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Documento PDF - UniCA Eprints - Università degli studi di Cagliari.

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preponderante quella delle terofite, che rappresentano il 42,1% del totale, mentre lefanerofite rappresentano il 28,9%. Questo fenomeno si spiega forse considerandol’origine del contingente delle naturalizzate, che sono per buona parte state introdotteaccidentalmente dall’uomo come infestanti <strong>di</strong> colture agrarie, o sono antiche coltureagricole <strong>di</strong> area me<strong>di</strong>terranea e/o europea, mentre tra le avventizie molte sono lespecie utilizzate per scopi ornamentali o forestali. É anche da considerare che leterofite si naturalizzano con maggiore facilità e velocità a causa del loro breve ciclobiologico, che favorisce il <strong>di</strong>ffondersi <strong>di</strong> adattamenti della specie al nuovo territorio.Anche tra le alloctone, il sottotipo biologico prevalente è quello delle scapose (Figura53), e tra le geofite prevalgono le bulbose, così come avviene per il complesso dellaflora dell’Iglesiente. Tra le 7 specie che sono state considerate invasive, tuttavia, 1sola è terofita, 4 sono faneorfite, 1 è geofita e 1 camefita. É da notare come tra leinvasive le quattro specie che mostrano il comportamento ecologicamente piùaggressivo provengono tutte da un ambito non me<strong>di</strong>terraneo, e si <strong>di</strong>ffondono inambienti artificiali o fortemente rimaneggiati dall’azione dell’uomo. Questaosservazione sembra avvolorare l’ipotesi che le specie alloctone più pericolosequanto a capacità invasiva sono quelle provenienti da habitat che, se sono <strong>di</strong> tipobioclimatico me<strong>di</strong>terraneo, sono comunque sensibilmente <strong>di</strong>fferenti da quelli presentinel bacino del Me<strong>di</strong>terraneo. Le trasformazioni operate dall’uomo nei territorime<strong>di</strong>terranei, ed in particolare la recente espansione <strong>degli</strong> agglomerati urbani e delleinfrastrutture viarie, ha creato e/o <strong>di</strong>ffuso una serie <strong>di</strong> habitat prima poco o nullapresenti, che si caratterizzano per compattezza del substrato e conseguente ari<strong>di</strong>tàedafica, povertà <strong>di</strong> sostanza organica, elevata nitrofilia. A queste con<strong>di</strong>zioniparticolari si adattano, più o meno ben, numerose specie autoctone. Vi possonoessere però specie adattatesi in tempi molto più lunghi a tali con<strong>di</strong>zioni, che altrovepossono essere naturali, e che per questo sono in queste nuove nicchie ecologiche,molto più concorrenziali. A conferma <strong>di</strong> quanto detto si può osservare come taliinvasive provengano quasi tutte da regioni a clima me<strong>di</strong>terraneo o subtropicale concon<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ari<strong>di</strong>tà maggiore che in Sardegna.Logica conseguenza <strong>di</strong> quanto detto è che in generale le alloctone si inserisconocon <strong>di</strong>fficoltà nella flora locale se il territorio presenta una elevata naturalità. É infattipossibile osservare come esse siano <strong>di</strong>ffuse pressoché esclusivamente in ambientiartificiali e/o fortemente rimaneggiati dall’uomo. Anche Carpobrotus acinaciformis,<strong>di</strong>ffuso in particolare in ambiti costieri, non è presente dove questi hanno una elevatanaturalità, come presso i campi dunali <strong>di</strong> Is Arenas-Piscinas.P44,3%NP3,4%Ch4,5%G9,1%H11,4%Figura 52. Spettro biologico della flora allotona dell’Iglesiente.T27,3%

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