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ERZA T PAGINA .<br />
PAGINA<br />
3 .<br />
ELZEVIRO Auspici per il futuro<br />
Poter vivere<br />
e convivere<br />
LUIGI M. PERSONÈ<br />
Che ove speme di gloria agli animosi<br />
intelletti rifulga ed all'Italia,<br />
quindi trarrem gli auspici.<br />
Siamo nel 1806.<br />
Parla, anzi canta, Ugo Foscolo.<br />
Noi siamo nel 2001 e non ci chiamiamo<br />
Ugo Foscolo.<br />
Credo che non ci rifulga speme di<br />
gloria.<br />
Eppure, nonostante le enormi differenze,<br />
fra grandezza e umiltà, qualcosa<br />
ci accomuna: per le amarezze che ci<br />
tormentano, per le tristezze, per il disorientamento<br />
che, a volte, ci sbatte chissà<br />
dove, in quali rigurgiti di volgarità e<br />
di propositi che sembrerebbero originali<br />
e sono empi.<br />
Ma è mai possibile? — ci diciamo —.<br />
È mai possibile che per febbre di novità,<br />
per ansia di modernità ci si ritrovi a un<br />
punto in cui non si sa se persista l'umanità<br />
che Dio ci concesse, rendendoci responsabili,<br />
con il libero arbitrio, del bene<br />
ma anche suscettibili ad operare il<br />
meno bene?<br />
Con questi interrogativi si esce dal<br />
Novecento; esco io che l'ho percorso<br />
tutto, cercando di ritrovare la grazia di<br />
Dio e non sempre, ahimè, trovandola.<br />
Non trovandola, mi servo a volte dei<br />
mezzi di informazione che sono vari e<br />
usano di quella quasi inverosimile<br />
espressione che è la tecnica.<br />
Cos'è la tecnica?<br />
La tecnica, sento, è il più grande prodigio<br />
dell'uomo; è la sua scoperta; è la<br />
sua gloria.<br />
La tecnica, continuo a sentire, è il<br />
blasone dell'uomo, con la sua globalità.<br />
La tecnica, si conclude, è la suprema<br />
creazione dell'uomo.<br />
Oh, senti. Non si era mai concepito<br />
nei secoli, nei millenni che, oltre Dio, ci<br />
fosse l'uomo come creatore.<br />
Creatore, quasi a sfida di Dio.<br />
Sì, a questo si è giunti; a questo assurdo.<br />
Ci sono voluti dei millenni, vi si è applicata<br />
l'esperienza di un Dante, di un<br />
Michelangelo, di uno Shakespeare perché<br />
si realizzasse quel che nell'epoca di<br />
quei geni non si è realizzato, non si è<br />
mai compiuto.<br />
Il Novecento, specie nella seconda<br />
metà, ha battuto Dante, Michelangelo,<br />
Shakespeare; e ha sfidato Dio.<br />
Che cosa, date le premesse, ci dovremmo<br />
aspettare nel 2001? Gli sviluppi<br />
di queste concorrenze culminanti nella<br />
sfida a Dio?<br />
Oh, no. A cominciare dal 2001, io lo<br />
penso, noi lo pensiamo che, se insistessimo,<br />
finiremmo per cadere nella follia:<br />
ma noi rinsaviremo.<br />
È stata una brutta ventata che, per<br />
forza, passerà: se vorremo ancora vivere<br />
e godere della grazia di Dio.<br />
Dio, si diceva, ci ha dato il libero arbitrio<br />
per renderci responsabili delle nostre<br />
azioni; e quindi suscettibili di bene<br />
e di male, di premi e di castighi.<br />
La tecnica. Ecco il pungiglione che,<br />
mentreciesalta,ciaffliggeeci mortifica.<br />
La tecnica. L'avrebbe creata l'uomo.<br />
Ne siamo proprio sicuri?<br />
Sento qualche voce discorde.<br />
Dice: gli elementi che costituiscono la<br />
tecnica chi li ha creati?<br />
Dove si trovavano prima che l'uomo<br />
li componesse e li mettesse in funzione?<br />
Dove? Fuori dalla terra, forse?<br />
E la terra chi l'ha creata?<br />
Questi elementi non erano per caso<br />
dentro la terra creata da Dio e non dagli<br />
uomini? La terra e tutti gli elementi che<br />
