br />

(La Fisica Appula, edizione anastatica,<br />

Paolo Malagrinò Editore, 2000).<br />

Si tratta di una enciclopedica ricerca<br />

fisico-naturale che il frate pubblicò in<br />

dieci tomi nel 1806 e nella quale analizza,<br />

con dovizia di scienza e particolari,<br />

il suolo, la flora, la fauna, le foreste, il<br />

clima, l'acqua, le meteore e l'area dell'Apulia,<br />

cioè della pianura e del promontorio<br />

del Gargano.<br />

Ricerca e analisi<br />

sul territorio del Gargano<br />

Un'opera che, assieme alla Descrizione<br />

geografica e politica delle Sicilie di<br />

Giuseppe Maria Galanti, è stata considerata<br />

autorevole studio, ricerca ed analisi<br />

sul territorio del Gargano.<br />

Nonostante il lungo periodo d'oblio,<br />

dal morbo della «mucca pazza»? E non<br />

va in questa direzione l'invito costante<br />

che il Santo Padre sta rivolgendo a tutto<br />

il mondo? Dio ha dato all'umanità il<br />

compito di «coltivare e custodire» la terra,<br />

non di distruggerla. La qualità della<br />

vita, la salute fisica e mentale e lo sviluppo<br />

— talvolta perfino la stessa sopravvivenza<br />

— dipendono dal rispetto<br />

dell'ordine naturale e dei suoi ritmi biologici,<br />

dalla sanità dell'ambiente messa<br />

in pericolo dalle tante forme di inquinamento<br />

che avvelenano le stesse fonti<br />

della vita, come l'aria, l'acqua e la terra.<br />

È tempo di passare dalla cultura della<br />

conquista economica e della competitività<br />

più spietata alla cultura della persona<br />

e della cooperazione. In un mondo sempre<br />

più globalizzato, l'egemonia assoluta<br />

dell'economia non è una soluzione; anzi,<br />

può diventare — come sta già avvenendo<br />

— fonte di pericoli immani. Da<br />

sempre la Chiesa insegna — e la «Centesimus<br />

Annus» lo ha ribadito con forza<br />

— che non può esistere un'economia<br />

disgiunta dalla persona e dalla sua coscienza<br />

morale, perché ogni azione economica<br />

è frutto della decisione umana<br />

e sottostà a incancellabili criteri etici di<br />

giudizio. È su questi grandi temi che si<br />

dovrà svolgere il dibattito sul problema<br />

della BSE nei prossimi giorni, come su<br />

altri temi, e non su questioni marginali<br />

o addirittura ideologiche o di parte.<br />

stiano. Partendo da questo dato storico<br />

ed esperienziale, l'Autore risale alla<br />

struttura teologica del dare, indicando<br />

anche il posto che essa occupa nell'insieme<br />

della teologia paolina. Dopo aver<br />

studiato le possibili analogie della colletta<br />

paolina nella cultura ebraica e in<br />

quella greco-romana, sia a livello motivazionale<br />

sia a livello istituzionale, egli<br />

si sofferma ad analizzare lo spirito del<br />

dare nella struttura teologica paolina,<br />

dedicando particolare attenzione al dare<br />

cristiano come mistero di gratuità. A<br />

questo proposito egli osserva: «generando<br />

l'aiuto e l'unità, attraverso l'amore<br />

fattivo e la comunione, il dare si rende<br />

sinonimo dei suoi propri effetti e giunge<br />

a costituire un dinamismo inscindibilmente<br />

legato alla stessa vita individuale<br />

e collettiva dei credenti, rispecchiante lo<br />

stesso mistero della vita di Dio. Come<br />

tale — egli conclude — non appare<br />

quindi come un fenomeno strumentale<br />

del solo passaggio dell'avere, ma si rivela<br />

come categoria teologica e insieme<br />

antropologica, direttamente legata allo<br />

“indescrivibile dono di Dio”» (p. 275).<br />

Secondo la teologia paolina, rileva ancora<br />

l'Autore, l'amore del cristiano,<br />

espresso nel dare al fratello che è nella<br />

povertà, consiste nella personale perdita<br />

di qualcosa a favore degli altri. Viene<br />

esclusa pertanto una visione dell'amore<br />

cristiano in termini di sterile compassione<br />

soltanto sentimentale. Il dare gratuito<br />

del cristiano, perciò, diventa una<br />

realtà pasquale, nel senso di una perdita<br />

di ciò che è proprio a favore dell'altro;<br />

anzi si può dire che esso si trasforma<br />

in una escatologia anticipata.<br />

