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L'OSSERVATORE ROMANO Mercoledì 17 Gennaio 2001
«In questa occasione mi unisco
spiritualmente a tutti i convenuti
in quel luogo, elevando la mia preghiera
per la radicale e sincera conversione
di tutti alla legge santa di Dio,
fondamento della convivenza pacifica
e del rispetto dei diritti di ogni persona,
affinché si ristabilisca così l'intesa giusta
e concorde fra gli uomini»
«In una società segnata da forti tensioni,
le Chiese particolari dei territori
che purtroppo subiscono
con tanta frequenza la ferita del terrorismo,
hanno la missione di promuovere l'unità
e la riconciliazione, rifiutando
ogni tipo di violenza, di terrore e di ricatto,
poiché con queste tristi situazioni
è tutta l'umanità a soffrire»
Lettera del Papa al Card. Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid e Presidente della Conferenza Episcopale Spagnola, in occasione dell'incontro di preghiera per implorare la fine del terrorismo
Rifiutate la violenza, siate amici della pace
oranti per la pace e costruttori della pace
Rifiutate la violenza, siate amici della
pace, oranti per la pace e costruttori
della pace: è questo l'invito rivolto da
Giovanni Paolo II ai partecipanti all'incontro
di preghiera per implorare la fine
del terrorismo, svoltosi sabato 13
gennaio in Spagna a Campas de San
Prudencio (Vitoria). Per l'occasione il
Papa ha fatto pervenire al Cardinale
Antonio María Rouco Varela, Arcivescovo
di Madrid e Presidente della Conferenza
Episcopale Spagnola, la seguente
Lettera:
Al Señor Cardenal
ANTONIO MARÍA
ROUCO VARELA
Arzobispo de Madrid
Presidente de la Conferencia
Episcopal Española
He sabido que los fieles de
las diócesis de San Sebastián,
Bilbao y Vitoria, así como de
la Archidiócesis de Pamplona,
presididos por sus Pastores,
se van a reunir, junto con
otros hombres y mujeres de
buena voluntad, el sábado día
13 de enero para un Encuentro
de oración en las Campas
de San Prudencio (Vitoria)
para implorar de Dios la paz
y el fin del terrorismo. Con
esa ocasión me uno espiritualmente
a todos los congregados
en ese lugar, elevando
mi plegaria por la radical y
sincera conversión de todos a
la ley santa de Dios, funda-
mento de la convivencia pacífica
y del respeto de los derechos
de toda persona, para
que así se restablezca el entendimiento
justo y concorde
entre los hombres, las familias
y pueblos en el País Vasco,
en Navarra y en toda la
querida Nación española, profundamente
afectados por la
crudeza de la situación presente
a causa de la violencia
terrorista que se prolonga
desde hace años.
La tan deseada paz social
es, ante todo, un don del Salvador,
cuya venida acabamos
de celebrar especialmente en
la Navidad: la Navidad del
Año del Gran Jubileo de su
Encarnación. En esos días,
retomando el anuncio de los
ángeles en Belén (cf. Lc 2,
14), los creyentes hemos expresado
nuestro convencimiento
de que sólo Cristo es
«nuestra paz» (Ef 2, 14), reafirmando
así que Él mismo es
un don de paz del Padre a toda
la humanidad. Destruyendo
el pecado y el odio, y llamando
a todos a la concordia
y a la fraternidad, vino a unir
lo que estaba dividido; por
eso, Él es el «principio y el
ejemplo de la humanidad renovada,
llena de amor fraterno,
de sinceridad y de espíritu
de paz, a la que todos aspiran»
(Ad gentes, 8).
En esta circunstancia deseo
alentar a las comunidades
cristianas, que con su vida y
su acción hacen presente a
Jesucristo, a que acrecienten
su unión con Él, intensificando
la oración confiada y perseverante
por la paz. Nuestras
súplicas harán de cada
uno de nosotros instrumentos
de paz, sembradores de concordia,
artífices del perdón.