in essa si trovano, tutti (nessuno escluso)<br />
sono creazione di Dio.<br />
Per lungo tempo gli uomini non se ne<br />
sono accorti, non li hanno cercati, non<br />
li hanno trovati.<br />
È come se in una stanza esiste un oggetto<br />
prezioso di cui nessuno sa.<br />
Viene un momento nel quale, per<br />
questa o per quella circostanza, si mette<br />
a soqquadro la stanza.<br />
Spunta l'oggetto prezioso. Stupore.<br />
Lo si gira e si rigira.<br />
Si incastona. Si mette in mostra.<br />
Qualcuno dice: il Tale ha inventato un<br />
gioiello.<br />
No. Il Tale l'ha trovato. Semmai, ha<br />
avuto l'abilità di farlo conoscere, da<br />
ignoto che era.<br />
Oh, dei ritrovamenti — dico, ritrovamenti<br />
—, ci sono, altri forse ci saranno;<br />
ma ci sono e ci saranno delle vaghezze<br />
— le chiamo così per pudore — che imperversano.<br />
Ne nomino soltanto una: l'eutanasia.<br />
L'eutanasia. Si è sopravvalutata o incompresa.<br />
È un obbrobrio, una mostruosità, come<br />
tante altre ne esistono.<br />
È un male che l'uomo è capace di<br />
compiere: come l'omicidio, la rapina, la<br />
strage, il suicidio.<br />
Ecco: l'eutanasia equivale al suicidio.<br />
Che cosa è il suicidio?<br />
È una delle espressioni di male che,<br />
con il libero arbitrio di cui l'uomo è dotato,<br />
si è capaci di compiere: salvo pagarne,<br />
a suo tempo, le conseguenze.<br />
Di tutto quel che si compie in terra si<br />
pagano le conseguenze.<br />
Chi ci crede, lo sa già, anche se si<br />
trova in questa terra.<br />
Chi non ci crede non lo sa.<br />
La realtà — bisogna ammettere che<br />
una realtà esiste —, si creda o non si<br />
creda, piaccia o non piaccia, è indipendente<br />
dal credere.<br />
Come è indipendente dal mio sperare<br />
e dal mio augurio il vincere all'enalotto:<br />
tanto per passare a una nota amena che<br />
può essere punto di chiarezza.<br />
La tecnica, montata e sviluppata con<br />
gli elementi trovati dall'uomo, può essere<br />
produttrice di bene e di male.<br />
Dipende dalle mani alle quali è affidata:<br />
che sono mani umane.<br />
Un esempio semplice e banale: la rivoltella.<br />
La rivoltella può essere utile come<br />
strumento di difesa ma diventa perversa,<br />
orribile se serve ad offendere, a<br />
colpire.<br />
Una medicina presa in tempo e in dose<br />
giusta salva; se no, uccide.<br />
La tecnica, adoperata bene, può giovare<br />
alla cultura, all'istruzione, all'educazione,<br />
all'onesto divertimento.<br />
Se usata male, può essere mezzo di<br />
perversione, di distruzione, di strage.<br />
Ci siamo spiegati, credo.<br />
Torno a Vittorio Alfieri e agli auspici<br />
evocati da Ugo Foscolo.<br />
(Vittorio Alfieri) irato ai patri numi<br />
errava muto / ov'Arno è più deserto, i<br />
campi e il cielo / desioso mirando; e<br />
poi che nullo / vivente aspetto gli molcea<br />
la cura, / qui posava l'austero; e<br />
avea sul volto / il pallor della morte e<br />
la speranza.<br />
Noi vogliamo credere fervidamente<br />
che, dal 2001, si moltiplicheranno i Vittorio<br />
Alfieri, per vincere il pallore della<br />
morte con la speranza.<br />
È come per una malattia.<br />
Si può trascurare. Si può perfino godere<br />
di quella trascuranza: ma arriverà<br />
un momento in cui non se ne potrà<br />
più.<br />
Se si sta troppo male, sia pure affrontando<br />
un certo sacrificio bisognerà per<br />
vivere mutare le regole.<br />
Bisognerà mettere giudizio, come si<br />
dice.<br />
Ecco, quella che sta per nascere sarà<br />
l'epoca del giudizio.<br />
