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LA RIVELAZIONE DIVINA<br />
II - Delle verità naturali. L’uomo, nella limitatezza della sua intelligenza, ha un campo assai<br />
ristretto anche nella conoscenza delle verità di ordine naturale. Inoltre quanti errori commette spesso<br />
nella ricerca di tali verità! Perciò non ripugna affatto che Dio gliele manifesti per il raggiungimento più<br />
facile del suo fine. Attraverso la sicura conoscenza di queste, l’uomo viene a conoscere meglio Dio<br />
anche in quelle cose cui giungerebbe con le sole forze dell’intelligenza umana.<br />
III - Anche delle verità soprannaturali, anzi degli stessi misteri.<br />
Mistero è una cosa arcana, segreta. Ci sono tanti misteri anche nella natura. Per esempio<br />
sappiamo che muovendo una dinamo si sviluppa elettricità. Sappiamo quali effetti produce di luce, di<br />
calore, di movimento. Ma sappiamo che cosa è l’elettricità? É un mistero della natura, e ce ne sono<br />
innumerevoli. Molto più nella Rivelazione. «In senso largo si dice mistero una verità conosciuta solo per<br />
Rivelazione, e comprensibile, dopo di essa, da parte della ragione, per es.: la creazione dell’universo nel<br />
tempo» 1 .<br />
Nel suo significato stretto, mistero è una verità, della cui esistenza, senza la fede alla parola di<br />
Dio, la creatura non può accertarsi, di cui, anzi, non può rappresentarsi e comprendere il contenuto<br />
direttamente, ma solo indirettamente, comparandola a cose di altra natura 2 .<br />
Ordinariamente altri autori definiscono con espressione più facile, il mistero una verità della<br />
quale si sa che sia, ma non si sa come sia, ma abbiamo preferito la definizione più difficile nel suo<br />
linguaggio tecnico, perchè più esatta e completa. Infatti l’oscurità del mistero non consiste solo nel non<br />
sapere come sia, ma prima che ci sia rivelato non sappiamo nemmeno che sia, cioè che esista.<br />
La Chiesa ha fissato il significato della parola mistero nel Conc. Vat. (Sess. III. 4): «I misteri divini<br />
per la loro stessa natura trascendono talmente l’intelletto creato, che anche rivelati e creduti restano<br />
tuttavia velati e oscuri durante la vita mortale».<br />
Per questo nella definizione si dice che la creatura non può rappresentarsi e comprendere il contenuto<br />
direttamente ma solo indirettamente comparandola a cosa d’altra natura.<br />
Ciò che si dice conoscere per analogia.<br />
Quando, anni or sono, un viaggiatore portò dall’Oriente la pianta del loto, con i suoi frutti che il<br />
popolo comunemente chiama «cachì», se ne avesse parlato prima che gli occidentali l’avessero veduta<br />
poteva loro dire: «il fusto di quell’albero è fatto nel tal modo e somiglia alla tal pianta; le foglie sono<br />
somiglianti a quelle delle tali piante, il frutto nel colore e nella forma è quasi come un’arancia, ma la<br />
buccia è molto più tenue e l’interno più polposo, ecc. a. Che cosa avrebbero capito? Si sarebbero fatti<br />
un’idea approssimativa, comparandolo a pianta di altro genere, ma non avrebbero avuto l’idea precisa.<br />
Così un giorno parlando di colori con un cieco nato, questi mi disse che pensava il rosso come un forte<br />
suono di tromba. Egli, sempre cieco fin dalla nascita, non poteva aver l’idea esatta del colore: soltanto<br />
con le notizie che aveva potuto apprendere, confrontando con cose di altra natura, i suoni, che lui<br />
conosceva, si formava un’idea che nel rosso, a differenza di altri colori, c’era qualche cosa di forte che<br />
colpiva maggiormente l’occhio di chi poteva vedere, come il suono di una tromba colpisce maggiormente<br />
l’orecchio che non il suono di un violino o di un flauto.<br />
Se nell’ordine della natura delle cose create, resta tanto di velato per chi non percepisce<br />
direttamente, ma solo attraverso un confronto. pensiamo quanto più profondi e oscuri resteranno i<br />
misteri, che si riferiscono a Dio! Perciò anche rivelati, la ragione umana non potrà penetrarli interamente<br />
nella loro essenza, né dimostrarli intrinseca. mente. Però, anche conosciuto qualche cosa della loro<br />
essenza, secondo la debolezza della intelligenza umana, sarà una nuova ricchezza incomparabile per la<br />
nostra mente, sia nel campo della verità, come nelle conseguenze pratiche che derivano da questa luce di<br />
vita.<br />
I misteri non si possono quindi dimostrare con la ragione, ma può dimostrare che non ripugnano ad<br />
essa. Il mistero è al di sopra, non contro la ragione. Dio, Verità sostanziale, è Autore della fede e della<br />
ragione, e non può esservi contraddizione fra fede e ragione.<br />
Dire che nella Religione vi sono dei misteri che superano l’intelligenza umana, non è opporre un<br />
ostacolo alla grandezza della nostra Fede, anzi è confermare che la nostra Religione è divina. É più che<br />
logico che vi siano dei misteri. Se non vi fossero eguaglieremmo la nostra mente a quella di Dio, il che è<br />
assurdo. La mente di Dio è infinita e la nostra piccola intelligenza non può raccogliere la sua infinita<br />
sapienza. Perfino in Paradiso, mentre molti misteri ci saranno completamente svelati, altri - quelli che<br />
riguardano l’intima vita di Dio, come per es. il Mistero della SS. Trinità - saranno conosciuti più o meno da<br />
ciascuno secondo il grado di gloria, tanto da appagare in pieno l’intelligenza dei Beati, ma nessuno li potrà<br />
comprendere in modo completo.<br />
In un bicchiere non può entrare tutta l’acqua del mare. Tanto meno nella nostra piccola<br />
intelligenza può comprendersi l’infinita sapienza di Dio.<br />
1 M. J. SCHEEBEN, i Misteri del Cristianesimo, Trad. Gorlani, Morcelliana 1949, p. 9.<br />
2 PARENTE - PIOLANTI - GAROFALO op. cit.<br />
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