En una sociedad marcada por
fuertes tensiones, las Iglesias
particulares de los territorios
que desgraciadamente padecen
con tanta frecuencia la
herida del terrorismo, tienen
la misión de promover la unidad
y la reconciliación, rechazando
todo tipo de violencia,
de terror y de chantaje,
pues con esas tristes situaciones
es toda la sociedad la que
sufre.
Por encima de todo es necesario
levantar, una vez
más, la voz en favor del valor
de la vida, de la seguridad,
de la integridad física, de la
libertad. En efecto, la vida
humana «no puede ser considerada
como un objeto del
cual disponer arbitrariamente,
sino como la realidad más
sagrada e intangible que está
presente en el escenario del
mundo. No puede haber paz
cuando falta la defensa de este
bien fundamental. No se
puede invocar la paz y despreciar
la vida» (Mensaje para
la Jornada Mundial de la
Paz 2001, 19).
Las comunidades cristianas
han de ser lugares privilegiados
de acogida y de compromiso
generoso con la paz auténtica,
contribuyendo a remover
obstáculos, a derribar
muros, a favorecer iniciativas
y proyectos en colaboración y
diálogo social con tantas personas
y grupos interesados en
alcanzarla. En esta tarea, es
menester tener presentes a
los jóvenes, a los que hay que
educar siempre y en todas
partes: en las escuelas y universidades,
en los ambientes
de trabajo, en el tiempo libre
y en el deporte, en la cultura
de la paz. Paz dentro y fuera
de ellos, paz siempre, paz
con todos, paz para todos. A
ellos, y a toda la sociedad
quiero decir: Indarkeria ukatuz,
pake zale, pake eskale ta
pake egile izan zaitezte (Rechazandolaviolencia
sed amigos
de la paz, orantes por la
pazyconstructoresdela paz).
¡Que Dios misericordioso
conceda la paz social al País
Vasco, a Navarra, a toda España!
¡Que con un renovado
estilo de vida seamos merecedores
de ese don divino! Mi
bendición y mi afecto acompaña
siempre a todos los que
se comprometen en esta extraordinaria
y necesaria tarea
de alcanzar la paz, del cese
del terrorismo y la violencia,
del fomento del desarrollo y
la convivencia en justicia y
verdad.
Vaticano, 6 de enero de
2001, Solemnidad de la Epifanía
del Señor y clausura del
Gran Jubileo.
Ecco una nostra traduzione italiana
della Lettera del Papa:
Al Signor Cardinale
ANTONIO MARÍA ROUCO VARELA
Arcivescovo di Madrid
Presidente della Conferenza
Episcopale Spagnola
Ho saputo che i fedeli della Diocesi
di San Sebastián, Bilbao e Vitoria,
così come dell'Arcidiocesi di
Pamplona, presieduti dai loro Pastori,
si riuniranno, insieme ad al-
Nel pomeriggio di mercoledì 17 gennaio la solenne celebrazione per dare inizio all'annuale preghiera per l'unità dei cristiani
Una settimana ecumenica nella memoria del Grande Giubileo
MICHELE GIULIO MASCIARELLI
A pochi giorni dal gesto severo e solenne
con cui Giovanni Paolo II ha chiuso la Porta
Santa del Grande Giubileo, torna il caro
appuntamento ecumenico di Gennaio: quest'anno
le Chiese cristiane sono chiamate a
pregare e a meditare su un grande testo
giovanneo: «Io sono la via, la verità e la vita»
(Gv 14,1-6). Il testo della Preghiera per
l'Unità dei Cristiani del 2001, formulato sulla
base della proposta delle Chiese della Romania,
c'invita a continuare la strada dell'unità
animati da una certezza: non camminiamo
nelle tenebre e non siamo soli,
poiché sappiamo d'appartenere a Cristo e
d'appartenerci reciprocamente.