Per poter vivere e convivere.<br />
Io mi affido allo stato urgente di necessità:<br />
che farà mutare usi e costumi.<br />
Mi affido all'irresistibile bisogno di<br />
cambiare tattica, di rinunziare al vano<br />
divertimento, alla smania spettacolare<br />
che si conclude col dolore e peggio.<br />
Io credo all'amore dell'amore.<br />
Io credo alla bellezza e alla bontà della<br />
vita.<br />
E credo ai mezzi per conseguire tutto<br />
questo: alla Fraternità e alla Bontà.<br />
Uso le lettere maiuscole, tanto le<br />
espressioni sono solenni.<br />
Vorrei che la mia voce, manifestante<br />
una brama irresistibile, arrivi in alto, in<br />
alto; e che la gente l'avverta, la goda e<br />
ne sia felice.<br />
E se l'anno che sta per nascere risultasse<br />
il preludio per la felicità così intesa?<br />
Se il dolore passato e il passato godio,<br />
fomentatori di guai, risultassero ora il<br />
pungolo capace di riscattare? Duemilauno.<br />
Quindi trarremmo gli auspici.<br />
La Provvidenza provveda a tutti, senza<br />
distinzione.<br />
A tutti.<br />
L'OSSERVATORE ROMANO Martedì-Mercoledì 2-3 Gennaio 2001<br />
La vera «Cantata dei Pastori» da alcuni decenni è quasi scomparsa dai teatri napoletani<br />
Una «commedia dei santi» ispirata dal gusto spagnolo dell'epoca<br />
ANTONIO BRAGA<br />
Da alcuni decenni è quasi scomparsa dai teatri<br />
napoletani una «sacra rappresentazione» natalizia<br />
che ha avuto, negli ultimi tre secoli, un enorme<br />
successo: la «Cantata dei Pastori» di Andrea Perrucci.<br />
Questo dramma, miscela di colto e popolare,<br />
di sacro e profano, ha divertito molte generazioni,<br />
da quando apparve per la prima volta, non sappiamo<br />
su quale scena napoletana, nel 1695. Il titolo<br />
originale era diverso ed abbastanza lungo: «Il vero<br />
Lume tra l'Ombre per la nascita del Verbo Umanato»,<br />
divenuto più tardi «La Cantata dei Pastori»,<br />
più volte ristampata.<br />
L'autore non volle apporvi il suo nome, e la fece<br />
apparire come l'opera «pastorale sacra» di un inesistente<br />
«dottor Casimiro Ruggiero Ugone», forse<br />
perché considerava il suo lavoro troppo «popolare»,<br />
da meritare una sua paternità. Molte cose dovrebbero<br />
ancora essere poste a punto attorno a questo<br />
fortunato dramma teatrale: ad esempio, perché<br />
non attirò l'attenzione di qualche grande musicista,<br />
a partire dal Provenzale, che aveva già posto in<br />
musica la sua «Stellidaura vendicata»; e qualche altro<br />
esponente della fine del XVII secolo a Napoli. Il<br />
dramma era nato per il teatro, anche se lasciava<br />
qualche spiraglio adatto alla musica: delle versioni<br />
finora registrate, nessuna ebbe tuttavia la firma di<br />
qualche noto musicista, neppure nelle riedizioni del<br />
Settecento.<br />
Andrea Perrucci era nato a Palermo il tredici<br />
giugno del 1635, da buona famiglia borghese. Venuto<br />
a Napoli col padre Francesco nel 1645, fu posto<br />
a studiare coi Gesuiti, e qui dimostrò tutta la<br />
sua inclinazione allo studio delle lingue, apprendendone<br />
varie, risultando tra i migliori allievi in latino,<br />
greco e persino in ebraico: e come vincitore in collegio<br />
di varie «accademie», competizioni di poesia.<br />
Si laureò «in utroque», e tornò in Sicilia dopo la<br />
morte del padre, per raccoglierne l'eredità: ma, disgustato<br />
dai cavilli posti dai parenti, lasciò tutto e<br />
tornò a Napoli, dove visse sino alla morte, avvenuta<br />
il sei maggio del 1704.<br />
Il Perrucci é uno dei grandi esponenti della cultura<br />
