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ELEMENTI DELLA PENITENZA<br />
LA CONFESSIONE DEI PECCATI<br />
La Confessione è l’accusa volontaria e segreta dei propri peccati commessi dopo il Battesimo,<br />
fatta al Sacerdote Confessore per riceverne l’assoluzione.<br />
Da questa definizione si rileva che la Penitenza, pur svolgendosi a modo di giudizio non viene<br />
imposta forzatamente come nei tribunali umani dove il reo anche contro sua volontà viene interrogato dai<br />
giudici, ma il penitente volontariamente accusa le proprie colpe per ottenere il perdono. Questa accusa<br />
viene fatta in segreto e il Sacerdote non può svelare nemmeno il più piccolo peccato.<br />
Si dice: dei propri peccati, perchè non si confessano i peccati degli altri, ma quelli che il<br />
penitente ha commesso personalmente. Perciò si tratta solo dei peccati commessi dopo il Battesimo. Con<br />
questa parola non si intende che in ogni Confessione debbano ripetersi tutti questi peccati, poichè quelli<br />
accusati nelle Confessioni fatte con le dovute disposizioni sono cancellati e non c’è l’obbligo di sottoporli<br />
nuovamente all’autorità delle chiavi, ma ogni volta si accusano i peccati mortali commessi dopo l’ultima<br />
confessione ben fatta. È cosa lodevole confessare pure i peccati veniali, e così pure qualche volta può<br />
venire di nuovo accusato qualche peccato mortale già confessato bene, ma questi non costituiscono<br />
materia necessaria per la Confessione, bensì materia sufficiente.<br />
L’accusa dei peccati viene fatta al Sacerdote che ha la legittima potestà di confessare (come<br />
vedremo tra poco parlando del ministro) e non come semplice narrazione fatta per dar notizia o come<br />
sfogo dell’animo o anche soltanto per ricevere qualche consiglio, ma unita alla contrizione col preciso<br />
scopo di ottenere l’assoluzione dei peccati.<br />
TESI - La Confessione distinta e intera dei peccati al Sacerdote è necessaria per diritto divino.<br />
É DI FEDE<br />
dal Conc. di Trento (D. B. 916 e 917): «Se alcuno negherà che la Confessione sacramentale sia<br />
istituita o sia necessaria alla salvezza per diritto divino, sia scomunicato». «Se alcuno dirà che nel<br />
Sacramento della Penitenza non è necessario per diritto divino per le remissione dei peccati confessare<br />
tutti e singoli i peccati mortali.., e le circostanze che mutano la specie del peccato, sia scomunicato».<br />
PROVA: A) - dalla Scrittura. Le parole con cui Gesù istituì questo Sacramento (Gv. 20,21-23)<br />
esprimono la necessità della accusa dei peccati. Infatti al ministro Gesù dà il potere di rimettere o<br />
ritenere. Ciò non può essere fatto a capriccio, ma secondo le condizioni dell’anima disposta o meno, con<br />
colpe più o meno gravi e numerose, in modo che il ministro possa giudicare convenientemente delle<br />
disposizioni per l’assoluzione e imporre la relativa penitenza o soddisfazione.<br />
Tutto ciò è impossibile senza l’accusa distinta e intera dei singoli peccati.<br />
Alcuni brani della Scrittura poi, ricordano l’uso della Confessione presso i primi Cristiani. S.<br />
Giacomo (5,16) dice: «Confessate l’uno all’altro i vostri peccati». S. Giovanni (1 Gv. 1,9): «Se<br />
confessiamo i nostri peccati, è fedele e giusto per perdonarci i nostri peccati, e purificarci da ogni<br />
iniquità».<br />
Così pure gli Atti (19,18) ci parlano di coloro che venivano a «confessare le opere loro».<br />
B) - dalla Tradizione. Gli avversari attaccano contro questo punto per le poche documentazioni<br />
che si riscontrano nei primi secoli della Chiesa. Ma oltre alle attestazioni che la S. Scrittura stessa ci dà<br />
riguardo ai primi tempi è logico che i fedeli non si sarebbero assoggettati a questa umiliazione dell’accusa<br />
dei peccati, se Gesù stesso non lo avesse comandato. Avrebbero potuto obbiettare: «in questi primi secoli<br />
i peccati sono stati rimessi senza accusarli. Perchè oggi li dobbiamo accusare, se Gesù non lo ha imposto?»<br />
È da notare poi che l’obbligo della Confessione per rimettere i peccati non si estende solo ai fedeli, ma ai<br />
Sacerdoti e agli stessi legislatori della Chiesa: il Papa e i Vescovi. Se fosse la Chiesa a mettere questo<br />
obbligo, non se lo sarebbero imposto per loro.<br />
Questo semplice ragionamento ci fa vedere subito come l’obbligo dell’accusa non può essere stato<br />
imposto da altri che da Dio e giustamente il Conc. di Trento (D. B. 899) afferma che la Chiesa ha sempre<br />
inteso così.<br />
D’altra parte anche per i primi secoli non mancano testimonianze esplicite e se non sono così<br />
frequenti come per altri punti della dottrina cattolica è perchè i fedeli erano pronti alla Confessione dei<br />
peccati mortali quando vi fossero caduti 1 . La Confessione perciò era meno frequente e più rara quindi<br />
l’occasione di parlarne.<br />
La Didaché (4, 14) dice: «Nella Chiesa confesserai i tuoi peccati e non andrai all’orazione con<br />
coscienza cattiva. Radunandovi la domenica spezzate il pane e rendete le grazie dopo che avete<br />
confessato i vostri peccati, perché sia mondo il vostro sacrificio».<br />
1<br />
L’uso di confessare i peccati veniali venne più tardi, per ricevere l’aiuto del Sacramento non solo quando fosse necessario,<br />
ma ancora quando vi fosse materia sufficiente.<br />
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