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L’ESISTENZA DI DIO<br />

Esistenzialismo. la nuova filosofia che lascia la universalità delle essenze per fermarsi a studiare<br />

l’esistenza dei singoli. Ha avuto come ideatore Kierkegaard nel principio del secolo scorso. Alcuni seguaci<br />

hanno cercato di interpretarlo in un senso positivo, ma molti sono giunti invece alle idee estreme di<br />

pessimismo, cosicché l’esistenzialismo è stato chiamato: la filosofia dello scacco, del fallimento. A questo<br />

pessimismo è giunto Heidegger e Sartre arrivando a un nichilismo amorale ed ateo.<br />

Un altro esistenzialista, lo Jaspers si porta invece alle idee di Kant, e in Italia, l’Abbagnano giunge<br />

allo scetticismo riguardo a Dio e ai destini dell’uomo.<br />

2) - PER ECCESSO<br />

Apriorismo. É il sistema che giudica che l’esistenza di Dio non ha bisogno di dimostrazione, ma è<br />

un’idea nota per sé e naturalmente insita in noi. Nell’errore dell’apriorismo è caduto anche S. Anselmo di<br />

Aosta, colla sua nota dimostrazione di Dio, partendo dal concetto che l’Essere di cui non si può pensare<br />

niente di maggiore «deve esistere». Egli passa dal campo ideale a quello della realtà. Pure, nonostante<br />

che S. Tommaso, Kant, e la maggior parte degli studiosi cattolici e acattolici moderni siano contro questa<br />

dimostrazione trova schierati a suo favore - pur con diverse presentazioni - Alessandro di Hales, S.<br />

Bonaventura, S. Alberto Magno, Duns Scoto, Cartesio, Liebnìz, Gerdil, Rosmini, Bonomelli, Acri, fino al<br />

Lepidi, al Rosa, al Sestili, al Thome, al Bouyssonie, al Levasti dei nostri giorni (CARLO CARBONE:<br />

Fondamenti razionali della Fede, A. V. E., Roma, 1949).<br />

Ontologismo. Ideato da Malebranche nel sec. XVII ed elaborato nel secolo scorso dal Gioberti e da<br />

Ubags, dice che l’anima umana al principio della sua esistenza vede - sia pure in modo oscuro - Dio, e in<br />

questa cognizione immediata (visione dell’Ente, di qui la parola: Ontologismo), riceve anche tutte le altre<br />

idee, ché, altrimenti non potrebbe avere.<br />

Quindi la cognizione di Dio sarebbe naturale e congenita al nostro intelletto. Anche Cartesio<br />

diceva che l’idea di Dio è innata in noi e questa idea suppone necessariamente l’esistenza di Dio.<br />

Sembra che all’Ontologismo porti anche la dottrina del Rosmini.<br />

Contro questi errori poniamo la seguente:<br />

TESI - L’esistenza di Dio è una verità che non è nota di per sé stessa; ma che con certezza si<br />

può conoscere e dimostrare colla ragione, per mezzo delle cose create.<br />

È CERTO<br />

riguardo alla prima parte, come si rileva da vari documenti ecclesiastici;<br />

È DI FEDE<br />

riguardo alla seconda parte per il Conc. Vaticano I e per il giuramento antimodernistico.<br />

PROVA: A) - dalla Scrittura. L’esistenza di Dio non è nota per sé stessa, ma ha bisogno di dimostrazione.<br />

«Mai nessuno ha veduto Dio, l’Unigenito, che è nel seno del Padre, Egli ce lo ha narrato» (Gv. 1, 18).<br />

E S. Paolo: «Al Re dei secoli, immortale e invisibile» (Tim. 1, 17). «L’unico che possiede<br />

l’immortalità e abita una luce inaccessibile, che nessuno degli uomini vide, né può vedere» (I Tim. 6, 16).<br />

Dunque Dio è invisibile all’uomo sulla terra ed ha una luce inaccessibile che dall’uomo quaggiù non può<br />

vedersi. Dunque la sua esistenza non è nota di per sé stessa. Può conoscersi con certezza e dimostrarsi.<br />

Abbiamo visto che dice ciò il libro della Sapienza chiamando vani e stolti gli uomini che dalle opere della<br />

creazione non hanno saputo conoscere l’Artefice. Non potrebbe considerarli tali se attraverso queste<br />

opere non avessero la possibilità di conoscere e dimostrare l’esistenza di Dio.<br />

S. Paolo riprendendo lo stesso pensiero dice: «Or l’ira di Dio si manifesta dal cielo contro ogni<br />

empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia; infatti quel che si può<br />

conoscere di Dio è in essi manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato; poiché le perfezioni invisibili di<br />

Lui fin dalla creazione del mondo comprendendosi dalle cose fatte, si rendono visibili, quale la sua<br />

eterna potenza e la sua divinità; quindi essi sono inescusabili, perché avendo conosciuto Iddio non<br />

l’hanno glorificato come Dio» (Rom. 1, 18-21). Dunque la conoscenza di Dio si può avere e dimostrare fino<br />

al punto di non avere scusa di non conoscerlo e glorificarlo. Anche nell’Antico Testamento troviamo la<br />

frase del salmo 13 «Dice lo stolto nel suo cuore: Dio non esiste». Non potrebbe venire chiamato stolto, se<br />

non avesse la possibilità di conoscere Dio.<br />

B) - dai Padri: S. Giovanni Crisostomo (Omelia in Ep. Rom.) dice: «Ha mandato ad essi una voce?<br />

No, ma ha fatto una cosa che li potesse attrarre più della voce: ha posto l’orbe creato in modo che il<br />

sapiente, l’ignorante, lo sciita, il barbaro ammaestrato dalla roba vista della bellezza delle cose create,<br />

potesse risalire a Dio».<br />

S. Tommaso nella Summa contra Gentes (1, 2) contro l’argomento di S. Anselmo che passa<br />

illogicamente dall’ordine ideale all’ordine reale, acutamente dice: «Dal fatto che la mente concepisce ciò<br />

che si dice con questo nome «DIO» non ne segue che Dio esista anche nella realtà, se non nell’intelletto…,<br />

da ciò non ne segue che esista anche nella realtà di cui non si può pensare nulla di più grande», perciò,<br />

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