partenopea, in un momento storico pieno di<br />
Libro d'Ore di fine '400 - (Parma, Biblioteca Palatina)<br />
MARIO SPINELLI<br />
È compito di altri e non nostro (in<br />
quanto operatori dell'informazione culturale)<br />
formulare un bilancio di quest'Anno<br />
Santo per quanto attiene agli<br />
aspetti più vari: dall'affluenza dei pellegrini<br />
al funzionamento di tutti gli ingranaggi<br />
della complessa macchina organizzativa,<br />
dalla qualità dell'accoglienza<br />
alla riuscita dei molteplici servizi<br />
predisposti, dalle reazioni quotidiane<br />
della gente nei confronti del ritmo<br />
ordinario e degli eventi speciali previsti<br />
nel calendario giubilare all'adattamento<br />
e alla «tenuta» globale della città. In<br />
ogni caso, per quel che riguarda la nostra<br />
specifica competenza, dobbiamo e<br />
possiamo dire — anche per il fatto di<br />
aver seguito giorno per giorno tutte le<br />
iniziative e manifestazioni culturali legate<br />
alla celebrazione dell'Anno Santo<br />
(come ben sanno i nostri lettori) — che<br />
sul versante culturale e per così dire<br />
formativo, cioè di riflessione e approfondimento<br />
intellettuale e conoscitivo<br />
del grande evento ecclesiale e spirituale<br />
che ci ha universalmente coinvolti, il<br />
bilancio del Giubileo si configura nettamente<br />
in attivo. Lo provano e lo confermano<br />
al di là di ogni ragionevole dubbio<br />
(in attesa di elaborare tutti i dati<br />
relativi e di disporre anche delle cifre<br />
su cui si potrà tornare in sede di analisi<br />
retrospettiva e più approfondita) le<br />
tante mostre, i convegni, le conferenze,<br />
le pubblicazioni, le trasmissioni radiotelevisive<br />
e tutti gli altri avvenimenti<br />
culturali che si sono susseguiti a ritmo<br />
incalzante e in numero anche superiore<br />
alle previsioni durante l'intero anno<br />
giubilare.<br />
Ora, a coronamento di questo denso<br />
e qualificato calendario, è stata appena<br />
inaugurata ed è in pieno svolgimento<br />
l'iniziativa culturale — ma anche religiosa,<br />
spirituale — che segna (almeno<br />
a Roma) l'ultimo atto di questo lungo<br />
omaggio, fiancheggiamento, contributo<br />
sinergico del mondo intellettuale, scientifico,<br />
accademico, artistico alla lettura<br />
e alla fruizione dei valori e dei frutti<br />
dell'Anno Santo. Si tratta della mostra<br />
iconografica sulla Madonna dal titolo<br />
Maria Vergine, Madre e Regina, promossa<br />
dal Ministero per i Beni e le Attività<br />
Culturali (in particolare dall'Uffi-<br />
fermenti nella capitale napoletana, sia dal punto di<br />
vista letterario che musicale. Gli ultimi viceré spagnoli<br />
favorirono lo sviluppo delle arti, ed in special<br />
modo la vita teatrale, che aveva le sue sedi nelle<br />
sale dei palazzi della corte spagnola. Al centro della<br />
vita musicale si era eretto il Teatro di San Bartolomeo,<br />
che fu testimonio di tanti successi della nascente<br />
scuola napoletana fino alla costruzione del<br />
Teatro di San Carlo, con il nuovo secolo.<br />
Il Perrucci fornì un testo a Francesco Provenzale,<br />
massimo esponente della musica a Napoli e futuro<br />
acerrimo nemico di Alessandro Scarlatti, che<br />
dalla nativa Palermo era venuto a sottrargli il posto<br />
di Maestro di Cappella del palazzo reale, grazie all'intervento<br />
della sorella Anna Maria, cantante assai<br />
stimata alla corte del viceré; la «Stellidaura vendicata»<br />
(nella prima versione «vendicante») eseguita il<br />