PASQUALE PUCA<br />

questo intellettuale resta uno dei più autorevoli<br />

naturalisti pugliesi.<br />

Una vocazione che ben si conciliava<br />

con la scelta religiosa francescana e con<br />

la sua preparazione teologica: l'indagine,<br />

acuta e dettagliata, sul creato lo faceva<br />

incontrare con la potenza creatrice<br />

del Creatore.<br />

L'opera, scritta a più riprese presumibilmente<br />

nel 1790, venne pubblicata<br />

qualche anno più in là dopo che Manicone<br />

si liberò dagli impegni di governo<br />

che lo videro tra i fautori dell'ordinamento<br />

della sua Provincia monastica.<br />

Le sue origini<br />

garganiche<br />

Il suo amore per la natura è da ricercarsi<br />

anche nelle sue origini garganiche.<br />

Nacque, difatti, a Vico Garganico il 5<br />

marzo del 1745, entrò giovanissimo nel<br />

vicino convento di Santa Maria di Stignano,<br />

in località San Marco in Lamis.<br />

La sua formazione culturale lo vede<br />

in grandi ed importanti «Atenei» del suo<br />

tempo: Napoli, Roma, Vienna, Berlino e<br />

Bruxelles.<br />

La sua passione per le scienze ed il<br />

sapere non lo distolse, però, dai suoi obblighi<br />

di religioso: guardiano nel convento<br />

di Gesù Maria a Foggia e Definitore<br />

provinciale dal 1776 al 1784, successivamente<br />

venne eletto anche Ministro Pro-<br />

vinciale, carica che ricoprì dal 1790 al<br />

1794.<br />

Moriva il 18 aprile 1810, poco tempo<br />

dopo la pubblicazione della sua opera<br />

principale.<br />

Gli studiosi e gli esperti vedono in Michelangelo<br />

Manicone un ricercatore ed<br />

un naturalista dallo spiccato senso di osservazione<br />

e dalla rara sensibilità razionale.<br />

Doti che hanno arricchito le conoscenze<br />

del tempo. Ciò che oggi è ormai<br />

acclarato, difatti, non lo era nel '700 allorquando<br />

il francescano sfatò una diffusa,<br />

antica e radicata convinzione che voleva<br />

il Gargano una montagna d'origine<br />

vulcanica.<br />

Egli dimostrò che il promontorio dell'Apulia<br />

era una «montagna calcarea e<br />

la pietra calcarea non è vulcanica».<br />

La sua preoccupazione di studioso era<br />

essenzialmente la lotta al mefitismo,<br />

cioè all'insalubrità dei luoghi e dei paesi<br />

del suo tempo fonti di malattie ed infezioni<br />

varie, sostenne la necessità della<br />

«bonifica» delle paludi sipontine fornendo<br />

indicazioni tecniche e scientifiche per<br />

tale operazione, incoraggiò la costruzione<br />

di reti viarie lodando, nonostante<br />

una innata avversione a questo popolo,<br />

l'ingegno romano in fatto di strade: «Io<br />

odio gli antichi Romani: perché questi<br />

terribili conquistatori ponevan la loro<br />

gloria nello spogliare, e nel distruggere<br />

tutti i popoli. Ma bisogna confermare<br />

che fra tutte le più strepitose opere dell'Antichità<br />

le più utili furono incontrastabilmente<br />

le strade romane» (p. XX).<br />

Si direbbe, infine, che padre Michelangelo<br />

ha precorso, da buon francescano<br />

ed intelligente studioso, la «politica ambientale»,<br />

la salvaguardia del creato,<br />

oggi in auge nella cultura, nel sapere e<br />

nel progresso sociale e civile dei nostri<br />

giorni.<br />

L'iniziativa della ristampa anastatica<br />

di quest'opera rientra non in finalità<br />

«panegiristiche» di un personaggio di siffatta<br />

levatura culturale ma unicamente<br />

nello sforzo di un recupero della memoria<br />

da parte della provincia di San Michele<br />

Arcangelo dei Minori di Puglia e<br />

Molise che ha celebrato il primo centenario<br />

della sua unificazione (1899-1999).<br />

L'iniziativa<br />

della ristampa anastatica<br />

Un recupero che dovrà illuminare le<br />

scelte e la vita dei religiosi, in particolare<br />

dei francescani, del terzo millennio<br />

che in Michelangelo Manicone oltre al<br />

confratello dotto dovranno vedere il frate<br />

ed il sacerdote capace di contemplazione<br />

e di «nostalgia della bellezza e della<br />

beatitudine».<br />

FRANCESCO ARMENTI

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