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Documento PDF - UniCA Eprints - Università degli studi di Cagliari.

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localmente può <strong>di</strong>venire rilevante) operata dalle attività sportive quali il trekking el’arrampicata, i rischi che interessano attualmente la sopravvivenza <strong>di</strong> una speciequale Anchusa montelinasana sono soprattutto legate alla naturale <strong>di</strong>namica dellavegetazione e a naturali processi <strong>di</strong> estinzione. A questo proposito numerosi <strong>stu<strong>di</strong></strong>(REED, 2005; HARRIS, 1987) evidenziano la presenza <strong>di</strong> una soglia critica nel numero<strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> una popolazione, al <strong>di</strong> sotto della quale la sua sopravvivenza nellungo periodo <strong>di</strong>viene problematica a causa della ridotta capacità adattativa causatadai fenomeni <strong>di</strong> depressione da inincrocio che rendono maggiormente vulnerabile iltaxa a bruschi mutamenti ambientali. Uno <strong>stu<strong>di</strong></strong>o <strong>di</strong> questo tipo è stato realizzato inparticolare per Anchusa crispa, anch’essa endemica delle coste sabbiose dellaSardegna da QUILICHINI et al., (2001). I dati <strong>di</strong> campo delle Anchusae endemichedell’Iglesiente, come anche quelli riportati in BACCHETTA & al. (2006) mostrano delresto che le Anchusae endemiche sarde, costituite da piccole ed isolate popolazioniche vanno da un minimo <strong>di</strong> 200-350 (A. montelinasana, A. littorea) ad un massimo <strong>di</strong>6000 in<strong>di</strong>vidui (A. crispa ssp. maritima), corrispondono al ritratto della specie rara e<strong>di</strong>n pericolo, con meno <strong>di</strong> cinque popolazioni e 5000 in<strong>di</strong>vidui, fatto da HOLSINGER &GOTTLIEB (1991).Se si considera l’esiguo numero <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui dell’A. montelinasana, è evidentecome questa specie sia da considerarsi come relitta e con un futuro che nel lungoperiodo sembra dover essere quasi inevitabilemente l’estinzione. L’abbandono dellearee montane consegna però sempre <strong>di</strong> più l’esecuzione <strong>di</strong> questa sentenza alle<strong>di</strong>namiche naturali, con i tempi più o meno lunghi che questo comporta, mentre permolte specie endemiche della Sardegna presenti in aree costiere l’estinzione, se nonvengono presi tempestivi e seri provve<strong>di</strong>menti, è oramai questione <strong>di</strong> pochi anni.Alcune <strong>di</strong> queste specie che sino a pochi decenni fa erano in con<strong>di</strong>zioni critiche, manumericamente non paragonabili all’esiguità della popolazione <strong>di</strong> A. montelinasana,oggi si trovano in una con<strong>di</strong>zione analoga dal punto <strong>di</strong> vista demografico, masoggette ad un calo causato dalla riduzione dell’area <strong>di</strong> occupazione, <strong>di</strong> occorrenza eda un degrado dell’habitat che non lascia molte speranze circa la loro sopravvivenzaanche nel breve periodo.Le Boraginaceae si trovano in prima fila in questa triste classifica. Oltre ad A.littorea sembrano avviate lungo la china <strong>di</strong> un declino inarrestabile A. crispa ssp.crispa e ssp. maritima, presenti nella Sardegna settentrionale, e la popolazione <strong>di</strong>Borago morisiana <strong>di</strong> Cala Vinagra, sull’isola si S. Pietro. Il Centro ConservazioneBio<strong>di</strong>versità del Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Botaniche dell’Università <strong>di</strong> <strong>Cagliari</strong> da annieffettua il monitoraggio demografico <strong>di</strong> queste specie. È fondamentale, per tentare <strong>di</strong>arrestarne il declino, che le conoscenze acquisite con questo lavoro escanodall’ambito accademico per <strong>di</strong>venire <strong>di</strong> pubblico dominio ed in particolare venganosottoposte all’attenzione delle autorità che, a tutti i livelli, si occupano della gestionedel territorio.Se si vuole tentare <strong>di</strong> salvare questi endemismi bisogna intraprendere azioniconcrete in particolare per salvare il gruppo delle psammofite che,in<strong>di</strong>pendentemente dalla loro consistenza numerica, corrono maggiori rischi delleorofite a causa della pressione turistica sulle coste. Oltre a proteggere i delicatihabitat nel quale vivono queste specie dal calpestio eccessivo, dalla pulizia dellespiagge, da motociclette e automobili fuoristrada bisogna <strong>di</strong>fenderli anchedall’aggressività delle specie invasive.Assieme alla conservazione ex-situ del germoplasma delle popolazioni esistenti,queste azioni possono incrementare le chances <strong>di</strong> conservare a lungo terminequesti rimarchevoli componenti della flora endemica del Me<strong>di</strong>terraneo occidentale.

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