due settembre del 1674 nella villa Cursi-Cicinelli a<br />
Mergellina, e definita dal Testi «non più tragedia<br />
classica, ma già dramma romantico», è opera di<br />
grande rilievo nel panorama ad essa contemporaneo,<br />
ed ebbe moltissime repliche anche negli anni<br />
successivi. Anche in questo dramma, il Perrucci<br />
pone un personaggio comico, Giampietro, contadino<br />
calabrese che canta in dialetto, il quale raccoglie<br />
la copiosa eredità dei tipi popolari che tanto<br />
muovevano alle risa la corte. Nella successiva<br />
«Cantata dei Pastori», il napoletano vagabomdo sarà<br />
Razzullo, altra «maschera» della tradizione popolare<br />
seicentesca.<br />
Questa «Cantata» rivela abile scrittura da parte<br />
del Perrucci, il quale costruisce questa peculiare<br />
«commedia dei santi» seguendo il gusto spagnolo<br />
del tempo, in special modo del Calderón, con due<br />
zone ben distinte: quella letteraria, in «toscano», e<br />
qualla popolare in napoletano. Il dialetto affidato al<br />
Razzullo — oggi a volte difficile da decifrare —, risulta<br />
assai comico, e certamente ha contribuito al<br />
successo del dramma, giunto quasi integro fino a<br />
noi, ma con aggiunte che hanno fatto pendere la<br />
bilancia verso la commedia, con il personaggio del<br />
vagabondo, che prova tutti i mestieri, senza riuscire<br />
in alcuno, per ignavia, o anche per timore di ricevere<br />
le solite legnate. Eternamente affamato, si<br />
presta a tutti i lavori, purché leggeri, ma alla fine,<br />
cio centrale per i Beni librari, le Istituzioni<br />
culturali e l'Editoria) e allestita<br />
nella lignea barocca sala Borromini<br />
della storica Biblioteca Vallicelliana,<br />
accanto alla Chiesa Nuova. L'esposizione<br />
si potrà visitare fino al 28 febbraio<br />
del 2001, con ingresso gratuito.<br />
Prima di inoltrarci fra le teche e le<br />
vetrine degli spazi espositivi conviene<br />
formulare qualche considerazione che<br />
crediamo utile. Anzitutto pare molto<br />
opportuna, anzi addirittura doverosa<br />
una manifestazione, una mostra di carattere<br />
mariano a conclusione del<br />
Grande Giubileo del 2000. Infatti non si<br />
deve dimenticare che l'Anno Santo appena<br />
trascorso e celebrato ha coinciso<br />
fra l'altro con il Bimillenario dell'Incarnazione<br />
del Verbo, della nascita di Cristo.<br />
E questo evento assolutamente centrale<br />
e primario nella storia della salvezza,<br />
come ci insegnano la Sacra<br />
Scrittura, la Tradizione cristiana e il<br />
Magistero della Chiesa, si è verificato<br />
solo dopo il «sì» di Maria al divino concepimento<br />
e attraverso il suo parto verginale<br />
del Verbo in Lei incarnato ad<br />
opera dello Spirito. Come dunque ricordare<br />
e celebrare la discesa nel mondo<br />
del Salvatore senza abbinarvi strettamente<br />
il ricordo e l'esaltazione della<br />
Donna che l'ha resa possibile, di Colei<br />
che la Chiesa fin dalla più remota tradizione<br />
— confermata solennemente già<br />
nel Concilio di Efeso del 431 — proclama<br />
Madre di Dio? Ecco perciò il motivo<br />
di fondo della validità di questa mostra,<br />
che oltre tutto come diremo fra<br />
poco nel materiale esposto testimonia<br />
proprio questi attributi e questa grandezza<br />
della figura e del ruolo di Maria.<br />
In secondo luogo va sottolineata pure<br />
la scelta felice della Biblioteca Vallicelliana<br />
per ospitare la mostra in questione.<br />
Infatti questa prestigiosa istituzione<br />
romana è integrata nella poderosa memoria<br />