Scrive il Papa: «In realtà, facendoci fissare
lo sguardo su Cristo, il Grande Giubileo
ci ha fatto prendere più viva coscienza della
Chiesa come mistero di unità. “Credo la
Chiesa una”: ciò che esprimiamo nella professione
di fede, ha il suo fondamento ultimo
in Cristo, nel quale la Chiesa non è divisa
(cfr 1 Cor 1, 11-13)». E, dopo aver ricordato
la preghiera di Gesù per l'unità —
«ut omnes unum sint» (Gv 17, 21) —, afferma
che questa preghiera. ad un tempo «rivelazione
e invocazione», «ci ricorda che
questo dono ha bisogno di essere accolto e
sviluppato in maniera sempre più profonda».
«In questa prospettiva di rinnovato
cammino post-giubilare, — afferma il Papa
con fiducia —, il confronto teologico su
punti essenziali della fede e della morale
cristiana, la collaborazione nella carità e,
soprattutto, il grande ecumenismo della
santità, con l'aiuto di Dio non potranno nel
futuro non produrre i loro frutti» (Lett. ap.
Novo Millennio ineunte [6.1.2001], 48).
Davvero il tema di Gesù «via, verità e vita»
suona come una felice eco ai tanti motivi
cristologici svolti prima e durante il
Giubileo e ne evocano con forza il clima e
lo spirito che, fra l'altro, possono e debbono
durare proprio alimentando la carità
ecumenica.
Il cammino ecumenico, protetto e animato
dallo Spirito, ha fatto registrare significativi
avvicinamenti teologici, gesti simbolici
di nuova fraternità, di riscoperte dell'ecclesialità
altrui, ma anche momenti d'incomprensione
e di smarrimento in cui ci
siamo chiesti, con l'Apostolo Tommaso:
«Signore... come facciamo a sapere la strada?»
(Gv 14, 5).
Per fortuna, Gesù ci risponde, sempre,
come un giorno ai suoi discepoli: «Io sono
la via, la verità e la vita. Solo per mezzo di
me si va al Padre» (Gv 14, 6). Questa parola
del Signore proposta alla comune riflessione
all'inizio del terzo millennio, rivela
che l'ecumenismo è un cammino che, come
il pellegrinaggio giubilare, ha per meta
Dio Padre. L'impegno ecumenico sarà memoria
del Grande Giubileo perché il cammino
verso il Padre (meta del Giubileo) e
quello verso l'unità (meta del movimento
ecumenico) sono due movimenti che coincidono;
fra l'altro, come nel pellegrinaggio
giubilare, così nel cammino ecumenico non
siamo soli, bensì accompagnati da Gesù
Cristo, il Figlio di Dio incarnato, crocifisso,
risorto e asceso ai cieli.
La Preghiera per l'Unità dei Cristiani dell'anno
2001 vuole sottolineare il modo con
cui procediamo insieme per il raggiungimento
dell'unità. Come pellegrini non siamo
soli in questo cammino: Cristo, che è la
via, è il nostro compagno e la nostra guida.
Camminiamo in Cristo e con Cristo nella
via che conduce all'unità e solo attraverso
lui saremo in grado di trovarla in modo visibile.
Con Brigida ed Elisabetta,
guide femminili
all'ecumenismo
La Comunità delle Suore brigidine, per
così dire, sono facilitate nel raccogliere il
nuovo invito di Giovanni Paolo II a sviluppare
l'«ecumenismo della santità», perché
ha costantemente dinanzi ai suoi occhi due
prestigiose guide ecumeniche: Santa Brigida
e la Beata Maria Elisabetta Hesselblad,
riformatrice dell'Ordine nel mezzo del secolo
appena passato.
