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212<br />

GESÙ VERO DIO E VERO UOMO<br />

SPIEGAZIONE: Figlio per natura è colui che è generato da un vivente e che da questi riceve la sua<br />

natura; figlio per adozione è un estraneo che viene accolto e preso come figlio, coi relativi diritti, ma non<br />

ha ricevuto la natura dal padre adottivo. Nota che nella tesi è posto il pronome «questo» uomo per<br />

designare la persona, e cioè il Cristo come Persona del Verbo sussistente nella natura umana. Non è<br />

detto: «Cristo come uomo». La frase così resterebbe equivoca e potrebbe significare che la natura umana<br />

fosse generata dal Padre: e ciò è eretico.<br />

Alcuni Teologi come Scoto e Durando pur ammettendo che «Cristo come questo uomo» è Figlio<br />

naturale di Dio, pure dissero di poterlo chiamare Figlio di Dio adottivo secondo la Natura umana elevata<br />

dalla grazia. Questa sentenza quantunque non eretica, perchè non condannata in questo senso dai<br />

Concilii, pure è erronea, perchè la Scrittura mai dà a Gesù questo appellativo e d’altra parte la filiazione<br />

riguarda la Persona e non la natura. La Persona del Verbo è una sola. E poi il Cristo non è una Persona<br />

estranea che viene accolta nella famiglia di Dio.<br />

Da quanto abbiamo detto si capisce pure in che senso si debba intendere quando qualcuno ha<br />

chiamato Gesù come uomo: creatura o servo di Dio. È vero che l’anima e il corpo di Gesù furono creati,<br />

ma Egli non è una creatura: è il Creatore. E se si può dire servo in senso largo perchè obbedendo ha preso<br />

forma di servo assoggettandosi alla volontà del Padre, non si può interpretare in senso stretto perché il<br />

servo è una persona estranea alla famiglia.<br />

PROVA: A) - dalla Scrittura. Cristo, visto come «questo uomo» è lo stesso Verbo di Dio fatto<br />

carne.<br />

S. Paolo (Rom. 8,32): «Non risparmiò il suo stesso Figlio, ma lo consegnò per noi tutti». Dunque il<br />

Cristo dato alla Passione e alla Morte come Uomo è proprio il Figlio di Dio.<br />

B) - dai Padri. S. Atanasio, S. Agostino, S. Cirillo di Alessandria, ecc. parlando degli uomini fatti<br />

figli adottivi di Dio per mezzo di Gesù, distinguono la differenza del modo con cui Gesù è Figlio «Egli è<br />

Figlio di Dio per natura noi invece per la grazia» (S. Atanas. De Incarn. 8): «Da questa generazione della<br />

Grazia si distingue il Figlio che è Figlio di Dio» (S. Agost. Ep. Honorato, 3,9): «Non saremo figli di Dio<br />

come Lui, senza distinzione, ma per la grazia con cui lo imitiamo; poichè Egli è il figlio esistente genuino<br />

del Padre, noi invece adottivi per benignità» (S. Cirili., In Joan. 1,9).<br />

Giustamente il Cristo è detto predestinato. Ciò significa che la Persona del Cristo in quanto<br />

sussistente nella natura umana fu predestinata alla filiazione divina e conseguentemente alla salvezza,<br />

mentre negli uomini la predestinazione viene data per la salvezza eterna.<br />

Il Conc. di Toledo XI dichiara: Il Cristo, «per il fatto che procedette senza inizio dal Padre,<br />

generato soltanto, perciò non si prende nè fatto, nè predestinato; ma per il fatto che e nato da Maria<br />

Vergine, si deve credere che è nato e fatto e predestinato» (D. B. 285).<br />

L’adorazione dovuta al Cristo<br />

TESI - Cristo anche - come questo uomo - si deve adorare.<br />

É DI FEDE<br />

dal Conc. di Costantinop. II (553) che definisce: «Se alcuno… non adora con unica adorazione il<br />

Verbo di Dio incarnato colla propria carne, come fino da principio è Tradizione della S. Chiesa di Dio, sia<br />

scomunicato» (D. B. 221);<br />

e dalla condanna di Pio VI alla proposizione contraria del Sinodo di Pistoia (D. B. 1561).<br />

La tesi è contro gli Ariani e Nestoriani, che negavano il culto alla umanità del Cristo; contro i<br />

seguaci di Wicleff che dicevano di doversi dare alla Umanità del Cristo una adorazione relativa; e contro i<br />

Giansenisti che dichiaravano idolatrico il culto al S. Cuore di Gesù.<br />

SPIEGAZIONE: Culto è una specie di onore, cioè un segno di stima dato alla grandezza ed<br />

eccellenza di un altro.<br />

È logico che a Dio e a Lui solo si deve il culto sopra ogni cosa, con tutta la nostra anima e con<br />

tutte le nostre forze, riconoscendolo come supremo Signore e Padrone. Si chiama culto di adorazione e di<br />

latria. Ai Santi si dà il culto di venerazione, o dulia, come servi e amici di Dio 1 .<br />

a) - Il culto può essere interno quando viene esercitato con le sole facoltà dell’anima; esterno<br />

quando vi si aggiungono le azioni del corpo, come la parola, l’inginocchiarsi, ecc.<br />

1 Fino al IV secolo le parole latria e duiìa (che in greco significano servire) venivano usate promiscuamente e così le parole<br />

relative adorazione e venerazione. Più tardi se ne fece distinzione e definitivamente il Conc. di Trento stabilì che il culto di latrìa<br />

dato solo a Dio si dicesse adorazione; mentre quello dato ai Santi si chiamò dulìa o venerazione. Quello dato alla Madonna per la sua<br />

singolare eccellenza di Madre di Dio, si chiamò iperdulia (iper = al di sopra).

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