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L’ESSENZA DEL SACRIFICIO EUCARISTICO<br />

offerta perpetua e irrevocabile fino dal momento della Incarnazione, ciò non toglie che Colui che è<br />

«sempre vivente a interpellare per noi» (Ebr. 7,25) abbia compiuto il Sacrificio con la morte di Croce e<br />

offra in perpetuo al Padre la sua oblazione immolandosi di nuovo sotto le specie eucaristiche.<br />

Dunque la Messa non è soltanto un ricordo della Morte del Signore, come vorrebbero alcuni<br />

Protestanti, ma vera e propria oblazione offerta in perpetuo al Divin Padre 1 .<br />

IL SACRIFICIO EUCARISTICO E LA CHIESA<br />

Gesù sulla Croce, quantunque «portasse tutti noi, Egli che portava i nostri peccati» (S. Cipriano,<br />

Ep. 63, 13), si è immolato senza la nostra cooperazione (Redenzione oggettiva); nella Messa invece,<br />

volendo associare alla sua adorazione quella di tutti i membri del suo Corpo Mistico, si offre e si immola<br />

con essi (Redenzione soggettiva). In altre parole possiamo dire che la Messa è il Sacrificio del Cristo<br />

totale, cioè del Capo e di tutte le membra mistiche. Di qui le seguenti proposizioni:<br />

Tutta la Chiesa offre con Cristo ed è vittima misticamente immolato con Cristo nel Sacrificio<br />

della Messa.<br />

Questo pensiero ripetuto dai Padri, si rileva già dalle parole del Conc, di Trento: «Istituì una nuova<br />

Pasqua per immolare sè stesso sotto segni visibili dalla Chiesa per mezzo dei sacerdoti» (D. B. 938).<br />

Tutta la Chiesa offre con Cristo il Sacrificio dello Messa.<br />

Nelle parole del Concilio è da notare che la traduzione non troppo elegante fatta da noi così<br />

volutamente per non tradire il senso delle parole latine, dice che è Gesù stesso che si immola per mezzo<br />

dei Sacerdoti, perchè i fedeli partecipando al Sacrificio eucaristico, offrono uniti al Sacerdote e al Cristo,<br />

ma non celebrano, cioè non sono loro a compiere l’immolazione (Cfr. Enc. Mediator Dei).<br />

In questo modo partecipano attivamente al Sacrificio, perchè nel Battesimo hanno ricevuto col<br />

carattere un inizio di partecipazione al Sacerdozio che però è essenzialmente distinto dal Sacerdozio<br />

gerarchico. Per non creare confusioni, i Teologi lo chiamano Sacerdozio comune o mistico o anche potestà<br />

del culto. In questo senso S. Pietro chiama i Cristiani «Sacerdozio regale» (1 Pet. 2,9) e da queste parole<br />

Pio XI nella Enc. «Miserentissimus Redemptor» ne deduce che «tutto il popolo cristiano.., deve offrire per<br />

i peccati tanto per sè che per tutto il genere umano».<br />

Sempre con tale significato nel Canone della Messa, al «ti offriamo o Signore il calice» il<br />

Sacerdote prega: «Ti offriamo o ti offrono questo sacrificio, ecc.».<br />

I Padri hanno ripetuto spesso questo concetto. S. Giustino «siamo vero genere sacerdotale di Dio,<br />

come Dio stesso attesta, quando dice (Mal. 1,10) che gli saranno offerti in ogni luogo fra le genti sacrifici<br />

grati e puri. Da nessuno però Dio accetta il sacrificio, se non per mezzo dei suoi Sacerdoti» (Dial. cum<br />

Triph. 116).<br />

S. Agostino ripete lo stesso pensiero e dice che Gesù ha voluto essere «Sacrificio della Chiesa che<br />

essendo il Corpo dello stesso Capo, impara a offrire sé stessa per mezzo di Lui» (De civ. Dei 10,20).<br />

Tutta la Chiesa è vittima misticamente immolata con Cristo.<br />

Pio XI nella Enc. cit. dice che nel «Sacrificio eucaristico l’immolazione dei ministri e fedeli si<br />

deve congiungere in modo che essi stessi si mostrino ostie viventi e sante» E Pio XII nella «Mystici<br />

Corporis» dice: «Il Divin Redentore non solo offre sè stesso al Padre Celeste come Capo della Chiesa, ma<br />

in sè stesso (offre) pure le sue membra mistiche in quanto… le include tutte nel suo Cuore amatissimo».<br />

Fra le varie espressioni che nella Messa vengono dette in questo senso, ricordiamo solo che<br />

all’«Orate fratres» il Sacerdote chiama la Messa «mio e vostro sacrificio».<br />

Fra i Padri S. Agostino dice: «Volle che noi stessi fossimo suo sacrificio» (Sei-mo 227).<br />

1 Una acuta sintesi in parte originale, ma sempre riducibile alla teoria della Immolazione sacramentale, è quella di G.<br />

ANICHINI (op. cit.). Essa può compendiarsi nei punti seguenti:<br />

1) - Il Sacrificio della croce non è rituale, ma personale, e perciò abbraccia tutta la vita di Gesù nel senso che essa fin dal<br />

primo istante dell’Incarnazione è unificata e orientata verso il Calvario da un atto di religione e di offerta interiore, di cui parla S.<br />

Paolo (in Eb. 10, 5 s. e in Fil. 2 ls).<br />

2) - Sul Calvario questo Sacrificio cessa come meritorio e redentorio, ma non cessa, appunto perché personale, come atto<br />

di religione perfetta.<br />

3) - Nella Eucaristia questo sacrificio personale di Cristo - che contiene in sé tutta la nostra Redenzione - viene<br />

presenziato, - ma non rinnovato né moltiplicato - perché ad esso possa associarsi il sacrificio unico del Capo e dei membri, il<br />

Sacrificio del Corpo Mistico.<br />

L’Eucaristia non modifica affatto la realtà sacrificale di Cristo, niente di realmente nuovo vi aggiunge, ma soltanto lo<br />

simboleggia e lo presenzia e vi innesta il sacrificio della Chiesa, sotto lo stesso segno simbolico.<br />

Perciò l’unica distinzione che c’è fra il sacrificio dell’altare e quello del Calvario è quella che passa fra il segno e la realtà<br />

significata e contenuta; di realmente nuovo all’altare abbiamo soltanto l’attuale partecipazione dei fedeli, che sul Calvario era<br />

soltanto potenziale.

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