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CAPITOLO QUINTO<br />

IL CULTO AL S. CUORE DI GESÙ<br />

Questo argomento è già compreso sostanzialmente in ciò che dicemmo della adorazione che si<br />

deve a Cristo in quanto «questo uomo».<br />

Dicemmo pure che nella sua Umanità, come per intero, così le singole parti sono adorabili, in<br />

quanto tutte per la Unione Ipostatica, sono congiunte al Verbo. Però non è conveniente formarne oggetto<br />

di un culto speciale, se non ci sia una particolare ragione. Questa ragione c’è nella devozione al SS. Cuore<br />

di Gesù. Per questo ne trattiamo qui contro le obiezioni portate dai Giansenisti.<br />

TESI - Il culto di adorazione al SS. Cuore di Gesù, il quale ha come termine la Divina Persona<br />

del Verbo, è legittimo, opportuno e utilissimo ad accrescere la pietà.<br />

per l’approvazione data dalla Chiesa.<br />

É CERTO<br />

SPIEGAZIONE - Il Cuore fisico di Gesù viene adorato in quanto è unito ipostaticamente alla<br />

Persona del Verbo e in quanto è simbolo dell’infinito amore di Lui.<br />

Non porta difficoltà l’errore fisiologico di alcuni Teologi del sec. XVII i quali credevano il cuore<br />

organo dell’amore, mentre oggi sappiamo che lo strumento che ha l’anima per l’amore è il cervello.<br />

Il cuore resta sempre il simbolo dell’amore. Perciò è ormai sentenza comune che l’oggetto<br />

prossimo materiale di questo culto è il Cuore di carne, l’oggetto formale è l’infinito amore di Gesù:<br />

Amore umano e divino di Gesù, come insegna Pio XI nella Enc. «Mjserentissimus Redemptor» (8 maggio<br />

1928).<br />

PROVA: A) - Nel Vangelo troviamo una frase di Gesù, che ci presenta in modo particolare il suo<br />

Cuore: «Imparate da me che sono mite ed umile di cuore» (Mt. 11, 19).<br />

La prova però, che veramente in modo implicito dimostra la legittimità di questo culto, la<br />

troviamo nella tesi cattolica della adorazione della Umanità del Cristo.<br />

B) - I Padri frequentemente parlano della Chiesa e dei Sacramenti sgorgati dal Cuore trafitto dalla<br />

lanciata sulla croce.<br />

S. Anselmo, S. Bernardo, S. Bonaventura parlano del Cuore di Gesù, come Simbolo dell’amore di<br />

Gesù per gli uomini.<br />

Le apparizioni a S. Margherita Alacoque (+ 1690) come prima l’opera di S. Giovanni Eudes (1646)<br />

non costituiscono un fondamento teologico di questa devozione, ma solo una occasione per la quale la<br />

Chiesa giudicò opportuno di permettere il culto.<br />

C) - I documenti della Chiesa.<br />

1) Clemente II l’anno 1765 diede l’assenso alla richiesta dei Vescovi della Polonia che<br />

domandavano l’approvazione del culto al S. Cuore, non solo considerato come simbolo, ma come Cuore di<br />

carne.<br />

2) Pio VI nella Cost. «Auctorem fidei» (1794) condannando il Sinodo di Pistoia, spiega in qual senso<br />

la S. Sede abbia approvato la divozione e dice che si adora: «in quanto è il Cuore di Gesù, e cioè il Cuore<br />

della Persona del Verbo, cui è inseparabilmente unito».<br />

3) La festa del S. Cuore che in un primo tempo non era stata permessa per le difficoltà di ordine<br />

fisiologico sopra accennate, studiata meglio la cosa, fu permessa da Clemente XII nel 1765,<br />

e da Pio IX estesa a tutta la Chiesa il 1856.<br />

4) Pio IX nel Breve di Beatificazione di Margherita Alacoque, si riferisce al Cuore fisico: «Chi sarà<br />

tanto duro e ferreo da non muoversi a riamare quel Cuore soavissimo e per questo, ferito dalla lancia?».<br />

5) Leone XIII nella Lettera Apostolica del 28 giugno 1885 addita nel Cuore trafitto il rifugio e<br />

l’asilo di riposo per gli uomini e lo indica come segno di salvezza mostrato in particolare ai nostri tempi<br />

come lo fu già la croce, apparsa nel cielo a Costantino.<br />

6) Pio XI con l’Enc. cit. ancora più profondamente presenta le ragioni di questa devozione<br />

insistendo sul dovere della consacrazione come principale atto di amore della creatura verso il Creatore, e<br />

sul dovere della riparazione come ricompensa, in unione ai patimenti di Gesù, delle ingiurie date a Dio.<br />

7) Pio XII nell’Enc. «Haurietis aquas» del 15 maggio 1956 dice che «a buon diritto possiamo<br />

scorgere in questo culto, divenuto ormai universale e ogni giorno sempre più fervoroso il dono che il Verbo<br />

incarnato…, ha fatto alla Chiesa… in questi ultimi secoli della travagliata storia».<br />

Dunque questa devozione è legittima, secondo la dottrina Cattolica riguardante l’adorazione della<br />

Umanità del Cristo. È opportuna, anzi utilissima alla pietà cristiana perché alla freddezza dell’eresia

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