La «Mistica del Settentrione» è un'apostola
dell'unità nella Chiesa, un esempio
della virtù ecumenica, pur essendo vissuta
prima delle divisioni tra i cristiani e pur
non essendosi posto mai, perciò, in modo
esplicito il problema ecumenico. Ciononostante,
Brigida è la Santa dell'unità: è una
figura spirituale, col genio dell'unità, che si
offre come provvidenziale punto di riferimento
per la vita della nuova Europa, la
quale ha bisogno di ricondurre a sintesi
molti aspetti della sua identità e della sua
storia.
Perciò, nel sermone della sua canonizza-
zione pronunciato da Bonifacio IX
(7.10.1391), ha meritato d'essere paragonata
alla Giuditta biblica per essere stata la liberatrice
del suo popolo dall'eresia e dallo
scisma, al fine di ricostruire l'unità della
Chiesa. Brigida insegna alle sue figlie e a
tutta la Chiesa la verità e il metodo dell'ecumenismo
con l'essere, come ha affermato
il Card. J. Ratzinger, «una santa particolarmente
“cattolica”», che «si nutre dell'essenziale,
di ciò che è grande, di ciò che è
comune a tutta la Chiesa».
La Beata Madre Maria Elisabetta c'insegna
che non si dà ecumenismo senza l'esperienza
meritoria e impetrante della sofferenza
e della preghiera. La ricerca dell'unico
ovile ha causato in lei sofferenze morali.
Tutta la vita di Madre Maria Elisabetta
è impregnata di preghiera e sofferenza offerte
per l'unità dei cristiani. Nel 1926, dopo
un viaggio in Svezia, scrive al Vescovo
Müller: «Il mio corpo e la mia anima, durante
tutto il soggiorno, erano una grande
piaga sanguinosa che mi avrebbero fatto
cadere se non mi avesse sostenuta in special
modo la grazia di Dio. Ho dato la mia
vita per la Svezia = i fratelli luterani».
Madre Maria Elisabetta c'insegna che l'ecumenismo
facile non esiste: esso, quando è
vero, è sempre corredato da molta pietà e
da testimonianze martiriali.
La Beata Hesselblad è stata maestra di
ecumenismo perché ne è stata testimone
credibile. Anche nel particolare campo dell'apostolato
ecumenico, l'argomento più
convincente risulta essere quello della testimonianza.
Il che è come dire: niente educa
di più alla speranza ecumenica che il riporsi
dinanzi agli occhi l'icona attraente di uomini
e donne che questa speranza hanno
vissuta nella loro esistenza cristiana.
L'ecumenismo della Beata Maria Elisabetta
si concentrava nella sua vita vissuta
con rispetto, amore, amicizia con i cristiani
non cattolici. Convinta della doverosità e
dell'urgenza del problema ecumenico, attraverso
l'autorevole dove della Costituzione
aveva chiamato le figlie del suo Ordine
a dedicarsi, soprattutto nella loro esperienza
spirituale, in modo permanente ed essenziale,
alla causa ecumenica. Così si
esprime in una sua preghiera: «Affretta, Signore,
l'unità dei cristiani: ascolta le preghiere
delle tue umili figlie brigidine le quali
si consacrano a Te nell'amore e nel sacri-
ficio, per questa intenzione» (Con amore
materno, Città del Vaticano 1979, p. 27).
Per la Beata Maria Elisabetta, dopo la
sua conversione al cattolicesimo, furono subito
chiare la sua vocazione ecumenica e la
grazia del suo particolare carisma per la
causa unionistica. Quando l'impegno del
movimento per l'unità dei cristiani non era
ancora di casa tra i cattolici, ella scriveva e
diffondeva in diversi Paesi d'Europa la seguente
preghiera: «Con cuori confidenti a
voi ci rivolgiamo, Santa Brigida, per domandare
in questi tempi di oscurità e di
miscredenza la vostra intercessione in favore
di quelli, i quali sono separati dalla chiesa
di Cristo. Per la chiara cognizione che
voi aveste dei crudeli patimenti del nostro
Crocifisso Salvatore, prezzo della nostra redenzione,
vi supplichiamo di ottenere la
grazia della fede a coloro che sono fuori
dell'Unico Ovile, cosicché le disperse pecorelle
possono ritornare all'unico vero padre»
(Preghiere e biografie dei santi dell'Ordine
Brigidino, Roma 1979, p. 7).
