Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica 19.pdf - Bibliotheca ...

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3o2 DIA martiri furono chiamati atti pro- consolari, ed erano sinceri, e veri- dici. I sagri canoni vietano ai diaconi di consagrare, essendo questo un uf- fìzio sacerdotale. Era però loro uffizio amministrare V Eucaristia a quei che si comunicavano, come di por- tarla a quelli che non erano pre- senti. V. Comunione, ove si dice, che dispensavano a' fedeli anche il sangue di Gesù. Cristo. Il Berlendi ne tratta a pag. 87, e seg. , avvertendo che per l'accresciuto nume- ro de' fedeli, bisognò valersi di più calici, e per lo più con due ma- nichi, denominati calici ministeria- li, e il diacono dal calice del sacerdote rifondeva in essi il sangue, quindi lo dispensava a' fedeli. Il concilio di Yorck del r ig5 col canone 4 prescrisse, che il diacono non battezzerà, né darà il corpo del Signore, ne imporrà la penitenza, se non in caso di estrema necessità. In quanto all' amministrare il battesimo, dice il Sarnel- li, t. VI, p. 33, n. 7, che il diacono per la potestà dell' ordine può solennemente battezzare, e quindi fare tutto quello che fa il sacerdote quando solennemente battezza, citando quelle parole di s. Tom- maso, 3, par. quaest. 82, art. 3: » Diaconus, tamquam proximus » ordini sacerdotali , participat a- -•' liquid de ejus officio". In quanto alla dispensa dell' Eucaristia, avver- te il Macri, che il diacono in caso di necessità può dispensare il Via- tico (Fedi) al moribondo con licenza del vescovo, ovvero del par- roco impedito. Aggiunge, che questa sentenza è comunissima, anzi se la necessità è tanto urgente, che non si possa aspettare la detta licenza, lo potrà fare senza di essa, come DIA riferisce il medesimo s. Tommaso in 4> distinct. i3, quaest. I, art. 3. Alcuni soggiungono, che portando il diacono il Viatico al sacerdote infermo, non deve comunicarlo con le proprie mani, ma dargli l'Eucaristia in mano, acciò da se stesso si comunichi. Così pare che decretasse il concilio niceno primo, nel canone XVII. Altri poi dicono non essere necessaria questa limi- tazione. Certo è, che il diacono potrà comunicar se stesso ancora. In quanto all' imporre la penitenza, il suddetto Sarnelli nel tomo IX inserì la lettera XXXII : Il diacono non essere ministro del sacramento della penitenza. Rammenta il dotto vescovo Sar- nelli , quanto anticamente prati- cava la Chiesa^ cioè che ne' pec- cati gravi, e poscia pei pubblici soltanto si dava pubblica penitenza, benché fossero i penitenti as- soluti sagra mentalmente; e che quindi esaurita la penitenza dovevano essere solo riconciliati, eh' era la assoluzione dalla penitenza canonica, del che si riporta il metodo dal pontificale Romano, siccome funzione spettante al vescovo. Cominciava tale funzione dal mercoledì delle ceneri, e terminava nel giovedì santo, quando i pubblici penitenti si riconciliavano alla Chiesa, ed al- l' altare dal vescovo, che dopo a- verli riconciliati, porgeva loro la comunione. Ma se accadeva, che tra questo spazio di tempo il pe- nitente venisse a morte, acciocché non partisse da questo mondo senza il santo Viatico, se il vescovo era assente, si dava la facoltà al prete di riconciliare, e se mancava il prete poteva anche il diacono fare questa riconciliazione, e dar al peni- tente medesimo la Eucaristia. Tutto-
DIA ciò afferma s. Cipriano lib. 3, ep. 1 7, dal quale inoltre si raccoglie, che il diacono non esercitava che un mero cerimoniale, col riconciliar colla Chiesa i pubblici penitenti in peri- colo di morte, e con licenza del suo prelato gli assolveva, come qualunque chierico con ordine del preluto può assolvere dalle censu- re. V. Confessione, e Confessore. Adunque sembra, che il diacono in articolo di morte potesse assolvere dalla penitenza, non dalla colpa, eh' era stata già assoluta sagramen- taluieute. E pure in progresso di tempo, in mancanza del «acerdole, i diaconi udivano le confessioni, come rilevasi da quanto prescrisse nel 1 195 il sinodo Eboracense. In quello di Londra del 1200, il canone 3 decretò : « Non liceat dia- » conibus baptizare, vel poeniten- » tiam dare, nisi duplici necessitate, » videlicet quia sacerdos non po- » test, vel absens est, vel stulle » non vult, et mors imminet pue- « ro, vel aegroto". Altrettanto nel 12 36 rinnovò nelle sue costituzioni s. Edmondo, arcivescovo di Cantorbery. Nelle costituzioni di Odo- ne di Soliaco, vescovo di Parigi, si legge al can. 56 : » Ne diaconi » ullo modo audiant confessiones » nisi in arctissima necessitate; cla- » ves eniin non habent, nec pos- » sunt absolvere". Le costituzioni sinodali della chiesa Andegavense riprendono i parrochi, che lasciavano fare non poche cose sacerdotali ai diaconi. Dagli allegati canoni si rileva, che dalla penitenza canonica , potevano i diaconi assolvere , con questo però che se 1' infermo campava dal peri- colo , di nuovo doveva confes- sarsi dal sacerdote. La penitenza canonica durò sino al secolo XII DIA 3o3 ed allora fu commutata colla cro- ciata, o sagra spedizione di Palesti- na. I seguenti sinodi tolsero del tutto ai diaconi 1' autorità di assolvere. In quello di Vorcester del 1 240 abbiamo dal can. 1 2: » Dia- » coni quandoque confessiones au- » diunt, et alia traetemi sacramen- » ta, quae solis sacerdotibus sunt » commissa, quod de caetero ne » fiat ". Similmente il sinodo Pit- taviense del 1280: » Abusum er- » roneum eradicali volentes, inhi- » bemus ne diaconi confessiones » audiant, et ne in foro poeniten- « tiali absolvant; cum certum sit, » ipsos absolvere non posse, cum « claves non habeant". Il Baronio all'anno 34, num. 3i4, nota che da s. Cirillo gero- solimitano si ha, essere istituzione dello Spirito Santo il dirsi nella messa dal diacono ad alta voce : Pro his qui definirti sunt in Chri- sto ; la qual cerimonia non si usa più nella Chiesa. Trattando il Sar- nelli delle dilogie, e perchè il diacono nelle messe feriali della quaresima dica : Humiliate capita ve- stra Deo, ed il sacerdote aggiunga un' altra orazione, ne dà questa spiegazione. Primieramente è noto che 1' eulogie o benedizioni, erano certe particole di pane benedetto, che dopo la messa si distribuivano ai fedeli, i quali non eransi comunicati sagramenlahnente, e ciò in segno della cattolica comunione nella fe- de, e nella carità. In progresso di tempo 1' dilogie furono distribuite anche a quelli, che si erano comunicati sagramentalmente. E perche nella quaresima si digiunava, e con prendere pane beuedetto si rompeva il digiuno quaresimale, in luogo delle eulogie, si disse poi, come oggi si pratica, l'orazione sopra il
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