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CAPITOLO TERZO<br />
L’OGGETTO DELLA FEDE<br />
L’oggetto della Fede è duplice: formale e materiale (Cfr. p. 13).<br />
Formale: il motivo per cui si crede.<br />
Materiale: ciò che si crede.<br />
L’oggetto formale<br />
L’oggetto formale o motivo della fede non deve confondersi coi motivi di credibilità, di cui<br />
abbiamo parlato nella Apologetica. Questi sono i segni della divina Rivelazione, per cui vediamo che una<br />
verità è credibile ed è da credersi. Ma fin qui non abbiamo ancora l’atto - di fede. Sono motivi estrinseci,<br />
cioè al di fuori della fede. Il motivo della fede invece, è un elemento intrinseco e determina<br />
specificamente l’atto di fede.<br />
Contro i Semirazionalisti che pongono come motivo di fede l’evidenza intrinseca acquistata con la<br />
ragione e i Modernisti che dicono motivo della fede la conformità di questa evidenza col senso religioso,<br />
portiamo la seguente<br />
TESI: Il motivo della fede è l’autorità di Dio rivelante che non può ingannarsi nè ingannare.<br />
É DI FEDE<br />
dal Conc. Vaticano: «Se alcuno avrà detto che la fede divina non si distingue dalla scienza naturale<br />
intorno a Dio e alle cose morali, e perciò che per la fede divina non si richiede che la verità rivelata sia<br />
creduta per l’autorità di Dio rivelante, sia scomunicato» (D. B. 1811). Ciò che è confermato ancora dalla<br />
definizione, che della fede dà lo stesso Concilio (p. 195) nella quale si dice che a crediamo essere vere le<br />
cose rivelate non per l’intrinseca verità delle cose, veduta alla luce naturale della ragione, ma per<br />
l’autorità di Dio stesso rivelante, il Quale non può ingannarsi né ingannare» (D. B. 1789).<br />
Questa autorità di Dio, come motivo della fede, ci dà la più perfetta garanzia della verità. Anche<br />
nella semplice fede umana, la certezza intorno a un fatto, che ci viene riferito è tanto più grande, quanto<br />
maggiormente il testimone, che ce lo riferisce, è sapiente e verace: Sapiente nel senso che possa ben<br />
conoscere il fatto, che lo abbia veduto, che non ne sia rimasto, in qualche modo, ingannato. Verace in<br />
quanto per la sua onestà e bontà non voglia ingannarmi con una menzogna, ma voglia dirmi la verità.<br />
Quanto più la sua autorità gode di queste due attribuzioni, tanto più posso esser certo di quanto mi<br />
racconta, perfino se io non arrivo a capire come mai una data cosa sia svolta in quel modo. Per esempio:<br />
se un maestro spiega a uno scolaro che una data operazione o un dato problema danno quel risultato, il<br />
ragazzo ci crede, anche se lui non sa risolverlo, e la sua fede alla parola del maestro è ragionevole,<br />
perché sa che il maestro dice la verità e non vuole ingannarlo, e che ha la competenza per trovare la<br />
soluzione. Quanto più è grande la sapienza e la veracità di chi parla, tanto più grande è la certezza di chi<br />
ascolta. Ma la Sapienza e la Veracità di Dio sono quanto di più assoluto vi possa essere, poiché Egli è<br />
infinitamente Sapiente e Verace. Dunque la fede, che ha per motivo l’autorità di Dio, è la più sicura che ci<br />
possa essere. Questo ragionamento ci mostra già come la tesi è corrispondente alla nostra ragione.<br />
PROVA: Ma alla convenienza di questa tesi con la nostra ragione, aggiungeremo la prova desunta<br />
dalla Scrittura e dalla Tradizione.<br />
A) - dalla Scrittura. Gesù e gli Apostoli insegnano la dottrina da credersi come rivelata da Dio.<br />
Disse Gesù a Nicodemo: «In verità, in verità ti dico: parliamo di quello che sappiamo e attestiamo ciò che<br />
abbiamo veduto» (Gv. 3, 11). Queste parole ci mostrano la certezza infallibile con cui Gesù conosce quelle<br />
cose che ci insegna. Esse pro. vengono da una Sapienza che non può sbagliarsi. E altrove: «Chi mi ha<br />
mandato è verace, e le cose che ho udite da Lui, queste insegno al mondo» (Gv. 8, 26). Queste parole<br />
indicano la veracità dell’insegnamento. Gesù afferma che è mandato dal Padre a insegnare questa<br />
dottrina: «La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato» (Gv. 7, 16).<br />
S. Paolo insiste nel predicare il Vangelo, cui i fedeli debbono credere, non per la intrinseca<br />
evidenza di quello che dice, ma perchè rivelato da Dio. «Vi rendo noto l’Evangelo, o fratelli…, però io non