Conclusione:
il sogno di cantare
la carità all'unisono
L'ecumenismo spirituale, che la Beata
Hesselblad ha profeticamente promosso da
ultimo s'è arricchito dell'implicazione a servire
le grandi «cause dell'uomo» (la pace, la
giustizia, i diritti della persona, la questione
morale, la ricerca dei valori, la salvaguardia
del creato): si tratta d'un ecumenismo a
portata di tutti, formativo anzitutto per chi
lo pratica, ma anzitutto meritorio agli occhi
di Dio. Per tutti, poi, la testimonianza ecumenica
di Madre Hesselblad e delle sue Figlie
spirituali suona come l'invito a credere
di più, ad un essere di più, attingendo a
tutte le fonti che Dio ha scavato e aperto
per noi.
Giovanni Paolo II, nella sua recente Lettera
Novo Millennio ineunte, incoraggia lo
sforzo ecumenico con molto calore: «Intanto
proseguiamo con fiducia nel cammino,
sospirando il momento in cui, con tutti i discepoli
di Cristo, senza eccezione, potremo
cantare insieme a croce spiegata: “Ecco
quanto è buono e quanto è soave che i fratelli
vivano insieme” (Sal 133 [132], 1)»
(n. 48). È un sogno che dobbiamo meritare
diventi grazia.
tri uomini e donne di buona volontà,
sabato 13 gennaio per un Incontro
di preghiera a Campas de San
Prudencio (Vitoria) per implorare
da Dio la pace e la fine del terrorismo.
In questa occasione mi unisco
spiritualmente a tutti i convenuti
in quel luogo, elevando la mia
preghiera per la radicale e sincera
conversione di tutti alla legge santa
di Dio, fondamento della convivenza
pacifica e del rispetto dei diritti
di ogni persona, affinché si ristabilisca
così l'intesa giusta e concorde
fra gli uomini, le famiglie e gli abitanti
nei Paesi Baschi, in Navarra
e in tutta l'amata Nazione spagnola,
profondamente colpiti dalla
drammaticità della situazione presente
dovuta alla violenza terroristica
che si protrae da anni.
La tanto desiderata pace sociale
è, prima di tutto, un dono del Salvatore,
il cui avvento abbiamo appena
celebrato, in particolare nel
Natale: il Natale dell'Anno del
Grande Giubileo della sua Incarnazione.
In questi giorni, riprendendo
l'annuncio degli angeli a Betlemme
(cfr Lc 2, 14), noi credenti abbiamo
espresso la nostra convinzione che
solo Cristo è «nostra pace» (Ef 2,
14), riaffermando così che Egli è
un dono di pace del Padre a tutta
l'umanità. Distruggendo il peccato
e l'odio, ed esortando tutti alla
concordia e alla fraternità, venne
per unire ciò che era diviso; perciò
Egli è «il principio e il modello di
questa umanità rinnovata permeata
di amore fraterno, di sincerità e
di spiritodi pace,allaqualetutti vivamenteaspirano»(Adgentes,n.
8).
In questa circostanza desidero
incoraggiare le comunità cristiane,
che con la loro vita e la loro azione
rendono Gesù Cristo presente, ad
accrescere la propria unione con
Lui, intensificando la preghiera fiduciosa
e perseverante per la pace.
Le nostre suppliche faranno di tutti
noi strumenti di pace, seminatori
di concordia, artefici del perdono.
