Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica 19.pdf - Bibliotheca ...

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22tì DEN In oltre in qualsisia marca soau quattro fettoni. E sei scoli vagliono un fertone. E uno scoto vale due grossi di Praga. E i\n grosso di Praga vale se- dici denari. Parimenti è da sapere, che nella predetta marca vi sono dodici Io- toni. E un lotone vale uno scudo e mezzo, o sia tre grossi , ch'è Jo stesso. Qualsivoglia fertone costa di quattro lotoni. Un bisanzio, o sia Usante, vale due parti di un fiorino d'oro. Medesimamente lo stesso valore si trova, e pratica nel massamu- tino. Vale il marabotino un fiorino d'oro, meno dieci denari. Un malachino costa otto grossi d'argento. Fin qui il nunzio Cabrospino. Furono alcune di queste monete d'oro, ed altre di argento. E primieramente per quel che concerne i marabotini, già battuti in Ispa- gna, e monete di gran credito, cer- to è eh' erano moneta d'oro. Negli antichi secoli l'oro si traeva dalle miniere di questo metallo in Ispagna; in seguito non si volle du- rare fatica a ricavarne, perchè unicamente si attese alle miniere del- l' America, tanto più. abbondanti che l'Europee. Il prezzo de' marabotini una volta assai celebre, si apprende dal Rossi, Storia di Ravenna all'anno 1076; ve ne furono d'oro, e d'argento, e si chiamarono anche maravotino, e marame- dino. I marabitii erano diversi dai marabotini. I sciliati forse erano i liliatnm, i scyphatum, ovvero schi- fatimi. Il corso degli schifati fu spe- cialmente nella Puglia, e Calabria, DEN Essi erano alquanto cavi nel mezzo, come le monete d'argento battute in Milano, a' tempi di Ottone I, il Grande. Il Du-Cange dice, che gli schifati erano denari d'oro. Rinomati furono gli auguslaU, moneta d'oro, che Federico II impe- ratole fece battere in Sicilia, siccome pure nel regno di Napoli fu in gran uso. Vuoisi, che prendesse- ro tal nome da Cesare Augusto ivi effigiato. Nel rovescio eravi un' a- quila. Il valore loro era di un fiorino, e quarto d'oro. In somma ri- putazione ed uso anticamente furono anche i nummi chiamali ìn- zantii, o bysantii, moneta d' oro degf imperatori greci di Costanti- nopoli, e poco diversa dai ducali d'oro di Venezia, dagli ungari ed altri ducati d'oro della nazione ger- manica, e dai fiorini d'oro di Fi- renze. Nel XIV secolo i bisunti erano ancora in mollo credito, come lo era stato il farnese, o turo- nense, moneta battuta in Tours. Col tempo si videro bisanzi bian- chi, cioè d'argento , che valevano uno scudo romano da dieci giulii. Nelle vecchie carte sovente sono nominati i mancasi, o manco si, chiamati ora mandisi aiiri, ed ora mancasi argenti. Presso gì' inglesi la voce mancusa significava marca, per cui per mancasi s' inlese una marca d'oro, o d'argento, non per l' Italia. I folli t antichissima moneta dei latini, e de' greci, fu moneta bassa. Si vuole che il folle fosse l'obolo, e per lo più di materia erosa; ve ne furono talvolta d'argento. Il Guthe- rio li riconobbe per moneta d'oro. Parimenti fra la pecunia greca in uso furono i /nichelati, soldi battuti da Michele imperai ore di Co- stantinopoli, e 1 romanati, a'quali
DEN diede il nome l' imperatore romano. I greci inoltre ebbero i perpe- rì, e due di essi valevano un ducato d'oro veneto. Aspri ovvero Albi furono chiamati i nummi greci d'argento, il cui valore si legge nel Du-Cange, nella Dissertazione delle monete greche. Sembra che fossero come i perperi nella valuta. I melachini, che valevano otto grossi, o meloquinos, da chi si dicono moneta italiana, e da chi di ori- gine araba, come battuti dai saraceni; tali ancora furono i marabotini. Negli Ordini Romani fre- quente è la menzione dei soldi, maiabotini , e melequini, dati dal Papa insieme ad altri denari nella distribuzione del Presbiterio [Vedi). Sa tali denari dati in simili occasioni, si possono consultare il Mo- retti, de Presbiterio, p. 218; il Carli, nel t. Il, p. 108 Delle monete d 'Italiaj e il Garampi, *5Ygillo della Garfagnana, p. j5. La moneta di Pavia ebbe gran corso in tutta l' Italia. Da un documento del secolo IX, citato dal men- tovato conte Carli-Pviibbi, nel t. II della sua dotta opera, p. i47> abbiamo la valuta a quei tempi del denaro di Pavia: Solidos duodecim quot sunt denarios grossi et expendivilis de moneta de Pipia, et Me- diolano, seu Lucana duodecim denarios ragionati per singulos solidos. I tareni si fabbricavano in Napoli, e in Sicilia, secondo Leone Ostiense, e vi erano pure i tareni africani. Nel secolo XII in Italia furono i denari, o soldi imperiali cosi chiamati o perchè battuti Del- l' imperiai zecca di Pavia , o per- chè inventati da Federico I, se pure non sono più antichi. Quanto si apprezzasse la libbra, o lira im- , DEì\ 227 periale, lo accenna il Paris all'anno 1249, scrivendo: Octodecini milita libranim de. moneta inipc- rialìum, quac tantum fere valet, quantum Esterlingorum, dette og- gidì lire sterline. E celebri eziandio già furono i denari steiiingi, intorno ai quali va consultalo il Du-Cange citato. \provisini si ritiene fossero monete dei duchi di Sciampagna , ma nei secoli XII e XIII in Iioma erano assai in uso librae provisinorum se- natus 3 cioè lire di denari o soldi battuti in Roma per ordine del se- nato romano, che godeva il diritto della zecca. In conferma, che i provisini fossero pecunia romana, alcuni dissero provenir tal nome dalle provisioni, o rendite delle chiese. Della moneta provisina ha parla- to l' accurato Grimaldi, beneficia- to della basilica vaticana, e la chiama libra proveniens, con abbrevia- tura. S'incontrano ancora nelle carte antiche di Roma, librae ajfor- tiatorum, il cui prezzo ragguaglia- to colla libra lucensis monetae forse si rileverà da queste parole d' uno strumento del ii5g: prò centina quadraginta libris lucentiumetquiiique solidis prò centina libris ajfortialorum et quinque solidis. Che i denari papiensi fossero dati dai sommi Pontefici nella distribuzione che facevano del presbiterio, si può vedere ai succitati luoghi. Nella vita d' Innocenzo I\ si legge, che nel 1243 i mercanti romani domandarono loro in dono le sessanta mila marche date ad essi in prestito dal predecessore Grego- rio IX. Sui fiorini, moneta soprattutto celebratissima in Italia, sembra che nel i25a cominciasse il popolo fio- rentino a battere questa pecunia d'oro, chiamala da essi fiorino^ e
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