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CAPITOLO TERZO<br />

GLI ATTRIBUTI DI DIO<br />

ATTRIBUTO DIVINO si può definire: ciò che secondo il nostro modo di concepire, intendiamo e diciamo<br />

come proprio della Essenza divina. In altre parole più semplici si potrebbe dire: Attributi sono le<br />

perfezioni divine secondo che possiamo conoscerle noi.<br />

Riflettendo su quanto abbiamo detto nelle pagine antecedenti, fino da quando abbiamo parlato<br />

dei «Nomi di Dio» ci sarà più facile capire questa definizione.<br />

Abbiamo usato le frasi: «Secondo il nostro modo di concepire; come possiamo conoscerle noi».<br />

Queste espressioni ci ricordano che Dio, il quale è assolutamente semplice in sé stesso, noi, per via di<br />

analogia, lo concepiamo quasi per parti, perché saliamo a Lui dalle diverse perfezioni, che vediamo quasi<br />

in uno specchio, nelle cose create. Se potessimo portare un esempio diremmo dell’arcobaleno: la luce<br />

bianca del sole passa attraverso un prisma o delle goccie d’acqua e ne risultano i vari colori dell’iride. Li<br />

vediamo tutti distintamente, ma tutti provengono da una unica fonte: la luce bianca. solo un esempio per<br />

aiutarci a capire e non corrisponde certamente alla cosa esemplificata, poiché la luce bianca è composta<br />

di tutti quei colori che il prisma suddivide; mentre Dio è semplicissimo, in Lui non vi è composizione<br />

alcuna.<br />

Egli è la fonte da cui promanano tutte le perfezioni, che, in modo limitato, vediamo nelle<br />

creature.<br />

Per concretare, enunciamo due<br />

PROPOSIZIONI:<br />

I) - É certo che gli attributi divini non differiscono realmente né dall’Essenza né fra loro.<br />

Realmente significa nella realtà, nel fatto e si distingue da virtualmente. Nell’uomo, per<br />

esempio, il corpo e l’anima si distinguono realmente, perché altra cosa è l’anima, altra il corpo. Invece<br />

fra uomo e animale ragionevole non c’è distinzione reale, perché le due espressioni indicano la stessa<br />

cosa.<br />

Fra gli attributi e l’Essenza divina e fra gli attributi fra loro non c’è nessuna differenza reale.<br />

Infatti nella S. Scrittura troviamo che sono predicati (cioè detti) fra loro e con l’Essenza<br />

scambievolmente: «Dio è luce… Dio è carità» «Io sono la Via, la Verità e la Vita» (Gv. 1,5; 4,8; 16,6). «Io,<br />

la Sapienza» (Gv. 8,12). Se vi fosse distinzione reale, non si potrebbero così indentificare fra loro.<br />

Siccome l’Essenza divina in un unico atto semplicissimo include realmente tutte le perfezioni o<br />

attributi e ciascun attributo include l’altro, così si possono dire come predicato a vicenda: «La Divinità è<br />

Dio, Dio è la Divinità» come dichiarò Eugenio III nel Conc. di Reims condannando gli errori di Gilberto<br />

Porretano (+ 1154) che ammettevano distinzione reale fra Essenza e attributi e fra attributo ed attributo.<br />

Così si può dire «La Natura divina è bontà, è carità, ecc.». Oppure «la Sapienza divina è bontà divina; la<br />

bontà divina è giustizia divina».<br />

Dobbiamo però notare che ciò non si può dire degli attributi personali di cui parleremo nel<br />

Trattato «Dio Trino», né delle operazioni in quanto, secondo il nostro modo di concepire si attribuiscono<br />

ad attributi differenti. Per il fatto che la misericordia e la giustizia sono la stessa cosa in Dio e non vi è<br />

distinzione reale, non si può dire: «La misericordia divina punisce o la giustizia ama» perché amare è<br />

proprio della bontà e della misericordia, e punire è proprio della giustizia.<br />

II) - É dottrina comune che gli attributi divini si distinguono virtualmente dall’Essenza e fra<br />

loro.<br />

Virtualmente. La distinzione virtuale è una distinzione logica che non ha differenza nelle cose,<br />

ma nei diversi concetti che si riferiscono alla stessa cosa, ma con fondamento nella cosa stessa 1 .<br />

1 La distinzione logica (a differenza della distinzione ontologica o reale) esiste fra i diversi concetti che si riferiscono alla<br />

stessa cosa. I filosofi suddividono in semplicemente logica (o rationis ratiocinantis) quando non ha nessun fondamento nella realtà;<br />

come quando si dice uomo e animale ragionevole. La differenza è solamente nel concetto e per nulla nella cosa.<br />

La dicono invece virtuale (o rationis ratiocinatae) quando pur essendo la distinzione solamente nel concetto, c’à<br />

però, un fondamento nella cosa, Per esempio: l’anima umana in realtà É una, ma virtualmente si può considerare con tre distinzioni:<br />

razionale, sensitiva, vegetativa.<br />

Ripetiamo: in realtà è una sola, e non può esserci nessuna distinzione reale, ma nel concetto possiamo fare<br />

questa triplice distinzione logica che ha il fondamento nel fatto della triplice funzione della unica anima spirituale.

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