filippina che è il complesso della<br />
Chiesa Nuova (che fra l'altro è un tempio<br />
mariano, S. Maria in Vallicella) e<br />
dell'annesso borrominiano Oratorio Filippino.<br />
Ora, chi non sa quanto fossero<br />
profonde e fervorose la fede, la devozione<br />
e la spiritualità mariane di s. Filippo<br />
Neri? Non a caso l'emblema stesso<br />
della Vallicelliana reca l'immagine miracolosa<br />
della Madonna della Vallicella,<br />
che Pippo il Buono salvò dall'abbat-<br />
Libro d'Ore<br />
di fine '400 (Parma,<br />
Biblioteca Palatina)<br />
Miniatura del XIII<br />
secolo (Roma,<br />
Biblioteca<br />
Vallicelliana)<br />
«Maria Vergine, Madre e Regina»: una mostra iconografica alla Biblioteca Vallicelliana di Roma<br />
Miniature e Libri d'Ore diventano melodie<br />
di un sublime «concerto» mariano<br />
timento della chiesa anteriore facendola<br />
sistemare sull'altar maggiore della<br />
Chiesa Nuova, dove possiamo contemplarla<br />
e venerarla ancora oggi quando<br />
un meccanismo dell'epoca la scopre ai<br />
devoti sotto la grande pala dipinta successivamente<br />
da Rubens. Lodevole dunque<br />
l'idea della mostra, e indovinato il<br />
fondale del suo allestimento.<br />
Ma ora incamminiamoci pure lungo<br />
l'itinerario espositivo. La mostra iconologico-mariana<br />
della Vallicelliana si articola<br />
in nove sezioni, le quali si propongono<br />
di rappresentare altrettanti<br />
momenti-aspetti del ruolo e della figura<br />
della Madre di Dio e, in definitiva, di<br />
ricostruire tutto il suo percorso terreno<br />
e ultraterreno. Così i primi cinque manoscritti<br />
miniati raffigurano Maria prima<br />
di Gesù e dell'Incarnazione, còlta in<br />
una vita di pietà e di preparazione spirituale<br />
nell'intimità della casa, accanto<br />
ad Anna e Gioacchino e nel Tempio di<br />
Gerusalemme. Lo Spirito Santo è già al<br />
lavoro. I successivi tredici codici nelle<br />
loro splendide miniature dorate e multicromatiche<br />
rappresentano ed esaltano<br />
l'Annunciazione, e quindi al contempo<br />
la professione mariana di castità perpetua,<br />
il volontario generoso assenso di<br />
Maria e il concepimento del Figlio<br />
umano-divino per volontà del Padre e<br />
intervento dello Spirito. Le illustrazioni<br />
di altri venti manoscritti — libri liturgici,<br />
di pietà ecc. — testimoniano prima<br />
la Natività (dieci) e poi la vita della Sacra<br />
Famiglia (altri dieci), per cui le immagini<br />
spaziano dal viaggio verso Betlemme<br />
alla notte santa nella Grotta,<br />
dall'arrivo dei Magi alla violenza di<br />
Erode, dalla fuga in Egitto al ritorno<br />
in Palestina e a Nazareth, fino alla<br />
rivelazione da parte di Gesù giovinetto<br />
della sua sapienza soprannaturale fra<br />
gli increduli dottori del tempio gerosolimitano.<br />
La quinta sezione e una parte della<br />
sesta (in tutto una ventina di codici miniati)<br />
sono ancora per così dire Nuovo<br />
Testamento illustrato, descrivendo la<br />
Vita e i miracoli del Signore, la sua Passione<br />
e la Pentecoste, con Maria fedelmente<br />
presente — e condividente l'opera<br />
e le sofferenze del Figlio — da Cana<br />
al Calvario, dal Sepolcro alla discesa<br />
dello Spirito nel Cenacolo di Gerusalemme,<br />
già gloria e fulcro — Lei fra gli<br />
per la sua innata onestà, si libera dai tranelli del<br />
demonio.<br />
Il nucleo centrale di questo «dramma sacro» sta<br />
nella lotta delle forze infernali contro la Luce, ossia<br />
la nascita del Cristo. Nel prologo, Pluto, re dell'inferno,<br />
