Volume - Fondazione toscana sostenibile
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quelli del passato, se non altro in termini retributivi (le retribuzioni medie dei lavoratori<br />
flessibili sono inferiori a quelle dei lavoratori strutturati). Infatti, il numeratore del rapporto<br />
qui utilizzato come proxy della produttività è rappresentato dal valore aggiunto, di cui una<br />
parte importante è proprio il costo del lavoro; quindi la più lenta dinamica della produttività<br />
del lavoro può anche essere intesa come una più lenta dinamica delle retribuzioni, determinata<br />
proprio dalla graduale maggiore presenza di lavoratori flessibili.<br />
Se la caduta della produttività dovesse riconfermarsi, la perdita di competitività del sistema<br />
produttivo nazionale potrebbe risultare particolarmente grave, inficiando la stessa possibilità di<br />
crescita del sistema anche sui ritmi lenti degli ultimi anni. In effetti, sono in molti a sottolineare<br />
come il ritmo di crescita della produttività del lavoro sia rimasto in Italia troppo lento anche al<br />
confronto di paesi simili per cui una sua ripresa è addirittura un obiettivo da raggiungere.<br />
È quindi verosimile pensare che, anche per sostenere la pur bassa crescita prevista per<br />
l’economia, sia necessario ritornare a una fase di forte impulso alla crescita della produttività,<br />
crescita che potrebbe essere favorita dall’introduzione dell’Information and Comunication<br />
Technology all’interno dei diversi settori produttivi che dovrebbe, a sua volta, produrre i propri<br />
effetti negli anni futuri, quando l’ingresso delle nuove generazioni potranno sfruttarle più intensamente.<br />
In particolare, nel terziario potrebbero verificarsi (o quanto meno è auspicabile che si<br />
verifichino) significativi incrementi del rendimento del lavoro, fondamentali per la competitività<br />
dell’intero sistema.<br />
8.3<br />
La riduzione della domanda di lavoro<br />
Alla luce di queste considerazioni, lo scenario introdotto nell’analisi contiene due ipotesi<br />
diverse circa l’evoluzione della produttività del lavoro. Da un lato, partendo dal trend<br />
temporale riferito sia ai tre decenni passati (settanta, ottanta e novanta) che all’intero<br />
periodo 1970-2003 si è ottenuta una prima stima tendenziale. Dall’altra parte si è realizzata<br />
una stima alternativa delle unità di lavoro attraverso la misurazione dell’elasticità tra<br />
unità di lavoro e valore aggiunto, sempre con riferimento ai periodi suddetti. La differenza<br />
è che nel primo caso si stima direttamente la produttività del lavoro ipotizzando che non vi<br />
sia alcun legame con l’andamento della produzione, nel secondo, invece l’evoluzione<br />
della produttività la si ricava indirettamente dalla relazione tra occupazione e andamenti<br />
produttivi.<br />
In uno scenario di crescita economica che prevede un aumento del PIL dell’1,8% (vedi<br />
Capitolo 3) il quadro che emerge, pur con grande variabilità, indica in media una sostanziale<br />
stabilità della domanda di lavoro che nel prossimo quindicennio potrebbe contrarsi<br />
dello 0,2% l’anno; questa tendenza corrisponde a una riduzione complessiva di circa 60<br />
mila unità di lavoro nell’intero periodo ovvero meno 4 mila unità l’anno. La principale novità<br />
di questo scenario sarebbe che anche il settore dei servizi cesserebbe di creare nuova<br />
domanda di lavoro, proprio a causa dell’ipotesi fatta su una positiva dinamica della produttività<br />
anche in tale settore.<br />
Vale la pena di ricordare -a sottolineare come si tratti di un’ipotesi assolutamente<br />
prudenziale- che questo scenario invertirebbe una tendenza all’aumento dell’occupazio-<br />
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