In una società segnata da forti tensioni,
le Chiese particolari dei territori
che purtroppo subiscono con
tanta frequenza la ferita del terrorismo,
hanno la missione di promuovere
l'unità e la riconciliazione,
rifiutando ogni tipo di violenza,
di terrore e di ricatto, poiché con
queste tristi situazioni è tutta l'umanità
a soffrire.
Prima di tutto è necessario levare,
ancora una volta, la voce a favore
del valore della vita, della sicurezza,
dell'integrità fisica, della
libertà. In effetti, la vita umana
«non può essere vista come oggetto
di cui disporre arbitrariamente, ma
come la realtà più sacra e intangibile
che sia presente sulla scena del
mondo. Non ci può essere pace
quando viene meno la salvaguardia
di questo fondamentale bene. Non
si può invocare la pace e disprezzare
la vita» (Messaggio per laGiornata
Mondiale della Pace 2001, n. 19).
Le comunità cristiane devono essere
luoghi privilegiati di accoglienza
e di impegno generoso per la pace
autentica, contribuendo a rimuovere
ostacoli, ad abbattere muri,
a favorire iniziative e progetti,
in collaborazione e dialogo sociale
con tante persone e gruppi interessati
a raggiungerla.
In questo compito, è necessario
tenere presenti i giovani, che bisogna
educare sempre e in ogni luogo,
nelle scuole e università, negli
ambienti di lavoro, nel tempo libero
e nello sport, alla cultura della
pace. Pace dentro e fuori di loro,
pace sempre, pace con tutti, pace
per tutti. Ad essi, e a tutta la società
desidero dire: indarkeria ukatuz,
pake zale, pake eskale ta pake egile
izanzaitezte (rifiutando la violenza,
siate amici della pace, oranti per la
pace e costruttori della pace).
Che Dio misericordioso conceda
la pace sociale ai Paesi Baschi, alla
Navarra, a tutta la Spagna! Che
con un rinnovato stile di vita possiamo
meritare questo dono divino!
La mia benedizione e il mio affetto
accompagnano sempre tutti coloro
che s'impegnano in questo straordinario
e necessario compito di raggiungere
la pace, di porre fine al
terrorismo e alla violenza, di promuovere
lo sviluppo e la convivenza
in giustizia e verità.
Dal Vaticano, 6 gennaio 2001,
Solennità dell'Epifania del Signore
e chiusura del Grande Giubileo.
GIOVANNI PAOLO II
Casa e chiesa di santa Brigida a Piazza Farnese
Gli incontri presso la chiesa
delle Brigidine in Piazza Farnese
A Piazza Farnese 96, presso la Comunità religiosa delle Brigidine,
anche quest'anno, si dà come un anticipo di preghiera ecumenica.Infatti,per
il 17 gennaio, alle ore 17, nella chiesa di santa
Brigida in Piazza Farnese 96, in Roma, l'Abbadessa Madre Tekla
Famiglietti invitaa unasolenne celebrazione ecumenica, presieduta
dal Card. Edward Idris Cassidy, Presidente del Pontificio Consiglio
per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e con la presenza
di rappresentanze ecclesiali di Svezia (Rev. Pastore W. Haag),
di Finlandia (S. Ecc.za Ville Riekkinen e Rev. P. W. Swiech) e
d'Italia (Rev. P. J. Puglisi). La solenne preghiera ecumenica sarà
animata da un Coro finlandese. I giorni seguenti, fino al 25 gennaio,
sempre allo stesso orario, seguiranno gli incontri per la Settimana
ecumenica.
Questi incontri ecumenici di gennaio sono particolarmente cari
all'Ordine del SS. Salvatore di s. Brigida, che dell'ecumenismo fa
un punto fermo della sua formazione e della sua missione, per
fedeltà al suo carisma e alle sue scelte statutarie. Perciò la Comunità
brigidina è particolarmente pronta a raccogliere il solenne invito
di Giovanni Paolo II che vede nell'impegno ecumenico uno
dei frutti duraturi del Giubileo.