è preoccupato per la prossima nascita del<br />
Verbo, e teme che i suoi seguaci in terra scompaiano.<br />
Egli chiama a raccolta i suoi migliori aiutanti,<br />
che sono Asmodeo, Belfegor, Astarotte e Belzebù, i<br />
quali lo rassicurano che faranno scomparire il nemico<br />
con le loro arti malefiche.<br />
Nel primo atto, un vecchio pastore, Armenzio, si<br />
lamenta con i figli Benino e Cidonio, perché non<br />
gli danno l'aiuto necessario a tenere a bada il gregge:<br />
Cidonio è cacciatore, e passa il tempo ad inseguire<br />
gli animali selvaggi; e Benino ama i giochi, i<br />
salti, e lascia da parte la cura degli armenti. Essi<br />
hanno avuto in sogno la premonizione di un evento<br />
che si verificherà proprio fra di loro, a Betlemme.<br />
Entra in scena Razzullo, che è stato scrivano, ma<br />
ha raccolto solo debiti (allusione alla vita grama dei<br />
poeti) e cerca altro lavoro. Incontra Ruscello, buon<br />
pescatore, che lo invita a seguirlo: ne sorge una disputa<br />
con il cacciatore Cidonio, su quale dei due<br />
mestieri sia il migliore. Andati via questi, giungono<br />
Giuseppe e Maria, tornati a Betlemme per obbedire<br />
all'editto imperiale del censimento. Maria sta per<br />
dare alla luce il Bambino Gesù e non trova un posto<br />
dove riposare: tutti i luoghi sono occupati.<br />
Inizia la lotta tra Belfegor, dall'inferno, e l'Angelo<br />
Gabriele dal Cielo; il demonio giunge con una<br />
squadra di diavoli che legano Razzullo ad un albero:<br />
per fortuna, passano di là Giuseppe e Maria, e<br />
lo slegano: per ringraziarli, questi li aiuterà ad attraversare<br />
il fiume, sulla barchetta di Ruscello.<br />
Malgrado la fragilità dell'imbarcazione, con l'aiuto<br />
di Gabriele, riescono d attraversare il guado: ma<br />
Belfegor, non potendo far nulla contro le forze malefiche,<br />
si vendica su Ruscello e Razzullo, sollevando<br />
una tempesta che fa naufragare l'imbarcazione<br />
e getta in acqua i due.<br />
Al secondo atto questi, che si sono a stento salvati,<br />
si separano: il napoletano non sarà più pescatore.<br />
Cidonio incontra il povero vagabondo e gli<br />
propone di seguirlo come cacciatore: l'altro accon-<br />
Libro d'Ore di fine'400(Parma,BibliotecaPalatina)<br />
Apostoli — della Chiesa fondata da Cristo<br />
ma solo ora pronta a annunciarlo.<br />
Il resto della sesta sezione e le sezioni<br />
settima e ottava (in tutto circa venticinque<br />
manoscritti) si innalzano dalle mere<br />
pagine della Scrittura per accogliere<br />
e testimoniare con vivacità, pietà, creatività,<br />
con arte pregata insomma, la<br />
grande tradizione orientale e occidentale<br />
sulla Madonna, coltivata fin dai primi<br />
e dai più grandi Padri e più tardi riconfermata<br />
solennemente nel tempo<br />
dai Pontefici, dai Concilii, dal Magistero<br />
episcopale anche nelle forme più alte<br />
e ufficiali, cioè con le proposizioni<br />
dogmatiche. Così ecco le miniature sulla<br />
Dormizione (la latinità cristiana come<br />
si sa ha preferito parlare di Assunzione)<br />
e quelle sulla Regalità celeste e<br />
terrena di Maria, fino alla sua collocazione<br />
in trono accanto al Figlio, all'inserzione<br />
misteriosa e gloriosa nella divina<br />
Trinità, alla partecipazione finale<br />
al Giudizio Universale insieme al Figlio,<br />
al supremo governo della terra<br />
con sollecitudine materna e fedele al<br />
ruolo di corredentrice e mediatrice di<br />
grazie. La nona e ultima sezione è particolarmente<br />
azzeccata, dedicata com'è<br />
