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L’ESSENZA DI DIO<br />
a) - AFFERMAZIONE: Nelle cose vediamo diverse perfezioni: l’essere, la bontà, la bellezza ecc. Ma<br />
queste perfezioni non sono essenziali alle cose create 1 : esse dunque le hanno ricevute da Dio: Dio ne è la<br />
causa. Ma ogni causa deve possedere in sé le perfezioni che produce, altrimenti non potrebbe darle ad<br />
altri. Quindi a Dio appartengono le perfezioni che vediamo nelle creature e che non sono loro essenziali.<br />
Egli è dunque Essere, è buono, è bello, ecc.<br />
b) - NEGAZIONE: Le perfezioni esistono nelle cose in modo più o meno limitato. Ma in Dio non può<br />
esistere alcun limite: Egli è atto puro, senza alcuna passività. Per attribuire legittimamente le perfezioni<br />
delle cose a Dio bisogna dunque togliere ad esse ogni impurità, negare ogni limite: Dio è buono non nello<br />
stesso modo come sono buone le creature, ma in modo purissimo, illimitato, infinito.<br />
c) - TRASCENDENZA. Il concetto che noi ci formiamo delle perfezioni divine, anche se purificato<br />
da ogni limite, resta sempre un concetto umano, finito, potenziale. In Dio le perfezioni esistono in un<br />
modo superiore ad ogni nostro concetto, trascendente ogni nostra possibilità di conoscere. Fra l’altro, le<br />
perfezioni divine non costituiscono altrettante realtà distinte quanti sono i concetti che noi ne abbiamo,<br />
ma costituiscono una sola ed identica Realtà: perché tutte vengono ad identificarsi fra loro e con l’Essenza<br />
divina che è l’Essere stesso.<br />
L’essenza di Dio nella dottrina cattolica<br />
Il Conc. Vaticano I nella dottrina intorno alla Essenza o Natura di Dio, riassume sinteticamente in<br />
modo mirabile, non solo quanto era necessario esprimere contro gli errori del tempo, ma ancora quanto<br />
fin dai primi secoli Simboli e Concili avevano detto contro gli errori di allora. Esso dice (D. B. 1782): «La<br />
Chiesa Cattolica Apostolica Romana crede e confessa che vi è un solo Dio vero e vivo, immenso,<br />
incomprensibile, infinito in intelligenza, volontà e in ogni perfezione; che essendo una sola unica<br />
sostanza spirituale, assolutamente semplice e immutabile, deve dirsi in realtà e per essenza distinto<br />
dal mondo, in sé e per sé beatissimo e ineffabilmente superiore a tutte le cose, che al di fuori di Lui<br />
sono o possono essere pensate».<br />
Da questa dichiarazione vediamo subito condannati gli errori che abbiamo incontrato: il<br />
Panteismo, il Materialismo, e l’Evoluzionismo assoluto, (il quale dice che tutte le cose del mondo<br />
compresa la vita, sono causate dalla materia che si evolve), l’Emanatismo (il quale dice che le cose create<br />
promanano dalla sostanza divina, quasi che fossero qualche parte di Dio), l’idealismo, il Teosofismo (il<br />
quale respinge l’idea di un Dio personale e distinto dal mondo).<br />
Dalla dichiarazione suddetta resta condannato anche il Modernismo che ancora non era sorto e che<br />
S. Pio X, più tardi, condannava espressamente nella Enciclica «Pascendi», la quale giustamente gli<br />
attribuisce l’errore del Panteismo, in quanto secondo i Modernisti, Dio è qualche cosa di immanente nella<br />
nostra coscienza e non si distingue da essa.<br />
Contro questi errori sono esplicite le parole: «Un solo Dio, vero e vivo…, una sola unica sostanza<br />
spirituale, … in realtà e per essenza distinto dal mondo, in sé e per sé beatissimo…».<br />
E più nettamente ancora, il Concilio nella III Sessione can. 4 (D. B. 1804) dice: «Se alcuno avrà<br />
detto che le cose finite, sia corporee che spirituali, o anche solo spirituali sono. emanate dalla sostanza<br />
divina; o che tutte le cose colla propria manifestazione o evoluzione diventano essenza divina; o<br />
finalmente che Dio è l’Essere universale ossia indefinito che determinandosi viene a costituire<br />
l’universalità delle cose distinte nei generi, nella specie, negli individui: sia scomunicato».<br />
Abbiamo accennato anche ad errori antecedenti: qui ve ne rammentiamo alcuni. Nei primi secoli<br />
del Cristianesimo gli errori si riferirono più alle Persone che alla Essenza divina. Pure nei vari Simboli<br />
troviamo che si parla di Dio Uno, Creatore di tutto, Onnipotente.<br />
Alla fine del IV Secolo i Priscillianisti e i Manichei riprendendo l’errore degli Gnostici, professano<br />
un dualismo: ammettono un principio buono (la luce) dal quale provengono gli Eoni e il bene; un altro<br />
cattivo (le tenebre, il chaos), dal quale proviene la materia e il male. Contro questi errori, vengono<br />
emessi vari documenti ecclesiastici (D. B. 11 ss.) che insistono nel dichiarare che Dio è Uno, in una unica e<br />
1 Per attribuire formalmente le perfezioni delle cose create a Dio è necessario partire non dalle perfezioni che<br />
costituiscono l’essenza delle cose stesse, ma da quelle che sono loro accidentali, e che trascendono i limiti delle essenze. La ragione<br />
è che le perfezioni essenziali, nel loro concetto stesso, includono un limite, precisamente il limite di quell’essenza: per es. umanità,<br />
razionalità, animalità, corporeità ecc. Lo stesso dicasi delle perfezioni che sono intimamente connesse con quelle essenziali e che<br />
implicano potenzialità, materialità: per es., quantità, estensione, colore ecc. Queste perfezioni sono perfezioni in quanto affermano<br />
una realtà positiva, ma sono imperfezioni in quanto implicano essenzialmente un limite dell’essere: se si toglie quel limite, si cambia<br />
la loro essenza, e si cambia il significato formale del concetto e del termine in cui si esprimono. Ne consegue che tali perfezioni non<br />
possono attribuirsi formalmente a Dio, ma solo, come ci esprimono i filosofi con termine tecnico, eminentemente, cioè: Dio possiede<br />
certamente quanto esse implicano di essere, ma non possiede ciò che in esse implica negazione di essere: quindi Dio non le possiede<br />
nella loro essenza formale.<br />
Ecco perché abbiamo detto che le perfezioni che si possono attribuire formalmente a Dio sono quelle non<br />
essenziali alle cose create e trascendenti i limiti delle essenze. Esse sono dette perfezioni pure, perché nel loro concetto non<br />
implicano alcun limite o impurità: tali la bontà, la bellezza, ecc.