a Dante e Maria, cioè a quella Divina<br />
Commedia, a quel Paradiso che poeticamente<br />
nel cantare la Madonna ha toccato<br />
dei vertici che ben difficilmente<br />
potranno essere uguagliati e ancor meno<br />
superati. Qui poi, nella mostra, l'arte<br />
poetica dantesca si fonde con quella<br />
pittorica, figurativa di anonimi illustratori<br />
nell'esaltazione lirico-mistica della<br />
Madre del Signore, con effetti che edificano<br />
mente e cuore, anima e intelletto,<br />
spirito e gusto estetico. In definitiva gli<br />
ottantanove codici illustrati esposti alla<br />
Vallicelliana (e provenienti da una decina<br />
di prestigiose biblioteche storiche:<br />
l'Apostolica Vaticana, la Palatina di<br />
Parma, le Nazionali di Firenze e Napoli,<br />
l'Angelica, la Casanatense e ovviamente<br />
la stessa Vallicelliana di Roma,<br />
la Medicea Laurenziana e la Riccardiana<br />
sempre di Firenze, la Estense di Modena)<br />
non potevano essere «usati» e valorizzati<br />
meglio: infatti qui sono come<br />
note e melodie sublimi di un concerto<br />
mariano straordinario. Una degna conclusione,<br />
come si è detto, del «Giubileo<br />
culturale».<br />
sente dubbioso, temendo le bestie feroci e le armi:<br />
ma spera così di poter mangiare. Intanto Belfegor<br />
in vista della grotta, vi invia un terribile drago che<br />
spaventa i cani ed i pastori. Non potendo trovare<br />
posto in quei luoghi, Giuseppe e Maria si rassegnano<br />
ad entrare nella spelonca, mentre Gabriele fa<br />
scomparire il drago.<br />
Ancora il demonio, travestito da oste, promette<br />
dar lavoro a Razzullo e Cidonio, ma in cambio<br />
chiede che uccidano la santa coppia: i due poveretti<br />
fuggono spaventati, all'idea di dar morte a quei<br />
pellegrini tanto buoni.<br />
Gabriele con uno scudo di diamante si pone all'ingresso<br />
della grotta.<br />
Nel terzo atto, Belfegor, in veste di satiro, invano<br />
cerca di convincere i pastori a commettere il<br />
crimine, ma viene da questi scacciato. Razzullo è<br />
stato messo a guardia dell'armento di Asmodeo, ed<br />
ha trovato da mangiare in un anfratto: era la colazione<br />
di Benino, il quale, notato il furto, dice al napoletano<br />
che quella era avvelenata, per uccidere il<br />
siro. Morto di paura, il povero Razzullo si sente<br />
male, ma giunge il buon vecchio Asmodeo a rassicurarlo,<br />
rivelandogli che era uno scherzo del figlio.<br />
Belfegor giunge di nuovo, offrendo vino a tutti, e<br />
questi si addormentano: intanto nasce il celeste<br />
Bambino e tutta la capanna s'illumina: Belfegor<br />
non púò più combattere e tenta di far crollare il<br />
monte dove si trova la capanna. Ma, con l'aiuto di<br />
Gabriele, il monte, nel cadere, lascia intatto il Presepe,<br />
mentre il demonio, vinto, sprofonda. Tutti i<br />
pastori portano i doni ed adorano il piccolo Gesù,<br />
e cantano una vecchia pastorale: «Io pure so' venuto<br />
a Te vedere — Ninno bellillo, ma che t'aggio a<br />
dare?». Il dramma è nato per le scene senza musica:<br />
ma in alcuni punti, certamente offriva la possibilità<br />
a dei musicisti di adoperare dei temi conosciuti;<br />
nello stesso spirito, sant'Alfonso Maria de'<br />
Liguori adattava alle parole «Quanno nascette Ninno»<br />
una nota cantilena a lungo tramandata.<br />
In seguito fu aggiunto il popolare personaggio di<br />
Sarchiapone, altro napoletano che dialogava con<br />
Razzullo: i loro lazzi furono a volte condannati dalle<br />
censure; ma creavano una indimenticabile atmosfera<br />
esilarante.